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La nonviolenza e' in cammino. 347
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 347 del 10 febbraio 2002
Sommario di questo numero:
1. Nanni Salio: guerre e terrorismi, le alternative della nonviolenza
2. Valerio Magnani, una campagna per evitare che venga stravolta la legge
185/90
3. Pax Christi e Associazione obiettori nonviolenti: un appello ai
parlamentari per fermare i mercanti di morte
4. Amnesty International contro la modifica della legge 185/90
5. Giobbe Santabarbara, per il disarmo e per la chiarezza
6. Venticinque anni di attivita' del Centro Impastato
7. La dichiarazione di obiezione di 53 militari israeliani contro
l'occupazione dei territori e la repressione del popolo palestinese
8. Alessandro Dal Lago: Bourdieu, l'ultimo maestro
9. Mary Catherine Bateson, come si deve
10. Lunedi a Verona incontro sulla nonviolenza di Lanza del Vasto
11. Programma di un corso di educazione alla pace a Gubbio
12. Aggiornamento del "COS in rete"
13. "Pacedifesa", newsletter del Centro studi difesa civile
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: GUERRE E TERRORISMI, LE ALTERNATIVE DELLA
NONVIOLENZA
[Nanni Salio, segretario dell'IPRI (Italian Peace Research Institute), si
occupa da diversi anni di ricerca, educazione e azione per la pace, e' tra
le voci piu' autorevoli della nonviolenza in Italia. Tra le opere di
Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento
Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1982; IPRI, Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1983; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1984; IPRI, I movimenti per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1986-1989; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1985-1991; Le guerre del Golfo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; Il
potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di
economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, 2001. Per contatti: Centro
Studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax:
0115158000, e-mail: regis@arpnet.it, sito: www.arpnet.it/regis]
La domanda e' sempre la stessa, posta in modo un po' sbrigativo: che cosa
fareste voi, fautori della nonviolenza, di fronte al terrorismo o al
dittatore di turno? La questione e' mal posta perche' tende a ignorare,
spesso volutamente, la dimensione storica: enfatizza solo gli eventi e non
prende in considerazione i processi che li generano. In questo modo
impedisce di vedere le alternative: contribuisce a creare una coazione a
ripetere (gli stessi errori!) e porta a sostenere profezie negative che si
autogiustificano. Inoltre, vengono ignorati altri due aspetti assolutamente
fondamentali: primo, coloro che sostengono che "ci sono alternative" non
hanno potere decisionale; secondo, non viene spesa neppure una sola lira (o
un solo euro) per costruire le alternative ai modelli, peraltro
fallimentari, di intervento militare. Dateci anche solo meta' del bilancio
militare e vedremo se le soluzioni che proponiamo sono solo sogni astratti
di idealisti velleitari e ingenui oppure se permetteranno di ottenere
risultati migliori di quelli sinora raggiunti. Come amano dire i militari:
"poche chiacchiere, mettete mano al portafoglio".
Dovrebbe essere ormai chiaro (ma ahime' non lo e' ancora abbastanza) che con
lo stesso paradigma, con la stessa medicina, non si curano i malanni che
sono conseguenze di diagnosi e di terapie sbagliate. La verifica e'
immediata: se lo scopo della guerra lanciata dall'amministrazione Bush il 7
ottobre scorso era quello di catturare Bin Laden e il mullah Omar, il
risultato e' stato quanto mai deludente. I due principali ricercati si sono
volatilizzati, e la gigantesca macchina mediatica messa in moto per
convincere l'opinione pubblica della bonta' della guerra li ha trasformati
in eroi agli occhi di molti diseredati. Oggi, quella stessa macchina ha
l'ordine di non parlarne piu', per non affrontare le ragioni reali della
guerra e quelle dell'insuccesso. Se invece lo scopo, non dichiarato ma
reale, era quello di continuare il "grande gioco" iniziato nell'800, oppure
giocare alla "grande scacchiera" per controllare l'Eurasia, secondo quanto
teorizzato da Brzezinski, allora gli USA sono certamente riusciti a mettere
piede (e installare basi aeree) nell'Asia Centrale.
Le tecniche della nonviolenza non servono a imporre progetti di dominazione,
come quello esposto nei documenti del Pentagono o del Dipartimento di Stato
USA (fra i tanti, la Quadriennal Defense Review), ma hanno ampiamente
dimostrato di essere straordinariamente efficaci contro strutture di potere
autoritarie e totalitarie ben definite. I casi che si possono citare sono
assai numerosi, ben noti e ampiamente studiati nella letteratura
internazionale sull'argomento: dall'India, all'apartheid in Sudafrica, alle
Filippine, al crollo dei sistemi autoritari nei paesi dell'Europa dell'Est
culminato il 9 novembre 1989, alle molteplici e significative lotte di
resistenza civile anche durante il nazifascismo (le uniche che abbiano
effettivamente permesso di salvare centinaia di migliaia di ebrei).
Gli attentati dell'11 settembre hanno chiaramente messo in evidenza che il
modello di difesa offensivo costruito dalle superpotenze durante la guerra
fredda, e ulteriormente incrementato dagli USA dopo l'implosione dell'Unione
Sovietica, non solo non ha contribuito a rendere gli Stati Uniti piu' sicuri
ma, al contrario, ha provocato una reazione di blowback, un contraccolpo
terribile che nessuno scudo stellare avrebbe potuto impedire. Se il
Pentagono, il Dipartimento di Stato, l'FBI e la CIA fossero gestiti come
normalmente avviene in aziende private, i loro dirigenti sarebbero stati
immediatamente licenziati. Nonostante siano foraggiate con fondi
stratosferici, tutte queste istituzioni non sono riuscite a impedire un
evento altamente prevedibile.
Nessuna delle pur molteplici alternative possibili alla guerra intrapresa
dagli USA, che ha provocato un numero di vittime civili almeno pari se non
superiore a quello degli attentati alle torri gemelle e al Pentagono e un
numero imprecisato di morti tra i combattenti, permette di ottenere
risultati immediati, perche', come gia' si e' detto, e' necessario invertire
un processo e questo richiede tempo. Non possediamo nessuna bacchetta
magica, ma siamo in grado di individuare una serie di passi per una politica
ben piu' ragionevole e con maggiori probabilita' di successo di quella
intrapresa. Passiamola rapidamente in rassegna, esaminando i dodici
principali modi con cui e' possibile "fare la pace senza fare la guerra".
1. Giustizia senza vendetta: la ricerca dei colpevoli, dei perpetratori, non
solo materiali, ma anche dei mandanti, e' compito di un organismo
sovranazionale e non di una singola parte. Gli USA si sono finora opposti
alla costituzione di un Tribunale Penale Internazionale sui crimini contro
l'umanita': cambieranno idea dopo l'11 settembre? Giuridicamente, questi
attentati sono un crimine contro l'umanita' e non un atto di guerra, e come
tali devono essere affrontati.
2. Negoziazione: uno dei principi cardine della trasformazione nonviolenta
dei conflitti e' la non demonizzazione dell'avversario e l'analisi corretta
delle sue richieste. Che cosa ha chiesto Bin Laden nel corso della sua
dichiarazione trasmessa dalle TV di tutto il mondo? Tre sono i punti
essenziali, tutti quanti non solo negoziabili, ma di tale rilevanza che da
tempo avrebbero dovuto essere affrontati: definitiva risoluzione del
conflitto Israele-Palestina; cessazione dell'embargo e dei bombardamenti
sull'Iraq, con lo stillicidio di morti che mensilmente sono almeno pari a
tutte le vittime dell'11 settembre; abbandono delle basi USA in Arabia
Saudita e piu' in generale nei paesi arabi.
3. Costituzione di una commissione internazionale per la verita', la
giustizia e la riconciliazione: questa commissione potrebbe cominciare a
funzionare a partire da ONG e gruppi di base, sulla falsariga di quella
promossa in Sudafrica da Nelson Mandela e Desmond Tutu, coinvolgendo in un
secondo tempo le istituzioni statali e sovranazionali. Un piccolissimo ma
significativo esempio e' la coraggiosa iniziativa promossa da Global
Exchange, che ha permesso ad alcuni parenti delle vittime dell'11 settembre
di recarsi in Afghanistan per incontrare i parenti delle vittime civili dei
bombardamenti USA, nel segno del riconoscimento della reciproca sofferenza.
Aiutiamo i cittadini e le cittadine degli Stati Uniti a rielaborare
positivamente il trauma subito, senza cadere nella spirale della vendetta.
4. Sostegno ai movimenti locali che lottano per i diritti umani e la
democrazia con metodi nonviolenti: ovunque sono presenti gruppi che operano
per una trasformazione nonviolenta dei conflitti, in particolare movimenti
di donne come quello afghano RAWA. Aiutiamo le "signore della pace" anziche'
i vecchi e i nuovi "signori della guerra".
5. Dialogo, educazione, cultura: e' il lavoro lento, ma indispensabile, per
costruire un'autentica cultura della nonviolenza, compito primario di ogni
educatore. Segnaliamo due importanti contributi: Umberto Eco, "Le guerre
sante, passione e ragione" (La Repubblica, 8 ottobre 2001,
www.repubblica.it/online/mondo/idee/eco/eco.html ); Daisaku Ikeda, "Il
dialogo spegne le fiamme dell'odio" (Il Nuovo Rinascimento, n. 247, novembre
2001).
6. Movimento internazionale per la pace: cosi' come negli anni '80 una
grandiosa mobilitazione riusci' a sconfiggere la minaccia nucleare, occorre
a maggior ragione costruire un movimento delle societa' civili di ogni
paese, del Nord e del Sud del mondo, che sappia imporre un cambiamento
nell'agenda delle priorita' politiche sui temi globali, pace, ambiente e
sviluppo, senza cadere nella trappola della protesta violenta.
7. Uscire dall'economia del petrolio: fonte di ricchezza per pochi, di
gigantesca corruzione (ultimo lo scandalo Enron) e di minaccia ambientale
planetaria (cambiamento climatico globale), e' diventata anche una delle
cause prevalenti delle guerre (dalle guerre del Golfo, al Kossovo,
all'Afghanistan). E' indispensabile avviare prontamente la riconversione del
sistema energetico su basi rinnovabili, solari, decentrate, a piccola
potenza.
8. Controllo della finanza internazionale: il mondo e' pieno di "Bin Ladren"
come si usa dire nel dialetto piemontese e forse di qualche altra regione,
che disinvoltamente utilizzano i proventi della droga, del commercio di
armi, della speculazione finanziaria e delle attivita' mafiose per costruire
paradisi fiscali e potentati economici al riparo da ogni intrusione della
giustizia. Cominciamo a liberarci dai "Bin Ladren" nostrani, che hanno
varato leggi scandalose e offensive del piu' comune buon senso morale.
9. Zone libere dall'odio: e' la proposta lanciata dalla ONG americana Global
Exchange che richiama quella di zone denuclearizzate degli anni '80.
Dichiariamo le nostre scuole, i nostri condomini e i nostri quartieri "zone
libere dall'odio", con un lavoro di base, di dialogo, di incontro, di
scambio culturale che valorizzi differenze e capacita' costruttive e
creative di trasformazione nonviolenta dei conflitti.
10. Pane non bombe: l'Afghanistan, martoriato da oltre vent'anni di guerra,
di tutto aveva bisogno tranne che di essere bombardato. Per sottrarre
consenso al terrorismo e' necessario non rispondere con altro terrorismo,
quello di stato, ma affrontare decisamente il problema della poverta' e lo
scandalo dell'"olocausto silenzioso" delle 100.000 persone che ogni giorno
muoiono di fame. Possediamo le risorse scientifiche e tecnologiche per
risolvere questo problema, ma non la volonta' politica, la sensibilita' e la
consapevolezza necessarie.
11. Democratizzazione delle Nazioni Unite e del sistema di relazioni
internazionali: per anni il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e' stato
bloccato dai veti incrociati delle due superpotenze. E' ora che questo
organismo venga trasformato in modo piu' rappresentativo e democratico. E'
inoltre indispensabile creare le condizioni perche' tutti i principali
paesi, in particolare quelli piu' potenti, rispettino il diritto
internazionale e lo rendano sempre piu' vincolante ed efficace.
12. Liberiamoci dal complesso militare-industriale: tutti i punti precedenti
rischierebbero di risultare vani se la piu' potente causa di produzione
delle guerre non venisse rimossa, in ogni paese, ma soprattutto nelle
maggiori potenze, a cominciare dagli USA, sostituendo gli attuali modelli di
difesa altamente offensivi, distruttivi e dispendiosi, con i corpi civili
internazionali di pace (sui quali si veda l'amplissimo studio di
fattibilita': Nonviolent Peaceforce Feasibility Study disponibile online
all'indirizzo www.nonviolentpeaceforce.org ) e con forme di difesa popolare
nonviolenta.
2. APPELLI. VALERIO MAGNANI: UNA CAMPAGNA PER EVITARE CHE VENGA STRAVOLTA LA
LEGGE 185/90
[Dalla segreteria della Rete di Lilliput riceviamo e diffondiamo. Per
contatti: segreteria@retelilliput.org]
In queste ultime settimane e' iniziato l'iter parlamentare della proposta di
legge che intende "facilitare la ristrutturazione e le attivita'
dell'industria europea per la difesa" secondo le direttive di un
"accordo-quadro" sottoscritto a Farnborough il 27 luglio 2000 dai ministri
della difesa di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia.
La normativa in discussione, se approvata, andra' a modificare la legge
185/90 che disciplina attualmente il commercio italiano delle armi, con vari
mutamenti che la stravolgeranno completamente.
Il disegno di legge in questione ha esaurito il suo percorso nelle
commissioni Esteri e Difesa, riunite congiuntamente, ed e' stato approvato a
larghissima maggioranza. Prossimamente giungera' all'esame dell'assemblea di
Montecitorio per la sua approvazione definitiva. Il disegno di legge
riprende un precedente progetto gia' presentato dal governo di
centro-sinistra e, nelle commissioni che lo hanno discusso, ha avuto il voto
favorevole anche di DS e Margherita.
La modifica principale consiste nell'introduzione di un nuovo tipo di
autorizzazione alle esportazioni di armamenti, la cosiddetta "autorizzazione
globale di progetto". Per quanto si inserisca nell'ottica dell'integrazione
dell'industria europea degli armamenti, gli emendamenti introdotti avranno
conseguenze sulla trasparenza e il controllo del commercio delle armi. Il
risultato sara' che una parte significativa delle esportazioni di materiale
di armamento semplicemente scomparira' dalle possibilita' di controllo degli
organi parlamentari, della stampa e dell'opinione pubblica.
In sintesi non saranno applicabili i tratti salienti della nostra normativa:
procedure autorizzatorie, controlli contro le triangolazioni, i controlli
bancari, ne' sui pezzi e componenti, ne' sul prodotto finito, i divieti di
esportare a paesi instabili o aggressivi (nel caso in cui il materiale sia
assemblato nel paese con cui si coproduce), trasparenza e controllo del
parlamento e dell'opinione pubblica.
Al momento del rilascio dell'autorizzazione il governo (con le stesse
eccezioni) si esprimera' ed applichera' i principi ed i divieti della legge
solo sulla destinazione intermedia (ovvero il paese con cui si coproduce), e
non sulla destinazione finale. La relazione annuale del governo al
Parlamento, ovviamente, non riportera' valori e destinazione finale dei
materiali che ricadono all'interno dell'autorizzazione globale.
La legge 185/90 e' stata una grande conquista civile voluta dalle
associazioni pacifiste e di solidarieta' internazionale. Consente di
bloccare le esportazioni di armi verso nazioni che violano i diritti umani o
che fanno guerra; consente inoltre un controllo parlamentare e una verifica
della destinazione finale delle armi inviate, evitando "triangolazioni". Nel
corso degli anni attraverso norme applicative sempre piu' lassiste il potere
di controllo della legge e' stato ammorbidito per far piacere ai mercanti di
armi.
Per questi motivi stiamo promuovendo questa campagna di informazione
pubblica che metta i parlamentari italiani di fronte alle loro gravi
responsabilita' nel caso passassero le modifiche alla legge che i mercanti
di armi da anni chiedevano.
Siamo di fronte all'ennesima conferma della necessita' di unire le forze e
di indire una mobilitazione.
Uniamo subito tutte le realta' impegnate per la pace e la difesa dei diritti
umani: associazioni, giornali, radio, gruppi missionari, donne e uomini di
buona volonta': non c'e' tempo da perdere.
La Rete di Lilliput insieme al settimanale Vita e Peacelink promuovono
questa Campagna.
Altre realta' come Lunaria, Amnesty, Nigrizia, Missione Oggi, Mosaico di
Pace, Unimondo, si stanno fortemente impegnando sullo stesso problema.
Sul sito Lilliput (www.retelilliput.org) e sui siti www.vita.it e
www.peacelink.it trovate tutta la documentazione necessaria per saperne di
piu' (il progetto di legge, i verbali delle discussioni in commissione, un
commento da parte dei ricercatori di IRES e indirizzi e-mail dei
parlamentari ai quali spedire lettera di protesta).
In vista della discussione parlamentare stiamo preparando un testo
contenente alcuni emendamenti che chiederemo ai deputati di approvare. Nel
frattempo cominciate a organizzarvi cercando i recapiti dei parlamentari
della vostra zona, coinvolgendo il maggior numero di persone su questo tema
e magari facendo arrivare un comunicato ai giornali locali, sotto forma di
lettera aperta al deputato di collegio in modo che sia piu' semplice farselo
pubblicare.
Saluti a tutti,
Valerio Magnani
3. APPELLI. PAX CHRISTI E ASSOCIAZIONE OBIETTORI NONVIOLENTI: UN APPELLO AI
PARLAMENTARI PER FERMARE I MERCANTI DI MORTE
[Da Pax Christi Italia e dall'Associazione Obiettori Nonviolenti riceviamo e
diffondiamo]
Chiediamo a tutte le realta' della societa' civile, agli enti locali, alle
personalita' della cultura, dello sport e dello spettacolo, delle religioni
e delle istituzioni, di firmare l'appello che Pax Christi Italia e
l'Associazione Obiettori Nonviolenti stanno diffondendo in queste ore a
difesa della legge 185 per il controllo democratico del commercio di armi.
E' l'estremo tentativo di difendere una legge ottenuta grazie all'impegno di
alcune associazioni che, negli anni '80,diedero vita al cartello "Contro i
mercanti di morte". E' sconcertante notare la convergenza di consensi da
destra e da sinistra su queste modifiche.
Per maggiori informazioni sulla legge, sul testo di modifica, sull'iter
parlamentare delle modifiche proposte, sugli appuntamenti che ci diamo per
impedire il "ritorno dei mercanti morte" vi invitiamo a visitare il sito
www.paxchristi.it.
Per ricevere gli aggiornamenti sulle adesioni e sulle iniziative che
intraprenderemo vi chiediamo di segnalare il vostro indirizzo e-mail a
info@paxchristi.it.
*
Ritornano i mercanti di morte.
Appello ai parlamentari.
Il Parlamento italiano sta discutendo un disegno di legge d'iniziativa
governativa (Atto Camera 1927) in materia di industria della difesa.
Il progetto prevede la ratifica dell'accordo quadro sottoscritto dall'Italia
e da altri cinque Paesi europei il 27 luglio 2000 per "facilitare la
ristrutturazione e le attivita' dell'industria europea per la difesa" ed e'
stato gia' licenziato dalle Commissioni III e IV della Camera dei Deputati
in data 30 gennaio 2002.
Tale accordo imporrebbe il "tempestivo adeguamento della nostra normativa" e
infatti 10 dei 14 articoli che compongono il testo proposto sono volti a
modificare la legge n. 185 del 1990 che disciplina attualmente
l'import-export di armi nel nostro Paese.
La novita' piu' rilevante e' costituita dall'introduzione di un nuovo tipo
di autorizzazione per il commercio delle armi, la "licenza globale di
progetto", riferita ai programmi intergovernativi o industriali congiunti ai
quali le imprese partecipano e ai quali non si applicheranno piu' le norme
sulle trattative contrattuali, rendendo meno trasparenti e controllabili
tutte le operazioni.
Anche le norme sulle attivita' bancarie relative a questo nuovo tipo di
"licenza globale" verranno modificate, non essendo piu' notificate al
Ministero del Tesoro e da questo autorizzate, e non comparendo piu' nello
specifico capitolo dell'annuale Relazione al Parlamento.
In questo modo, in nome della "razionalizzazione", della "competitivita'" e
della "identita' europea" verra' stravolta una legge ritenuta da tutti
"severa e rigida" e che ha fatto del nostro Paese uno dei piu' avanzati al
mondo per aver provveduto a regolare il commercio delle armi nel rispetto
dei diritti umani, della promozione della pace e della trasparenza.
Ricordiamo che quella legge fu ottenuta grazie all'impegno tenace della
Campagna "Contro i mercanti di morte" (Acli, Mlal, Mani Tese, Missione Oggi,
Pax Christi).
Anche il riferimento al "Codice di condotta dell'Unione Europea per le
esportazioni di armi" (che non e' assolutamente vincolante) costringerebbe
l'Italia a rinunciare alla propria normativa nazionale che in questo
verrebbe peggiorata.
Troviamo peraltro paradossale che mentre da un lato si vuole combattere una
guerra totale contro il terrorismo, dall'altro si allargano le maglie del
controllo della vendita delle armi con tutti i rischi che ne conseguono.
Chiediamo pertanto ai parlamentari di votare contro questo disegno di legge
che costituisce un passo indietro per la pace e la giustizia.
Chiediamo che l'Italia si faccia promotrice a livello internazionale di
un'iniziativa volta a una maggiore severita' nel controllo del commercio di
armi e a un maggiore impegno nella prevenzione dei conflitti.
4. APPELLI. AMNESTY INTERNATIONAL CONTRO LA MODIFICA DELLA LEGGE 185/90
[Riceviamo e diffondiamo]
Dichiarazione del presidente della Sezione Italiana di Amnesty
International.
"Il Parlamento non deve modificare la legge 185/90 sul commercio di armi" ha
dichiarato oggi Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty
International. "Dovrebbe invece chiederne al Governo la piena applicazione,
valorizzare le misure di trasparenza e i divieti di esportazione verso quei
paesi in cui armi e tecnologie militari potrebbero essere utilizzate per
consentire massicci abusi di diritti umani".
Il disegno di legge 1927, attualmente all'esame della Camera dei Deputati,
si propone la ratifica e l'esecuzione dell'accordo quadro relativo alle
misure per facilitare la ristrutturazione e le attivita' per la difesa
europea, prevedendo inoltre emendamenti alla legge 185/90.
La normativa italiana, sebbene disattesa sotto certi aspetti, rappresenta un
modello nel panorama europeo ed internazionale per l'importanza che
attribuisce al rispetto e alla promozione dei diritti umani, alla
prevenzione dei conflitti.
"L'integrazione dell'industria europea degli armamenti" ha aggiunto Marco
Bertotto "non deve indebolire la trasparenza e il controllo del commercio
delle armi. Il Parlamento e il Governo devono garantire il monitoraggio di
tutti i trasferimenti di armi, intensificando e meglio coordinando gli
sforzi atti a prevenire i conflitti e tutelare la popolazione civile".
Per ulteriori informazioni: ufficio stampa di Amnesty International, tel.
064490224, e-mail: press@amnesty.it
5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: PER IL DISARMO E PER LA CHIAREZZA
[Giobbe Santabarbara esprime il punto di vista del "Centro di ricerca per la
pace" di Viterbo]
Le armi servono per uccidere. Tutte. Sempre.
E dunque sosteniamo la mobilitazione contro le manovre dei mercanti di
morte, e ci associamo alle iniziative e agli appelli affinche' non venga
ulteriormente peggiorato il quadro legislativo attuale in materia di
commercio di armi.
Ma diciamo anche con chiarezza che non diamo un giudizio positivo della
legislazione in vigore, e troviamo profondamente errate certe posizioni
contenute negli appelli che circolano in questi giorni, alcuni dei quali
abbiamo riportato sopra.
La nostra modesta opinione e' che l'unica politica corretta nei confronti
del commercio di armi e' proibirlo. L'unica politica corretta nei confronti
dell'uso delle armi e' proibirlo. L'unica politica corretta nei confronti
della produzione delle armi e' proibirla.
Dopo Auschwitz e dopo Hiroshima c'e' una sola scelta che possa garantire un
futuro all'umanita': abolire le armi e gli eserciti.
6. ESPERIENZE. VENTICINQUE ANNI DI ATTIVITA' DEL CENTRO IMPASTATO
[Dal Centro Impastato di Palermo, il fondamentale punto di riferimento del
movimento antimafia, riceviamo e diffondiamo. Per contatti: Centro siciliano
di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144
Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi@tin.it, sito:
www.centroimpastato.it]
1977-2002: 25 anni di attivita' del Centro siciliano di documentazione.
Nuovi materiali nel sito Internet del Centro: www.centroimpastato.it
Il Centro siciliano di documentazione quest'anno compie 25 anni, avendo
cominciato la sua attivita' nel 1977, con il convegno "Portella della
Ginestra: una strage per il centrismo". Il Centro si e' formalmente
costituito come Associazione culturale nel 1980 ed e' stato intitolato a
Giuseppe Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978. Nel 1998 si e'
trasformato in Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilita' sociale).
Nel corso della sua attivita', il Centro, con i soli mezzi dei soci, ha
formato una biblioteca, un'emeroteca e un archivio specializzati sulla mafia
e altre forme di criminalita' organizzata; ha prodotto studi e ricerche;
svolto attivita' di informazione e di educazione nelle scuole e in istituti
universitari, in Italia e all'estero; promosso iniziative di mobilitazione,
a cominciare dalla manifestazione nazionale contro la mafia nel maggio 1979.
Il Centro, accanto ai familiari e ad alcuni compagni di Impastato, ha avuto
un ruolo decisivo nell'inchiesta sul suo omicidio, riuscendo a raggiungere
risultati fino a qualche anno fa insperati: il processo a Vito Palazzolo si
e' concluso nel marzo del 2001 con la condanna a 30 anni di carcere e il
processo a Gaetano Badalamenti e' vicino alla conclusione; la Commissione
antimafia, su sollecitazione del Centro, ha indagato sul ruolo di
rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini e nel
dicembre del 2000 ha approvato una relazione successivamente pubblicata nel
volume Peppino Impastato, anatomia di un depistaggio.
Nell'ambito del progetto di ricerca "Mafia e societa'" il Centro ha svolto
ricerche sull'omicidio a Palermo (volumi La violenza programmata e Gabbie
vuote), sulle attivita' imprenditoriali mafiose (L'impresa mafiosa), sul
traffico internazionale di droghe (Dietro la droga), sul rapporto mafia e
politica (L'alleanza e il compromesso), sul ruolo delle scienze sociali
nell'analisi della mafia (La mafia interpretata), sulle lotte contro la
mafia (Storia del movimento antimafia). Alcune pubblicazioni sono dedicate
al lavoro nelle scuole, per esempio: A scuola di antimafia, Oltre la
legalita'.
Il Centro si e' impegnato anche nel movimento per la pace e per una
globalizzazione dal basso.
Dal 1997 il Centro ha un sito Internet (www.centroimpastato.it),
recentemente arricchito con nuovi materiali.
Segnaliamo:
- Nelle pagine "La storia del Centro" e "Ultime notizie": aggiornamento
sulle iniziative del Centro.
- Nella pagina "Per conoscere Peppino": tutti gli scritti di Impastato
(articoli, documenti, poesie, brani di "Onda pazza"); tra gli scritti su
Peppino segnaliamo il piu' recente: Umberto Santino, Peppino Impastato: la
memoria difficile.
- Nella pagina "Il processo Impastato": aggiornamento fino all'ultima
udienza del processo a Badalamenti.
- Nella pagina "Cronologia dei fatti di mafia": aggiornamento fino al
dicembre 2001.
- Nella pagina "Saggi e articoli", gli scritti piu' recenti: Umberto
Santino, La fabbrica dei diavoli. A lezione dalla Cia: fondamentalismo e
droga in Afghanistan; Modello mafioso e globalizzazione; I crimini della
globalizzazione. Voci per un glossario; L'acqua rubata. Dalla mafia alle
multinazionali; Mafia e politica tra prima e seconda Repubblica. Nella
stessa pagina, sulle elezioni in Sicilia, sempre di Umberto Santino: Cu
vinciu. La Sicilia dopo la disfatta; Confiteor per Palermo. Di Augusto
Cavadi, Il Dio dei mafiosi.
- Nella pagina "Mafia: un percorso di analisi": le idee correnti e una
sintesi dell'analisi del Centro.
- Nella pagina "Per le scuole": materiali e indicazioni per corsi per
insegnanti e per seminari per docenti e alunni.
- Links con istituzioni e organizzazioni nazionali e internazionali sui
seguenti temi: mafia e antimafia, riciclaggio, globalizzazione, guerra in
Afghanistan.
7. DOCUMENTI. LA DICHIARAZIONE DI OBIEZIONE DI 53 MILITARI ISRAELIANI CONTRO
L'OCCUPAZIONE DEI TERRITORI E LA REPRESSIONE DEL POPOLO PALESTINESE
[La seguente dichiarazione sottoscritta da 53 ufficiali e soldati riservisti
di Tzahal, l'esercito di israele, e' apparsa lo scorso mese sul principale
quotidiano israeliano, "Haaretz"; riproduciamo la traduzione italiana
apparsa sulla prima pagina del quotidiano "Il manifesto" il 26 gennaio 2002]
Noi, ufficiali e soldati combattenti della riserva di Tzahal, che siamo
stati educati nel grembo del sionismo e del sacrificio per lo stato di
Israele, che abbiamo sempre servito in prima linea, che siamo stati i primi,
per ogni compito, facile o difficile che fosse, a difendere lo Stato di
Israele e a rafforzarlo.
Noi, ufficiali e soldati combattenti che serviamo lo Stato di Israele
durante lunghe settimane ogni anno, nonostante l'alto prezzo personale che
abbiamo pagato.
Noi che siamo stati in servizio di riserva in tutti i territori e che
abbiamo ricevuto ordini e istruzioni che non hanno niente a che fare con la
sicurezza dello Stato, e il cui unico obiettivo la dominazione sul popolo
palestinese.
Noi che con i nostri occhi abbiamo visto il prezzo di sangue che
l'occupazione impone su entrambe le parti di questa divisione.
Noi che abbiamo sentito come gli ordini che ricevevamo stavano distruggendo
tutti i valori di questo paese.
Noi che abbiamo capito che il prezzo dell'occupazione e' la perdita
dell'immagine umana di Tzahal e la corruzione dell'intera societa'
israeliana.
Noi che sappiamo che i territori occupati non sono Israele, e che tutte le
colonie sono destinate ad essere rimosse...
Noi dichiariamo che non continueremo a combattere in questa guerra per la
pace delle colonie, che non continueremo a combattere oltre la linea verde
per dominare, espellere, affamare e umiliare un intero popolo.
Noi dichiariamo che continueremo a servire Tzahal in qualsiasi obiettivo che
serva la difesa dello Stato di Israele.
L'occupazione e la repressione non hanno questo obiettivo.
E noi non vi parteciperemo.
8. MAESTRI. ALESSANDRO DAL LAGO: BOURDIEU, L'ULTIMO MAESTRO
[Questo articolo di Alessandro Dal Lago e' apparso sul quotidiano "Il
manifesto" del 25 gennaio 2002.
Alessandro Dal Lago e' docente di sociologia dei processi culturali all'
Università di Genova, presso la stessa Università coordina un gruppo di
ricerca sui conflitti globali; è membro della redazione della rivista
filosofica "Aut Aut", ha curato l'edizione italiana di opere di Hannah
Arendt e di Michel Foucault. Tra le opere di Alessandro Dal Lago segnaliamo
particolarmente il suo recente volume Non-persone. L'esclusione dei migranti
in una società globale, Feltrinelli, Milano 1999. Cfr. inoltre: I nostri
riti quotidiani, Costa & Nolan, Genova 1995; (a cura di), Lo straniero e il
nemico, Costa e Nolan, Genova 1997; La produzione della devianza, Ombre
corte, Verona 2001; Giovani, stranieri & criminali, Manifestolibri, Roma
2001.
Per alcune brevi notizie biobibliografiche su Bourdieu cfr. il notiziario di
ieri]
Con la morte di Pierre Bourdieu, la Francia perde uno degli ultimi
maitres-a-penser assoluti, quegli uomini che avevano fatto di Parigi, per
piu' di quarant'anni, il polo intellettuale per eccellenza nell'immaginario
occidentale - uomini del calibro di Sartre, Barthes, Lacan e Foucault. Anche
questo e' un segno dei tempi. Nonostante i tentativi, spesso anacronistici,
di difendere la propria preminenza culturale, la Francia sembra arrendersi
all'inevitabile dominio dell'inglese e dei suoi stili culturali. Era proprio
Bourdieu a rappresentare, con i suoi volumi in traduzione che occupavano le
migliori librerie di Londra o di Berlino e delle universita' americane,
l'ultimo richiamo internazionale della cultura francofona.
Bourdieu poteva godere di questa fama globale perche', come era avvenuto per
Foucault (che non a caso l'aveva voluto al College de France), interpretava
un ruolo essenzialmente politico. Non era solo il sociologo dei fenomeni
intellettuali e culturali di massa - scuola, arte, scienza - e
dell'esperienza quotidiana - poverta', disagio, dominio sessuale. Era
soprattutto l'ultimo grande critico della societa' liberale e delle
manifestazioni o distorsioni simboliche del capitalismo. Tutta la sua ultima
produzione, come appare dalle due riviste a cui si era consacrato ("Actes de
la recherche en sciences sociales" e "Liber") si presenta come una denuncia,
rigorosa e documentata ai limiti dell'ossessione, dell'inganno capitalistico
nelle sue forme molteplici, subdole e avvolgenti. Cio' gli era costato,
nella Francia della difficile coesistenza tra destra e sinistra governativa,
una buona dose di veleno pubblico. Negli ultimi anni erano usciti libelli
polemici - di ambiente universitario piu' che politico - in cui venivano
presi di mira il suo metodo, il suo supposto strapotere nella repubblica
francese delle lettere, la sua superbia. Un veleno di cui Bourdieu, che era
uomo molto sensibile, deve avere sofferto molto e che l'ha spinto sempre di
piu' verso l'impegno politico. Fino a poco tempo fa, era l'infaticabile
tessitore di reti internazionali per l'animazione di una cultura politica
anti-liberista e per la costruzione di un'altra Europa.
Dire che il richiamo mondiale di Bourdieu era essenzialmente quello politico
significa raccontare solo una piccola parte della sua storia. C'e', per
cominciare, lo studente povero che conquista l'agregation alla prestigiosa
Ecole Normale in un'epoca di imperante heideggerismo - una corrente per cui
Bourdieu provava una profonda avversione (come risulta da diversi saggi
degli anni '70 e '80 in cui il linguaggio "profetico" di Heidegger viene
smontato fino alle sue origini di classe, il mandarinato borghese
dell'universita' tedesca). C'e' il ricercatore sul campo in Algeria, autore
di alcune tra le piu' belle analisi dell'influsso del colonialismo sulla
cultura tradizionale (Sociologie de l'Algerie, del 1958, e Le deracinement
del 1964, con A. Sayad). C'e' l'analista delle istituzioni incaricate di
trasmettere la cultura dominante, dalla scuola all'arte, dall'universita'
alla letteratura, dalla fotografia ai salotti intellettuali (La
reproduction, 1970, La distinction, 1979, Homo academicus, 1984, Les regles
de l'art, 1992). C'e' anche il teorico capace non solo di rivisitare
liberamente le categorie marxiane alla luce di una sensibilita' sociologica
modernissima (i concetti legati all'intuizione del "capitale culturale"). E
soprattutto l'infaticabile animatore di una cultura sociologica aperta,
senza pregiudizi, a quanto di meglio proveniva dall'altra parte
dell'Atlantico. Si deve a Bourdieu, per esempio, se la Francia -
condizionata da sociologi con la feluca come Aron, Touraine e Boudon - ha
potuto conoscere l'opera di un ricercatore atipico come Erving Goffman.
Questa molteplicita', questa capacita' di fare sociologia a 360 gradi - in
un'epoca in cui la sociologia si stava istituzionalizzando e banalizzando
anche in Francia - appare compiutamente in quella che, secondo me, e' la sua
opera piu' bella e meno cosnosciuta da noi, La misere du monde, 1994. In
questo lavoro monumentale, che Bourdieu ha caparbiamente voluto e
organizzato, facendo lavorare i suoi collaboratori migliori e (oggi) piu'
noti (da Boltanski a Champagne, da Sayad a Wacquant), parlano, sotto forma
di interviste e storie di vita, gli uomini comuni, le vittime del liberismo,
dei pregiudizi e della violenza della societa' opulenta: migranti,
insegnanti, lavoratori pubblici, operai, pensionati, casalinghe. Un coro
articolato di voci che sostituiscono la pretesa sociologica di ricostruire
la verita' sociale dalle prospettive anguste dei dipartimenti universitari.
Nelle considerazioni finali, Bourdieu si spinge quasi a teorizzare un ritiro
dello sguardo sociologico dallo studio degli ultimi - gli anonimi, i
marginali, i reietti. Una posizione metodologica radicale che non va confusa
con l'empirismo, trattandosi piuttosto di un'intuizione della fecondita'
della letteratura nella descrizione sociale. Sta di fatto, comunque, che
quest'opera di quasi mille pagine si fa leggere come una catena aperta di
romanzi-verita' - talmente lontani dalle croste letterarie da essere
divenuti, in diversi casi, testi teatrali, e di successo. Nessun editore
italiano ha finora accettato, e forse nemmeno pensato, di tradurlo. Ma, in
un paese che pure disbosca foreste per farci conoscere tante mediocrita' di
richiamo, c'e' da sperare che ora qualcuno ci ripensi.
9. FRASI COLTE AL VOLO. MARY CATHERINE BATESON: COME SI DEVE
[Da Gregory Bateson, Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano,
Adelphi, Milano 1989, 1993, p. 303]
Padre. Stai ancora lavorando a quest'ora di notte?
Figlia. E tu? Sei un'ombra molto ostinata, sai? A volte vorrei che tu
facessi il morto come si deve.
10. INCONTRI. LUNEDI A VERONA INCONTRO SULLA NONVIOLENZA DI LANZA DEL VASTO
[Riceviamo e diffondiamo. Per ulteriori informazioni: Movimento Nonviolento,
via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org]
Lunedi 11 febbraio a Verona presso la Casa per la Nonviolenza di via Spagna
8 (Vicino alla Basilica di San Zeno) si terra' il secondo incontro del ciclo
"Elementi di Nonviolenza" organizzato dal Movimento Nonviolento di Verona.
Verra' approfondita la figura di Giuseppe Lanza del Vasto.
Dalle ore 18 alle 19,30 lettura collettiva e proiezione di filmati
originali. Dalle 21 alle 23 incontro-dibattito con Beppe Marasso, del Centro
Studi Sereno Regis di Torino.
11. INCONTRI. PROGRAMMA DI UN CORSO DI EDUCAZIONE ALLA PACE A GUBBIO
[Riportiamo ampi estratti dal programma di un corso di educazione alla pace
rivolto a studenti e insegnanti delle scuole medie superiori di Gubbio (PG)
ed aperto a tutti gli uditori interessati, che si svolgera' con cadenza
settimanale nei mesi di febbraio-aprile 2002]
Parte prima: una ovvia premessa
Il presente progetto di corso di educazione alla pace fa seguito alla
positiva esperienza svoltasi lo scorso anno scolastico presso l'Istituto
Tecnico Industriale Sperimentale di Gubbio.
Esso accoglie e sviluppa le indicazioni emerse dalla relazione conclusiva
del corso tenutosi nel febbraio-marzo 2001; ovviamente si contestualizza
nella situazione odierna (l'emersione di una sempre piu' diffusa ed acuta
coscienza delle problematiche connesse al processo della cosiddetta
"globalizzazione"; la tragedia degli attentati terroristici dell'11
settembre 2001; le terribili guerre in corso ed il diretto coinvolgimento
italiano nella guerra in Afghanistan); e naturalmente ha alla base le
premesse già esplicitate nella premessa del progetto del corso del 2001, che
di seguito si riproduce:
"Perché un corso di educazione alla pace?
1. Quando parliamo di pace di cosa stiamo parlando?
La risposta non è semplice, ed il corso che qui si propone intende rendere
consapevoli della complessità e delle difficoltà del concetto di pace, ed a
maggior ragione della difficoltà di costruire la pace in un mondo in cui
pressoché tutti i poteri vigenti si dichiarano per la pace ed insieme usano
la violenza, l'ingiustizia, la guerra per opprimere, sfruttare, eliminare
gli "altri".
Nello stesso tempo costruire la pace è necessario ed urgente poiché i poteri
dominanti attuali (economici, politici, militari, ideologico-mediali...)
stanno distruggendo non solo un numero enorme di vite umane con le guerre, l
'ingiustizia, la fame, la contaminazione dell'ambiente; ma stanno altresì
devastando e degradando irreversibilmente la biosfera ad un ritmo tale che
se l'attuale "modello di sviluppo" non viene urgentemente, profondamente e
radicalmente modificato è ragionevole temere la distruzione della civiltà
umana così come noi l'abbiamo conosciuta e la desertificazione e
contaminazione di una parte notevole della superficie del pianeta.
2. E quando parliamo di educazione alla pace di cosa stiamo parlando?
Se la pace è cosa complessa e difficile ed insieme un impegno necessario ed
urgente, l'educazione alla pace è anch'essa tutt'altro che un semplice
apprendere le buone maniere, o un elenco di banali precetti di buona
condotta. L'educazione alla pace è un impegno anch'esso insieme complesso,
difficile e urgente. Ma è altresì un tema su cui ancora poca chiarezza vi è
tra gli stessi studiosi che da decenni se ne occupano in modo approfondito.
Studiosi diversi e ugualmente autorevoli ne danno definizioni diverse e fin
contraddittorie, e la confusione che vi è intorno al suo stesso statuto è
ovviamente ancora più grande quanto ai metodi, ai curricoli, alle forme di
organizzazione e valutazione.
Noi qui ci limitiamo a rilevare: a) che occorre formare alla pace, e che la
scuola pubblica in quanto principale agenzia formativa della nostra società
e del nostro ordinamento giuridico deve assumere tale impegno; b) che l'
educazione alla pace non deve essere né "una materia in più", né un rozzo e
precario collegamento trasversale tra le discipline curricolari, ma un
approccio diverso e ulteriore e soprattutto - a questo stadio della
riflessione e della pratica - un appello e una sperimentazione, che
diversamente connetta i campi del sapere sussumendoli a un criterio e un
impegno precisi, e proponga pertanto scelte metodologiche e percorsi di
ricerca suoi propri.
3. La presente proposta di corso di educazione alla pace, valorizzando l'
opportunità data dai Piani dell'Offerta Formativa, intende formulare,
sperimentare e verificare un percorso di ricerca (ad un tempo di metodo, di
tecniche e di saperi; di relazioni e di contenuti) e di azione formativa
atto anche a fornire alla sua conclusione più precise indicazioni per l'
agire futuro".
*
Parte seconda: programma del corso
1. Primo incontro: pensare la pace per costruire la pace (logica,
comunicazione, esistenza, società).
Temi che verranno proposti nel primo incontro: il rigore logico come
premessa per il rigore morale; centralità della comunicazione e teorie della
conoscenza; un approccio esistenziale; un approccio sociologico.
2. Secondo incontro: la guerra e la pace oggi (la morale, la politica, il
diritto, l'umanità).
Temi che verranno proposti nel secondo incontro: il diritto internazionale;
la carta delle Nazioni Unite; la Dichiarazione universale dei diritti umani;
la Costituzione della Repubblica Italiana; letture da Emmanuel Levinas;
letture da Hans Jonas; letture da Virginia Woolf.
3. Terzo incontro: l'umanità dopo Auschwitz (la storia).
Temi che verranno proposti nel terzo incontro: letture da Primo Levi;
letture da Lorenzo Milani; letture da Hannah Arendt.
4. Quarto incontro: l'umanità dopo Hiroshima (la scienza, la tecnologia).
Temi che verranno proposti nel quarto incontro: lettura de "Le tre verità di
Hiroshima" di Ernesto Balducci; lettura delle "Tesi sull'età atomica" di
Günther Anders; letture da Simone Weil.
5. Quinto incontro: il diritto e la dignità umana nell'epoca della
globalizzazione (diritto, economia ed ecologia, etica e politica).
Temi che verranno proposti nel quinto incontro: il diritto e la dignità
umana; l'interazione sociale e la civile convivenza; l'economia e l'
ecologia; la riflessione etica sul crinale apocalittico; principio
responsabilità e azione collettiva.
6. Sesto incontro: la nonviolenza.
Temi che verranno proposti nel sesto incontro: la nonviolenza come insieme
di valori; la nonviolenza come insieme di tecniche deliberative ed
operative; la nonviolenza come strategia e come progetto.
7. Settimo incontro: autovalutazione del corso e stesura della relazione
conclusiva.
8. Ottavo incontro: discussione ed approvazione della relazione conclusiva.
*
Parte terza (...)
*
Postilla
Il presente progetto è stato redatto dal responsabile del "Centro di ricerca
per la pace" di Viterbo su proposta del movimento pacifista eugubino "Gubbio
per la pace"; riprende il progetto di corso già realizzato nello scorso anno
scolastico a Gubbio e tiene conto dei suggerimenti contenuti nella relazione
conclusiva approvata all'unanimità dai partecipanti al corso del
febbraio-marzo 2001.
Come già accaduto lo scorso anno scolastico il programma potrà avere alcune
variazioni se ne verrà posta l'esigenza dai partecipanti e su di esse si
troverà il consenso di tutti coloro che al corso prendono parte. La gestione
del corso, infatti, sarà anche quest'anno di tipo seminariale, cooperativa e
mirante a promuovere la partecipazione attiva di tutti coloro che vi
prenderanno parte.
12. SITI. AGGIORNAMENTO DEL "COS IN RETE"
[Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini, che cura un eccellente
sito nella rete telematica attraverso cui tutti gli interessati possono
conoscere la figura, l'opera e l'eredita' del grande apostolo della
nonviolenza, riceviamo e diffondiamo. I C. O. S. (Centri di orientamento
sociale) sono una delle esperienze di democrazia diretta promosse da Aldo
Capitini. Per contatti: e-mail: capitini@tiscalinet.it]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento del "C.O.S. in rete",
www.cosinrete.it, riflessioni nella stampa italiana sui temi capitiniani di
nonviolenza, difesa della pace, partecipazione al potere di tutti, controllo
dal basso, religione aperta, antifascismo; tra cui: i C.O.S. in Brasile, i
disegni della Signora, L'Onu con noi, il cattivo esempio di papa Woytila, il
fallimento dello sviluppo, musica e cultura, omosessuali e nonviolenza, i
miliardi di Capitini, le balle dei pacifisti, i pirati di Merlo, le nostre
colpe in Palestina, e altri. Ricordiamo che la partecipazione al C.O.S. in
rete e' ancora libera e possibile.
13. INFORMAZIONE. "PACEDIFESA", NEWSLETTER DEL CENTRO STUDI DIFESA CIVILE
[Riceviamo e ridiffondiamo integralmente la newsletter "Pacedifesa" n. 2 del
9 febbraio 2002 del Centro Studi Difesa Civile. Per richieste e contatti:
pacedifesa@libero.it]
La prima ricerca sul tema della difesa civile commissionata dal Ministero
della Difesa ad esponenti dell'area nonviolenta e obiettori di coscienza. E'
uscito: La Difesa Civile ed il Progetto Caschi Bianchi. Peacekeepers civili
disarmati, a cura di Francesco Tullio, Franco Angeli, Milano 2001, 158 pp.,
Lire 28.000. Hanno collaborato: Rocco Altieri, Mauro Cereghini, Paolo Di
Giandomenico, Giorgio Giannini, Alberto L'Abate, Giovanni Scotto, Andrea
Scognamillo.
Si tratta di una ricerca curata dal Centro Studi Difesa Civile, La Difesa
Civile e il Progetto Caschi Bianchi. Peakeepers civili disarmati,
recentemente pubblicata dall'editore Franco Angeli.
La nostra e' una proposta pragmatica maturata nell'ambito dell'area
nonviolenta al fine di individuare i principali strumenti civili che
contribuiscano alla prevenzione, alla gestione e alla risoluzione dei
conflitti. Siamo infatti convinti che la sicurezza di ogni paese, Italia
compresa, dovra' essere inserita in futuro in un progetto globale e
multidimensionale di sicurezza, non limitato esclusivamente agli aspetti
militari.
Il volume e' il frutto della prima collaborazione italiana di ricercatori
che si identificano nei movimenti per la pace con un organo del Ministero
della Difesa, il Centro Militare di Studi Strategici. Crediamo infatti che
un confronto aperto e leale con le istituzioni democratiche del nostro paese
sia indispensabile per promuovere il rispetto dei diritti umani e un
approccio nonviolento alla prevenzione/trasformazione dei conflitti in una
fase storica che vede prefigurarsi all'orizzonte uno stato di guerra
permanente, oggi in Afghanistan domani chissa'.
Nella ricerca viene individuato uno strumento in particolare - i "Corpi
Civili di Pace" o "Caschi Bianchi" - che puo' realizzare la cooperazione
civile-militare e organizzazioni governative-non governative in interventi
di politica estera che evitino il ricorso alla forza tout court. Se infatti
da un lato non si puo' negare il ruolo fondamentale di controllo della
violenza che possono avere le Forze Armate internazionali in un teatro di
guerra (ad esempio nelle missioni internazionali di pace sotto l'egida
dell'ONU), dall'altro bisogna anche dare piena dignita' al lavoro degli
"operatori di pace", specialisti in azione umanitaria, mediazione,
negoziato, sviluppo di comunita', diritti umani e processi elettorali,
attraverso l'esperienza accumulata in questi anni da quella parte del mondo
del volontariato che rivolge la propria attenzione ai paesi colpiti da
guerre o da emergenze umanitarie.
*
Il Centro Studi Difesa Civile (CSDC) si e' costituito nel 1984 ed ha
contribuito alla emanazione della legge 230/98, di riforma del servizio
civile, in particolare per l'inserimento dei paragrafi che prevedono la
ricerca e la sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta e
l'utilizzo degli obiettori in missioni all'estero. Ha poi effettuato le
prime ricerche istituzionali in tal senso.
Dall'inizio del 2000, gli aspetti operativi, amministrativi ed organizzativi
degli interventi di mediazione, di problem solving e di formazione, sono
stati delegati alla agenzia "Mediazioni" appositamente costituita. Sono
rimaste di diretta competenza del CSDC la ricerca e la progettazione della
strategia psico-sociale per la trasformazione dei conflitti.
Per maggiori informazioni e per approfondimenti: Centro Studi Difesa Civile,
segreteria operativa a Roma: c/o Associazione per la Pace, ufficio
nazionale, via Salaria 89, 00198 Roma, responsabile Karl Giacinti, tel.
3386373236; e-mail: pacedifesa-roma@mediazioni.org; segreteria operativa a
Perugia: c/o AUOC, via della Viola 1, 06122 Perugia, responsabile Sandro
Mazzi, tel. 0755726641; e-mail: pacedifesa@libero.it
Siti amici: Coop. Mediazioni: www.mediazioni.org; Comitato promotore CeCoP:
http://go.to/cecop
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 347 del 10 febbraio 2002