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L'economia occidentale nutrita a suon di bombe
L'economia occidentale nutrita a suon di bombe
di Giuseppe Frangi (g.frangi@vita.it)
11/01/2002
Anteprima. L'editoriale di VITA magazine in edicola da oggi. L'economia
USA stanzia altri 40 miliardi di dollari per la guerra. Da questo
numero piu' colori piu' contenuti.
La questione del commercio delle armi, sollevata da Vita settimana
scorsa, ha suscitato un grande interesse da parte dei lettori. D'altra
parte la grande stampa internazionale sta aprendo gli occhi su questo
scandalo. Un giornale sicuramente bellicista e dalla granitica fede
occidentale come l'Economist, sul numero del 4 gennaio poneva questa
domanda: il congresso americano ha stanziato per la guerra contro
l'Afghanistan e il terrorismo 40 miliardi di dollari. Secondo un
recentissimo documento della Commission on Macroeconomics and Health
(una commissione istituita dall'Organizzazione mondiale della sanità),
riferisce sempre il settimanale inglese, uno stanziamento di 27
miliardi di dollari salverebbe 8 milioni di vite umane condannate ogni
anno da malattie facilmente curabili. Ora, si chiede l'Economist,
l'Occidente è consapevole che il terrorismo non è l'unico flagello che
incombe sul destino del mondo? Di più: che per costruire un futuro
stabile bisogna affrontare la grande questione della “salute della
nazioni”? «Non è solo questione di compassione. è una questione
profondamente economica», commenta l'Economist. «Se gli occidentali
vogliono ridurre il numero di Stati canaglia che forniscono retroterra
a gruppi come quelli di al-Qaeda, dovrebbero capire che è meglio
spendere di più nel colpire le malattie tropicali».
Purtroppo la vicenda afghana dimostra che il mondo ricco è invece
prigioniero di una dinamica perversa. Anche qui la fonte non è
certamente contestabile: Francesco Giavazzi, Economista ed
editorialista del Corriere della Sera, ha descritto con efficacia
questa dinamica. «Un dollaro di spesa del Pentagono non solo fa
crescere la domanda nel momento in cui viene impiegato, ma ha un forte
effetto moltiplicatore: dopo un anno il Prodotto interno lordo cresce
più del doppio: 2,43 dollari. E l'effetto dura nel tempo. è possibile
quindi che lo choc della guerra sia alla fine una buona notizia almeno
per l'economia. Oltre il 10 per cento delle spese militari finanzia
ricerca e sviluppo: una doppia buona notizia per le imprese che operano
nei settori tecnologici, i più colpiti in questi mesi» (per dovere di
cronaca: Giavazzi fa riferimento ad uno studio di Olivier Blanchard e
Roberto Perotti, commissionato dal National Bureau of Economic
Research, scaricabile all'indirizzo http://www.nber.org). D'altra parte
è noto il comunicato di Morgan Stanley, datato 11 settembre, ore 8 del
mattino: cosa può far uscire l'America dalla recessione? «Solo un atto
di guerra» scrivevano gli analisti del grande istituto di consulenza
americano. Un'ora dopo la guerra era servita su un piatto da quel
personaggio, dal profilo così ambiguo, di Bin Laden. Fantapolitica?
Purtroppo no. Come non è fantapolitica il fatto che per combattere una
guerra in cui l'America, dopo i poveri civili massacrati alle Twin
Towers, ha avuto un solo militare ucciso, abbia finanziato la
costruzione di un caccia da 440miliardi di dollari (il Joint Fight
Striker della Lockheed Martin: si tratta della più grande commessa
della storia, come ha ricordato Enzo Modugno sulle colonne di Alias).
440 miliardi di dollari non servono evidentemente per combattere al-
Qaeda. Servono purtroppo per tenere in piedi un sistema che sarà pur
figlio della più evoluta civiltà della storia, ma che sembra sempre più
scandalosamente vicino al suo capolinea.