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La nonviolenza e' in cammino. 418
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 418 del 17 novembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace, "candidi come colombe"
2. Patrizia Pasini, il silenzio
3. Un profilo di Ettore Masina
4. Le amare esperienze scolastiche di Giobbe Santabarbara: Odradek
5. Emanuel Anselmi, un incontro con Haidi Giuliani a Orvieto
6. Gabriella Lazzerini, un incontro con Svetlana Aleksievic
7. Donne in nero: Muyesser Gunes e il movimento delle "Madri per la pace"
8. La scomparsa di Alberto Tenenti
9. In libreria "Oltre il conflitto. Dalla mediazione alla relazione
costruttiva" di Maria Martello
10. Riletture: Simonetta Lux, Arte e industria
11. Riletture: Lara-Vinca Masini, Art nouveau
12. Riletture: Umberto Santino, La borghesia mafiosa
13. Riletture: Renate Siebert (a cura di), Relazioni pericolose
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: "CANDIDI COME COLOMBE"
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace@tin.it) per questo
intervento; e per la sua lucidita' e bonta', acqua di fonte per tante e
tanti di noi da tanti anni]
La cosa e' molto grave comunque: forse sono piu' vicina alle posizioni nette
di Peppe che a quelle di Enrico Peyretti [apparse su "La nonviolenza e' in
cammino" di ieri], anche se io stessa ho guardato con speranza un po'
indulgente il rientro dei Disobbedenti dalle loro iniziali farneticazioni.
Come tutti/e sappiamo, non e' facile dismettere un linguaggio, un simbolico
e gesti che sono sedimentati da millenni dentro di noi. Dico che la
disobbedienza civile e' una teoria e una pratica studiata e praticata da
tempo, la disobbedienza sociale non so che cosa e' e amerei me lo si
spiegasse. Comunque chi disobbedisce a una legge ingiusta per farla
cambiare, ne paga generalmente le conseguenze (gli obiettori di coscienza
hanno ricevuto processi e carcere) e fonda il nuovo diritto proprio sulla
evidente prepotenza di quello vigente.
Ora - d'accordo con tutti e tutte quelle che protestano- vorrei chiedermi
perche' succede, che fine perseguano e che cosa e' meglio fare per evitare
degenerazioni: i sonni della ragione hanno appena finito di generare mostri:
non devono ricominciare.
Il fatto che siano state arrestate con procedure del tutto illegali un
numero rilevante di persone appartenenti al movimento e in particolare ai
Disobbedienti mi suscita un moto di rivolta: chi e' per legge difensore
della retta applicazione delle leggi, le rispetti fin nelle minime
procedure.
Ma oltre agli arresti in Calabria, Campania e Puglia con traduzione nelle
carceri speciali di Trani di persone per alcune ore tagliate fuori persino
dalla possibilita' di comunicare con avvocati e parenti, sono stati
arrestati giornalisti del "Corriere mercantile" di Genova, addirittura
impedendo a un giornale di uscire perche' ne e' stato portato via non si sa
dove il redattore capo: dunque sono sotto accusa (ma senza motivazioni, con
una brusca interruzione dei rapporti personali: una risposta diciamo
"leghista" alle invocazioni di clemenza e di trattamento umano del papa, si
direbbe) aree del movimento e stampa: ma perche' proprio adesso?
Da una parte certamente vi sono quelli che non possono sopportare che un
movimento di opposizione sia civile, pacifico e persino allegro: la gioia li
offende, come sappiamo. Durante la Resistenza cio' che ci distingueva di
piu' era che i nazi e i fascisti portavano teschio e morte persino sui
berretti e noi volevamo vivere.
Vi sono quelli che vorrebbero cancellare le norme garantiste che ancora
esistono nel nostro ordinamento e poter "fare i conti" come a Bolzaneto e
alla Diaz, avere cioe' a disposizione, senza testimoni, senza garanzia,
senza rapporti con l'esterno, i sospettati. Insomma una procedura indegna di
un paese civile, non inaspettata in un paese che mostra nelle forze di
governo una crescente influenza di parti politiche illiberali e addirittura
liberticide.
Ma a mio parere la stolta oltre che ingiusta operazione (qualche volta sono
stupidi non solo quelli che dichiarano guerre qua e la', ma anche quelli
che debordano dai vincoli di legalita' che dovrebbero tutelare) ha al
centro una paura: che al movimento di protesta contro l'ingiustizia si saldi
la cultura dell'azione nonviolenta e l'organizzazione sindacale e operaia
(la sopportazione maldestra da parte del governo degli scioperi operai e
l'opera di divisione nel sindacato sono un sintomo evidente di questo
timore: ora gli operai della Fiat di tutti i sindacati stanno lottando con
grande determinazione, coraggio e tenuta; la CGIL ha preso parte alle
giornate di Firenze).
Nel corso delle giornate di Firenze si e' visto che col movimento "Un altro
mondo e' possibile" anche un certo non disprezzabile numero di intellettuali
politici fornisce elaborazioni di riflessione e proposte: si delinea un
movimento che ha forme politiche molteplici, itinerari differenziati, alcune
profonde affinita' e un insediamento sociale e territoriale diffuso, una
cultura politica che ripudia guerra e violenza in formazione: chi vuole la
conservazione, e magari anche l'arretramento, ha di che essere preoccupato.
Per questo la risposta deve essere forte, motivata, limpidissima e
nonviolenta; e persino dimostrare che sappiamo essere certo "candidi come
colombe", ma pure "astuti come serpenti". E' una bella prova, attrezziamoci
per superarla: e' un passaggio decisivo nel corso del quale non possiamo
permetterci di sbagliare troppo.
2. RIFLESSIONE. PATRIZIA PASINI: IL SILENZIO
[Ringraziamo Patrizia Pasini (per contatti: delc.mc@pcn.net) per averci
inviato il testo del cartello collocato nello spazio della meditazione
silenziosa durante il Forum sociale europeo di Firenze. Suor Patrizia Pasini
fa parte della Commissione Giustizia e Pace delle Missionarie della
Consolata]
Il silenzio e' strumento capace di condurre nelle profondita' dell'essere
umano, dove ritrovare il meglio di cio' che siamo e di cio' che possiamo
diventare.
Il silenzio rende capaci di stare bene con noi stessi.
Il silenzio conduce a sostare e gustare la vita umana, per sentirci parte di
essa, coinvolgendoci a condividere questa stessa vita con chi ci vive
accanto.
Il silenzio apre alla riflessione di se', all'autocritica obiettiva,
propositiva, e alla capacita' di autoperdono.
Il silenzio apre alla capacita' critica, costruttiva, propositiva e
responsabile di cio' che ci circonda.
Il silenzio rende capaci di comprensione e solidarieta' con chi soffre.
Il silenzio apre alla capacita' di essere riconciliati e di riconciliare,
essere perdonati e perdonare.
Il silenzio rende idonei a creare amicizie e rapporti umani costruttivi.
Il silenzio ci fa comprendere la vita umana come valore sommo da onorare e
rispettare.
Il silenzio apre alla dimensione artistica e quindi ci fa capaci di godere
della musica, dell'arte, della poesia, e di tutte le espressioni artistiche.
Il silenzio aiuta ad immergerci nella bellezza e nella forza della natura
creando dentro di noi la volonta' di onorarla, rispettarla e goderla.
Il silenzio rende possibile guardare al dolore e alla morte non come realta'
distruttive ma come valori misteriosamente trasformanti e umanizzanti.
Il silenzio insegna a considerare che la vita umana e' piena di significato
in se stessa e per se stessa, e quindi a riconoscere il diritto fondamentale
per ogni persona ad avere quanto e' necessario e dignitoso alla vita.
Il silenzio ci apre alla riflessione sullo sfruttamento e impoverimento di
troppi esseri umani e quindi ci interpella a proteggere e promuovere i
diritti umani.
Il silenzio ci aiuta a comprendere che alla violenza e all'aggressivita', al
male, e' possibile rispondere con mezzi e modi nonviolenti, creativi,
alternativi e quindi molto efficaci.
Il silenzio rende capaci di fermamente credere e di lavorare per un mondo e
una globalizzazione piu' giusta e solidale.
Il silenzio apre al Trascendente come realizzazione profonda di ogni essere
umano.
3. MAESTRI. UN PROFILO DI ETTORE MASINA
[Siamo assai grati ad Ettore Masina (per contatti: ettore.mas@libero.it) di
aver generosamente accolto la nostra richiesta di scrivere per il nostro
notiziario un suo breve profilo biobibliografico. Pensiamo sia un dono
grande per tutti i nostri lettori]
Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, ho molto viaggiato al seguito di mio
padre ufficiale.
Dal 1934 al 1937 abbiamo abitato in Cirenaica e i ricordi di quel soggiorno
(a Bengasi e a Derna) sono in me ancora vivissimi. Vi rintraccio con
evidenza i segni del colonialismo italiano.
Siamo poi finiti a Varese per diversi anni. In quella citta' sono stato
presidente della Fuci e ho pubbllicato i miei primi articoli e racconti sul
quotidiano locale "La Prealpina".
Mi sono allontanato da Varese per Milano perche' vi sono diventato libraio
e poi giornalista: prima al quotidiano cattolico "L'Italia", poi al "Popolo
di Milano" e infine a "Il Giorno" di Baldacci e poi di Pietra. Vi ho fatto
prima il vicecapocronista, poi l'inviato.
Quando papa Giovanni annunzio' che avrebbe indetto un Concilio, Italo
Pietra, benche' agnostico, ebbe chiara l'idea che sarebbe stato un evento
rivoluzionario e comincio' a mandarmi periodicamente a Roma, per raccogliere
informazioni e scrivere articoli comprensibili ai lettori.
Nel 1963 mi trasferi' stabilmente a Roma, dove da allora vivo con la mia
famiglia. Con mia moglie Clotilde (preziosa compagna di ideali e di
speranze: la grazia piu' grande che il Signore mi abbia donato) vivemmo il
Concilio quasi "dal di dentro". Nella nostra casa si radunavano ogni sera
vescovi, teologi, giornalisti, da Helder Camara a padre Rahner, da padre
Chenu a Raniero La Valle, da don Carlo Colombo a Giancarlo Zizola.
Fu il periodo piu' felice della nostra vita, ci diede una tale vitalita' che
desiderammo intensamente di avere un nuovo figlio: cosi' Pietro Paolo si
aggiunse a Emilio e Lucia.
Seguii i viaggi di Paolo VI in Palestina, in India, all'Onu, a Fatima. Ebbi
grande stima di questo pontefice pur vedendone alcuni limiti, anche gravi.
"Le Monde" scrisse una volta che io ero "le journaliste le plus proche a la
pensee si non a la personne de Paul VI".
Durante il viaggio in Palestina fui radicalmente scosso dalla visione della
poverta' di grandi masse. Al mio ritorno decisi con mia moglie di dare vita
a un'associazione che si proponesse, mediante un'autotassazione mensile
degli aderenti, di aiutare comunita' di poveri in cerca di liberazione.
Nacque cosi' quella che poi si chiamo' Rete Radie' Resch (dal nome di una
bambina palestinese morta di pomonite in una grotta). La rete si e' espansa
al di la' di ogni previsione. Per trent'anni l'ho coordinata io, finalmente
nel 1994 sono riuscito a far si' che essa assumesse una piena conduzione
collettiva. E io me ne sono andato verso altre avventure. A spingermi a
fondare la rete e' stato l'incontro fra la mia inquietudine (il non poter
piu' vivere come se non avessi visto certe cose) e l'evangelizzazione di
Paul Gauthier.
Paul rimane il mio grande maestro spirituale, colui che, anche precorrendo
la teologia delle liberazione, mi ha aperto gli occhi sull'importanza del
magistero dei poveri. Ha dato dunque completezza e profondita' alla mia
sequela di tanti altri uomini e donne "di Dio" che avevo frequentato sino a
quel momento o dei quali avevo letto con amore gli scritti. Qualche nome?
Simone Weil e Suhard, Tolstoj e Dostoevskij, Dossetti, La Pira e Lazzati,
Steinbeck, Mounier, Merton, Voillaume eccetera eccetera.
Nel 1969 l'insistenza di alcuni dirigenti della Rai e il desiderio di
sperimentare il "nuovo" giornalismo mi fecero accettare di entrare in via
Teulada. Dopo un breve periodo di grande felicita' (sotto la direzione di
Fabiani) cominciarono ben presto i miei problemi.
Nel 1974 per essere stato uno degli estensori del manifesto "Ai cattolici
democratici" perche' votassero no al referendum abrogativo del divorzio, fui
sospeso dal video per sette mesi.
Appena ebbe vita il TG2, vi passai e godetti nuovamente di liberta', ma
l'estromissione di Andrea Barbato, contro la quale mi ero battuto, mi fece
cadere in disgrazia presso il nuovo direttore, Sergio Zatterin, il quale mi
privo' di ogni ruolo.
Ridotto, come si dice, ai minimi termini, nel 1983 finii per accettare il
reiterato invito del Pci di candidarmi come indipendente nelle sue liste.
Fui eletto nel collegio Brescia-Bergamo e in quello Varese-Como-Sondrio.
Optai per il primo e vi fui rieletto nel 1987.
Durante i dieci anni del mio mandato ho rappresentato il gruppo della
Sinistra Indipendente nella Commissione Esteri. Nella mia prima legislatura
sono stato vicepresidente del Comitato per la cooperazione internazionale;
nella seconda, su designazione unanime dei gruppi, presidente del Comitato
Internazionale per i diritti umani.
Ho guidato delegazioni di parlamentari in Tanzania, Zimbabwe, e nei campi
profughi palestinesi. Sono stato "osservatore estero" in Cile, in occasione
delle elezioni del 1989. Ho rappresentato la Camera dei deputati italiani
alla cerimonia dell'investitura della Commissione per la pace nel Salvador.
Ho partecipato a missioni, anche altamente drammatiche, in Somalia, Sudan e
Sud-Sudan, Cina, Croazia, Slovenia e Serbia. Sono stato presidente
dell'Associazione Italia-Vietnam.
Molte di queste cose sono state raccontate in due miei libri autobiografici.
Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri
(Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino
(Rubbettino, 2000).
I miei altri libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969,
tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e
il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio
all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti,
1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti,
1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo
(Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova
edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia,
1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di
Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002).
4. LE AMARE ESPERIENZE SCOLASTICHE DI GIOBBE SANTABARBARA: ODRADEK
Un giorno qualunque in un liceo qualunque: uno studente acuto, vivace,
fortemente assertivo, con piglio di leader, mi spiega seccato che "non
possiamo aspettare che i terroristi ci attacchino di nuovo", e che quindi
"occorre colpire subito". Colpire chi? Colpire come? Colpire perche'? E cosa
significa che "non possiamo aspettare"? E di quali "terrroristi" stiamo
parlando?
Ma prima facciamo un passo indietro.
*
Stavo invitando gli studenti di quella classe a riflettere seriamente e
onestamente sulle conseguenze logiche degli argomenti che i propagandisti
della guerra adducono in pro delle stragi che alcuni stati si apprestano a
compiere. Ed all'incirca dicevo cosi':
a) Se si sostiene che il fatto che un regime abbia aiutato gruppi
terroristici a commettere stragi sia ragion sufficiente a bombardare la
popolazione del paese da quel regime dominato, allora essendo il governo e
gli apparati degli Stati Uniti d'America certissimamente responsabili di
aver sostenuto il golpe cileno dell'11 settembre 1973 (ed inifinite altre
efferatezze) dovrebbero innanzitutto bombardare se stessi.
b) Se si sostiene che il possesso o l'intenzione di procurarsi armi di
sterminio di massa da parte di un regime sia ragion sufficiente a bombardare
la popolazione del paese da quel regime dominato, allora essendo il governo
e gli apparati degli Stati Uniti d'America certissimamente detentori ed
utilizzatori di esse (contro popolazioni civili innocenti ed inermi a
Hiroshima e Nagasaki), dovrebbero innanzitutto bombardare se stessi.
c) Se si sostiene - e giustamente - che le stragi terroristiche di vittime
innocenti sono una disumana mostruosita', allora la guerra, che di ripetute
stragi terroristiche di vittime innocenti consiste, e' mostruosita' delle
mostruosita', terrorismo del terrorismo.
d) Se si sostiene che la presenza in un paese di gruppi criminali sia ragion
sufficiente a bombardare la popolazione di quel paese, allora l'Italia in
cui allignano mafia, 'ndrangheta e camorra (di cui innanzitutto il popolo
italiano e' vittima), dovrebbe essere bombardata da noi stessi e dai nostri
stessi alleati (che cosi' bombarderebbero proprio le vittime di mafia,
'ndrangheta e camorra).
e) Se si sostiene che la complicita' coi poteri occulti e criminali da parte
di un governo sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione del paese
che esso governa, esiste un paese al mondo in cui non si siano dati
sciagurati fenomeni di contiguita' tra i poteri politici e i poteri occulti
e criminali? E che si dovrebbe dire ad esempio di un paese, l'Italia,
governato da un ex-aderente alla loggia P2? O di un paese, gli Stati Uniti
d'America, il cui governo ha finanziato lungamente e lautamente i gruppi
armati da cui emerge Al Quaeda?
f) Se si sostiene che il legame tra poteri economici legali dominanti e
poteri criminali sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione del
paese ove quei poteri economici hanno le loro basi, esiste un paese al mondo
in cui non si siano dati sciagurati fenomeni di contiguita' tra poteri
economici legali dominanti e poteri criminali? Chi ha creato, finanziato e
addestrato gli squadroni della morte in tutta l'America Latina? Chi ha
fornito attraverso gli appalti pubblici le risorse per l'accumulazione
originaria di capitale attraverso cui la mafia ha preso slancio alla
conquista dei mercati illegali transnazionali?
g) Se si sostiene che al terrorismo si possa contrapporrre la guerra, questo
non implica aggiungere a una strage infinite stragi? Non e' forse la
magnificazione, l'ingigantimento del terrorismo (e dunque il trionfo e
l'apoteosi del terrorismo)?
*
Ma quella obiezione sposta il ragionamento su di un altro versante, non meno
importante: ci invita a riflettere sul significato di una formula aberrante
come quella della "guerra preventiva". E quindi su questo occorre
riflettere. Ho proposto questo schema di ragionamento:
a) e' una conquista degli ordinamenti giuridici evoluti che un soggetto
possa essere punito per un reato che ha commesso, non per un reato che non
ha commesso. Io posso anche sospettare che il benzinaio all'angolo potrebbe
nottetempo andare a incendiare il Louvre, ma finche' non ho prove certe di
questo non posso chiederne l'arresto come piromane. O anche: posso
sospettare che qualunque cacciatore in quanto detentore di un fucile
potrebbe un domani spararmi addosso poiche' alla caccia mi oppongo, ma
finche' non ho prove certe che un attentato omicida alla mia persona stia
preparando non posso certo chiamare il 113.
b) la "guerra preventiva" e' un assurdo giuridico, morale e logico, poiche'
e' lo scatenamento di stragi con la motivazioni che altri potrebbero in
futuro scatenare stragi. Riducendo la questione ai minimi termini e'
pretendere di poter commettere omicidi in nome del fatto che altri
potrebbero in futuro commettere omicidi. Una specie di faida a cronologia
invertita. Con questa logica qualunque criminale rivendicherebbe
l'impunita', poiche' chi puo' dire che la sua vittima se fosse restata viva
non avrebbe potuto un giorno uccidere il suo uccisore magari investendolo in
un incidente stradale?
c) E ancora: cosa significa "non possiamo aspettare"? Se completiamo la
frase col suo contenuto implicito essa dice: non aspettiamo che altri
uccidano, uccidiamo noi per primi. E' un pensiero aberrante, criminogeno e
criminale, del tutto subalterno alla logica dell'uccidere, antitetico al
criterio fondamentale della civilta', ovvero la scelta della convivenza tra
gli esseri umani, il riconoscimento del diritto alla vita di ogni essere
umano. Ha scritto memorabilmente don Lorenzo Milani, e noi non ci
stancheremo giammai di ripeterlo: "in lingua italiana lo sparare prima si
chiama aggressione e non difesa".
d) E naturalmente non vi e' alcun bisogno di aggiungere che la cosidddetta
"guerra contro il terrorismo" non solo non e' efficiente contro i
terroristi, ma in quanto uccide vittime innocenti e' essa stessa terrorismo
e la spirale terroristica alimenta in una escalation di vittime, di stragi,
di odio, di vendette.
Ma fermiamoci qui per adesso.
*
Mi avvedo che il mio argomentare non ha minimamente scalfito la posizione
dell'interlocutore che replica duro che io sarei "dimentico delle nostre
vittime" (questa formula ambigua: "le nostre vittime" sono quelle che
subiamo o quelle che facciamo? O ambedue? E cosa significa "nostre" in
questo contesto?) e opponendomi alla guerra sarei "oggettivamente"
(l'aggettivo preferito di Stalin) complice dei terroristi.
Provo a proseguire la discussione, accettando questo ennesimo spostamento
del discorso, che e' passato dall'astratto del "colpire subito" all'accusa
personale di "intelligenza col nemico". Non si dovrebbe accettare questo
slittamento, ma insomma, se si insegna nelle scuole occorre recare
testimonianza personale, poiche' come diceva sempre don Milani per fare una
buona scuola piu' che le tecniche conta l'esempio.
E per mia fortuna sono uno di quelli che quando l'Italia forniva armi al
regime iracheno ero tra i promotori di azioni nonviolente che quel business
assassino denunciavano; e sono uno di quelli che quando regimi dittatoriali
dell'est e del sud opprimevano - come tutora in tanta parte del mondo
avviene - le popolazioni da essi dominate, nei limiti delle mie possibilita'
non ho fatto mancare la mai protesta e il mio aiuto agli oppressi, mentre i
poteri politici ed economici che oggi voglio scatenare la guerra facevano
ricchi profitti in combutta con quei regimi; e sono uno di quelli che ha
preso parte alla lotta contro i poteri criminali e che al terrorismo sempre
si e' opposto (anche quando una parte non piccola della popolazione di
questo paese era ignava o peggio indulgente).
Perche' sono un amico della nonviolenza, e credo che ad ogni violenza
opporsi occorra. Cosicche' credo di avere, come si dice, "le carte in
regola" per dire ad un tempo no alla guerra, no al terrorismo e no alle
dittature. E proporre vie di pace e di giustizia, di gestione nonviolenta
dei conflitti, di costruzione di civile convivenza nell'unica terra che
abbiamo e che e' di tutta l'umanita'.
*
Ma quello studente non l'ho persuaso a un supplemento di rfilessione. Lo
vedo saldo nella sua pietrificata certezza, lo vedo dallo sguardo
scintillante, dal sorriso beffardo, dalla postura rigida del corpo. Non ho
saputo trovare una via di comunicazione, non ho saputo abbattere il muro. Me
ne cruccio ancora. Posso solo sperare che voglia proseguire un dialogo,
posso solo sperare che voglia cercare ancora.
5. INCONTRI. EMANUEL ANSELMI: UN INCONTRO CON HAIDI GIULIANI A ORVIETO
[Emanuel Anselmi (per contatti: anselmie@libero.it), dottore in economia,
gia' obiettore di coscienza in servizio civile presso la Caritas diocesana
di Viterbo, e' un collaboratore del Centro di ricerca per la pace]
Nell'ambito della manifestazione culturale orvietana denominata "Venti
ascensionali", che ha avuto inizio il 20 ottobre e che continuera' fino al
20 dicembre, manifestazione che ha il pregio di unire, in un'unica proposta,
mostre, spettacoli, dibattiti, proiezioni e presentazioni di libri con
l'intento di "aggregare energie e risorse, promuovere arte e pensiero,
coniugare il locale con le voci del mondo", martedi' 12 novembre e' stato
presentato il libro a quattro mani intitolato Un anno senza Carlo (Baldini &
Castoldi, Milano 2002), scritto da Haidi e Giuliano Giuliani, in
collaborazione con Antonella Marrone, giornalista de "L'Unita'", che
solitamente si occupa delle attivita' del Terzo Settore. A questo incontro,
organizzato dal Comune di Orvieto e dal Laboratorio Teatro Orvieto in
collaborazione con Emergency e con le botteghe del Commercio Equo e
Solidale, erano presenti Haidi Giuliani, la madre del ragazzo ucciso durante
la manifestazione organizzata in occasione del vertice dei G8 a Genova nel
luglio dello scorso anno, Antonella Marrone, e la direttrice della
biblioteca di Orvieto Maria Luisa Salvadori, che ha coordinato l'evento, il
quale ha costituito l'occasione per ripercorrere idealmente gran parte degli
eventi che hanno interessato l'Italia (ma anche il mondo intero: si e'
ricordato anche il Forum Sociale di Porto Alegre) negli ultimi anni.
Il libro dei coniugi Giuliani non e' un ritratto della vita di Carlo (anche
se, naturalmente, viene ricordato dalla sorella e dal fidanzato di lei), ma
si tratta di una presentazione di quello che e' stato - come il titolo
chiarisce - un anno di lavoro di ricerca della verita' su quelle giornate.
Haidi Giuliani ha esplicitamente parlato dell'esistenza di personaggi ai
quali la verita' non interessa un gran che, i quali hanno deliberatamente
diffuso bugie in merito a quanto successo a Genova, in un'operazione di
cosciente distorsione dei fatti che ancora oggi rimangono molto oscuri e per
chiarire i quali si auspica l'apertura di una inchiesta; nonostante la
ferita infertale e la grande carica di denuncia del suo libro, la donna e'
stata capace di parlare di pace in un modo realmente coinvolgente -
sottolineando pero' che la pace e' figlia della verita'.
Dal dibattito-confronto che e' seguito alla presentazione del libro e'
scaturita la necessita' di lavorare per la pace in ogni piccolo ma
coraggioso gesto quotidiano: oltre all'ormai noto ritorno della politica fra
gli interessi dei giovani (e dei meno giovani), trova spazio quindi un nuovo
modo di farla, diverso dal semplice portare acqua al proprio mulino che ha
caratterizzato l'ultimo quarto di secolo; si tratta di una politica che si
identifica nella opposizione a certi fenomeni che vengono spacciati per
inevitabili, nel rifiuto di determinati consumi, nella delegittimazione di
ogni violenza, nella protesta e presa di parola pubblica, il tutto condito
con gioiosa vitalita', per sottolineare la volonta' degli esseri umani di
essere esseri umani, e cioe' individui e collettivita' allo stesso tempo,
produttori coscienti e consumatori coscienti, artisti e lavoratori,
nell'intento di riappropriarsi della propria umanita' per il proprio pieno
sviluppo.
Se a qualcuno nella sala questo incontro e' parso come un "lamento funebre
femminile", in realta' addolorato e' stato soltanto l'incipit del discorso
(la morte di Carlo Giuliani, la violenza di Genova e di tutte le guerre) da
cui si e' dipanata una logica di speranza e di impegno nella ricerca della
verita' e per il cambiamento radicale della societa' a partire dagli
individui.
6. INCONTRI. GABRIELLA LAZZERINI: UN INCONTRO CON SVETLANA ALEKSIEVIC
[Questo resoconto di un incontro con Svetlana Aleksievic a Milano e' apparso
sul sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it).
Ringraziamo di cuore Sara Gandini per avercelo segnalato. Ovviamente non
tutte le opinioni espresse da Svetlana Aleksievic cosi' come qui riportate
sono condivisibili - il cosiddetto "impero sovietico" fu edificato anche sul
Gulag e sul terrore totalitario: e la nostra condanna di cio' e' netta da
sempre, e senza appello -, ma la sua voce e' comunque certamente degna di
ascolto e di riflessione critica]
Martedi' 8 ottobre Svetlana Aleksievic e' venuta al Circolo della Rosa; e'
l'autrice di Preghiera per Cernobyl, un libro di grande sapienza e rara
bellezza, in cui l'esplosione del reattore e cio' che e' avvenuto intorno e
dopo quell'evento viene raccontato, mostrato vivo in tutta la sua
terribilita', facendo parlare le donne e gli uomini che lo hanno vissuto e
ne sono stati attraversati.
"Ho voluto far parlare il piccolo uomo, quello che non lascia traccia di
se'. Dopo l'esplosione, di questo grande fatto di Cernobyl si rischia che
restino solo poche pagine nei manuali di storia, senza il vissuto, le
emozioni. e di tanto dolore, di tante lacrime che cosa resta?".
Cernobyl e' un evento epocale, una frattura geologica nella faglia della
storia. Uno di quei fatti che fanno dire che niente sara' piu' come prima.
Non a caso il sottotitolo del libro e' "Cronaca del futuro".
Insieme all'invasione dell'Afghanistan, e' uno degli eventi che hanno fatto
crollare il grande impero sovietico, un impero la cui potenza simbolica ha
lasciato tracce profonde, perche' il socialismo reale fu un'idea magica, e
ancora oggi, lei dice, non si riesce a congedarsi da questa magica utopia:
creare un impero da un ideale. L'impero si e' disgregato, ma l'uomo
sovietico continua a vivere.
"In ognuno dei miei libri ho voluto raccontare un pezzo della sua storia, di
questa storia. Il mio primo libro parla della guerra.
La guerra raccontata dagli uomini e' molto diversa dalla guerra raccontata
dalle donne. Alla seconda guerra mondiale hanno partecipato piu' di un
milione di donne: le partigiane, le donne soldato, artigliere, tiratrici...
Per scrivere il mio libro ho fatto molte interviste, spesso in case dove
entrambi i coniugi avevano combattuto, ma era l'uomo a raccontare, mentre la
donna si dava da fare per l'ospitalita', preparava il te', e l'uomo parlava.
La guerra che gli uomini raccontavano riproponeva tutti i miti offerti dal
sistema, era uno schematismo che mi interessava poco.
Una volta che un uomo era impegnato altrove sono riuscita a parlare con la
moglie, una donnina minuta, che aveva lavorato nei reparti sanitari, quelli
che percorrono i campi di battaglia a cercare morti e feriti. Mi ha detto:
'Com'e' tremendo in tempo di guerra il campo dopo la battaglia, disseminato
di morti, sia russi che tedeschi, buttati li' come le patate. Avevano 18
anni come me, erano giovani, bei giovani. C'era un giovane tedesco, morto,
che guardava il cielo, io mi sono messa a piangere e il comandante mi ha
detto: Perche' piangi?- Io ho detto :- Perche' mi fa pena. - Ti fa pena un
fascista? - Io qui non vedo fascisti, vedo solo un ragazzo morto'.
Le donne di fronte alla guerra parlavano del valore della vita. Su questo ho
scritto il libro, che pero' non sono riuscita a far pubblicare, e' uscito
solo dopo Gorbaciov. Eppure allora credevo ancora nel socialismo dal volto
umano, ci ho creduto fino a quando non e' incominciata la guerra in
Afghanistan. Quando sono andata la' ho perso tutte le illusioni: non c'e'
idea che valga tante vite...
Nel 1991 il regime sovietico crolla, e da piu' parti si e' sostenuto che il
popolo russo non vedeva l'ora che finisse. In realta' non e' andata cosi':
la maggior parte delle persone non era ancora pronta per questa fine.
All'indomani del crollo c'era un disagio diffuso, forte... Per quattro o
cinque anni c'e' stata un grande ondata di suicidi. Suicidi di personaggi
famosi, ma anche di tanta gente semplice. Era il suicidio di chi non
tollerava il crollo dell'ideale: l'utopia non lasciava liberi, si era come
sotto l'effetto di un narcotico, molti si erano consegnati interamente
all'idea e non avevano altro di cui vivere.
Io scrivo perche' voglio salvare quanto di umano c'e' nell'essere umano: e'
uno strato sottile, voglio capire come fare a preservarlo. So che
necessitano sostegni per sorreggere la dignita' umana. In qualsiasi
circostanza ci troviamo a vivere, ci vuole coraggio.
La nostra e' una civilta' delle lacrime, troppo spesso il nostro mondo non
riesce a dare importanza al sentire. Nei miei libri io voglio raccogliere
questa esperienza del soffrire, che io non penso sia solo della Russia.
Tendo l'orecchio ascoltando per strada, e' un romanzo a piu' voci, che vuole
che si riesca a trovare una strada che non sia solo sofferenza".
7. TESTIMONIANZE. DONNE IN NERO: MUYESSER GUNES E IL MOVIMENTO DELLE "MADRI
PER LA PACE"
[ringraziamo Nadia Cervoni (per contatti: giraffan@tiscalinet.it), delle
Donne in nero, per averci inviato questo profilo di Muyesser Gunes e del
movimento delle "Madri per la pace"]
Muyesser Gunes, 49 anni, del quartiere curdo Gazi di Istanbul, madre di due
figli uccisi in guerra, e' giornalista e fa parte del movimento delle Madri
per la pace in Turchia, del quale dirige la rivista mensile.
Il movimento nasce nel 1996 come Madri del sabato che manifestavano in
piazza Galatasaray (tra il '96 e il '97).
Rapidamente le Madri per la pace hanno assunto un radicamento nazionale, in
parallelo con il lancio dell'iniziativa di pace da parte del Pkk e del
movimento kurdo nel suo insieme, con il passaggio drammatico degli scioperi
della fame di massa attaccati dalla polizia e dai Lupi grigi nelle sedi
dell'Hadep durante la presenza di Ocalan in Italia.
Nel '99 con la scelta anche del Pkk di abbandonare le armi e di avviare un
processo di pacificazione, le madri per la pace, dei detenuti, dei
guerriglieri, dei soldati, dei morti senza autori, dei rifugiati, si sono
incontrate ed unite assieme.
Nel 2000 furono protagoniste di una marcia per la pace da venti citta' kurde
e turche fino alle porte di Ankara, dove furono fermate dall'esercito.
Alle iniziative per un dialogo di pace in Turchia hanno affiancato negli
ultimi mesi quella per una soluzione pacifica delle contraddizioni
interkurde, con la delegazione che si e' recata a Suleymanye per incontrare
Jalal Talabani e mediare nel conflitto fra le milizie del Puk e il Pkk. Al
ritorno in Turchia la delegazione fu arrestata, le donne furono sottoposte a
tortura e processate, ma il Tribunale per la sicurezza dello Stato di
Diyarbakir le ha assolte dall'accusa di "sostegno al terrorismo".
Il movimento e' composto in grande maggioranza da donne kurde, ma anche
alcune pacifiste turche collaborano stabilmente con loro.
"Vogliamo costruire un futuro di pace e liberta' per le future generazioni",
affermano in un recente appello, in cui precisano le loro richieste:
apertura di un dialogo di pace, amnistia generale per i prigionieri
politici, abolizione della pena di morte e delle leggi di emergenza,
scioglimento delle formazioni paramilitari dei "guardiani di villaggio",
diritto al ritorno dei profughi e alla ricostruzione, istruzione nella
lingua madre, e un nuovo patto costituzionale di cittadinanza che garantisca
pluralismo culturale e piena liberta' di espressione e di pensiero.
Tutte hanno subito l'effetto del militarismo, la violenza della guerra nelle
loro vite, nelle loro case.
Hanno vissuto un periodo di terrore e di razzismo, ma nonostante questo
hanno cercato di mediare, spingendo al dialogo tutti i gruppi politici.
Oggi le Madri per la pace aprono tutte le manifestazioni kurde, dando
espressione anche al protagonismo delle donne, vera "rivoluzione culturale"
che segna da piu' di quindici anni l'insorgenza kurda in Turchia.
Loro e' il progetto per una conferenza internazionale delle donne a
Istanbul. Vorrebbero invitare le donne di Israele, Palestina, le donne
basche, le madri di plaza de Mayo, la rete internazionale delle Donne in
Nero e in particolare le donne dei Balcani, le donne afghane e altre, per
costruire assieme percorsi di pace.
8. LUTTI. LA SCOMPARSA DI ALBERTO TENENTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 novembre 2002 riportiamo la notizia
della scomparsa di Alberto Tenenti]
Lo storico Alberto Tenenti e' morto all'eta' di 78 anni nella sua casa di
Parigi. Dal 1965 era direttore della prestigiosa Ecole des Hautes Etudes en
Sciences Sociales di Parigi - dove ha insegnato per 35 anni - e della
rivista "Civilta' del Rinascimento".
Autore di un centinaio di libri, pubblicati in Italia soprattutto da Einaudi
(molti contributi alla Storia d'Italia portano la sua firma), Laterza e il
Mulino, aveva indagato temi particolari dell'eta' moderna come il passaggio
dal Comune alla Signoria, la trasformazione delle citta', le attivita'
commerciali marinare (frutto anche del lungo periodo vissuto a Venezia, dove
lavoro' nei primi anni '50 come archivista), il controllo delle avversita',
i sentimenti e l'evoluzione del senso della morte.
Era nato a Viareggio nel 1924 e si era laureato alla Scuola Normale
Superiore di Pisa in storia della filosofia moderna.
Negli anni '50 si era trasferito a Parigi dove era entrato in stretto
contatto con lo storico Lucien Febvre, fondatore con Marc Bloch della
rivista "Les Annales", entrambi rinnovatori della storiografia attraverso
una saldatura della storia politico-diplomatica con quella economica,
sociale e religiosa.
Della sua collaborazione con Febvre sono frutto i primi saggi sui Trionfi
della morte e il testo classico Il senso della morte e l'amore per la vita
nel Rinascimento, apparso nel 1957 e poi ripubblicato piu' volte da Einaudi.
Importanti anche i suoi contributi sulla storia di Venezia e fondamentali le
sue ricerche su Lorenzo il Magnifico e sull'umanista Leon Battista Alberti.
Era diventato cittadino francese alla meta' degli anni '60.
9. LIBRI. IN LIBRERIA "OLTRE IL CONFLITTO. DALLA MEDIAZIONE ALLA RELAZIONE
COSTRUTTIVA" DI MARIA MARTELLO
[Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa presentazione editoriale di un
nuovo, utile libro; Maria Martello, l'autrice del volume, e' una nostra
interlocutrice e cara amica (per contatti: mariamartello@libero.it)]
E' in libreria in questio giorni il nuovo lavoro di Maria Martello, Oltre il
conflitto. Dalla mediazione alla relazione costruttiva, McGraw-Hill, Milano
2002, pp. 261, euro 21. Il volume e' cosi' strutturato: Presentazione di
Salvatore Natoli; Prefazione; parte I. Superare il conflitto: 1. Andare
oltre il conflitto; 2. Quando il malessere si fa malattia; 3. La
comunicazione empatica; parte II. La gestione del conflitto: 4. La gestione
pacifica del conflitto; 5. Il mediatore; 6. La tecnica della mediazione:
attenzioni preliminari; parte III. Ambiti di applicazione: 7. Gli ambiti di
applicazione; 8. La mediazione penale; 9. La mediazione scolastica; 10. Un
progetto operativo; parte IV. La relazione non conflittuale: 11. La
relazione non conflittuale; 12. La relazione in ambito lavorativo; 13. La
relazione in ambito scolastico; 14. La relazione nella coppia; 15. La
relazione con i figli; parte V. La formazione: 16. La formazione per saper
gestire la relazione; Conclusioni.
*
"Due sorelle avevano un'arancia. Entrambe pretendevano l'intera arancia e
avevano le loro ragioni per volerla: il litigio appariva inevitabile. Alla
fine divisero a meta' la loro arancia. La maggiore, irritata, bevve una
mezza spremuta e butto' via la buccia. La minore, ancora piu' stizzita, uso'
la sua mezza buccia per fare una insipida torta e butto' via il succo che
non la interessava. Avessero parlato, avrebbero scoperto di poter avere
un'intera spremuta e un'intera buccia con cui preparare un'ottima torta".
In molti casi, conflitti apparentemente insanabili coinvolgono aspetti assai
diversi. La mediazione in caso di conflitto non equivale a cercare insipidi
compromessi in cui entrambe le parti si sentono, in parte, perdenti.
E' un'arte che fa appello all'intelligenza emotiva, una modalita' fatta di
ascolto, di riformulazione dei termini del conflitto, di comprensione delle
reali motivazioni delle parti in causa. Si tratta di una disciplina
indispensabile in ambito giudiziario, nel counselling familiare, in azienda,
a scuola, in psicoterapia.
Comprendere e superare un conflitto spesso permette di rinnovare e
migliorare una relazione. Molto meglio che andare freddamente d'accordo.
Questo libro e' un testo sulla mediazione e sulla risoluzione dei conflitti
che tratta anche della nostra vita, delle nostre scelte e delle nostre
emozioni ed anche di tecniche professionali; che indica delle opportunita'
concrete per la formazione personale.
Il conflitto ci interpella sulla capacita' che abbiamo di relazionarci con
gli altri e ci svela insieme l'autenticita' o la falsita', la profondita' o
la superficialita' del rapporto con noi stessi. Crescere nella competenza
relazionale ed emotiva significa potenziare la nostra capacita' di modulare,
di sviluppare tale rapporto in vista del nostro benessere. La vita degli
esseri umani e' costantemente segnata da laceranti conflitti, tra comunita',
popoli, singole individualita'. Gli esseri umani precipitano nei conflitti
di continuo e non sempre ne sono del tutto evidenti le ragioni. Ma nei
conflitti si puo' anche trovare una via d'uscita e cio' mostra che gli
esseri umani sono sempre nelle condizioni di trovare delle soluzioni. Certo
non tutti i conflitti trovano soluzione, ed accade che, talvolta, diano
luogo a dinamiche distruttive endemiche; accade pure, pero', che essi
attivino dinamiche creative, che ampliano le possibilita' di azione.
Il libro invita a considerare il conflitto non a valle ma a monte, evitando
che si cada sempre nella preoccupazione che, un esempio fra tutti,
l'emergenza di un reato efferato crea, ma si sappia intervenire sulle prime
avvisaglie di malessere.
Inoltre, come dice l'autrice: "chi e' nel disagio non puo' aiutare
compiutamente l'altro ad evolvere dal disagio. Il conflitto attiene alla
vita di tutti quindi ciascuno, secondo la proposta del libro, e' bene che si
occupi della propria crescita e vita. L'attenzione 'di mettere a posto' se
stessi diventa un modo di diventare idonei a 'mettere a posto' gli altri".
Assumendo come dato il conflitto non e' allora sufficiente mediarlo al solo
scopo di limitarlo, ma e' necessario trasformarlo in relazione costruttiva,
incentivazione e sviluppo delle diverse soggettivita'.
Mediare un conflitto quindi non significa solamente cercare un accordo fra
le parti - certo anche questo - ma significa soprattutto permettere alle
parti in causa di scoprire le ragioni profonde dei propri atti. Mediare
significa fare comprendere alle parti in causa le ragioni delle loro
incomprensioni, suggerire le vie e soprattutto gli atteggiamenti mentali
idonei ad eliminarle.
Cio' comporta che gli individui divengano capaci di raggiungere gli strati
profondi della loro mente ove si generano gli affetti e si scatenano le
passioni, che portino alla parola il non detto della loro coscienza, mai
emerso per ignoranza di se' o tenuto nascosto per troppo pudore se non
addirittura per vergogna. Non e' facile imboccare questo cammino da soli. E'
allora opportuno e spesso necessario che vi siano persone che aiutino chi ne
ha bisogno. Il compito del mediatore, in questo caso e' quello della guida,
ovvero di avviare chi ha sbagliato su una nuova via, di dargli una mappa di
orientamento, ma soprattutto e' quello di tessere intorno a lui una rete di
relazioni che ne evitino il misconoscimento.
Senza il riconoscimento degli altri non e' possibile alcuna autentica
consapevolezza, nessun superamento dell'impasse emotivo e relazionale. Il
mediatore, figura di alto profilo professionale e di rigorosa formazione,
funge da "specchio" delle parti confliggenti, e modulando gli spazi del
confronto e i tempi dell'attesa e del silenzio, avvia fra le parti una
rinnovata capacita' di ascolto e favorisce l'assunzione di responsabilita'
personale.
Mediare significa aiutare a portare alla luce le ragioni che spingono gli
uomini a confliggere fino a danneggiarsi reciprocamente, significa attivare
relazioni nuove e inauguranti.
L'autrice non si limita solo ad esporre la tecnica della mediazione, ma pone
anche attenzione al senso che tale metodologia puo' avere. Il conflitto
viene approcciato in un'ottica sistemica: i diversi ambiti di applicazione,
le diverse figure che interpella mostrano senza ombra di dubbio che un
conflitto non e' soltanto di chi lo vive in prima persona, ma di tutti
quelli che direttamente vengono coinvolti e della societa' tutta.
Sono questi i temi che Maria Martello, psicologa, pedagogista, giudice
onorario presso il Tribunale dei Minori di Milano, affronta nel volume.
Indaga sui conflitti, ne esplora con efficacia le ragioni psicologiche e
sociali che li generano a partire dalle quali disegna la natura e il compito
della mediazione, ne considera alcune applicazioni concrete in ambito penale
ed educativo, delle relazioni interpersonali, familiari e sociali, ambiti
nei quali l'autrice ha maturato una lunga esperienza. Si avanzano, infine,
alcune ipotesi di formazione per la gestione delle relazioni.
*
Maria Martello, laureata in filosofia presso l'Universita' Cattolica del
Sacro Cuore di Milano, psicologa e pedagogista, dal 1993 ricopre, su nomina
del Consiglio Superiore della Magistratura, la carica di giudice onorario
presso il Tribunale per i Minorenni di Milano. Esperta negli interventi di
formazione, con una ventennale esperienza di insegnamento nella scuola
secondaria, dal 1980 si occupa per conto del Ministero dell'Istruzione,
dell'Universita' e della Ricerca (gia' Ministero della Pubblica Istruzione)
di progetti di aggiornamento dei docenti. Ha fatto parte della Commissione
di studio, istituita dal Ministero, per la revisione dei programmi di
educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. Nel 1998 ha ideato un
percorso nuovo di formazione, applicabile in contesti diversi e a fasce
d'eta' varie, denominato "L'intelligenza emotiva: dal conflitto alla
relazione costruttiva", gia' sperimentato sul territorio nazionale in ambito
scolastico e professionale. Specializzata nella pratica della mediazione per
la risoluzione pacifica del conflitto e della negoziazione, ha perfezionato
la sua formazione e preparazione con i piu' prestigiosi esperti italiani e
stranieri di tale metodo. Conduce stage di formazione alla mediazione
scolastica, penale e sociale, ed e' docente all'interno di master in
psicologia scolastica e mediazione familiare rivolti ad avvocati, dirigenti,
psicologi e pedagogisti. Ha partecipato all'elaborazione del Progetto per
l'istituzione dell'Ufficio di Mediazione Penale di Milano e fa parte della
sua equipe fin dal momento della sua costituzione.
10. RILETTURE. SIMONETTA LUX: ARTE E INDUSTRIA
Simonetta Lux, Arte e industria, Sansoni, Firenze 1973, pp. 136. Un'agile
monografia ancor oggi di grande interesse.
11. RILETTURE. LARA-VINCA MASINI: ART NOUVEAU
Lara-Vinca Masini, Art nouveau, Giunti Martello, Firenze 1976, 1978, pp.
432. Una splendida monografia sullo straordinario fenomeno artistico.
12. RILETTURE. UMBERTO SANTINO: LA BORGHESIA MAFIOSA
Umberto Santino, La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione
Giuseppe Impastato, Palermo 1994, pp. 366, lire 25.000. Una racclta di saggi
del piu' grande studioso dei poteri criminali, una delle figure piu'
prestigiose del movimento antimafia. Alcuni di questi testi hanno avuto ed
hanno ancora un'importanza semplicemente decisiva (ad esempio il saggio, del
1986, su La mafia finanziaria, che dovrebbe essere riportato nei libri di
scuola ed utilizzato come testo d'esami nelle universita').
13. RILETTURE. RENATE SIEBERT (A CURA DI): RELAZIONI PERICOLOSE
Renate Siebert (a cura di), Relazioni pericolose, Rubbettino, Soveria
Mannelli (Cz) 2000, pp. 300, euro 15,49. Una raccolta di saggi su
"criminalita' e sviluppo nel Mezzogiorno", a cura dell'illustre sociologa e
militante, docente all'Universita' della Calabria.
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 418 del 17 novembre 2002