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La CGIL sui rischi di guerra in Iraq



La CGIL sui rischi di guerra in Iraq

Comunicato stampa della Cgil

Il rischio annunciato della guerra "preventiva" contro l Iraq assume ogni 
giorno maggiore consistenza nelle dichiarazioni del Presidente e del 
Governo degli USA, nel posizionamento pro o contro dei diversi governi 
europei, nei pronunciamenti sempre più precisi del Presidente e del Vice 
Presidente del Consiglio italiano, oscillanti tra sillogismi 
indimostrabili, per i quali "per la pace può servire la guerra" e scelte di 
campo, "dalla parte degli USA a prescindere".

La questione è troppo seria in sé e per i suoi effetti devastanti perché 
possa essere risolta con accuse rimbalzanti di americanismo o 
antiamericanismo, nella polemica politica, ma anche nella dinamica delle 
relazioni internazionali, tra "BENE e MALE".

La tragedia dell attentato terrorista alle TWIN TOWERS rimarrà per sempre 
una ferita profonda in ogni coscienza democratica: la solidarietà al popolo 
americano è stata immediata e netta da parte della CGIL allora e rinnovata 
oggi, ad un anno di distanza in occasione della triste ricorrenza. Netta la 
condanna ferma del terrorismo e della violenza, netto l'impegno perché 
venga sconfitto. La CGIL infatti sa bene che il terrorismo costituisce una 
minaccia assoluta per la libertà, la democrazia e gli interessi delle 
persone che rappresenta e sa bene che non esistono mai, in nessun modo, 
ragioni che possano giustificare atti terroristici, anche quando e 
soprattutto quando vengano compiuti brandendo la bandiera della ingiustizia.

Per la Segreteria nazionale della CGIL oggi, come allora, è altrettanto 
preciso il rifiuto del ricorso alla guerra come strumento di regolazione 
dei conflitti tra gli Stati e come efficace strumento di lotta al terrorismo.

L esperienza recente dei bombardamenti in AFGHANISTAN - che giudicammo e 
continuiamo a giudicare sbagliati, così come l invio delle truppe italiane 
- ha dimostrato peraltro la loro inefficacia non solo nella lotta al 
terrorismo globale, alle sue reti, ai suoi finanziamenti, ma anche nella 
stabilizzazione politica di quel paese.

Sono aperti nello scenario internazionale tutti i problemi che emergevano 
con forza un anno fa, la soluzione dei quali è necessaria in ogni caso e 
può aiutare a sconfiggere il terrorismo:
    * il conflitto israelo-palestinese che, in assenza di un concreto 
impegno della comunità internazionale, rimane irrisolto e senza 
prospettive, con il suo carico quotidiano di morti e la domanda inevasa del 
diritto di due popoli a vivere in sicurezza in due stati;
    * il divario tra Nord e Sud del mondo, tra paesi ricchi e paesi poveri 
che rimane tale senza inversioni di marcia significative verso uno sviluppo 
sostenibile e rispettoso dei diritti umani anche dopo la conferenza sul 
commercio mondiale (DOHA) e la conferenza di Johannesburg;
    * la crisi esplicita del ruolo degli organismi internazionali, la cui 
riforma è imprescindibile per respingere anche in questo modo il tentativo 
di delegittimazione in atto nei loro confronti e per rappresentare in modo 
più equo la nuova complessità del mondo.
La CGIL riconferma la sua contrarietà alla guerra ed è impegnata a 
sostenere tutte le soluzioni diplomatiche che l ONU ha il diritto e la 
responsabilità di predisporre, utili a scongiurare l apertura di un nuovo 
conflitto nel MEDIO ORIENTE: per le ragioni generali che attengono ai suoi 
valori, ma anche per la valutazione della fase e del contesto.

La riflessione sulla situazione, che non può che essere affidata senza 
ultimatum - all ONU, (in modo da verificare attraverso ispettori lo stato 
reale delle violazioni certe da parte di Saddam delle risoluzioni del 
Consiglio di Sicurezza e conseguentemente le misure e gli strumenti di 
pressione sul governo iracheno perché siano rispettate), non può rimuovere, 
a nostro avviso, da un lato che la necessità di un attacco contro l IRAQ ha 
cominciato a manifestarsi negli USA prima della definizione certa di un 
"casus belli"; l illogica sequenza temporale dà sostegno ai dubbi, 
autorevolmente espressi da Nelson Mandela, sulla somma di obiettivi che 
orientano le dichiarazioni del governo degli USA. Né è possibile rimuovere 
la previsione degli effetti sul piano mondiale, per le interdipendenze 
economiche e sociali tra i paesi del mondo, di una guerra che potrebbe 
configurarsi come una guerra tra due civiltà, tra Occidente e Islam. 
Peraltro l aumento, certo in caso di guerra, del prezzo del petrolio 
greggio e del gas naturale produrrebbe effetti non solo sul ciclo economico 
mondiale, ma soprattutto su quello europeo e italiano già provato, 
nonostante le rassicurazioni risibili del governo e dunque sulle tasche dei 
cittadini.

Così come non si può rimuovere l incongruità da parte di un alleanza dell 
obiettivo di rimozione del governo, in luogo dell obiettivo giusto del 
disarmo dell IRAQ. Difficile poi esorcizzare lo scenario di un Medio 
Oriente, ulteriormente destabilizzato e pronto ad esplodere. Né tanto meno 
rimovibile è l evidenza delle responsabilità di Saddam Hussein e del 
governo iracheno nei rapporti con l ONU e nella politica di potenza che è 
costata tanti lutti al suo popolo.

La CGIL chiede che il Parlamento italiano sia già oggi la sede obbligata e 
dovuta della discussione e che il Governo, si adoperi per sostenere una 
posizione europea da far pesare nell azione diplomatica della comunità 
internazionale, finalizzata a creare le condizioni che scongiurino la 
guerra contro l IRAQ, ad avviare la risoluzione dei tanti problemi di 
giustizia ed equità nel mondo, ridando sostanza, legittimità e voce agli 
organismi internazionali e alla politica.

La CGIL proporrà a CISL e UIL, alla CES ed alla CISL Internazionale una 
presa di posizione di netto rifiuto della logica dell inevitabilità della 
guerra.

La CGIL poi, di fronte all esplodere di una guerra, assumerà tutte le 
iniziative democratiche finalizzate a contrastare quella scelta.

Roma, 13 settembre 2002

La Segreteria Nazionale Cgil