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La nonviolenza e' in cammino. 417
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 417 del 16 novembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Sergio Paronetto, la nonviolenza tenera passione e motore della storia
2. Lidia Menapace, uno spettacolo deprimente
3. Benito D'Ippolito, un sonetto improvvisato durante la commemorazione di
Vinoba a Viterbo il 15 novembre 2002
4. Peppe Sini, sugli arresti di alcuni giovani e sull'amore per la verita'
5. Enrico Peyretti: la critica non e' violenza, la violenza non e' critica
6. Carlo Gubitosa, Alessandro Marescotti: la posizione di Peacelink sui
recenti arresti
7. Aggiornato il sito de "Il paese delle donne"
8. Programma provvisorio del secondo Salone dell'editoria di pace, Venezia
6-8 dicembre 2002
9. Riletture: Renate Zahar, Il pensiero di Frantz Fanon e la teoria dei
rapporti tra colonialismo e alienazione
10. Riletture: Simone de Beauvoir, Esiste la donna? (a cura di Renate Zahar)
11. Riletture: Renate Siebert, Le donne, la mafia
12. Riletture: Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo
13. Riletture: Renate Siebert, Mafia e quotidianita'
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: LA NONVIOLENZA TENERA PASSIONE E MOTORE
DELLA STORIA
[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto@yahoo.com)
per averci messo a disposizione i seguenti ampi stralci del suo intervento
dal titolo Nonviolenza polvere della storia: il realismo dell'utopia, che
appare nell'ultimo numero (n. 3/2000) del bel trimestrale "Note mazziane"
(per richieste: casa editrice mazziana, via S. Carlo 5, 37129 Verona, tel. e
fax: 045912039, e-mail: casaeditrice@dinmazza.com). Sergio Paronetto fa
parte del consiglio nazionale di Pax Christi]
La pluralita' nonviolenta del "movimento dei movimenti" costituisce, a mio
parere, la prospettiva piu' adeguata sia dal punto di vista etico che da
quello politico. L'unica strada praticabile.
Va certamente approfondita. Ad esempio, piu' che tematizzare la nonviolenza
come dottrina o come tecnica, gli operatori di pace dovrebbero proporre le
nonviolenze come movimenti storici, come azioni popolari e come stili di
vita. Cioe' le esperienze concrete di nonviolenza del Novecento, i volti di
pace, le testimonianze reali.
Personalmente, cambierei anche la parola nonviolenza che, per quanto scritta
come fosse una parola sola, esprime sempre una carica negativa e puo'
prestarsi a equivoci. Preferisco "azione conviviale" o "convivialita' delle
differenze". O altro. Dovremmo inventarci parole nuove...
Ogni azione per la pace deve basarsi sulla coerenza tra mezzi e fini e
sull'etica della responsabilita'. Non si puo' contrastare le guerre
favorendo un clima di guerra. Non si puo' vincere le violenze tollerando le
microviolenze. Esse possono operare anche in frange del "movimento dei
movimenti", ora per scelta autonoma di pochi, ora per infiltrazione
poliziesca, ora per provocazione esterna, ora per ambiguita' di
comportamento, ora per esibizionismo mediatico. Cedere alle violenze, siano
pure piccole o motivate da nobili ideali, o solo minimizzarle, significa
ridursi a stupidi ingranaggi del sistema. "Scegliere profondamente la parola
nuova della nonviolenza" e' introdurre un'alternativa etica, una novita'
storica, un'innovazione politica. Penso sia la scelta piu' vera, piu' buona,
piu' bella, piu' utile.
Le violenze sono certamente diverse tra loro per motivazioni, per
consistenza e per responsabilita'. In ogni caso, hanno un carattere
"reazionario". Sono clonate da quel sistema di violenze e di degrado che si
vuole superare. Nelle manifestazioni pubbliche, in particolare, anche la
violenza piu' piccola (sia pure favorita dal comportamento violento di
settori della polizia o dei carabinieri) rovina il lavoro di anni, offende
la dignita' di chi lotta, blocca il desiderio di comunicare, paralizza lo
spirito di festa, umilia il valore delle proposte, scredita il movimento e
accredita la violenza dei potenti che si presentano come garanti di
stabilita' e salvatori del mondo.
Il campo della nonviolenza, invece, e' aperto, inclusivo, compatibile con
varie ispirazioni ideali, coerente con i fini auspicati. E' credibile e
liberante. Garantisce tutti gli operatori di pace permettendo una varieta'
di iniziative, una sperimentazione costante e reversibile. Fa corpo con
l'idea di democrazia, con la sua espansione, con la sua profonda sostanza.
E' un campo stupendo, poco conosciuto perche' maltrattato o banalizzato da
tanti "opinionisti" e da uomini politici di segno opposto.
La dichiarazione tipica di alcuni centri sociali ("la nonviolenza di
principio e' un'ideologia") appare subalterna all'ideologia diffusa e
trasversale della violenza. La sento contraria non solo all'annuncio
evangelico (per me radicale e rivoluzionario) della pace. La sento
doppiamente sbagliata anche dal punto di vista "marxiano". Mi riferisco, in
primo luogo, all'idea di ideologia come "falsa coscienza" (proiezione nella
mente dei rapporti di sfruttamento) perche', in realta', la scelta
nonviolenta e' una forma di lotta che si basa sulla valutazione realistica
dei rapporti di forza e di una storia di conflitti gestiti secondo la logica
delle armi. In secondo luogo, ho presente la definizione di "ideologia
religiosa" come "sospiro della creatura oppressa", come astratta aspirazione
alla giustizia e alla liberta'.
L'opzione nonviolenta, invece, intende dare corpo al "sogno diurno" di un
mutamento reale e si propone come alternativa alle violenze del sistema e al
sistema delle violenze.
"Non possiamo fare gli angeli se gli altri sono diavoli", dicono in sostanza
alcuni esponenti dei centri sociali. Lo stesso concetto, con intenzioni
diverse, esprimono i potenti o coloro che vogliono giustificare le guerre o
la lotta militare globale al terrorismo che sta eliminando diritti e
snaturando la democrazia.
"La nonviolenza e' scelta solo personale", dicono molti: "quando bisogna
'difendersi' dai nemici o dal terrorismo bisogna armarsi". Da opposti
versanti, la nonviolenza viene falsamente interpretata in maniera simile: o
come aspirazione vaga e inefficace o come semplice rifiuto dell'atto
violento; o come generosa passivita', o come vilta', o come rifugio di anime
belle.
In molti opera la logica dualistica dei contrasti assoluti: bene o male,
sconfitta o vittoria, vita o morte. Resiste l'immaginazione dell'assalto
definitivo e della conquista decisiva legata al meccanismo del "capro
espiatorio". C'e' sempre un male assoluto da distruggere per la vittoria del
bene assoluto. Ognuno, ovviamente, si ritiene combattente del bene. Il guaio
dell'ideologia della violenza e' che ognuno puo' ritenere "giusta" la sua
violenza. Ognuno rivendica per se' la migliore giustificazione della
violenza. Questa logica si scontra con una "contraddizione irriducibile:
lottare contro la violenza con la violenza non permette di eliminare la
violenza. Le ideologie della violenza vogliono occultare questa
contraddizione". Lo scrive Jean-Marie Muller tradotto da Enrico Peyretti
(Jean Marie Muller, Le principe de non-violence. Parcours philosophique,
Paris 1995, la traduzione del passo citato e' nel mensile "Il foglio" di
Torino, n. 289, febbraio 2002); e ancora: "Se la violenza e' legittimata
come un diritto dell'uomo, ciascuno potra' prendere a pretesto questo
diritto per ricorrervi ogni volta che lo stimera' imposto dalla difesa dei
suoi interessi. In realta' l'ideologia della violenza permette a ciascuno di
giustificare la propria violenza. La storia si trova allora risucchiata in
una spirale di violenze senza fine. Si crea una reazione a catena di
violenze degli uni e degli altri, tutte legittimate... La violenza diventa
fatalita'. La nonviolenza intende spezzare questa fatalita'".
La scelta nonviolenta, infatti, e' realista. La strada nonviolenta e'
concreta, attraversa i conflitti. Non e' una dottrina compiuta, un sistema
di pensiero, un metodo univoco, una tecnica predeterminata (c'e' chi ha
contato piu' di duecento tecniche nonviolente). E' un'esperienza. Un
cammino.
Anzi, una varieta' di esperienze e di cammini.
Per cominciare, direi che occorre guardarsi attorno. Fare memoria storica,
attivare i punti di riferimento. Verificare la rete delle nonviolenze.
Riconoscerne i volti.
Schematicamente, senza la pretesa di ricordarli tutti, e' possibile
individuare alcuni percorsi:
- la nonviolenza gandhiana di matrice induista ma, sostanzialmente,
interreligiosa, in simbiosi con il cristianesimo di Tolstoj; Gandhi (che ha
avuto legami con il Sud Africa e con la cultura anglosassone) ritiene che le
religioni siano rami di uno stesso albero dalle radici nonviolente;
- la nonviolenza buddista presente, ad esempio, nella testimonianza dei
monaci vietnamiti contro gli Stati Uniti e di quelli tibetani contro il
dominio cinese;
- la nonviolenza musulmana: Tierno Bokar nel Mali; Badshah Khan in Pakistan;
Mahmoud Mohammed Taha in Sudan (condannato a morte per "eresia" nel 1985);
la sudanese Fatima Ahmed Ibrahim; in tale contesto possiamo forse citare per
certi aspetti anche Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso negli anni
'80;
- la nonviolenza ebraica insita nello shalom messianico e profetico
dell'Antico Testamento, da Isaia ad Amos, da Giobbe a Geremia e, oggi, da
Martin Buber a Emmanuel Levinas, da Hannah Arendt a Etty Hillesum, da Edith
Stein a Primo Levi;
- la nonviolenza cristiana radicata nel Vangelo e praticata da uomini come
Francesco d'Assisi, Pietro Valdo, Erasmo da Rotterdam, Bartolome' de Las
Casas, via via testimoniata dai Quaccheri, dai Piccoli fratelli e dalle
Piccole sorelle di padre de Foucauld, dai monaci trappisti uccisi in Algeria
nel '96 e dai gesuiti centroamericani (tra tutti, Ignacio Ellacuria); e
cosi' da Martin Luther King a Thomas Merton, da Giovanni XXIII a Giovanni
Paolo II, da Helder Camara a Samuel Ruiz, da Oscar Romero a Leonidas
Proano, da Primo Mazzolari a Tonino Bello, da Ernesto Balducci a David Maria
Turoldo, da Jean Goss a Hildegard Goss-Mayr e altri;
- la nonviolenza esistenzialistica o personalistica di Paul Tillich, Karl
Jaspers, Max Scheler, Paul Ricoeur, Erich Fromm, Emmanuel Mounier, Italo
Mancini; in tale contesto e' interessante la rilettura di Gandhi proposta da
Giulio Girardi alla luce della teologia e della prassi latinoamericana di
liberazione e del personalismo cristiano;
- la nonviolenza come esperienza politica e religiosa di Aldo Capitini,
Danilo Dolci, Giuseppe Dossetti, Domenico Sereno Regis, Alexander Langer;
- la nonviolenza come movimento pedagogico: Maria Montessori, Lorenzo
Milani, Paulo Freire; oggi il "Manifesto 2000" dei Premi Nobel per la pace
propone una mobilitazione mondiale per la diffusione della nonviolenza; in
tale contesto mi sembra importante inserire la grande poesia, la musica, la
canzone d'autore, esperienze di teatro, di cinema, la grande mistica, la
contemplazione;
- la nonviolenza umanistica e illuministica sfociata nella Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, che trova tra le sue fonti
ispiratrici l'idea di tolleranza o il progetto kantiano di pace perpetua e
di governo mondiale;
- la nonviolenza della Carta dell'ONU del 1945 che si articola nei numerosi
organismi delle Nazioni Unite (anticipata da scienziati come Albert
Einstein). Essa si presenta come regola dei rapporti internazionali e come
orizzonte politico primario sia nella Dichiarazione di Nuova Delhi del 27
novembre 1986, voluta da Michail Gorbaciov e da Rajiv Gandhi, che propone un
mondo "libero dalle armi nucleari e nonviolento", sia nell'abbandonata
"Agenda per la pace 1992" di Boutros Ghali;
- la nonviolenza ecumenica espressa, tra l'altro, nella trilogia "Pace,
Giustizia e Salvaguardia del Creato", nella Carta Ecumenica (aprile 2001) -
dove si parla di "soluzione nonviolenta dei conflitti" -, in centri attivi
in Africa, in Asia e in Sud America grazie all'elaborazione sofferta di
numerosi teologi e all'azione coraggiosa di alcune comunita'...
La varieta' dei percorsi e' collegata, ovviamente, a realta' concrete, a
sfide reali presenti in epoche e ambienti diversi...
Negli ultimi anni, in Sud America e in Africa sta maturando una particolare
mobilitazione nonviolenta, difficilissima e delicata, che puo' essere
definita con il titolo di un bel libro di Desmond Tutu, Non c'e' futuro
senza perdono.
Nel vivo della ricostruzione civile dopo conflitti terribili, nascono
"Commissioni per la verita' e la riconciliazione nella verita' e nella
giustizia". Demond Tutu, che ha guidato la Commissione in Sud Africa,
ritiene che l'esperienza sudafricana possa essere considerata un vero evento
pionieristico sul piano internazionale, un modello per realta' di violenza
endemica come Ruanda, Irlanda, Israele e Palestina. La partecipazione alla
comune pena e all'immenso dolore si puo' accompagnare al riscatto della
dignita' umana, alla ritessitura paziente dei rapporti.
Perdonare-riconciliarsi e' un processo di lunga durata che cerca di
affrontare l'eredita' del passato per rendere possibile il futuro. La pace
e' possibile se gli attuali nemici cominceranno a immaginare di poter essere
amici e ad agire in modi che favoriscano l'attuarsi di una tale amicizia.
La riflessione di Tutu mi ricorda l'idea di nonviolenza presente nel vescovo
ecuadoriano Leonidas Proano: una trasformazione radicale intesa come
movimento di amicizia liberatrice.
Da parte sua, Desmond Tutu innesta la possibilita' del perdono in quel
tratto fondamentale della visione africana del mondo che si puo' definire
ubuntu: una persona e' tale attraverso altre persone, siamo parte di una
complessa rete di interdipendenza, la mia umanita' e' dentro la tua
umanita', se disumanizzo mi degrado, se umanizzo divento piu' umano. Ubuntu
e' "com-patire", ospitare, condividere e, quindi, risanare, rinascere. E' un
termine bellissimo per esprimere in positivo l'idea di nonviolenza.
Lo spirito di perdono "all'apice della trasformazione complessa e creativa
del conflitto", ricorda Johan Galtung (in Pace con mezzi pacifici), e' "un
dono per tutti noi". Gandhi e Mandela l'hanno saputo incarnare. Per-dono e'
moltiplicazione del dono, sovrabbondanza di vita, prassi di gratuita'.
La tematica del perdono puo' diventare parte integrante di una politica di
pace. Viene studiata da alcuni organismi internazionali e da centri
universitari. Essa ha una profonda radice evangelica. "Amare il nemico",
"porgere l'altra guancia", "perdonare"... Tali espressioni non teorizzano
passivita' o pratiche rinunciatarie, come a volte viene superficialmente
inteso. Costituiscono, invece, un'indicazione rivoluzionaria: anzitutto,
superare le culture del nemico, non adottare i suoi mezzi violenti, non
rispondere in modo uguale e contrario aggravando il vortice devastante della
violenza. Successivamente, ma anche contemporaneamente, affermare una
novita' di vita, un'alternativa di civilta', il coraggio della nonviolenza
come forza di cambiamento.
La vera alternativa alle violenze e alle guerre non e', dunque, l'ambiguo o
generico "pacifismo" ma la nonviolenza "realista" che assume il conflitto,
lo attraversa (a volte lo svela o lo suscita quando vuole nascondersi), lo
accompagna e lo conduce in modo costruttivo.
Viviamo immersi nei conflitti. Ma il conflitto, che e' un pericolo, puo'
diventare "una sfida", che e' radice di creazione. La pace e' la
trasformazione nonviolenta, cioe' creativa, del conflitto. "La questione
diventa allora come operare questa trasformazione" (Johan Galtung).
La prospettiva e' grande. Vuol dire, in primo luogo, evitare la violenza,
astenersi dall'irreversibile: "Principio basilare per l'azione pacifica e'
la reversibilita', cioe' e' fare solo quello che puo' essere disfatto, visto
che potremmo sbagliare", dice sempre Galtung. La capacita' di ammettere i
propri errori, di correggerli, di "convertirci", aumenta "l'entropia della
pace", facilita la comunicazione. Aiuta a mettere in questione la cultura
dominante rimettendo in gioco se stessi. Fa emergere dalle varie fasi del
conflitto personalita' piu' ricche e formazioni sociali piu' mature.
E' gia' molto. Ma non basta. Ridurre la violenza e' sempre un bene. I
piccoli passi sono necessari. Ma occorre proseguire. Costruire l'alternativa
alla violenza.
L'impresa da un lato segue i sentieri delle crisi storiche e della
complessita' umana (e' travaglio costante, ricerca permanente). Dall'altro
lato, si collega ad ogni aspetto della vita, della societa', delle
politiche, delle culture, delle scienze, delle religioni (e' tensione
globale, orizzonte totale). E', a un tempo, azione graduale e progetto
globale. Arte e scienza. Avventura quotidiana e planetaria.
La nonviolenza non puo' certo essere vista come scelta tattica, momentanea.
"E' un'opzione di principio che ci impegna con la nostra coscienza e nei
confronti dell'avversario, dell'oppositore, per conquistarne la fiducia, per
ottenerne la persuasione, e il cambiamento, e per coinvolgere nella lotta
settori sempre piu' ampi dell'opinione pubblica". Il movimento per la pace
deve, allora, "superare la distinzione classica destra/sinistra, che
peraltro non contiene al suo interno come elemento discriminante la scelta
della nonviolenza" (Giovanni Salio, Il potere della nonviolenza). La scelta
nonviolenta supera la logica delle ideologie contrapposte, degli
schieramenti precostituiti, del settarismo laicista o clericale, dei due
pesi e delle due misure. E' autonoma e originale. La si sceglie perche' e'
buona, vera, giusta, bella, utile.
"La pace e' un'idea rivoluzionaria", scrive sempre Galtung, "la pace con
mezzi pacifici" la definisce come rivoluzione nonviolenta. Questa
rivoluzione deve aver luogo costantemente, il nostro lavoro "e' espanderne
l'estensione e il dominio. I compiti sono senza fine, la domanda e' se siamo
all'altezza di svolgerli".
La nonviolenza costituisce il "vincolo essenziale" della Rete Lilliput.
Penso che le nuove forme del movimento dei movimenti debbano basarsi
sull'espansione consapevole della rete delle nonviolenze. In senso ampio,
esse sono le forme della vita quotidiana, le coerenze, gli stili di vita. In
senso stretto, nel loro esporsi pubblico, data la complessita' delle
dinamiche della comunicazione, esse sono sempre imperfette, parziali,
fallibili. In ogni caso, devono sempre rendere visibili e operanti il
sapere, il sapore, il valore della scelta nonviolenta.
Per far questo, occorre promuovere alcuni percorsi riguardanti la priorita'
dei problemi, l'articolazione organizzativa, il coinvolgimento popolare, la
prospettiva di lungo respiro.
Anzitutto, bisogna mettere in primo piano le questioni fondamentali, i temi
generatori. Studiarli e approfondirli. Il progetto di Porto Alegre, ad
esempio, raggruppava in quattro grandi filoni il cantiere del suo lavoro: la
produzione di ricchezze e la riproduzione sociale; l'accesso alle ricchezze
e la sostenibilita'; l'affermazione della societa' civile e degli spazi
pubblici; il potere politico e l'etica nella nuova societa' (dossier Per
salvare il mondo con allegria, in "Adista" n.14, 19 febbraio 2001).
Le iniziative del popolo della pace non devono logorarsi nell'inseguire i
vertici mondiali o nella ripetizione quantitativa ed esclusiva di atti di
forza e di folla.
Devono valorizzare la formazione personale e collettiva, cioe' il lavoro di
base e di profondita'.
E', quindi, necessario irrobustire e qualificare i nodi locali della rete
Lilliput e i "punti pace" delle proprie associazioni. Farne emergere
l'originalita'. Metterne in gioco relazionale le diversita'. E' possibile,
quindi, ripartire dalle citta' puntando su ampie aggregazioni che possono
chiamarsi in tanti modi: forum di solidarieta', centri civili, tavoli locali
di mobilitazione per le grandi campagne, osservatori sul rispetto dei
diritti umani in Italia e nel mondo.
Ritengo decisivo stare il piu' possibile a contatto diretto con la
popolazione, coinvolgere cittadini e operatori dei vari settori. I luoghi
della nuova cittadinanza nascono nelle citta'. Occorre, allora, moltiplicare
i centri della comunicazione dentro la vita quotidiana. Crescere assieme in
sovranita' civile.
Non si tratta di rifiutare pregiudizialmente la grande piazza o la grande
sfilata, ma ipotizzare cento piazze mobilitate, cento sfilate decentrate.
Cento citta' attive. Cento piazze tematiche.
La nonviolenza vive come un grande intreccio di idee e di esperienze. Essa
accoglie varie culture, le perfeziona, le mette in comunicazione. Provoca
iniziative di vario tipo per vari obiettivi. Puo' esserne il centro di
gravita' permanente. Il fondamento ideale. L'orizzonte politico primario.
E' una e plurale. Una e trina (il numero tre e' simbolico, significa
varieta' e pienezza).
Una e trina perche' pronta ad affrontare la violenza strutturale (i sistemi
economici e finanziari; i centri di comando politico e militare), la
violenza culturale (l'informazione, la formazione, i simboli mentali, il
cervello sociale), la violenza diretta (i conflitti armati tra stati, le
guerre civili, le violenze molecolari quotidiane).
Una e trina anche perche' unisce molteplici azioni orientate al disarmo
(corsa agli armamenti, eserciti, guerre), alla giustizia (impoverimento per
sfruttamento e oppressione, furto o spreco di risorse, disastro ambientale),
alla solidarieta', o meglio: alla reciprocita' (convivenza tra culture e
religioni, intercultura, cittadinanza solidale).
Una e trina anche per l'ecumenismo contemporaneo, che lavora per la pace, la
giustizia e la salvaguardia del creato.
Una e trina perche' diventa, gradualmente e contemporaneamente, forma di
resistenza, tentativo di riforma, progetto di alternativa.
Martin Luther King proclamava la nonviolenza "potere" o "forza dell'amore"
nel vivo della polemica contro i metodi del "Black power" che, a suo
parere, stavano imitando i valori piu' spregevoli e incivili della societa'
americana: "Sono stanco della violenza, ne ho vista troppa... Non intendo
lasciare che sia l'oppressore a prescrivermi il metodo che devo usare. Non
intendo abbassarmi al suo livello; voglio elevarmi a un livello superiore.
Noi abbiamo un potere che non si trova nelle bottiglie molotov... L'umanita'
si aspetta qualcosa di diverso dalla cieca imitazione del passato. Non
potrebbe darsi che l'uomo nuovo di cui il mondo ha bisogno sia l'uomo
nonviolento? (...) La vita puo' diventare una serie continua di sogni
infranti... Io pero' riesco a sentire una voce che grida: forse non sara'
per oggi, forse non sara' per domani, ma e' bene che sia nel tuo cuore. E'
bene che tu ci provi".
In questo cammino mezzi e fini s'intrecciano. "Il fine non e' mai separato
dai mezzi - precisa Martin Luther King richiamandosi a Gandhi - perche' i
mezzi rappresentano l'ideale in atto". "Il fine preesiste nei mezzi". "Si
dovra' presto arrivare a considerare la pace non soltanto come una meta, ma
anche come il mezzo con cui si puo' arrivare alla meta stessa". E allora,
possiamo dire: abbi cura dei mezzi, i fini avranno cura di se stessi; se
vuoi la pace prepara la pace. Anzi, non c'e' nessuna via per la pace: la
pace e' la via. I contenuti dell'azione sono importanti. Ma il primo
contenuto e' la pace nella nonviolenza. "Se mi si accusa di essere troppo
ambizioso - diceva Gandhi - mi confessero' colpevole. Se mi si dice che il
mio sogno non potra' mai attuarsi, rispondero' che e' possibile e
proseguiro' per la mia strada. Devo continuare il mio esperimento". E' bene
per tutti continuare a provarci. Vincere la paura. Risvegliare le risorse
profonde. Accendere le coscienze. Suscitare la gioia di vivere e il piacere
di comunicare. Con sereno tormento. Con tenera passione.
2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: UNO SPETTACOLO DEPRIMENTE
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace@tin.it) per questo
intervento. Lidia Menapace e' una delle figure piu' autorevoli della cultura
e dei movimenti della pace, della liberazione, della nonviolenza]
Ho spento la tv nel momento in cui, alla fine della visita papale al
parlamento italiano, sfilavano "chinati al bacio dell'anello" i
rappresentanti del popolo italiano.
Devo dire: uno spettacolo deprimente.
Non ho un'opinione precisa "a priori" se si dovesse stare in aula o non
esserci: per come le cose sono andate forse era meglio non esserci, dato che
l'iniziativa di Casini non pare sia stata concordata con i vari gruppi
politici, ma sia stata octroye' su un parlamento poco geloso delle sue
prerogative. Comunque chi e' stato fuori ha dato una prova di coerenza con
le proprie opinioni e per questo va lodato. Specialmente le donne. Ma chi ha
preso parte all'evento, doveva almeno fornire prova di una certa dignita' di
comportamento: il baciamano, il bacio dell'anello, la genuflessione sono
alquanto servili e in particolare sono un riconoscimento politico allo stato
della Citta' del Vaticano, non c'entrano niente con la chiesa e la fede.
A mio parere di una vicenda come questa le procedure dovevano essere ben
studiate e in primo luogo doveva essere chiaro che il papa veniva ricevuto
come il capo di uno stato e valevano per lui le norme che riguardano ogni
ricevimento dello stesso tipo. Secondo: il bacio dell'anello, o - per le
signore - il velo, sono atteggiamenti richiesti (ormai non piu') dal papa
come capo della chiesa ai credenti; ma gli stessi credenti quando sono in
rappresentanza del popolo non possono fare quei gesti di ossequio al potere
religioso. Se voglio andare in una moschea e' giusto che mi attenga alle
procedure richieste, ma se vado in visita al parlamento iraniano non accetto
di mettere il velo, non sono mussulmana.
La distinzione tra ambiti del potere politico e di quello religioso e'
caratteristica, nelle religioni monoteiste, quasi solo della professione
cristiana, che appunto ha introdotto la laicita'. Bisogna essere rigorosi,
soprattutto nei momenti - e ci siamo proprio - in cui dalle religioni
monoteiste partono correnti fondamentaliste fortissime e tragiche.
*
Inoltre: se il papa chiede che la Costituzione europea citi Dio e le radici
cristiane del continente, bisogna fermamente dire di no.
La tradizione laica in Europa e' forte e va rispettata, la storia d'Europa
comincia ben prima del cristianesimo e non vedo perche' dovremmo cancellare
Atene e Roma, o anche i popoli precristiani del nord.
Lo stato della Citta' del Vaticano non puo' aver nulla da dire: non essendo
uno stato democratico non puo' nemmeno far parte dell'Europa: e' infatti una
monarchia assoluta per sua decisione; ha tutte le caratteristiche della
sovranita': territorio, bandiera, esercito; ha avuto la pena di morte fino a
non molto tempo fa, e ancora la ritiene legittima; la sua amministrazione
della giustizia non e' tale che possa giudicare quella altrui: un grave
fatto di sangue avvenuto tra le guardie svizzere non ha avuto la minima
pubblicita' processuale e non si sa nemmeno se si sia svolto un qualsiasi
processo.
Va bene tutto, la personalita' del papa e' forte, decisa e molto politica:
bisogna avere almeno la stessa ferma decisione nella laicita'; non possiamo
accettare che per la simpatia e popolarita' della quale Giovanni Paolo II
gode si laceri il valore politico della laicita': Cesare ha suoi ambiti
fondati e non dipendenti da Dio; tra i due poteri vi e' separazione e
differenza.
La chiesa cattolica e' presente alle Nazioni Unite con uno statuto speciale
che molti non gradiscono, come osservatore: tutte le altre confessioni
religiose sono presenti come ong. Anche questa questione non puo' essere
trascurata, prima che il mullah Omar chieda rappresentanza alle Nazioni
Unite.
3. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: UN SONETTO IMPROVVISATO DURANTE LA
COMMEMORAZIONE DI VINOBA A VITERBO IL 15 NOVEMBRE 2002
[Si e' svolta il 15 novembre a Viterbo per iniziativa del Centro di ricerca
per la pace una commemorazione di Vinoba, il grande collaboratore di Gandhi
e prosecutore dell'opera sua, nel ventesimo anniversario della scomparsa.
Durante la commemorazione il nostro Benito D'Ippolito ha improvvisato il
sonetto che qui si riporta. Vinayak Bhave, detto Vinoba, 1895-1982,
discepolo e collaboratore di Gandhi, ne prosegui' l'impegno. Promosse grandi
campagne nonviolente, la "Societa' per l'elevazione di tutti" (Sarvodaya
Samaj), il movimento per il dono della terra ai contadini. Opere di Vinoba:
Gandhi. La via del maestro, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1991.
Opere su Vinoba: Shriman Narayan, Vinoba, Cittadella, Assisi 1974; Giuseppe
Giovanni Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book,
Milano 1980. Nella rete telematica: www.mkgandhi-sarvodaya.org/vinoba]
Tre cose di Vinoba reco incise
- un motto, un movimento, una campagna -
nel cuore, e voglio che mi sian divise
stemma e cartiglio, antiche qual montagna.
Vittoria al mondo, il motto che conquise
ingenti masse a lottar senza lagna
perche' sia pace a tutti in chiare guise;
tirandoli su' per la cuticagna
il movimento per l'elevazione
di tutti, amore che ogni cosa ingloba;
e il dono della terra, forte azione.
Lo sguardo limpido, la vita proba
il camminar persona in comunione:
l'eredita' feconda di Vinoba.
4. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: SUGLI ARRESTI DI ALCUNI GIOVANI E SULL'AMORE PER
LA VERITA'
Primo: noi rispettiamo la magistratura, ne rispettiamo l'indipendenza, ne
riconosciamo il ruolo insostituibile.
Secondo: noi non sappiamo di quali prove la magistratura disponga nei
confronti dei giovani arrestati con l'azione notturna di alcune ore fa. Ma
ci chiediamo se quegli arresti erano necessari: ci chiediamo se vi era il
pericolo di fuga degli imputati, se vi era il pericolo dell'inquinamento
delle prove da parte degli imputati, se vi era il pericolo di reiterazione
di eventuali gravi reati da parte degli imputati. Se questi pericoli non vi
erano, l'arresto e' ingiusto e moralmente inaccettabile.
Terzo: tutti sono sottoposti alle leggi, ma quindi anche alla protezione che
le leggi a tutti gli esseri umani offrono: chiediamo per gli arrestati di
adesso, come anche per tutte le persone sottoposte a procedimenti e a pene,
il rispetto integrale dei diritti umani previsto dall'ordinamento giuridico
del nostro paese (tra cui l'incolumita' psicofisica e la liberta' di
pensiero e di espressione).
Quarto: noi non sappiamo se gli imputati abbiano commesso atti di violenza e
crimini perseguibili ai sensi di legge, e proprio questo ci par di capire
che l'azione giudiziaria debba accertare secondo le procedure previste.
Quinto: ma passando dal piano del diritto a quello della morale, alcune
considerazioni ulteriori sono necessarie se vogliamo essere, come dobbiamo,
amici della verita' piu' che di Platone. Noi non dimentichiamo che almeno
taluno degli imputati ha sovente espresso opinioni irresponsabili e compiuto
gesti - sia pur solo "simbolici" a suo avviso - sciagurati; una cosa e'
difendere i diritti umani di tutti, un'altra cosa e' aderire alle loro
posizioni. E noi a quelle opinioni violentiste ed irresponsabili ci
opponiamo nel modo piu' energico.
Noi crediamo che inviare pallottole a persone che svolgono pubblici
incarichi sia peggio che un'idiozia pubblicitaria, sia un atto di teppismo;
noi crediamo che fare in televisione (fameliche, cannibaliche televisioni
sempre a caccia di scempiaggini) "dichiarazioni di guerra" allo stato
italiano sia peggio che una porcheria, sia un contributo allo scatenamento
della violenza; noi crediamo che non si possa essere ambigui su questo: hic
et nunc si e' movimento per la pace, si e' movimento per la giustizia, solo
se si fa la scelta della nonviolenza.
Noi non crediamo che chi propugna le posizioni sostenute da taluno delle
persone oggi vittima di un provvedimento di arresto (che ci pare, per quel
poco che sappiamo, non convincente e non necessario, quindi ingiusto alla
luce delle imputazioni cosi' come la stampa le ha fin qui rese note) sia un
nostro compagno di lotta: e' un nostro avversario. La nostra lotta o e'
contro tutte le violenze, o non e' nulla.
E sarebbe ora che su questo tutti si assumessero le proprie responsabilita'
e la si facese finita con le posizioni ambigue che in ultima analisi
riproducono e rafforzano l'oppressione, l'ingiustizia, la violenza di un
ordine iniquo del mondo.
5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA CRITICA NON E' VIOLENZA, LA VIOLENZA NON
E' CRITICA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
queste riflessioni scritte dopo un confronto con altri amici del Movimento
Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento del
Piemonte. Enrico Peyretti e' una delle figure piu' prestigiose della cultura
della pace e della nonviolenza in Italia. Su un punto dobbiamo esprimere un
dissenso da questo intervento di un amico e maestro assai caro: la
ricostruzione dei fatti di Napoli e di Genova qui di seguito proposta ci
sembra che sia, per quanto certamente animata da generosita' e misericordia,
francamente incondivisibile: anche nel cosiddetto "movimento dei
movimenti" - e fin nella sua leadership , e con una diffusa complicita' - ci
sono stati atteggiamenti ed atti peggio che ambigui che allo scatenamento
della violenza hanno fortemente contribuito]
Gli arresti di questa notte, dopo la limpida e forte manifestazione di
Firenze, sono molto utili a criminalizzare il movimento "new global" (e non
no-global), teso a superare l'attuale globalizzazione immensamente iniqua,
dei profitti e non dei diritti, per pochi e non per tutti, del dominio e non
della giustizia, per costruire nel tempo una giusta societa' planetaria dei
popoli.
Certamente, chi, nel movimento, usa linguaggio violento o minaccioso, anche
senza fare azioni violente, fa il gioco dei vassalli dell'impero, come molti
hanno sempre avvertito, ultimamente Zanotelli a Firenze.
Vogliamo aver fiducia nella magistratura, nonostante che, salvo migliori
informazioni successive, i reati contestati agli arrestati sembrino di
natura piuttosto ideologica e politica.
La critica non e' crimine, il crimine non e' critica.
La critica non e' violenza. La violenza non e' critica.
La critica del dominio non e' un crimine, ma un contributo alla civilta'. E
il crimine disumano del terrorismo non e' una critica giusta ne' efficace,
ma piuttosto utile e utilizzata dall'impero.
Solo la nonviolenza attiva, costruttiva, coerente, e' la vera alternativa,
la piu' temuta alternativa alla violenza strutturale.
Ricordiamo che a Napoli e a Genova, secondo montagne di prove e
testimonianze, la violenza e' venuta dalla parte di chi doveva assicurare
l'ordine e difendere i diritti dei manifestanti, ed ha invece tollerato
squadre nere di violenti, per falsare l'immagine delle dimostrazioni
popolari.
C'e' il pericolo che questi arresti odierni spingano qualcuno a compiere
atti di sconsiderata violenza. Lo invitiamo a riflettere che cosi' facendo
agirebbe contro il grande significato del movimento mondiale per la
giustizia e farebbe un favore gradito a chi vuole criminalizzare questo
nostro movimento.
6. RIFLESSIONE. CARLO GUBITOSA, ALESSANDRO MARESCOTTI: LA POSIZIONE DI
PEACELINK SUI RECENTI ARRESTI
[Peacelink (www.peacelink.it) e' una delle piu' importanti esperienze
pacifiste nella rete telematica, fortemente impegnata per la nonviolenza.
Carlo Gubitosa (per contatti: c.gubitosa@peacelink.it) e' segretario di
PeaceLink; Alessandro Marescotti (per contatti: a.marescotti@peacelink.it)
ne e' presidente]
L'ondata di arresti effettuata in data 15 novembre 2002 fra esponenti di
spicco del movimento "no global" meridionale ci preoccupa.
Non vogliamo che questa sorprendente azione crei un clima di esasperazione
del conflitto sociale proprio ora che - dopo la civile, pacifica e imponente
manifestazione di Firenze - il movimento di critica alla globalizzazione
aveva avviato un dialogo a 360 gradi con il mondo politico e sociale. La
grande prova di maturita' e compostezza del forum sociale europeo di Firenze
era servita a scompaginare pregiudizi e a rivedere stereotipi. Dopo
l'appuntamento europeo di Firenze nessuno piu' poteva dire che l'Italia era
di fronte ad un esercito di barbari. I "devastatori" da cui occorreva
difendersi avevano a Firenze espresso una nuova idea della societa',
discutendo, proponendo, manifestando, scegliendo la strada della
nonviolenza. Una fiumana di giovani e di intelligenze fuori dagli schemi
precostituiti della politica tradizionale esprimeva aspettative e avanzava
progetti che non potevano piu' essere ghettizzati con banali operazioni di
disinformazione.
Tuttavia quelle operazioni di disinformazione e di deformazione della
percezione del fenomeno sociale noglobal hanno purtroppo trovato spazio fra
apparati statali che dovevano essere viceversa preposti alla corretta
raccolta delle informazioni a supporto della gestione democratica
dell'ordine pubblico, fino ad ispirare proposte di divieto della
manifestazione di Firenze. Una "guerra psicologica" ha preceduto Firenze ed
e' stata prova di maturita' per tutti venirne fuori con una manifestazione
pacifica ed estremamente civile che tracciava le linee di un futuro
confronto utile all'intera societa' italiana.
A noi sembra che chi ha raccolto gli indizi per aprire indagini cosi' gravi,
chi ha fatto partire una simile imponente macchina di intercettazioni e
controlli a carico di militanti "no global", abbia ipotizzato un pericolo
non corrispondente alla realta'. In buona sostanza settori particolari dei
servizi segreti - la cui storia in Italia e' ben nota - potrebbero aver
raccolto e comunicato alla magistratura una mole imponente di
intercettazioni e di indizi per cui i magistrati forse non hanno potuto
esimersi dall'avviare l'azione attualmente in corso.
Questo esagerato o distorto senso del pericolo ha fatto leva piu' sulle
paure e su ipotesi precostituite che su reali minacce.
Questa e' la nostra sensazione, che tuttavia non vuole essere una critica
alla magistratura: e' solo l'espressione di una sommaria valutazione
preliminare, che ci riserviamo di precisare alla luce delle maggiori
informazioni che trepeleranno nelle prossime ore.
Infatti non ci possiamo e non ci dobbiamo pronunciare sul lavoro della
magistratura, a cui riconosciamo un valore insostituibile di garanzia di
legalita' anche qualora dovesse sbagliare o anche quando assumesse ipotesi
di lavoro che non condividiamo. Infatti riteniamo che il sistema della
giustizia italiano - pur con tutti i suoi difetti - abbia al suo interno i
meccanismi di verifica, di garanzia e di autocorrezione.
Pertanto ci auguriamo che le persone arrestate, poste nelle carceri di
sicurezza o inquisite, possano far varere le ragioni della loro innocenza.
Abbiamo potuto conoscere direttamente alcuni di questi indagati e pertanto
ci sorprendono le ipotesi di reato a loro attribuite. Si tratta di persone
che hanno svolto la loro attivita' alla luce del sole e che hanno
propagandato apertamente le loro idee. Nei nostri contatti non abbiamo
ravvisato la preparazione di un sovvertimento violento e clandestino degli
ordini dello stato democratico. In piu' occasioni abbiamo partecipato ad
incontri in cui - pur a volte nella diversita' di vedute - da parte loro e'
emersa una sincera volonta' di confronto e di partecipazione ad un
cambiamento sociale improntato al rispetto dei principi democratici che il
nostro ordinamento pone a garanzia della sovranita' popolare. Pertanto la
nostra esperienza, pur limitata e non certo esaustiva, ci porta ad esprimere
una spontanea preoccupazione.
PeaceLink, che fa parte integrante di Rete Lilliput e quindi dell'anima
gandhiana del movimento di critica alla globalizzazione, sara' disponibile
in tutti i momenti di confronto in cui si manifestera' la volonta' di una
civile, pacata e ragionevole ricerca della verita'.
7. SITI. AGGIORNATO IL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE"
[Riceviamo e volentieri diffondiamo]
All'indirizzo www.womenews.net e' disponibile il nuovo aggiornamento de "Il
Paese delle donne".
In questo numero parliamo di:
- Solidarieta' e guerra/terrorismo;
- Social forum europeo: tutto e' bene quel che finisce bene;
- Madame l'Histoire e le sue sorprese;
- Due generazioni a confronto;
- "Lessico politico delle donne": 24 anni dopo un filo tra ieri e oggi;
- Politica e memoria del femminismo romano;
- Liberta' senza emancipazione;
- Fra i Sud e i Nord;
- Civilta' delle lacrime;
- Turchia/Kurdistan: Madri per la pace;
- Donne in nero osservatrici in Kurdistan;
- Per un'Europa non neutra;
- I signori della guerra;
- Voci di donne dai luoghi di conflitto;
- Differenze;
- In difesa della 194;
- Corea: pari opportunita' al via;
- La volta del Brasile;
- Nuove regioni;
- Decimo Festival Internazionale del Cinema delle Donne;
- Autrici a confronto;
- Un dio marginale.
*
Per festeggiare i quindici anni di registrazione ufficiale de "Il foglio del
paese delle donne", tutte e tutti coloro che rinnoveranno o sottoscriveranno
un nuovo abbonamento entro la fine di novembre, riceveranno gli atti del
ciclo di seminari "L'eredita' del femminismo". Abbonamento ordinario 42
euro; enti ed associazioni 83 euro; telematico 21 euro. Conto corrente
postale n. 69515005, intestato a Associazione "Il paese delle donne", via
Matteo Boiardo 12, 00185 Roma. e-mail: cristina@www.womenews.net, sito:
www.womenews.net
8. INCONTRI. PROGRAMMA PROVVISORIO DEL SECONDO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE,
VENEZIA 6-8 DICEMBRE 2002
[Riportiamo la bozza di programma aggiornata a pochi giorni fa del secondo
Salone dell'editoria di pace - Fondaco di Venezia, che si terra' il 6-8
dicembre 2002: un appuntamento di grande importanza non solo per tutti gli
operatori di pace, ma anche per quanti a vario titolo si occupano di
questioni sociali, di problemi dell'informazione e di cultura nel senso piu'
ampio. Per piu' precise informazioni, e per partecipare attivamente,
contattare la Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, ed in
particolare il responsabile del Progetto Iride, Giovanni Benzoni (per
contatti: gbenzoni@tin.it) che cogliamo l'occasione per salutare con
affetto. In rete si puo' visitare il sito:
www.terrelibere.it/fondacodivenezia]
Mostre ed eventi
Durano tutti e tre i giorni e per ognuna sono indicati nel programma i
momenti specifici di confronti.
Presso l'area Tolentini:
1. Universo/diverso, 48 banners, a cura di Giancarlo Vianello e Centro Pace.
2. AAA. cittadini cercansi..., 40 pannelli fotografici di Riccardo De Luca
con testi di Daniela Binello di situazioni venete di immigrati, a cura della
Cgil veneto e di Matteo editore.
Presso il patronato Frari:
3. Dieci anni di magliette per la pace contro la guerra, mostra-mercato di
almeno 500 esemplari diversi, a cura di Cesare Scarpa e dei Capi scout dei
Frari.
4. Tex Willer, giustiziere di pace (ancora in forse) a cura di Emanuele De
Sandre e l'editore Bonelli.
5. Vauro, dieci anni di satira per la pace: da "Il manifesto" le guerre del
decennio, a cura di Cesare Scarpa e dei capi scout dei Frari.
Presso l'area Scuola grande san Giovanni Evangelista):
6. Etty Hillesum, il cuore pensante, pannelli a cura dell'Istituzione
biblioteche di Roma.
7. Conflitti, litigi e... altre rotture, mostra itinerante interattiva a
cura del Centro psicopedagogico di Piacenza.
*
Convegni e seminari
1. Educazione alla nonviolenza, linee teoriche di un percorso. Inizio
venerdi 6, Sala Frari, con Daniele Novara, Enrico Peyretti, a cura di
Bernardino Mason e Luigi Barbieri.
2. Archiviare la pace: seminario di lavoro tra operatori e rappresentanti
delle associazioni. Sabato 7 pomeriggio, salette Frari, con Francesca
Cavazzana Romanelli, Giuliana Martirani, a cura di Luigi Barbieri del Centro
pace del Comune di Venezia.
3. Le citta' per i diritti: incontro con le associazioni di alcuni dei
rappresentanti convenuti a Venezia per la terza conferenza "Carta europea
per i diritti dell'uomo nella citta'" (Venezia, San Servolo, 9-10 dicembre).
Domenica 8, ore 16-18, aula Tafuri, a cura dell'Assessorato alle relazioni
internazionali del Comune di Venezia.
4. Per un paradigma di pace, la scelta di Etty Hillesum. In collaborazione
con l'Istituzione comunale biblioteche di Roma).
*
Spettacoli
1. Venerdi 6, ore 21, Scuola grande S. Giovanni Evangelista. Al bunduqija.
Il luogo delle genti diverse, di e con Alberta Tonnato.
2. Sabato 7, ore 21, concerto/reading. Esecuzione musicale a cura della
Camerata marciana, e letture di Rita Degli Esposti, John Gian e Chicco
Giusti.
*
Video
Presso patronato Frari:
1. "Common journey in Cardiff". Artisti Palestinesi ed Israeliani
partecipano assieme al progetto "Situation" a Cardiff, con tutte le
dinamiche del caso.
2. "Reflections" di Liliana Kadishevski. Tel Aviv, 1999.
*
Animazioni
Venerdi' 6: con Arnaldo Cecchini, simulazioni e giochi in collaborazione con
le Edizioni la meridiana di Molfetta. Aree: Tolentini e patronato Frari.
Sabato 7: con Vauro. Aula magna di architettura, Tolentini.
Domenica 8: con Laboratorio blue. Aree : Tolentini e patronato Frari.
*
Presentazioni, conferenze, incontri
* Giovedi 5 dicembre:
- Fondaco di Venezia in anteprima: ore 20,15, aula magna di Architettura:
Per fare la pace, video e incontro con Alex Zanotelli.
* Venerdi' 6:
- Ore 10, scuola san Giovanni Evangelista, inaugurazione del secondo salone
e presentazione del secondo Annuario di pace. Italia giugno 2001 - maggio
2002, Asterios editore, con Alex Zanotelli, Paolo Cacciari.
- Ore 12, patronato Frari: "Conflitti, rivista italiana di ricerca e di
formazione psicopedagogica".
- Ore 16,30, patronato Frari: Introduzione al cristianesimo pacifista. Luci
ed ombre delle Chiese cristiane in merito alla pace, di Davide Melodia,
Zephyro Edizioni.
- Ore 17, aula magna Tolentini: Granello di senape e ristretti orizzonti,
presentazione della proposta di legge sull'affettivita' dei detenuti.
Coordina Ornella Favero; partecipano: on. Marco Boato, primo firmatario del
disegno di legge; dott. Alessandro Margara, magistrato ex-direttore DAP;
Livio Ferrari, presidente della conferenza nazionale volontariato
giustizia.
- Ore 18, ex cappella soccorso: Bilanci di giustizia, anche in casa propria?
Si puo'. Preentazione di libro e video, un incontro con Gianni Fazzini.
- Ore 18,30, aula Tafuri: presentazione con l'autrice del saggio Etty
Hillesum, l'intelligenza del cuore, ed. Messaggero, Wanda Tommasi conversa
con Giuseppe Goisis.
* Sabato 7:
Ore 11: presentazione di Partenze, nuova collana dell'editrice La Meridiana.
- Ore 12: presentazione de La perla nera, EdizioniPaoline, con padre Kizito,
G. M. Elia e Claudio Ragaini.
- Ore 16,30, scuola grande san Giovanni Evangelista: Le religioni e la
conquista della Pace, con Lucia Ricco e Julio Savi, a cura della Assemblea
Baha'i d'Italia.
- Ore 17,30, aula magna di Architettura, Tolentini: incontro con fratel
Ibrahim, custode della basilica della nativita', autore del libro intervista
La Nativita' assediata, Ponte alle Grazie. All'incontro promosso
dallíamminstrazione provinciale e dal centro pace partecipano i due
intervistatori Giuseppe Bonavolonta' e Marc Innaro.
- 0re 18, aula Tafuri: presentazione del numero speciale di "Esodo":
Universo/diverso, con Paolo Cacciari, Carlo Rubini, Giancarlo Vianello,
Doron Polak.
- Ore 20,30, aulaTafuri: ncontro con Giuliana Martirani in occasione della
discussione del suo quaderno Il paese tra due fuochi.
* Domenica 8:
- Ore 10,30, aula magna Tolentini: Caro Gesu' bambino, Edizioni Paoline.
- Ore 12, aula Tafuri: presentazione de Il diritto non cade in prescrizione
di Daniela Binello, edizioni Ediesse.
- Ore 12, aula magna Tolentini: Nadia Lucchesi presenta Frutto del ventre,
Frutto della mente. Maria, madre del Cristianesimo, edizioni Tufani.
- Ore 15,30: presentazione di "Quaderni Satyagraha", Centro Gandhi Pisa.
- Ore 16,30: incontro con Luigi Sandri, autore de La citta santa lacerata,
editrice Monti.
- Ore 17: La rivincita del Dialogo, di Brunetto Salvarani, Emi edizioni.
- 0re 18, ex-cappella soccorso: Processo a Portomarghera, Nuova dimensione
editore.
N. B. Mancano ancora molte indicazioni dai singoli editori e la presente
indicazione delle presentazioni deve essere verificata con i singoli
proponenti per previsione pubblico, per individuazione presentatori, etc.
*
Personaggi ed eventi ancora non certi
1. Incontro su Tex Willer con Sergio Cofferati (si sta verificando la cosa
per il giorno 8, in Aula magna ad architettura).
2. Incontro con Arundhati Roy e conoscenza della produzione cinematografica
di difesa ambientale indiana (la parte cinematografica si terrebbe nella ex
Cappella Domus, e' in atto una verifica tecnica).
9. RILETTURE. RENATE ZAHAR: IL PENSIERO DI FRANTZ FANON E LA TEORIA DEI
RAPPORTI TRA COLONIALISMO E ALIENAZIONE
Renate Zahar, Il pensiero di Frantz Fanon e la teoria dei rapporti tra
colonialismo e alienazione, Feltrinelli, Milano 1970, pp. 144. Un acuto
saggio di Renate Siebert.
10. RILETTURE. SIMONE DE BEAUVOIR: ESISTE LA DONNA? (A CURA DI RENATE ZAHAR)
Simone de Beauvoir, Esiste la donna? (a cura di Renate Zahar), Il
Saggiatore, Milano 1976, 1981, pp. 278. Una sintesi del fondamentale lavoro
di Simone de Beuavoir, Il secondo sesso, a cura di Renate Siebert che vi
premette un'ampia introduzione.
11. RILETTURE. RENATE SIEBERT: LE DONNE, LA MAFIA
Renate Siebert, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, Est, Milano
1997, pp. 464, lire 18.000. Un libro fondamentale.
12. RILETTURE. RENATE SIEBERT: LA MAFIA, LA MORTE E IL RICORDO
Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1995, pp. 56, lire 10.000. Un saggio di grande profondita'.
13. RILETTURE. RENATE SIEBERT: MAFIA E QUOTIDIANITA'
Renate Siebert, Mafia e quotidianita', Il Saggiatore, Milano 1996, pp. 128,
lire 10.000. Una utile sintesi introduttiva.
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 417 del 16 novembre 2002