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La nonviolenza e' in cammino. 310



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 310 del 6 dicembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Giovanni Scotto, le alternative alla guerra esistono
2. Giuliana Sgrena, vita minata in Afghanistan
3. Farshid Nourai: solidali con tutte le vittime, contro tutti i terrorismi
4. Conferenza mondiale delle religioni per la pace: invito al digiuno e alla
preghiera venerdi 14 dicembre
5. Peppe Sini, tre banali osservazioni
6. Giordano Segneri (a cura di): sintesi degli interventi del seminario su
"Il ruolo delle organizzazioni non governative (ong) nella prevenzione e
gestione delle crisi internazionali" (parte seconda)
7. Oggi in Senato la presentazione pubblica della proposta di legge per la
formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza
8. Alcune iniziative di pace di oggi e domani
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. IL PUNTO. GIOVANNI SCOTTO: LE ALTERNATIVE ALLA GUERRA ESISTONO
[Ringraziamo Giovanni Scotto per averci messo a disposizione come
anticipazione questo testo che apparira' sul prossimo numero di "Azione
Nonviolenta". Giovanni Scotto e' uno dei piu' qualificati peace-researcher
italiani, per contatti: giovanni.scotto@berghof-center.org]
Con l'11 settembre si e' chiusa l'epoca del "dopo-guerra fredda". Nell'arco
di due mesi abbiamo assistito all'atto di nascita di un nuovo, feroce
terrorismo globale, e all'inizio di una guerra senza strategie, ne'
obiettivi, ne' nemico. Il primo effetto politico della guerra e' stato di
indebolire quel poco di struttura internazionale rimasta in piedi dopo dieci
anni di delegittimazione delle Nazioni Unite: la "coalizione globale contro
il terrorismo" e' in realta' una sommatoria di rapporti bilaterali tra gli
Stati Uniti e i diversi paesi che della coalizione fanno parte. Perfino la
Nato, dopo i pomposi proclami delle prime settimane, non svolge alcun ruolo
nella guerra di oggi.
Un argomento ricorrente portato a sostegno di questa guerra (e di tutte le
altre) e' che non ci sarebbero altre strade per sradicare il terrorismo. E'
indispensabile quindi presentare concrete alternative alla guerra in atto.
Proviamo ad elencare gli elementi portanti di una strategia non militare
contro il terrorismo. Si tratta di proposte gia' formulate da molte parti,
ma vale la pena riassumerle di nuovo:
1. Anzitutto, e' sempre opportuno non fare cio' che il proprio avversario
vuole che si faccia. Ci sono buone ragioni per credere che una guerra
diffusa (oggi contro l'Afghanistan, domani forse contro l'Iraq o la Somalia)
sia proprio quello che i terroristi volevano. E piu' e' violenta la reazione
militare, meglio e' per loro. Anche solo per questo una risposta non bellica
al terrorismo sarebbe stata superiore.
2. Bisogna capire la nostra parte di responsabilita' in questa situazione,
riconoscere l'origine della rabbia diffusa oltre le nostre frontiere, e
rispondere alle richieste di giustizia sulle quali il terrorismo globale
intende legittimarsi. Inoltre, in futuro sara' opportuno astenersi dal
sostegno a figure dubbie (ieri Saddam Hussein, oggi Bin Laden e i Talebani)
che finiscono regolarmente per rivoltarsi contro chi un tempo li appoggiava.
3. Occorre scegliere la strada del diritto: far partire al piu' presto il
Tribunale penale internazionale - osteggiato ancor oggi dagli Usa -, creare
veri strumenti di polizia internazionale, rafforzare gli strumenti giuridici
a disposizione contro il terrorismo (incluso il controllo di capitali
illeciti), ed estendere sempre piu' la cerchia dei paesi che rifiutano il
terrorismo.
4. Occorre scegliere la strada della cooperazione internazionale: anziche'
costruire alleanze di guerra basate su accordi ad hoc tra la superpotenza e
i singoli stati che le sono utili di volta in volta, e' indispensabile
rafforzare le istituzioni permanenti che esistono, a partire dall'Onu, e
crearne di nuove laddove necessario.
5. La prevenzione della violenza - diretta, strutturale e culturale - e una
coerente politica di pace nei conflitti internazionali devono diventare una
pietra angolare nella politica estera degli stati.
6. In particolare: bisogna agire in maniera concreta e incisiva per un nuovo
processo di pace tra Israele e Palestina.
7. E' assolutamente urgente diminuire la vulnerabilita' delle nostre
strutture economiche e sociali, a partire dalla dipendenza dal petrolio e
dal nucleare "civile". Quest'ultima industria andrebbe al piu' presto messa
al bando, per le devastanti conseguenze che avrebbe un attacco terrorista
del tipo dell'11 settembre.
8. E infine: e' essenziale non cedere al panico, alla rabbia o alla
rassegnazione!
Si tratta di azioni realistiche, e che in parte diversi governi hanno
iniziato ad attuare.
Cosa puo' fare il movimento per la pace? Si potrebbe lanciare un
"Osservatorio contro la violenza internazionale" per elaborare nei
particolari una strategia di pace contro il terrorismo, informare politici e
opinione pubblica, e monitorare su questa base le scelte concrete del nostro
paese e dell'Unione europea - ad esempio sul controllo dei capitali
illeciti, o sulla cooperazione giudiziaria internazionale. Una voce
autorevole per dire che contro il terrorismo ci sono alternative migliori
della guerra.

2. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: VITA MINATA IN AFGHANISTAN
[Giuliana Sgrena, giornalista e saggista, e' inviata a Kabul. Questo
articolo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 2 dicembre]
Oggi dovrebbe essere riaperta la strada nuova che porta all'aeroporto di
Baghram, a una cinquantina di chilometri da Kabul e l'unica pista ora in
servizio per la capitale afghana, oltre che per le truppe britanniche. Per
raggiungere Baghram fino a ieri occorreva ripercorrere una vecchia strada,
la nuova, trovandosi sulla linea del fuoco tra l'Alleanza del nord
(ribattezzata recentemente Fronte unito) e i taleban, era stata tutta
minata. Ma ieri dovrebbe essere terminata l'operazione di sminamento, almeno
secondo quanto riferitoci da Abdul Latif Matin, manager regionale -
l'Afghanistan e' stato diviso in sette zone - del programma di sminamento
delle Nazioni Unite, anche se l'Onu si limita a coordinare, verificare e
procurare finanziamenti ai progetti che vengono realizzati da quindici
organizzazioni non governative nazionali e internazionali. Un progetto che
dal '98 e' stato "afghanizzato", sono infatti tutti afghani i 4.800
operatori coinvolti nello sminamento, stranieri sono solo alcuni consiglieri
e istruttori.
Quella delle mine e' una delle tante tragedie dell'Afghanistan: si calcola
che fino al '96 siano stati installati 10 milioni dei micidiali ordigni, di
cui si sono perse le mappe, mentre di quelle usate dopo dai vari signori
della guerra si sono persi i conti e la dislocazione. Per questo, dice Abdul
Latif Matin, invece di parlare del numero delle mine parliamo di aree minate
che in tutto l'Afghanistan coprono 735 chilometri quadrati (su un territorio
complessivo di 700 mila chilometri quadrati) mentre 239 sono gia' stati
bonificati; si tratta di mine antipersona e anticarro fabbricate soprattutto
in Pakistan, Iran, Russia, Cina e in Italia dalla Valsella.
Un grande lavoro resta da fare e il manager dell'Onu spera in altri
finanziamenti sull'onda del nuovo interessamento per l'Afghanistan, perche'
nel '98 una crisi finanziaria aveva imposto la riduzione dei team. Che
peraltro si trovano ad affrontare una nuova emergenza provocata proprio dai
bombardamenti americani: solo a Kabul sono state individuate 4 micidiali
cluster bomb inesplose; una ritrovata in centro citta' nella casa ora
occupata dalla Tv americana Nbc e un'altra su una strada della zona
occidentale della capitale sono gia' state fatte brillare. Continua invece
la ricerca di altre due cadute nella zona dell'aeroporto, di cui si e'
ritrovato solo il cratere.
Questo e' l'impegno maggiore in questo momento anche perche' l'evacuazione
del personale, dopo l'attacco alle torri, e i successivi bombardamenti
americani hanno paralizzato il lavoro di sminamento di diverse Ong. Mentre
al Mine detection and dog centre (Mdc), sostenuto dal governo tedesco,
continua l'addestramento di 141 cani per l'individuazione delle mine, altri
45 sono gia' impegnati sul terreno kurdo: le operazione con i cani sarebbero
"piu' sicure e meno costose", secondo Sultan Mohammed, manager del Mdc. I
cani sarebbero in grado di individuare le mine di plastica che invece sono
difficilmente riconoscibili dai detector. Ma a volte anche loro saltano
sugli ordigni; dall'inizio delle operazioni nel 1989, dice Sultan Mohammed,
sono 7 i cani rimasti uccisi, una percentuale comunque alta visto il numero
ridotto degli animali impiegati.
Ma proprio in questi giorni continua ad aumentare il numero delle vittime
delle mine, ce lo conferma Gino Strada, il noto chirurgo di Emergency che
ogni giorno ricovera e opera nel suo ospedale 2-3 persone, spesso bambini e
donne, saltati e rovinati dai micidiali ordigni. Probabilmente l'aumento
delle vittime dipende dal fatto che la popolazione ha cominciato a muoversi
di piu'. Un dato preoccupante. E sul quale ancora una volta in Afghanistan
non ci sono nemmeno statistiche. Chi sopravvivera' avra' comunque una vita
difficile, soprattutto in un paese cosi' disastrato.
Proprio per far fronte a questi problemi e' impegnato da dodici anni, e
quindi ha visto il passaggio di poteri e regimi, un altro medico italiano,
Alberto Cairo. Che lavora presso il centro ortopedico della Croce rossa a
Kabul. "Il centro si occupa della riabilitazione fisica e sociale per
handicappati motori, prima era aperto solo alle vittime delle mine, poi e'
stato aperto anche agli altri", spiega Cairo. Nel centro ortopedico, che e'
dotato di diversi laboratori, finora si sono fabbricate 40 mila protesi, 7
mila l'anno, ma si producono  anche tutori e carrozzine. Delle 140 persone
che vi lavorano, il 75 per cento sono disabili, la maggior parte ex
pazienti.
Quello del reinserimento sociale e' un aspetto importante del progetto
portato avanti da Cairo e che per questo prevede anche corsi di educazione
per chi non puo' muoversi da casa e un sistema di microcredito che coinvolge
circa mille persone alle quali vengono dati 100 dollari, da restituire in 15
mesi, per avviare un'attivita' sotto il controllo di alcuni supervisori.
Dopo tutte le difficolta' superate con il regime oscurantista dei taleban,
che il medico dice comunque di aver saputo aggirare, Alberto Cairo ora si
dice ottimista sul futuro, dopo tanti combattimenti i taleban se ne sono
andati e a Kabul si e' evitato un bagno di sangue; e poi oggi l'Afghanistan
e' al centro dell'attenzione. Ma la strada e' lunga, sono molti i problemi
che restano da risolvere, se ci sara' la pace ci sara' anche occupazione, la
gente potra' tornare a casa, il cibo per ora c'e', sostiene Cairo. Ma il
medico piemontese non si nasconde comunque il rischio che nel momento in cui
comincera' la ricostruzione possano esserci sovrapposizioni e difficolta' di
coordinamento nei vari settori da coprire. Come e' gia' successo in altre
situazioni simili.

3. RIFLESSIONE. FARSHID NOURAI: SOLIDALI CON TUTTE LE VITTIME, CONTRO TUTTI
I TERRORISMI
[Riceviamo e diffondiamo. Farshid Nourai e' impegnato nell'Associazione per
la pace, per contatti: assopacexpalestina@tiscalinet.it]
Fino a quando?
Esprimiamo la nostra solidarieta' alle famiglie delle vittime degli
attentati in Israele e condanniamo fermamente chiunque si renda responsabile
di atti terroristici.
Tuttavia crediamo che non sia sufficiente. Occorre entrare nel merito della
questione, analizzare cio' che succede in Palestina e Israele. E' necessario
scovare le radici del male e della linfa dell'odio che lo nutre.
Le ingiustizie e i soprusi di un'occupazione illegale e immorale gestita con
pugno di ferro, violentando le risoluzioni, le convenzioni internazionali e
i codici etici hanno causato la disperazione del popolo palestinese.
I palestinesi, ormai da 14 mesi, affrontano quotidianamente assassinii e
ferimenti dei loro figli, distruzione delle loro case e dei campi coltivati,
subendo un accerchiamento economico che li ha portati alla bancarotta. L'
umiliazione e la rabbia sono le uniche sensazioni che i palestinesi
percepiscono dietro di ogni blocco stradale israeliano. Nessuno e' immune
dai violenti attacchi dell'esercito e dei coloni israeliani: ne' bambini,
ne' donne, ne' vecchi.
La politica di Sharon non solo ha chiuso qualsiasi porta per una trattativa,
bensi' ha distrutto nel boato di una violenza insensata tutti i ponti che
faticosamente erano stati costruiti tra i due popoli. Il governo israeliano
fa del suo meglio per umiliare, delegittimare e mortificare l'Autorita'
Palestinese che si sforza in tutti modi di tornare ad un tavolo di
trattative. In questo clima le fazioni violente della societa' palestinese
gridano alla vendetta mettendo in opera attentati atroci coinvolgendo
innocenti. Si e' costituito un anello di vendetta tra il governo israeliano
e queste fazioni che corrode il pensiero di pace. Ora tocca agli israeliani
e dopo verra' il turno di Hamas o chi per loro. Fino a quando?
Nessuna giustificazione per gli orrendi l'attentati. Tuttavia occorre
condannare con lo stesso vigore anche il terrorismo di Stato israeliano.

4. INIZIATIVE. CONFERENZA MONDIALE DELLE RELIGIONI PER LA PACE: INVITO AL
DIGIUNO E ALLA PREGHIERA VENERDI' 14 DICEMBRE
[Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato, diffuso dall'ottimo Gianni
Novelli (per contatti: cipax@romacivica.net)]
La Conferenza Mondiale delle Religioni Per la Pace, sezione italiana, invita
tutti i suoi membri ed i tanti amici sparsi su tutto il territorio nazionale
ad aderire alla "Giornata di digiuno e di preghiera" indetta da Giovanni
Paolo II per il giorno di venerdi 14 dicembre per "una pace stabile fondata
sulla giustizia" e "perche' venga messo a disposizione dei piu' poveri, ed
in particolare di chi soffre in questo momento le conseguenze del terrorismo
e della guerra, cio' di cui ci si priva nel digiuno".
Pur essendo un invito rivolto a tutti i cattolici nel mondo, l'iniziativa
del Papa ha trovato una risonanza senza precedenti non soltanto fra i
musulmani, che pure osserveranno il digiuno in quel giorno, ultimo venerdi
del mese di Ramadan, ma anche fra le piu' varie comunita' delle diverse
religioni, come pure fra moltissime associazioni e gruppi laici.
Essendo la Conferenza Mondiale delle Religioni Per la Pace un movimento
multireligioso internazionale, che riunisce persone di differenti fedi
religiose con lo scopo di pregare e operare per la pace e il rispetto dei
diritti umani attingendo al tesoro spirituale delle diverse tradizioni
religiose, la sezione italiana del movimento aderisce pienamente
all'iniziativa lanciata da Papa Giovanni Paolo II e si augura di coinvolgere
in essa i suoi membri, i moltissimi amici e chiunque verra' raggiunto da
questo invito.
In alcune citta' dove la Conferenza Mondiale delle Religioni Per la Pace e'
attiva con gruppi locali verranno indicati dei luoghi precisi ove riunirsi
dalle ore 13 alle 15, onde dare un senso piu' profondo al digiuno ed alla
preghiera, con dei momenti di meditazione e di partecipazione animati da
rappresentanti delle varie fedi religiose.
Tutti pero' sono invitati a dedicare, oltre al digiuno, un lasso di tempo
alla preghiera ed alla meditazione per ottenere dall'Autore della Pace le
energie spirituali per diventare Suoi testimoni in tutto il pianeta.

5. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: TRE BANALI OSSERVAZIONI
* La guerra infinita: c'e' una indimenticabile poesia di Ingeborg Bachmann
che comincia: "La guerra non viene piu' dichiarata/ ma proseguita...". Il
presidente degli Stati Uniti d'America ha deciso che la sua guerra
continuera' e si estendera' ovunque lui voglia, quando e per quanto lui
voglia, contro chiunque lui voglia: molti innocenti moriranno per questo, la
sete di sangue di certe concrezioni di potere e' inestinguibile. E il nostro
paese, stando a quel che dichiara garrulo e soave il ministro Martino, si
appresta a seguire (evocando peraltro come bersaglio un paese, la Somalia,
rispetto alla cui sventurata popolazione le colpe italiane sono gigantesche
ed abominevoli; chi non ha letto i libri di Angelo Del Boca si affretti a
farlo). La guerra, tu lo vedi, e' il contrario del diritto, e' il contrario
della civilta', e' il nemico piu' grande dell'umanita' intera. Chi propugna
una guerra infinita, vuole la fine dell'umanita'.
* Il terrorismo come sostitutivo della politica (ed infine come annientatore
della politica): i massacri seminano altri massacri. La catena delle stragi
va spezzata, appunto cessando di commettere stragi. Invece si continua con
capi di stato che si mettono alla scuola dei terroristi: un terrorista fa
una strage? E loro mandano l'esercito a commetterne un'altra piu' grande.
Cosi' il terrorismo (dei singoli, dei gruppi, degli stati) crescera' sempre
piu' e divorera' l'umanita'. Ad ogni strage qualcun altro dira': perche'
loro possono dispensare la morte e io no? E ne trarra' la conseguenza piu'
tremenda. Cosi' gli ordinamenti giuridici abdicano al senso della loro
esistenza, cosi' gli stati di diritto si assimilano ai poteri criminali,
cosi' basta un crimine per produrne infiniti altri. Solo la scelta di non
commettere altre stragi ferma le stragi; solo la forza del diritto ferma e
sconfigge la forza del crimine; solo la nonviolenza puo' realmente
fronteggiare ed effettualmente contrastare e certamente ridurre ed infine
sperare di estinguere la violenza.
* Cose italiane: dapprima leggi  fatte apposta per aiutare chi ha violato le
leggi; leggi in pro del crimine: un ossimoro divenuto divisa dei
filibustieri oggi sul cassero della nave dello stato. Poi la guerra:
infrangendo la legalita' costituzionale e divenendo complici delle stragi in
corso; con tanta parte dell'opposizione che si fa anch'essa complice dei
massacri cosi' come il governo; per un motivo solo: che qualche migliaio o
milione di morti afghani sono ritenuti un prezzo accettabile per ingraziarsi
Bush ed averne l'appoggio (e' verosimilmente il solo ragionamento,
quantunque inconfessato, che motiva l'adesione alla guerra di chi governa
oggi l'Italia, e di chi spera di tornare cosi' al governo un domani). Ora
l'aggressione brutale e forsennata alla magistratura, che colpisce uno dei
fondamenti dello stato di diritto: la separazione dei poteri; che mina il
principio di legalita'; che fa strame dei valori piu' profondi della nostra
civilta' giuridica e della nostra cultura politica. Cose che riemergono
dalla storia italiana, e precisamente da quel periodo che duro' un ventennio
e provoco' cinquanta milioni di morti e la distruzione dell'Europa intera.

6. RIFLESSIONE. GIORDANO SEGNERI (A CURA DI): SINTESI DEGLI INTERVENTI DEL
SEMINARIO SU "IL RUOLO DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE (ONG) NELLA
PREVENZIONE E GESTIONE DELLE CRISI INTERNAZIONALI" (PARTE SECONDA)
[Proseguiamo la pubblicazione delle sintesi, curate da Giordano Segneri,
degli interventi tenuti al seminario organizzato dal Ministero degli Affari
Esteri e dal Centro Studi Difesa Civile su "Il ruolo delle ong nella
prevenzione e gestione delle crisi internazionali" il 25 giugno scorso
presso l'Istituto Diplomatico "Mario Toscano" di Villa Madama, a Roma.
Ringraziamo Giordano Segneri (giowest@libero.it) per avercele inviate.
Abbiamo gia' pubblicato giorni fa sia le considerazioni conclusive sul
convegno di Francesco Tullio e Giordano Segneri del Centro Studi Difesa
Civile di Roma (una delle piu' qualificate esperienze in questo ambito di
ricerche), sia le sintesi degli interventi della prima sessione del
seminario. Pubblicheremo prossimamente le sintesi della terza sessione]
*
Intervento di Maria Luisa Maniscalco, Direttrice del Master in Peacekeeping
and Security Studies, Universita' di Roma Tre, sul tema: "Gli interventi
della comunita' internazionale: l'azione integrata tra istituzioni
governative e societa' civile" (sintesi dell'intervento non rivista dalla
relatrice)
Mette in luce l'ineludibilita' del mondo delle ong, realta' importante sul
campo delle crisi internazionali. La professoressa Maniscalco inoltre
sottolinea la necessita' di un approccio integrato tra militari e civili, il
che significa elaborare un'integrazione funzionale in relazione
all'obiettivo comune, in cui ciascuno dei due attori mantenga il proprio
ruolo.
*
Intervento di Francesco Rausi, Capoufficio ONU, DGAP, Ministero degli Affari
Esteri, sul tema: "Le indicazioni dell'ONU"
Il Ministro Rausi esamina come l'attenzione dell'ONU alla prevenzione dei
conflitti sia cambiata negli ultimi anni, fino ad essere considerato oggi
argomento di importanza prioritaria. L'Assemblea del Millennio del 2000 ha
posto la priorita' del rafforzamento di una cultura per la prevenzione dei
conflitti. Il fondamento giuridico risiede nella stessa Carta Costitutiva
dell'ONU (artt. 10, 11, 14). La prevenzione dei conflitti e' oggetto di
particolare attenzione sia per l'Assemblea Generale nell'intento di
aumentarne l'efficacia e destinarle maggiori investimenti (warning, ricerca
segnalazione di misure specifiche allo scopo). A questo fine, osserva il
Ministro, le ong possono contribuire grazie alla loro esperienza, essendo
complessa la quantificazione finanziaria per l'attivita' preventiva. Anche
gli altri organi (Consiglio di Sicurezza, Segretario Generale), e altri
organi comprimari, come il Cons. Econ. Soc. (ECOSOC), mostrano maggior
predisposizione e fermezza nel sottolineare tali necessita'.
Le ong possono offrire un valido contributo sia per l'aspetto sociale che
culturale, sul tema della prevenzione dei conflitti, per mezzo della loro
capacita' di relazionarsi con la societa' civile locale nelle aree di
conflitto.
Il rapporto di Kofi Annan riconosce l'esigenza e la necessita' di utilizzare
nuovi strumenti di peacekeeping e conflict-prevention, e quindi non solo la
diplomazia classica, ma anche un maggior coinvolgimento e la collaborazione
degli Stati interessati, anche per quanto concerne il bisogno di determinare
spazi di azione delle ong che operano sul loro territorio.
La missione "Alba" puo' essere vista come esempio di approccio sinergico e
multidimensionale che ha visto l'Italia come precorritrice di tale politica
riflessa sul campo.
*
Intervento di Gianluigi Mascia, Capoufficio OSCE, DGAP, Ministero degli
Affari Esteri, sul tema: "Le linee guida dell'OSCE".
Per intendere l'attuale ruolo dell'organizzazione nella prevenzione dei
conflitti, ha sostenuto il capo dell'Ufficio OSCE, e' necessario richiamarsi
all'evoluzione subita dall'OSCE in questi ultimi 26 anni. La CSCE, una
conferenza internazionale lanciata ad Helsinki nel 1972 al fine di
promuovere il dialogo tra i due blocchi e di promuovere la pace e la
sicurezza in Europa, conclude infatti con successo il suo primo ciclo nel
1975, con la firma dell'Atto Finale di Helsinki. L'equilibrio militare tra
le due superpotenze assicurava una certa situazione di "pace fredda" che
l'Atto Finale tentava di superare, determinando un decalogo di principi sul
tema della sicurezza e della distensione che i 33 Stati della CSCE si
impegnarono ad osservare. Dal 1975 al 1989 con le "Conferenze sui seguiti"
il dialogo, anche se contrassegnato da alti e bassi, si approfondisce e si
articola su tre cesti con la creazione di una serie di nuovi strumenti e la
pratica delle "Security and confidence-building measures" (CSBM), per poi
compiere un vero salto di qualita' e superare le storiche contrapposizioni
con la caduta del Muro di Berlino. Nel '90 con la Carta di Parigi la CSCE si
trasforma sostanzialmente in Organizzazione Internazionale, comprendente 33
Stati membri (sono oggi 55), e progressivamente rivendicando il ruolo di
Organizzazione regionale sulla base del capitolo VIII della Carta dell'ONU.
L'Organizzazione che, promuovendo il dialogo est-ovest, aveva contribuito ad
assicurare la pace e la distensione in Europa, si trova ora a dover
affrontare una nuova situazione: i conflitti che si profilano negli anni
'90, causati dal progressivo disgregarsi del blocco sovietico, si evolvono
infatti con dinamiche assolutamente diverse: non piu' di carattere bipolare,
ne' interstatali, ma prevalentemente interni, spesso legati alla presenza di
forti minoranze nazionali ed alle loro spinte indipendentiste. L'OSCE dal
'90 le affronta con nuove istituzioni, dal Presidente in esercizio, all'Alto
Commissario per le minoranze nazionali ed approfondendo e rielaborando i
principi ed i meccanismi che erano stati liberamente accolti dai Paesi
partecipanti. Processo che si conclude con l'approvazione nel '99 ad
Istanbul della Carta di Sicurezza del XXI Secolo. Se puo' sostenersi, almeno
storicamente, che con la conclusione del Vertice di Istanbul si assiste ad
un declino del ruolo dell'OSCE come estensore di principi, importante e'
invece lo sviluppo che dall'inizio degli anni '90 l'Organizzazione assume
sul piano operativo, caratterizzato da un grande dinamismo nei settori della
prevenzione dei conflitti, della gestione delle crisi, e della
riabilitazione post-conflittuale. Cio' avviene in particolare attraverso
l'apertura di oltre venti Missioni di lunga durata nelle aree di crisi.
L'OSCE vi opera su delega o in alternativa alle Missioni delle N. U. con
totale autonomia. Nel '95, con gli Accordi di Dayton, si ha un ulteriore
salto qualitativo e vengono affidati all'OSCE compiti molto piu' ampi ed
incisivi di quelli originari. Le missioni dell'OSCE nei Balcani, infatti,
non sono piu' composte da poche persone, ma da centinaia di funzionari con
competenze molto maggiori, e con compiti piu' ambiziosi in missioni
prevalentemente di institution-building, volte a ricreare il tessuto
istituzionale che possa fungere da base alla ricostruzione dell'intera
societa'. E' qui che la collaborazione con le ong diviene fondamentale e che
la vocazione originaria dell'OSCE per i diritti umani (il terzo cesto) trova
ampia e puntuale applicazione. Anche l'ODHIR, l'istituzione specializzata
dell'OSCE per i diritti umani trova in questi anni nuovi spazi di
collaborazione con le ong nelle operazioni di election-monitoring, e di
tutela dei diritti civili ed umani. Dal Kossovo in poi e anche piu'
recentemente con l'attuale crisi macedone nuove organizzazioni si affacciano
tuttavia prepotentemente nel settore della prevenzione dei conflitti e della
gestione delle crisi, dalla NATO, alla stessa Unione Europea e, grazie al
grande potere di attrazione esercitato dai rispettivi processi di
allargamento, il loro ruolo appare oggi in forte crescita. Conclude
affermando come oggi ci siano ormai una pluralita' di attori coinvolti nella
prevenzione dei conflitti e come si rendano pertanto necessarie reali ed
efficaci sinergie tra le varie Organizzazioni, evitando inutili quanto
dannose competizioni. Se l'apparire oggi di soggetti forti puo' far passare
in secondo piano il rilievo avuto dall'OSCE in questi ultimi anni, non va
d'altro canto dimenticato quello che dell'Organizzazione e' il vero valore
aggiunto: la sua composizione particolarmente ampia, che la legittima come
Organizzazione super partes, una qualita' che puo' tornare utile in
situazioni di conflitto.
*
Intervento del consigliere Mati, ufficio UE, Ministero degli Affari Esteri,
sul tema: "Gli indirizzi della Unione Europea" (sintesi dell'intervento non
rivista dal relatore).
Anche l'UE ha deciso, in questo ultimi anni, di dotarsi di strumenti di
prevenzione e gestione dei conflitti, con sviluppi enormi in tempi limitati,
mirando ad un piu' alto profilo dell'azione della UE nel crisis management.
A Goteborg sono stati infatti rilevati i grandi progressi sulla politica
europea di sicurezza e difesa. In questi due anni (dal consiglio di Colonia
del '99), osserva il Consigliere Mati, l'UE ha definito obiettivi di
capacita' di diverso tipo, ovvero:
- Militari (forza di intervento rapido di 60 mila uomini pronta entro il
2003);
- Polizia europea (5 mila uomini);
- Strutture di institution-building, al fine di sostenere lo stato di
diritto, l'amministrazione e la protezione civile.
Dal Consiglio di Nizza, sono stati creati organi di gestione delle crisi  e
comitati permanenti, sono state tracciate le linee di cooperazione con le
altre organizzazioni internazionali (ONU, OSCE, Consiglio d'Europa, NATO),
mentre un contributo importante puo' derivare dai paesi neutrali non membri
della NATO. Tutti segnali che l'Unione Europea vuole fare di piu' in  questa
direzione, mantenendo l'idea dell'approccio integrato militare-civile, non
al fine della difesa militare dell'Europa, ma per la gestione delle
politiche di sicurezza e umanitarie di pace nell'ambito della politica
estera comune (PESC). Per quanto riguarda l'ambito civile, il Consiglio
Europeo di Goteborg ha individuato nelle ong un indispensabile soggetto con
cui collaborare nelle attivita' di institution-building.
*
Intervento di Roberto Toscano, responsabile dell'Unita' di Analisi e
Programmazione, Ministero degli Affari Esteri, sul tema: "Il contributo
della Presidenza italiana del G8 per la prevenzione dei conflitti" (sintesi
dell'intervento non rivista dal relatore).
Il Ministro Toscano spiega come il G8 non sia una organizzazione
internazionale, ma un quadro di concertazione degli Stati che hanno potere e
quindi responsabilita' sulla gestione dei problemi connessi alla
globalizzazione, tra cui i conflitti.
Il G8 non e' un superdirettorio che decide il destino del mondo, ma
stabilisce solo una uniformita' d'azione degli 8 grandi nei vari contesti
internazionali, e da esso scaturiscono impulsi per l'azione di
organizzazioni internazionali e Stati. Dal G8 sono nati documenti e prese
decisioni di intervento relative alla prevenzione e gestione dei conflitti.
Alcuni esempi di aree d'azione: commercializzazione delle armi leggere,
minori coinvolti nei conflitti armati, uso di risorse naturali per
finanziare conflitti, e risorse come scopo degli stessi (come il controllo
dei diamanti per cui diverse guerre si combattono in Africa), polizia
civile.
E' sul rapporto tra conflitti e sviluppo, sostiene, che si puo' trovare la
chiave per interagire sulle dinamiche dei conflitti stessi, ed e' qui che le
ong possono avere un ruolo fondamentale assieme alle imprese private, che
con i loro investimenti condizionano lo svolgimento degli eventi di natura
conflittuale. L'Italia ha individuato, in tale contesto, due nuovi settori
di intervento dove le ong possono avere grande influenza e operare:
contributo attivo delle donne per la prevenzione dei conflitti, ruolo delle
societa' private attraverso investimenti finanziari.
*
Intervento di Francesco Tullio, Presidente del Centro Studi Difesa Civile,
Universita' di Perugia.
Il prof. Tullio ha rilevato come esistano delle convergenze tra ong e mondo
delle istituzioni, a partire da una comune volonta' di fare della
prevenzione dei conflitti un elemento strategico ai fini dello stabilirsi
della democrazia e della pace. Ma sottolinea con toni critici come in
Italia, a seguito della legge 230 del 1998, il sistema abbia dimostrato la
grave mancanza di assunzione di responsabilita' nei confronti degli
obiettori di coscienza, lasciati senza la diaria, e nell'impossibilita' di
dedicarsi alla prevenzione dei conflitti. Mette in rilievo le difficolta' e
le eccessive formalita' degli apparati politico-burocratici, che complicano
l'erogazione dei finanziamenti, peraltro insufficienti, e li drenano a loro
principale vantaggio.
Afferma la necessita' di costituire in Italia un Istituto Internazionale di
Ricerca sui Conflitti e la Pace secondo la proposta del MIR di Padova,
nonche' la necessita' di creare a livello europeo i Corpi Civili di Pace,
che possono concretamente avvalersi di anni di esperienza sul campo di molte
ong internazionali.
Un compito di questi corpi di pace sara' di dare ulteriori fondamenta
all'impegno della societa' civile a favore dell'aiuto internazionale, a
favore della cooperazione allo sviluppo, facendo in modo che queste missioni
concrete di solidarieta' influiscano positivamente anche sui conflitti e
favoriscano la  cultura del dialogo e delle istituzioni democratiche.
Infatti gli aiuti indiscriminati e puramente emotivi possono avere anche
conseguenze negative; essi possono creare dipendenza, possono favorire la
furbizia e la corruzione, possono facilitare una parte, che ha saputo
gestire meglio l'immagine sui mass-media internazionali, nella sua azione
contro l'altra. Allora i dirigenti delle ong  per gli aiuti internazionali
devono saper integrare  la spinta positiva della solidarieta', quando anche
essa si presenta come improvvisa onda emotiva nella popolazione, con la
valutazione complessiva della realta' e con i limiti delle risorse. E'
necessario allineare mente, cuore ed azione. Cio' implica talvolta la
capacita' di superare la rabbia  destrutturante  della indignazione o la
dolorosa  impotenza  della impossibilita' di aiutare come vorremmo, seguendo
il principio ippocratico: primo non nuocere.
La poverta', le malattie e la morte fanno parte della vita umana e non
dipendono solo da un sistema politico. Certo e' pero' che vi sono scelte che
creano diseguaglianze, frustrazione e scontro ed altre che favoriscono
l'equilibrio omeostatico. L'assistenzialismo, il solidarismo non migliorano
l'assistenza e la solidarieta'. Non basta quindi ottenere maggiori aiuti
umanitari a livello internazionale soprattutto se essi  servono a comprare
nei paesi piu' sviluppati dei prodotti, quando anche si trattasse di
farmaci,  da somministrare in paesi in difficolta', perche' questo vuol dire
fare entrare il  cavallo di Troia nel pianeta assediato, favorire un modello
di soluzione dei problemi e di sviluppo, tecnico-scientifico, che e'
correlato ad alcuni fra i principali problemi mondiali.
In una strategia mondiale dei movimenti della societa' civile e' necessario
richiamare le democrazie dei paesi sviluppati alla coerenza ed impegnarle
ad estendere a livello globale i principi ispiratori dei nostri stessi
sistemi politici: la priorita' dello stabilimento di regole del vivere
collettivo sugli egoismi e gli umori estemporanei, la supremazia del diritto
(adeguatamente sviluppato, adattato e dotato degli strumenti atti a farlo
rispettare anche da parte dei piu' potenti e recalcitranti) sugli interessi
economici e finanziari dei singoli gruppi, e la partecipazione di tutti i
continenti alle scelte di sviluppo nel rispetto dell'ambiente e delle
generazioni future.
Per questi obiettivi molte ong, quali espressione della societa' civile,
sono gia' all'opera, insieme a molte forze istituzionali italiane, anche
militari,  ma questo non viene adeguatamente percepito dai movimenti di
protesta. Questi vivranno a breve una nuova fase di onda emotiva che
favorita dalla confusione e dalla superficiale rincorsa alla attualita' dei
mezzi di comunicazione di massa, potrebbe distogliere le forze dai processi
costruttivi. Bisogna allora  rinsaldare l'alleanza gia' esistente,  definire
i prossimi passi, chiarire, dialogare, coinvolgere i contestatori.
*
Interventodi Alessandro Rossi, collaboratore intergruppo Iniziative per la
Pace al Parlamento Europeo.
E' possibile tutelare veramente i diritti umani e allo stesso tempo la
nozione di sovranita' e non ingerenza? A seconda delle situazioni, i governi
europei e le ong privilegiano l'uno o all'altro dei due corni del problema.
Raramente lo stesso. La Commissione e il Parlamento di solito prendono
posizioni di mediazione, l'una promettendo qualcosa del suo bilancio,
l'altro impegnando un po' del suo prestigio. A dire il vero, proprio dal
Parlamento Europeo e' venuto il piu' consistente avallo ai "Corpi Civili di
Pace", o "Caschi bianchi", infatti approvo' nel febbraio 1999 la risoluzione
che chiede al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di procedere a
uno studio sulla loro fattibilita'. La proposta parti' dall'europarlamentare
sudtirolese dei Verdi Alex Langer, tragicamente scomparso nel 1995. A
livello di Parlamento Europeo il testimone e' stato raccolto
dall'intergruppo Iniziative per la Pace, nato grazie all'iniziativa di un
altra europarlamentare italiana, Luisa Morgantini.
Anche a Goteborg e' emerso l'enorme patrimonio di esperienze delle
organizzazioni non governative europee nell'intervento civile nei conflitti,
e anche l'apertura delle istituzioni a parlarne, come si fa ormai in
moltissimi documenti istituzionali europei. E' bene ricordare l'interesse
del Commissario C. Patten, e quello di Javier Solana. Nel frattempo, in
diversi paesi europei si stanno approntando strategie e strumenti di
intervento civile piu' avanzato: in Germania e' nato un Civil Peace Service
(ZFD), struttura di specialisti in gestione nonviolenta dei conflitti
finanziata e in collaborazione con i Ministeri della Cooperazione e degli
Esteri; in Svezia, il Ministero degli Esteri ha prodotto un piano d'azione
per la prevenzione dei conflitti e l'esercito ha persino effettuato manovre
congiunte con personale di ong; in Danimarca il Ministero degli Esteri sta
affidando parte della formazione del proprio personale a una nota ong
esperta nella mediazione.
Ancora deludenti e ambigui i pur numerosi recenti documenti europei per la
prevenzione dei conflitti. In particolare:
- Nel vertice di Goteborg, si ribadisce a piu' riprese la necessita' di un
training specifico per le missioni internazionali e di relativi standards
comuni: come definirli? Puo' l'Italia costruire una sua proposta anche con
le ong e le associazioni presenti oggi?
- Negli stessi testi: parita' di genere ovunque, l'Italia e' pronta?
- "Esigenza di legare gestione delle crisi e interventi di lungo termine":
come? Con che priorita'?
- Nell'annesso sulla gestione civile, c'e' molto poco di umanitario e nulla
sulla mediazione, si accenna solo ai "social services" nell'intervento di
amministrazione civile, l'unico capitolo dove si accenna alle ong.
- Si parla di esercitazioni comuni ong-militari. La Svezia le ha fatte,
l'Italia e' pronta?
- nel programma UE per la prevenzione dei conflitti si invitano gli Stati
membri, a fare un Piano Nazionale d'Azione sulla materia: sara' fatto? E in
maniera concertata con le ong?
A Bruxelles, conclude Rossi, ora c'e' lo European Liasion Office for
Conflict Prevention, che sarebbe opportuno valorizzare.
*
Intervento di Radoslava Stefanova, Istituto Affari Internazionali (sintesi
dell'intervento non rivista dalla relatrice).
Con la crescita del ruolo delle ong (statisticamente cresciute negli ultimi
venti anni di una volta e mezzo dal punto di vista quantitativo), la
dottoressa Stefanova sottolinea come sia sempre piu' necessario creare
convergenze tra esse e le istituzioni, in una "intelligence gathering" per
la presa di posizioni rapide e tempestive, superando lo scoglio della
lentezza burocratica delle istituzioni. Le ong sono inoltre fondamentali
come mediatrici e per la loro percepita neutralita' e informalita' che
facilitano il dialogo. Agendo in loco e conoscendo benissimo le diverse
realta' nazionali, le ong possono aiutare le istituzioni internazionali ad
individuare le necessita' delle popolazioni locali adoperandosi per quanto
riguarda sia la pace che lo sviluppo. Il problema della cooperazione tra ong
e istituzioni e' che le ong agiscono indipendentemente, non rendono conto a
nessuno se non alle popolazioni stesse che aiutano, mentre diverso e' per le
istituzioni internazionali. Inoltre alcune ong non sono ben disposte al
dialogo, alla cooperazione e al coordinamento, preferendo mantenere la loro
completa autonomia, ed hanno divergenze con le istituzioni per quanto
riguarda finalita' e metodologie nei processi decisionali.
*
Intervento di Paolo Salvia, Movimondo (sintesi dell'intervento non rivista
dal relatore).
Secondo il dr. Salvia, le ong hanno efficacia per quanto riguarda:
- Presenza sul territorio; investimento nelle relazioni (con popolazioni e
istituzioni locali); concertazione e capacita' di non rompere il dialogo con
nessuno; lavorare per realizzazioni concrete, e al contempo andare al di la'
della loro concretezza (anche per tempi lunghi); lavorare nell'emergenza.
I problemi o gaps ancora da superare sono:
- Pochi investimenti nella formazione; incapacita' decisionali sulle
politiche sostanziali; carenti elaborazioni delle esperienze realizzate;
parcellizzazione delle ong che agiscono in maniera scoordinata e non
continuativa.
Nonostante l'incertezza se sia finita o meno la contrapposizione tra
governativo e non, Salvia afferma che e' finito certamente il monopolio
istituzionale sulla diplomazia, che si va sempre piu' stratificando su piu'
livelli. Ma restano ancora punti interrogativi: fino a che punto le
istituzioni sono realmente disposte ad allargare il tavolo alle ong, alla
societa' civile? E quanto le ong si sentono pronte e adatte a sedere intorno
a tale tavolo? Ci vuole una effettiva corresponsabilita', conclude, non una
rigida e nociva divisione di ruoli tra finanziatori ed esecutori. Servono
piu' finanziamenti per la prevenzione delle emergenze, cosi' che ne
serviranno meno per la loro gestione.
*
Intervento di Marianella Sclavi, docente di Gestione creativa dei conflitti
al Politecnico di Milano.
Riscontra difficolta' reali per le ong di raccontare la loro attivita' sul
campo. Cosi' viene a perdersi tutta la ricchezza che le ong potrebbero
trasmettere alle organizzazioni istituzionali internazionali, e queste
ultime si trovano ad elaborare progetti in maniera autonoma. Una maggior
comunicazione e' elemento prioritario per un avvicinamento tra le due
componenti.
*
Intervento di Tonio Dell'Olio, Pax Christi e Campagna italiana di Pace e
rispetto dei Diritti Umani in Sudan.
Afferma come le istituzioni si dimostrino aperte al dialogo con le ong, ma
osserva che fino ad ora esse abbiano rappresentato degli interlocutori
sordi, come e' accaduto per il Kosovo. Lamenta la mancanza di interlocutori
militari.
*
Intervento di Manfred Bergmann, Casa dei Diritti Sociali.
Mette in luce come esistano sulla terra 6.703 popoli e solo 189 seggi
nell'ONU. Sottolinea quindi i divari esistenti all'interno del pianeta, e le
difficolta' riscontrate anche all'interno dei Paesi occidentali, dai gruppi
che in qualita' di profughi o richiedenti asilo, si trovano ad essere
ospiti. Le ong dovrebbero dedicare la propria attenzione piu' ai popoli che
agli Stati.
*
Intervento di Lisa Clark, Beati i Costruttori di Pace.
Osserva come le istituzioni e le organizzazioni internazionali affermino di
tenere in considerazione le organizzazioni civili non istituzionali, ma che
poi all'atto pratico neghino ogni tipo di aiuto concreto qualora venisse
richiesto. Ricorda ad esempio quanto e' avvenuto in Congo quattro mesi fa,
quando 400 civili disarmati non hanno ricevuto l'aiuto e l'ascolto da parte
di nessuna istituzione.
*
Intervento di Andrea Alessandrini, Movimento Internazionale della
Riconciliazione (MIR).
Afferma la necessita' di costituire in Italia un Istituto Internazionale di
Ricerca sui Conflitti e la Pace, sottolineando come lo studio scientifico
sulle problematiche connesse alla risoluzione pacifica dei conflitti possa
essere stimolo alla comunita' internazionale e alle istituzioni pubbliche.
Fornirebbe utili conoscenze per la messa in opera di politiche estere
rivolte alla pace, e andrebbe in direzione di una diffusione di cultura,
pace e nonviolenza.
*
Intervento di Alberto L'Abate, Universita' di Firenze (sintesi
dell'intervento non rivista dal relatore).
Sottolinea l'importanza dell'early warning, affermando come in Kosovo vi
erano tutti gli elementi per fare prevenzione e per dare alle ong in quella
fase un ruolo positivo. Ong svedesi avevano infatti constatato gia' dal 1992
che la situazioni critica della regione avrebbe condotto inevitabilmente
alla guerra, se non la si fosse prevenuta con strumenti adeguati. Molti
appelli inascoltati hanno dimostrato la sordita' delle istituzioni, anche se
corresponsabili sono state probabilmente anche le stesse ong, che
scoordinate e prive di una voce unica, non hanno certo dimostrato una buona
incisivita'. Inoltre, L'Abate osserva come i finanziamenti vengano stanziati
in maniera ragionevole solo per le emergenze, e mai per la prevenzione.
(CONTINUA)

7. INIZIATIVE. OGGI IN SENATO LA PRESENTAZIONE PUBBLICA DELLA PROPOSTA DI
LEGGE PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA
Si svolge oggi, giovedi 6 dicembre, alle ore 12 presso la Sala Rossa del
Senato della Repubblica a Roma, la conferenza stampa di presentazione
pubblica della proposta di legge recante "Norme di principio e di indirizzo
per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento delle forze di polizia"
che ha come primo firmatario il senatore Achille Occhetto ed e' stata
sottoscritta da vari parlamentari di diverse forze politiche; e' la proposta
di legge che prevede la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine
alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della
nonviolenza.

8. ALCUNE INIZIATIVE DI PACE DI OGGI E DOMANI
[Ovviamente le iniziative di pace di seguito segnalate sono quelle di cui
siamo venuti a conoscenza e che ci sembrano caratterizzate da due scelte
precise: I. la nonviolenza; e II. la difesa dei diritti umani, del diritto
internazionale, della legalita' costituzionale]
Giovedi 6 dicembre
- ad Ancona: con inizio alle ore 9 presso l'aula 27 della Facolta' di
Economia dell'Universita' di Ancona, convegno su "La dimensione di genere
nelle universita' delle Marche. Primi  risultati della ricerca sulle/sugli
studenti e docenti delle Universita' di Ancona, Camerino, Macerata, Urbino.
Intervengono: Enzo Pesciarelli, Patrizia David, Paola Di Cori, Fatima
Farina, Mara Fabri, Elena Grimacia, Rossella Palomba, Barbara Pojaghi,
Alessandra Vincenti, Carmen Leccardi, Paola Ungaro, Laura Piccioni, Liana
Borghi, Eleonora Chiti, Vita Fortunati, Delia La Rocca, Antonietta Lelario,
Anna Scattigno, Cristina Cecchini.
- ad Arezzo: in via Madonna del Prato alle ore 16, dibattito su "Umanizzare
lo sviluppo".
- a Camaldoli: da oggi a domenica colloqui ebraico-cristiani.
- a Crescentino: alle ore 21 presso la sala del consiglio comunale incontro
con Giorgio Cremaschi su guerra e diritti sociali. L'iniziativa e' promossa
dal circolo Prc di Crescentino.
- a Lesa: alla sala Pertini sul lungolago si conclude la mostra di
fotografie di Sebastiao Salgado, il grande fotografo brasiliano rappresenta
il nostro presente: una umanita' in cammino spinta dalla miseria,
dall'intolleranza, dalla guerra. Ore 9-12.
- a Napoli: in via Atri 37, alle ore 20,30, il Movimento Umanista organizza
una conferenza sul tema: "Pace, nonviolenza e rivoluzione".
- a Palermo: alle ore 11,30 presso l'aula seminari della Facolta' di Lettere
e Filosofia in viale delle Scienze conferenza stampa di presentazione del
nuovo settimanale di interferenze culturali di "Tribu' Astratte". Alle 18,30
e' previsto un incontro nei locali della libreria Broadway di via Rosolino
Pilo in cui verra' presentato, oltre a  "Tribu' Astratte", il libro sui
fatti di Genova di Lello Voce "Solo limoni". Dalle 21,30 in poi presso
l'associazione culturale "I Candelai" a conclusione della giornata incontro
con musica dal vivo.
- a Piacenza: alle ore 21, presso il salone del Centro di Documentazione per
la Pace in via XXI Aprile 19, incontro della Rete di Lilliput.
- a Roma: alle ore 12 presso l'aula rossa del Senato della Repubblica, a
Palazzo Madama, conferenza stampa di presentazione della proposta di legge
per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza.
- a Salerno: alla sala della Provincia alle ore 18 iniziativa di
solidarieta' con il popolo palestinese.
- a Torino: presso il centro studi "Dmenico Sereno Regis", via Garibaldi 13,
alle ore 20,30, laboratorio della nonviolenza su "La politica dell'azione
nonviolenta secondo Gene Sharp". Intervengono Nanni Salio e Carla Toscana.
- a Trepuzzi: alle ore 18,30 nella sala del consiglio comunale presentazione
del libro di Michele Gambino, Massimo Loche, Ali Rashid, Alberto Ventura,
Orgogli e pregiudizi. Islam e Occidente dopo le Twin Towers, Manni Editore,
Lecce 2001. Interverranno: Michele Gambino, Cosimo Valzano, Cosimo Casilli,
Adelmo Gaetani, Grazia Manni.
*
Venerdi 7 dicembre
- in Turchia: il Comitato Kurdistan Firenze che si e' fatto promotore di una
campagna d'adozione a distanza di familiari di detenuti politici sara' in
Turchia dal 7 al 10 dicembre. "Dopo gli eventi dell'11 Settembre in Turchia
c'e' un clima di terrore. Si ripetono gli omicidi politici e le stragi da
parte della polizia turca. A causa di questo clima non possiamo piu'
contattare i familiare dei detenuti per telefono e da due settimane non
rispondono piu' neanche alle e-mail. Andiamo quindi a vedere come stanno ed
a raccogliere testimonianze sui recentissimi massacri avvenuti ad Istanbul
ad opera delle forze dell'ordine. Facciamo appello ad Enti locali,
associazioni, singoli cittadini affinche' prendano parte a questa
iniziativa". Per informazioni sulla delegazione e sulla condizione
carceraria in Turchia visita il sito www.kurdistan.firenze.net. Info: tel.
3283245816, e-mail: kurdistanfirenze@tin.it.
- a Bologna: alle ore 21, nella Sala Consiliare Falcone e Borsellino del
Centro Civico Reno in via Battindarno 123, verra' presentato "Sbilanciamoci,
Rapporto 2002", edito da manifestolibri, ovvero "come usare la spesa
pubblica per la societa', l'ambiente, la pace". Sara' presente un curatore
della ricerca. La campagna "Sbilanciamoci" e' promossa quest'anno da una
trentina di associazioni: Anpas, Antigone, Arci, Arci Servizio Civile,
Associazione Ambiente e Lavoro, Associazione Obiettori Nonviolenti,
Associazione per la Pace, Auser, Campagna per la Riforma della Banca
Mondiale, Cipsi, Cittadinanzattiva, Cnca, Cocis, Ctm-Altromercato, Donne in
nero, Emergency, Emmaus, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia,
Legambiente, Lila, Lunaria, Mani tese, Medici senza frontiere, Pax Christi,
Seniores Italia, Uisp, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari,
WWF. Obiettivo della campagna: analizzare i contenuti delle politiche
economiche e finanziarie del governo e le proposte contenute nella Legge
Finanziaria e nel Bilancio dello Stato, e formulare controproposte  a
contenuto sociale, ambientale, pacifista. Info: Silvia Zamboni (Presidente
Quartiere Reno), e-mail: Silvia.Zamboni@comune.bologna.it
-a Bologna in via del porto 15 alle ore 21 incontro e proposte contro la
poverta'.
-a Bolzano: alle ore 20,30, Kolpinghaus, via Ospedale vecchio,
incontro-dibattito su "Scenari (quasi) nascosti: perche' l'Afghanistan? Le
vie del petrolio, delle armi e della droga"; con Francesco Strazzari e
Fausto Concer. Promuove il Comitato per la difesa e il rilancio della
Costituzione.
- a Camaldoli: da oggi a domenica colloqui ebraico-cristiani.
- a Castelfranco Veneto: alle ore 18 incontro con Gian Carlo Caselli,
Antonio Ingroia, Marco Travaglio, Peter Gomez. Racconteranno e si
confronteranno con il pubblico sui temi mafia, legalita', stato di diritto e
l'esperienza della lotta alla mafia condotta negli anni '90 dalla Procura
della Repubblica di Palermo. La serata proseguira alle 20,30 con Travaglio e
Gomez traendo spunto dal loro ultimo libro "La repubblica delle banane".
L'iniziativa e' promossa dal circolo culturale "Oficina di Buenaventura",
via Circonvallazione Ovest, 23/A, 31033 Castelfranco Veneto, tel e fax. 0423
741484, e-mail: buenaventura@casteo.net
- a Cutrofiano: alle ore 18 presso la biblioteca comunale presentazione del
libro di Michele Gambino, Massimo Loche, Ali Rashid, Alberto Ventura,
Orgogli e pregiudizi. Islam e Occidente dopo le Twin Towers, Manni Editore,
Lecce 2001. Interverranno: Michele Gambino, Salvatore Capone, Lucio Meleleo,
Grazia Manni.
- a Firenze: alle ore 11 in via S. Paolo alla regola 18, presentazione del
libro "L'aquilone bianco".
- a Genova: alle ore 21 al centro civico "Buranello", via d'Aste 8, incontro
su "Non solo antrace: la giostra del terrore e della guerra batteriologica".
Interviene Achille Lodovisi.
- a Parma: incontro sul tema "battere il terrorismo: c'e' un'alternativa
alla guerra", alle ore 21 nella sala convegni dell'Hotel Stendhal.
Interverranno Gianni Rinaldini, F. Dradi, Jacopo Venier, Ali Rashid Khalil.
All'assemblea hanno assicurato la loro presenza numerose Comunita'
d'immigrati. Per informazioni: pdcipr@libero.it
- a Orte (VT): al liceo scientifico, con inizio alle ore 14, ottavo incontro
del corso di educazione alla pace.
- a Roma: dalla sera del 7 al pomeriggio del 9 dicembre assemblea nazionale
del MIR. Info: tel. 0173440345, e.mail: mir@peacelink.it, a.alba@areacom.it
- a Viterbo: iniziativa al teatro S. Leonardo con inizio alle ore 17,30 a
sostegno di Emergency.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 310 del 6 dicembre 2001