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Peshawar, Pakistan. Una donna arriva a piedi con un
bambino per mano. Racconta di essere fuggita dai bombardamenti su Kabul.
Racconta di aver perso il suo bambino e di averlo ritrovato nascosto in
un armadio. Si teneva le mani sulla testa e perdeva sangue dalle
orecchie, perché il rumore delle bombe gli aveva sfondato i timpani. Ad
accogliere e ad ascoltare il racconto della donna c'è Orzala Ashraf,
"un'afghana di appena 26 anni, che si sta consumando, lavorando 24
ore su 24, per le centinaia di donne e bambini che ogni giorno vengono ad
aggiungersi ai profughi che vivono nei campi in Pakistan", racconta
Luca Lo Presti di Amnesty international, di ritorno da Peshawar.
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Orzala è la testimonianza che la società civile afghana
esiste, o meglio resiste. Che si è organizzata, nonostante decenni di
oppressione e guerra civile e nonostante un regime che ha impedito ogni
forma di partecipazione democratica. Orzala è afghana e laureata. Fino
all'età di 15 anni ha studiato in un Afghanistan dove le ragazze potevano
ancora andare a scuola. È riuscita a laurearsi, da profuga, in Pakistan.
Sua madre, docente universitaria, ha dovuto lasciare in fretta e furia un
appartamento a Kabul nell'89, per ritrovarsi a vivere con il resto della
famiglia in una tenda del campo profughi di Peshawar. |
Appena ventiquattrenne, Orzala ha fondato Hawca,
un'organizzazione non governativa che assiste le donne e i bambini
afghani nei campi. Hawca - Humanitarian assistance for women and children
of Afghanistan durante il regime dei Talebani ha lavorato
clandestinamente anche in Afghanistan, per dare assistenza sanitaria e
istruzione alle donne private della libertà di migliorare se stesse e le
condizioni di vita delle proprie famiglie. Lo stesso hanno fatto altre
associazioni come Hawca, nate in tutti i Paesi che confinano con
l'Afghanistan. Soprattutto in Pakistan, ma anche in Tagikistan,
Turkmenistan, Uzbekistan e persino in Iran. Secondo molti osservatori
queste organizzazioni, nate dalla diaspora afghana, potrebbero
rappresentare una risorsa importante per ricostruire il tessuto sociale,
culturale e politico del Paese. |
Ma come sono nate e come sono strutturate le
associazioni di questa società civile semiclandestina? Hawca,
l'organizzazione fondata da Orzala, è una di quelle associazioni nate
direttamente dall'iniziativa dei profughi afghani, quelli di “vecchia
data” in particolare, che a un certo punto hanno deciso di organizzarsi
per assistere gli altri profughi che man mano li raggiungevano nei campi.
Organizzazioni come queste, dichiaratamente a scopo umanitario, sono
state riconosciute dai Paesi che le ospitano, mentre in Afghanistan hanno
dovuto agire clandestinamente. |
Le associazioni portatrici di una rivendicazione di
tipo politico sono state invece assolutamente bandite dall'Afghanistan ed
erano perseguitate già prima del regime dei Talebani. La più famosa è
Rawa - Revolutionary association of the women of Afghanistan, nata per
iniziativa di un gruppo di intellettuali guidati dalla poetessa Meena,
uccisa nel 1987 da agenti afghani del Kgb. Rawa è costretta ad agire in
semiclandestinità anche in Pakistan. Una maggiore libertà d'azione in
questi anni l'hanno avuta invece le organizzazioni non governative
registrate presso il ministero della Pianificazione dell'ex governo di
Kabul. Una delle più importanti è IbnSina, con cui collabora da sei anni
anche la Caritas olandese. Così, pur avendo, come le altre ong, la sede
ufficiale in Pakistan, queste organizzazioni hanno potuto aprire uffici
anche in Afghanistan. |
Poi ci sono le sigle nate su impulso delle
organizzazioni internazionali. Tra queste c'è Rraa - Rural rehabilitation
association for Afghanistan, creata da un consorzio di ong, che ha messo
insieme il personale afghano formato nelle diverse esperienze di
cooperazione all'interno del Paese. "Nonostante la presenza di una
decina di associazioni locali credibili, non si può ancora parlare di
società civile per un Paese come l'Afghanistan", precisa Davide
Martina che coordina i progetti in Asia per l'ong italiana Coopi.
"Fino a ieri qualsiasi forma di rappresentanza e di partecipazione
era impedita. Ora bisognerà vedere in che misura le diverse fazioni che
costituiranno il nuovo assetto politico di Kabul permetteranno forme di
rappresentanza non istituzionali". |
Secondo Sivio Tessari, coordinatore dei progetti in
Asia per la Caritas, la vera risorsa sono gli afghani della diaspora,
quelli che hanno potuto studiare e formarsi all'estero. "Fra i
profughi di vecchia data, quelli che hanno lasciato il Paese già ai tempi
dell'occupazione sovietica, c'è una élite culturale che può rappresentare
un elemento fondamentale per la ricostruzione e la democratizzazione del
Paese", sottolinea Tessari. Ma l'aspetto più caratteristico e
paradossale della società civile nata da questa diaspora è il ruolo
svolto dalle donne. "Determinate e coraggiose", le descrive
Alessandra Radaelli del Cesvi, che si trova in Tagikistan per un progetto
con una ong formata da 250 donne afghane. "Si sono trovate da sole
con i figli in un paese straniero e hanno dovuto organizzarsi per
sopravvivere e per mantenere la propria famiglia. Molte di loro sono
istruite, perché sono emigrate una decina di anni fa quando a Kabul si
poteva ancora studiare". Anche nei campi profughi in Pakistan sono
state le donne a mostrare capacità organizzative, allestendo le sei
classi necessarie a formare una scuola elementare, o a inventare progetti
per autosostenersi economicamente. "Le donne afghane sono riuscite a
sviluppare una capacità organizzativa e gestionale sorprendente",
racconta la responsabile del progetto del Cesvi. "In molti villaggi
tutti gli uomini sono stati uccisi o sono partiti per combattere. Sono
rimaste le donne a dare continuità alla vita nella famiglia e nella
società. All'estero hanno avuto più possibilità di movimento e hanno
deciso di far fronte al conflitto organizzandosi. Per questo ora
potrebbero rappresentare un elemento fondamentale per ricostruire il
tessuto sociale". |
Infine c'è un'ultima categoria: le organizzazioni della
società civile vicine ai Talebani e finite nella lista degli enti che
sostengono il terrorismo diffusa in tutto il mondo dal presidente Bush.
Sono l'Al Rashid trust, ong con sede a Karachi, che in Afghanistan si
occupa di costruire forni per la distribuzione del pane alle famiglie
povere, e la Makhtab al-khiamay/al kifa, da cui, secondo gli Stati Uniti
sarebbe addirittura nata l'organizzazione terroristica Al Qaeda. Se siano
colpevoli oppure no, per ora è difficile dirlo. Mohammed Abdullah,
portavoce dell'Al Rashid Trust, si difende sostenendo che, contrariamente
a quanto sostiene Bush, la sua organizzazione non possiede conti correnti
negli Stati Uniti. "Tutti i nostri depositi sono in Pakistan e per
il momento non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione relativa al
congelamento dei fondi". |
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LE ARMI MIGLIORI DEL PAESE |
Donne rivoluzionarie Rawa |
Rischiano la vita per affermare i diritti. E vogliono
partecipare al governo che verrà |
Per chi fa parte dell'organizzazione è prevista la pena
di morte. Fondata nel 1977 a Kabul dalla poetessa Meena, Rawa è forse
l'organizzazione afghana più nota all'estero. Messa al bando sin dai
tempi dell'occupazione sovietica, continua a lavorare clandestinamente in
Afghanistan per fornire istruzione e assistenza sanitaria alle donne e ai
bambini. |
Vi aderiscono 2mila donne. Ha fondato scuole e
orfanotrofi nei campi profughi in Pakistan e una rete di 65 scuole
clandestine per donne presso case private in Afghanistan. Opera per
l'alfabetizzazione e la formazione culturale delle donne. Rawa ha svolto
un ruolo importante anche nell'informazione. Il suo sito Internet ha
fornito le uniche informazioni non autorizzate sulle condizioni del
Paese, da quando ai giornalisti è stato vietato l'ingresso in
Afghanistan. |
Rawa è un'associazione impegnata politicamente per la
democrazia, si è schierata contro il regime dei Talebani ma è contraria
anche all'Alleanza del Nord. Propone il ritorno del re Zahir Shah, che fu
deposto nel 1973, e il ripristino dell'“antico consiglio dei notabili”,
con la presenza questa volta anche delle donne. Rawa punta ad aver voce
in capitolo nel nuovo governo del dopo Talebani. |
www.rawa.org
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tel. 0092.300.8551638 |
email: rawa@rawa.org |
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Dal Tagikistan. Aprawc Scuola e lavoro per riagguantare |
un futuro |
Organizzazione attiva in Tagikistan, fondata nel 1998 da alcune donne afghane rifugiate, Aprawc si prefigge di promuovere i diritti delle donne afghane, mantenendo vivo il legame tra i profughi e la loro terra d'origine, oltre a fornire servizi d'assistenza per le donne che entrano in Tagikistan. Attraverso la pubblicazione del mensile Voice of the Women, Aprawc ha ampliato la sua capacità operativa e, di conseguenza, il numero dei suoi assistiti, anche grazie al contributo di agenzie internazionali come il Pam - Programma alimentare mondiale e l'Acnur - Alto commissariato per i rifugiati delle Nazione Unite. |
Aprawc ha aperto un laboratorio artigianale che occupa 87 donne rifugiate e ha organizzato corsi di lingua inglese e un ambulatorio gratuito per la salute delle donne e dei bambini gestito da una équipe di 5 dottori. L'associazione fornisce anche, due volte alla settimana, supporto psicologico alle donne fortemente provate dalle condizioni di isolamento sociale e dalle difficoltà finanziarie. |
Insieme all'ong italiana Cesvi sta formando 120 donne in previsione del rientro in Afghanistan. Alle donne profughe vengono trasmesse le conoscenze di base in assistenza sanitaria, supporto psicologico alle altre donne, ostretricia e ginecologia. Una volta rientrate nel loro paese, dovrebbero aprire piccoli centri sanitari con l'aiuto dell'Acnur per l'assistenza sanitaria di base alle donne e ai bambini. |
Riferimento in Italia, Cesvi, tel.035.260940 |
email: donatori@cesvi.org |
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Da sempre sul campo - IbnSina |
Tollerata dai Talebani, stimata dall'Unione europea |
Più di quattrocento operatori coinvolti in progetti sanitari, fra cui 73 donne, per la maggior parte afghani. IbnSina è una delle due organizzazioni cui si appoggerà la Caritas italiana per l'assistenza umanitaria in Afghanistan. È una delle poche organizzazioni presente sul territorio afghano, perché ufficialmente registrata presso l'ex governo dei Talebani. Pur avendo la sede centrale in Pakistan, a Peshawar, ha un ufficio di collegamento più quattro uffici regionali all'interno dell'Afghanistan. Fornisce assistenza sanitaria di base alla popolazione in undici province dell'Afghanistan, soprattutto nella zona centro-meridionale, dove è presente con 32 centri sanitari e due centri per la maternità. |
La sua affidabilità è stata garantita dalla Caritas olandese, con cui collabora da sei anni e da cui è stata sostenuta per lo sviluppo di progetti in ambito sanitario per la popolazione nel sud dell'Afghanistan. |
I suoi finanziamenti provengono anche dall'Unione Europea , dall'Unicef e da organizzazioni non governative di ispirazione cristiana belghe e olandesi. |
I programmi di intervento sanitario di IbnSina vanno dalla costruzione di centri sanitari e dalla fornitura di attrezzature per l'assistenza sanitaria di base, alla distribuzione di medicinali, all'educazione sanitaria nelle comunità locali in Afghanistan. |
Gli interventi sono indirizzate in particolare a donne e bambini, le categorie più vulnerabili della popolazione, attraverso servizi di ostetricia e ginecologia, vaccinazioni e assistenza nutrizionale. |
www.pcpafg.org/Organizations/ibnsina/ |
tel. 0092.9.14163292-91-84-3663 |
email: Ibph@brain.net.pk |
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Nelle tendopoli pakistane - Hawca |
Un gruppo di auto aiuto nato tra le tende dei rifugiati |
È un'organizzazione con base a Peshawar, in Pakistan, che lavora fra gli afghani dei campi profughi fornendo assistenza in particolare alle donne e ai bambini. La particolarità di questa organizzazione è quella di essere nata dall'esperienza di un gruppo di volontari, profughi anch'essi ma di “vecchia data”, che dagli anni 80 si danno da fare per aiutare gli altri profughi che man mano giungono in Pakistan. |
La necessità di coordinare gli sforzi dei volontari e di articolare progetti a più lungo termine ha portato alla nascita di Hawcha, fondata nel 1999 grazie alla testardaggine di Orzala Ashraf, una donna afghana allora appena ventiquattrenne, laureata, profuga da dieci anni in Pakistan. |
L'organizzazione, non governativa e apolitica, lavora in cinque settori: istruzione, sanità, assistenza medica di base, microcredito, e assitenza psicologica. |
È un'organizzazione piccola ma capillarmente diffusa nei campi profughi in Pakistan dove affronta l'emergenza dell'arrivo di nuovi profughi, donne e bambini in particolare, assistendoli nei bisogni materiali e psicologici più urgenti. È attiva anche in Afghanistan, soprattutto nell'assistenza agli sfollati interni. |
Oltre ad affrontare le emergenze, Hawca è riuscita a creare piccole scuole nei campi profughi e strutture (acqua, case, strade) che hanno reso i campi più abitabili. Ha organizzato corsi di alfabetizzazione per le donne e attività di artigianato per generare reddito. |
Il principio guida di Hawca è quello di lavorare con i profughi fra i profughi alla pari. È sostenuta finanziariamente solo da piccole donazioni private e da associazioni simpatizzanti all'estero (in Italia è sostenuta da Donne in nero e da Amnesty international). |
Hawcha è composta sia da donne che da uomini, lavora per la promozione della donna e rifiuta qualsiasi discriminazione etnica, di genere, politica o religiosa. |
P.O. Box 646 |
G.P.O. Peshawar - Pakistan tel. 092.91.82459 |
email: hawca@hawca.org |
www.hawca.org |
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FONTE: www.vita.it
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