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padre Zanotelli, Lettera agli amici
Helpda www.giovaniemissione.it
Vi inoltro la lettera agli amici di p. Alex Zanotelli
pace
Davide
(link diretto: http://digilander.iol.it/giovaniemissione/alex01012002.htm )
_______________________
Lettera agli amici
Korogocho, 1.1.2002
Carissimi,
Jambo!
Chiedo perdono per non essere riuscito a trovare il tempo per stendere
quest'ultima
Lettera agli amici, lettera che ha alimentato questa incredibile ragnatela
di amicizie, di
relazioni, di Mistero che mi ha permesso di continuare a camminare sulle
strade dei poveri
per questi dodici anni.
Ma la vita a Korogocho è stata talmente intensa da non trovare il tempo per
scriverla.
Perdonatemi. E' stato l'anno forse più duro a Korogocho, a parte il 1998.
Spesso mi sono
ritrovato nelle parole del salmo 62 "..come muro, muro sbrecciato e cadente."
Ora rafforzato nello spirito dalle gioiose celebrazioni natalizie (che
boccata d'
ossigeno!) e dall'arrivo di padre Daniele Moschetti (vero dono di
Natale)...tento di
condividere con voi un anno carico di sofferenza, ma proprio per questo
così denso di
vita, di birthing (un intraducibile parola inglese che significa
nascita-re). Un senso di
birthing percepito con forza proprio nella morte della mamma. "Rendiamo
grazie a." erano
state le ultime parole della mamma come risposta all' "Andiamo in pace", a
conclusione
dell'ultima messa celebrata a fianco del suo letto all'ospedale di Cles. Mi
nasceva
spontaneo il grazie per la vita che mi aveva donato, per il suo
insegnamento a fare della
vita un dono agli altri fin dal suo seno. "Fin dall'utero a Te sono votato
- nelle parole
del salmo 22 - dall'origine sei il mio Dio, mia vita succhiata col latte."
Infatti nel giorno del suo matrimonio aveva chiesto al Signore che il primo
figlio maschio
fosse consacrato a Lui. Piangeva di gioia il giorno della prima messa (fu
il giorno più
bello della sua vita). E mi seguì con amore grande sulle strade del mondo
anche nei
momenti più duri e burrascosi. Insieme con papà (splendida figura di
montanaro e di
resistente) rimase un punto fermo della mia vita.
Quella settimana passata con lei all'ospedale di Cles è stato un momento
importante per me
per fare memoria ed il regalo più bello che potevo farle. "Ses contenta che
son nu?" le
chiesi « Sive, pop ! », mi rispose con un sorriso che non dimenticherò
mai. Fu la sua
morte però, il 7 marzo 2001 il suo vero testamento. "In genere si ama per
essere amati,
mentre la morte lei ci insegna, ad amare l'altro lasciandolo essere
"altro", lasciandolo
essere nella sua alterità- afferma Marie de Hennezel nel suo libro
"Passaggio luminoso"
che ho riletto mentre assistevo la mamma - Bisogna saper perdere ciò a cui
teniamo di più
perché è in tale libertà che si ama davvero. Questa vita che amiamo
appassionatamente (la
nostra vita!) proprio mentre stiamo per lasciarla la amiamo di più.
Comprendiamo allora
che questa esistenza è un "altro", che "io e' un altro" e che questo essere
che amiamo, lo
amiamo meglio il giorno in cui siamo capaci di permettergli di andare là
dove deve
andare.. Spesso i morenti attendono il nostro permesso. Dovremmo riuscire a
dire: ' Và,
verso te stesso, io sono con te...'. "
Pochi lo hanno capito così bene come la zia Alda (la sorella della mamma
quando il giorno
del suo AD-DIO ci rimproverava: "No planget popi! Laiala nar, cha femma!"
(Non piangete,
lasciatela andare quella donna).
La mamma è stata la persona più decentrata che abbia mai conosciuto. La sua
vita erano gli
altri. Fino alla fine.
"Quando celebrai la prima messa in questo paesino di Livo fu la mamma la
prima persona a
venire a baciarmi le mani - dissi durante l'omelia per la sua reposizione.
Oggi sono io
che vengo a baciare le tue mani, mamma, perché se sono prete lo devo a te e
perché lo sei
stata più di me." Mi avvicinai e baciai commosso quella bara su cui avevo
deposto un
crocifisso mutilato di Korogocho e un rosario Pokot preparato dalle ragazze
madri dell'
Udada. Mi è venuto allora spontaneo invitare i presenti a cantare il
Magnificat. Sentivo
il bisogno di dire Grazie perché la sentivo viva. Ho voluto esprimere
questo senso di vita
dando a ciascuno il primo fiore che nelle nostre valli irrompe dalla neve e
proclama la
primavera: i gattici.
"Sei tu Signore che mi hai intessuto nel ventre della madre, facendo del
suo grembo una
tenda" (Salmo 139).
Con questi rametti di gattici, sospinti dalle campane che suonavano a
festa, abbiamo
accompagnato la mamma a riposare accanto a papà Sandro in quel cimitero di
Livo che
raccoglie tante umili persone per me così significative.
Mentre deponevamo il corpo della mamma nella nuda terra, mi è venuto
spontaneo chiedere ai
tanti amici presenti di cantare un canto della montagna che lei gradiva molto.
"Che dolcezza nella voze de me mama,
quando insieme s'arrivava al Capitel:
la polsava en momentin, la pregava pian pianin.
E alla fin la me diseva: Vei che nem!
Ve saludo Madonina, steme ben!"
Mi venne poi spontaneo inginocchiarmi sulla tomba e chiedere la loro
benedizione. (Non
dimenticherò mai l'ultima straziante benedizione, quando papà e mamma mi
imposero le mani
e mi benedirono prima di ritornare nel 1991 a Korogocho). Su quella tomba
sentii
nuovamente quelle due mani benedicenti che mi davano tanta vita, tanta
forza per
ridiscendere agli inferi.
Al mio ritorno, la comunità cristiana di St. John organizzò una stupenda
eucaristia in
memoria della mamma, la cui fotografia vedo spesso appiccicata sui muri
delle baracche. La
piccola comunità cristiana più povera, quella dell'Ujamaa (lebbrosi che
vanno in città ad
elemosinare) fece una colletta che mi presento' dicendo: "Antonietta è la
nostra mamma."
Mai avevo sentito la sua presenza come durante questo difficile anno.
L'anno della lotta della terra di Korogocho. Lo scontro durissimo tra la
comunità di
Korogocho rappresentata dal comitato dei 28 (quattro per ognuno dei 7
quartieri della
baraccopoli) e i proprietari delle baracche. Storia che ho narrato nella
lettera "La
lotta per la terra" dello scorso anno. Gli insulti, le parole, le minacce
che ho ricevuto
per questo sono infinite. I proprietari delle baracche riuniti in
associazione (COWA)
hanno portato la comunità di Korogocho insieme con il prefetto della città e il
commissario del governo per la terra in tribunale.
La prima udienza fissata per il 4 ottobre fu rinviata. Siamo ancora in
trattative per
fissare una nuova data. Sarà una storia lunga e difficile. Penso che la
comunità, difesa
in tribunale dagli avvocati del Kituo cha Sheria, dovrebbe farcela ad
ottenere la terra.
Sarebbe davvero una bella notizia non solo per Korogocho, ma per tutti i
baraccati di
Nairobi.
Nel frattempo il Pamoja Trust con i suoi organizzatori comunitari ha
continuato ad
organizzare la gente tramite gruppi di risparmio e credito (Savings &
Credit) che sono ora
la punta di diamante del Muungano ya Wanavijiji (coordinamento delle
baraccopoli). Il
Pamoja ha inviato anche vari membri del comitato popolare di Korogocho a
visitare Bombay
(India) per vedere come i baraccati di quella metropoli si sono organizzati
(un'esperienza
pilota).
L'8 dicembre abbiamo fatto un incontro di tutti i gruppi del Muungano. E'
stato un momento
molto bello: i rappresentanti dei baraccati hanno celebrato le loro
vittorie. Oltre un
migliaio di delegati, riuniti all'Ufungamano House hanno raccontato e
danzato le loro
imprese. Quest'incontro fu un primo assaggio per preparare gli importanti
eventi di quest'
anno: la Maratona di Nairobi (14 Aprile) promossa da Vivicittà che vedrà
coinvolti insieme
ai giovani delle baraccopoli, famosi atleti Keniani come Paul Tergat e
l'incontro
continentale dei baraccati d'Africa. Quest'ultimo si dovrebbe tenere il 29
Aprile al 3
Maggio a Nairobi. E' il primo del suo genere in Africa. E' promosso
dall'SDI (Slum
dwellers International) che ha incaricato il Pamoja Trust di organizzarlo.
Sarà una vera
benedizione anche per il coordinamento delle baraccopoli di Nairobi che
dovra' per l'
occasione esprimere una leadership democraticamente eletta.
Il Land Caucus (un piccolo gruppo di persone impegnate sul problema della
terra) ha dovuto
darsi da fare per animare tutto questo. Un periodo che ha visto
l'esplosione violenta
della più grande baraccopoli Kibera (700.000 abitanti). Si parla oggi di 30
morti e di
danni ingenti. Il tutto è scoppiato quando il presidente Moi (per scopi
elettorali) ha
detto che gli affitti a Kibera erano troppo alti. Questo vento di protesta
è passato anche
ad altre baraccopoli e sta ora surriscaldando Ngunyumu, un villaggio in
muratura adiacente
a Korogocho. Temiamo un altro bagno di sangue che potrebbe poi coinvolgere
anche
Korogocho.
Altro punto caldo è stata la discarica del Mukuru situata davanti alla
chiesetta di St.
John. Migliaia di uomini, donne e bambini si guadagnano la vita
raccogliendovi i rifiuti.
Un gruppo di giovani (Mungiki) che vivono nel quartiere adiacente di
Dandora hanno deciso
di sbarazzarsi di un'altra banda rivale della discarica (Kamjeshi) che
minacciava il loro
controllo sui trasporti pubblici (tangenti). I giovani del Mungiki hanno
sconfitto quelli
del Kamjeshi uccidendo oltre venti persone. Hanno poi bloccato l'accesso
alla discarica
sia ai camion della nettezza urbana sia ai raccoglitori. E' stata la fame
per tanta gente.
Con l'aiuto di Anthony, un coordinatore comunitario di Upinde, abbiamo
cercato di
organizzare la gente della discarica. E' stato durissimo. Ma alla fine i
raccoglitori di
rifiuti hanno vinto. La polizia ha sgomberato dalla discarica i giovani del
Mungiki e l'ha
riaperta ai camion della nettezza urbana. Questo ha permesso alla gente di
ritornare a
lavorare. E' stata una grande vittoria. La gente della discarica ha promesso di
organizzarsi in società legale che dovrà poi essere riconosciuta dal
governo e di fare
elezioni.
Nonostante tutte le difficoltà, lotte, scontri, stiamo vivendo un momento
di grazia per il
problema terra a Nairobi. Per la prima volta il governo Moi ha iniziato ad
affrontare
seriamente il problema delle baraccopoli (è la prima volta dopo 100 anni di
apartheid
economica). Sono molte le ragioni di questa svolta. Il governo ha capito che le
baraccopoli costituiscono una disgrazia internazionale ma possono essere
anche un grosso
serbatoio di voti soprattutto in questo anno elettorale. (Ricordiamoci che
Nairobi
politicamente è in mano all'opposizione). Altra grossa spinta è venuta da
Habitat di
Nairobi soprattutto tramite la sua dinamica direttrice Anne Tibaijiku. Le
Nazioni Unite
hanno fatto sapere a Moi che non potevano continuare a lanciare campagne
nel mondo sugli
insediamenti urbani e sulla proprietà della terra nelle baraccopoli mentre
a Nairobi c'è
una delle peggiori realtà urbane mondiali. Infine lo sforzo della campagna
per la terra
sostenuta dal Pamoja Trust ha certamente influito su questa svolta
governativa. In questo
contesto l'incontro avvenuto il 16 gennaio di quest'anno tra Jane Weru
(Pamoja Trust) e la
Anne Tibaijiku è stato significativo. Questo permetterà un fronte comune:
Habitat e
baraccati per premere sul governo. Oggi sembra davvero che molti esponenti
del governo
siano pronti a fare qualcosa a favore dei baraccati.
E' quanto emerso in un incontro a Thika prima di Natale. Forse il
governo non sa cosa
fare, data la vastità del problema. Ma è già importante questa apertura. Si
tratta ora di
lavorare per concretizzare questa speranza.
Anche dentro Korogocho qualcosa si sta finalmente movendo. Il comitato per
la terra che
riunisce gli affittuari si sta rafforzando. E' la prima volta che questo
avviene a
Nairobi. Sono piccoli segni di speranza che hanno costellato questo anno
difficile.
Altro segno bello dentro Korogocho è stata la riconciliazione di due
piccole comunità
cristiane (Mukuru A e Mukuru B) che lavorano da anni sui rifiuti ma che si
facevano la
guerra per la terra data loro dal governo. "Questo nostro atteggiamento -
ci disse la
gente del Mukuru A - è antievangelico. Il Vangelo ci chiede di perdonarci.
Non possiamo
mangiare la Pasqua senza riconciliarci." Durante un pubblico incontro si
domandarono
perdono, divisero la terra con atto notarile mettendo così fine alla
disputa. Suggello
finale: benedizione della terra e delle due comunità con il sangue di capra
per esprimere
che i due gruppi sono ora una sola famiglia. Ed ha funzionato.
Significativo anche l'accordo pubblico (firmato davanti a tutti) tra i capi
musulmani e
cristiani di Korogocho per dire la volontà di collaborare a favore della
comunità
allargata. C'è oggi un ottimo rapporto con l'imam e la comunità islamica
nonostante Bin
Laden! Questo dovrebbe portare lentamente (ci stiamo lavorando) ad un
tentativo di
community policing (polizia comunitaria): cioè ad una stretta
collaborazione tra la
polizia dello stato (corrotta fino all'osso) e la comunità di Korogocho per
assicurare un
minimo di sicurezza. Abbiamo passato mesi di totale insicurezza (che
continua!) per i
continui attacchi di bande armate che controllano Korogocho (uccidono,
violentano,
rubano..).
Questa situazione di grande insicurezza dovuta a questi banditi armati ha
portato lo
scorso giugno a sanguinosi scontri tra la gente di Ngunyumu che vive in
case in muratura e
la gente di Korogocho. Anche qui siamo intervenuti per aiutare i gruppi
avversari a
parlarsi. Durante questi incontri è emersa la corruzione totale che regna a
Korogocho (è
mafia autentica) dove i banditi armati sono un tutt'uno con i poliziotti i
quali a loro
volta sono in stretto legame con le donne che vendono il chang'aa (alcol
locale). Ma visto
l'inutilità dei vari tentativi, abbiamo deciso di fare una marcia di
protesta contro la
polizia. Colmo dei colmi, la polizia sequestrò la macchina su cui avevamo
piazzato l'
altoparlante. La gente infuriata decise di marciare fino alla caserma di
polizia. A pochi
metri dalla caserma fummo attaccati dalla celere con lacrimogeni,
manganellate. Tentammo
di sfondare. Fui preso e schiaffeggiato da un poliziotto. Forzai allora la
linea della
celere ed entrai nella caserma dove mi attendevano i pezzi grossi della
polizia. "Chi sei
tu?" mi chiese il comandante. "Sono padre Alex e vengo dalla chiesa
cattolica di St.John".
"Fuori di qui! ". "Arrestatemi, arrestateci tutti! Siamo stufi di essere
trattati così a
Korogocho." Alla fine i capi accettarono di trattare e la spuntammo.
Ritornammo in trionfo
a Korogocho con la macchina sequestrata e l'autista arrestato. Fu una
grande lezione per
tutti sull'efficacia della mobilitazione popolare.
Abbiamo intuito le stesse potenzialità mobilitando i ragazzi di strada.
Questa volta
aiutati da due amici americani, l'artista Lily Yeh e dal direttore di danza
Wilson German.
E' stato un momento bellissimo per i ragazzi di strada che frequentano i
due centri : Boma
Rescue Center e Korogocho Street Children Programme. Mentre la Lily aiutava
i ragazzi di
strada a disegnare, German li ha aiutati a fare teatro popolare. Lo
spettacolo che hanno
offerto al Paa ya Paa (un centro artistico retto dal noto Elimu Njao) è
stato davvero
travolgente. "Fiori dimenticati" era il titolo significativo dello
spettacolo. "Ho un
sogno" - cantavano i ragazzi di strada - con una grinta straordinaria. La
gente mi
rispetterà. Uno di noi sarà un giorno Presidente!"
Non dimenticherò mai la cena fatta con Lily e Wilson nella casa dei
volontari Acri, Monica
e Claudina che fanno uno splendido lavoro. (Monica segue i programmi dei
ragazzi di strada
e Claudina le cooperative del Bega Kwa Bega e del Mukuru). Wilson (minato
dal cancro)
scoppio' in pianto. "Ho visto oggi una cosa bellissima: questi ragazzi di
strada
presentarsi con tanta forza e dignita' da lasciarmi interdetto. Io sono
povero, un povero
nero d'America. Ma farò di tutto per racimolare un po' di soldi per
ritornare e dare
speranza a questi ragazzi. Sono troppo bravi!". E singhiozzava ripensando
alle sue lotte
per i diritti umani degli africano-americani accanto a Martin Luther King.
Abbiamo già
chiesto ad Amref (una grande organizzazione internazionale) di darci una
mano per far
partire un movimento politico che riunisca i vari centri di Nairobi (sono
una valanga) che
lavorano per i ragazzi di strada ma che fanno purtroppo solo assistenza.
Abbiamo bisogno
di azione politica.
Mai come quest'anno ho sentito e ho vissuto l'esperienza di Dio dentro le
lotte dei
poveri. Essi sono un vero luogo teologico. Mai mi sono sentito così vivo
nonostante tutta
la morte e le sconfitte, i crolli che mi attorniano. Ho sentito pulsare
vita. Ho sentito i
poveri danzare la vita. La gioia grande dei lavoratori della Del Monte
quando lo scorso
marzo si sono incontrati a Thika per celebrare la loro vittoria sulla
multinazionale. E'
stato un momento forte. L'impegno del sindacalista Daniel Kiule e di
Stephen Ouma che ora
lavora con il Kenya Human Rights Commission. (Stephen ci dà una mano
incredibile anche con
la scuola informale di St.John che sta filando via come un orologio. Nella
gestione della
scuola la comunità di St.John ha fatto passi da gigante!). La vittoria
sulla Del Monte ha
aperto le porte per la campagna contro l' industria dei fiori. Dopo un anno
di indagini è
ora pronto il documento finale che mette a nudo la drammatica realtà di
120.000 operai (in
buona parte donne)che lavorano in questo settore.
La campagna nazionale si aprirà il 10 febbraio con una conferenza stampa
che rivelerà il
vero volto dell'industria dei fiori, la più fiorente in Kenya. E inviterà i
Keniani ad un
boicottaggio simbolico per il 14 febbraio (No ai fiori per San Valentino).
La settimana
verrà chiusa da una celebrazione a Naivasha il 17 febbraio in memoria delle
vittime di
questo settore. All'industria dei fiori verrà dato un chiaro ammonimento:
tre mesi per
trattare altrimenti a maggio si andrà ad un boicottaggio internazionale.
Vari organismi si
sono dati un appuntamento a Nairobi il prossimo maggio per lanciare un
boicottaggio dei
fiori Keniani in Europa (i fiori arrivano ad Amsterdam e da lì sono
distribuiti in varie
nazioni europee).
Un lungo cammino, il cammino dei poveri, degli oppressi. Ma su queste strade ho
sperimentato sempre più vivo il Dio di Mosè, il Papi di Gesù, il Dio che
cammina con il
Suo Popolo, il Dio che libera. Ho vissuto la spiritualità dell'Esodo. Un
cammino
illuminato dalla lettura continuata dell'Apocalisse che ci ha accompagnato
in questo anno
difficile. Che forza rivoluzionaria la lettura della Parola fatta nei
bassifondi della
storia. Per me dodici anni di Parola a Korogocho mi hanno causato una
rivoluzione
copernicana. E' un dono grande che ho ricevuto. Parola che diventa volto:
il volto di
Gesù, il volto dei poveri. I volti della gente della discarica, i volti dei
ragazzi di
strada, i volti di donne, i volti di lebbrosi, volti di malati di Aids. I
momenti serali
stupendi di eucaristia celebrata a lume di lampada nelle baracche con la
piccola comunità
cristiana.
I volti...un volto! Quello di Grazia, una ragazza madre che è venuta a
vedermi la vigilia
di Natale. L'avevo conosciuta nel lontano Natale del 94. In quella lontana
notte in un
locale notturno era stata presa da quattro giovani che l'avevano violentata
per tutta la
notte. Non riusciva più neanche a camminare. "E' apparsa la Grazia del
Signore nostro Gesù
Cristo..". E' quella la Parola che risuona nella notte natalizia. Guardando
in volto
Grazia mi sembrava una bestemmia. Avevo aiutato Grazia, ragazza madre con
due figli, ad
uscire dalla prostituzione, dall'alcol e dalla droga. Riuscì lentamente a
rimettersi in
piedi, ad uscire dal giro e a gestire un piccolo business, raccolta e
rivendita di
bottiglie usate. Era una gioia il vederla!
Alla vigilia di questo natale 2001 (sette anni dopo) era venuta a vedermi,
in lacrime.
"Cosa c'è Grazia?" le chiesi. "Non saprei come ringraziarti per quello che
hai fatto per
me. Non avrò vite abbastanza per farlo. Ma in questi giorni sono stata
male, ho fatto l'
esame e il dottore mi ha detto che ho l'AIDS. Alex ieri ho tentato di bere
e di far bere
ai miei figli il veleno dei topi. Non me ne importa della mia vita ma mi
tormenta il
pensiero di lasciare soli questi miei due figli. Non hanno nessuno."
"Grazia" replico "il
Signore ti ha dato una grossa mano per rinascere! " "Sì è vero" mi
risponde. "Vuoi che non
ti aiuti in questo momento? Fidati ". Si asciugò le lacrime. La vidi il
giorno di Natale
fare la comunione. Con volto provato ma sereno.
Sono questi i volti del mio Natale La vigilia anche noi, come tutte le
piccole comunità
cristiane ci siamo ritrovati a casa nostra a bere il tè della
riconciliazione e a
condividere quello che sentiamo in questo Natale. Il fratello Gino, le due
volontarie,
Claudina e Monica, padre Daniele (grande dono di Natale, segno tangibile
che i comboniani
hanno assunto Korogocho), e l'ugandese padre Alex Matua e altri amici. Un
momento di
intimità domestica. All'imbrunire siamo andati alla chiesetta di St. John
per la
celebrazione dell'eucaristia natalizia. La comunità aveva proprio voglia di
celebrare, di
cantare, di danzare. Era festa. Dopo il Vangelo come i pastori siamo andati
in processione
alla capanna dove abbiamo ascoltato l'annunciato "Mtoto amezaliwa Mukuru"
(Un bimbo è nato
nella discarica).
Ritornammo poi nella chiesetta per spezzare il pane. Poi le comunità
ritornarono poi alle
loro baracche. Noi invece con le comunità della discarica e i ragazzi di
strada siamo
andati al progetto della discarica. E con i raccoglitori di rifiuti, con i
ragazzi di
strada (non sono questi i pastori di una volta?) abbiamo vegliato, pregato,
danzato fino
all'alba. Un'alba stupenda carica di rosso, carica di speranza. Poi abbiamo
celebrato due
eucaristie gioiose, festose. Nella seconda abbiamo celebrato il battesimo
di una dozzina
di bimbi. Festa della vita! Siamo ritornati a mangiare un boccone con la
gente della
discarica. Vero pranzo di Natale con i più disprezzati. E poi per i
viottoli della
baraccopoli siamo andati a portare l'eucaristia ai malati di Aids.
Il giorno dopo una stupenda celebrazione eucaristica con la piccola
comunità dell'Ujamaa,
la comunità dei lebbrosi. Era proprio Natale. Soprattutto quando abbiamo
condiviso il cibo
con loro. Ci voleva proprio dopo un anno così duro, così intenso. Una
boccata d'ossigeno,
un sorso di vita.
Soprattutto dopo gli eventi dell'11 settembre e la conseguente guerra degli
USA contro l'
Afghanistan. Me li son portati nello stomaco come dei macigni che mi hanno
fatto un male
boia. E' la rivelazione (Apocalisse) dell'assurdita' del sistema.
"Dio ci sfida a ripensare la nostra maniera di vivere e di agire. - afferma
il teologo
sudafricano Albert Nolan - "non siamo noi forse colpevoli di servire due
maestri, Dio e il
denaro, Dio e il materialismo?."
Questa crisi e' un momento unico per dire la nostra fede, il nostro status
confessionis.
Per questo mi ha fatto ancora piu' male il silenzio della Chiesa e delle
Chiese (anche se
ci sono delle eccezioni).
Korogocho e' un luogo privilegiato per sperimentare questo. "La Chiesa
adempie la sua
vocazione quando e' presente di fronte alle rotture che crocefiggono
l'umanita' nella sua
carne e nella sua unita' " - cosi' afferma il vescovo Claverie assassinato
nel 1996 in
Algeria. "Gesu' e' morto dilaniato tra cielo e terra, le braccia protese a
riunire i figli
di Dio dispersi dal peccato che li separa, li isola e li volge gli uni
contro gli altri e
contro Dio stesso. Egli si e' posto sulle linee di frattura nate da questo
peccato. In
Algeria siamo proprio al nostro posto giacche' e' in questo luogo che si
puo' intravedere
la luce della Risurrezione." Anche noi a Korogocho siamo al posto giusto!
Nella notte fonda di natale ho rivisto brillare la croce del Sud che mi ha
sempre
accompagnato in questi duri ma bellissimi anni a Korogocho...... quattro punti
luminosi.... aspettando ora di camminare con voi sotto la stella polare, la
stella del
Nord. Il cammino e' uno.....buon cammino.
Sijambo!
Alex