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Alex Zanotelli sulla guerra



Fonte: Liberazione

http://www.liberazione.it/giornale/10-11sab/lettere/LET-1+/uno.htm

L’orrore di quel voto sporco

Dalla lontana Nairobi, apprendo con profondo orrore che anche l’Italia 
ufficialmente entra in guerra. Con un voto scellerato del Parlamento, il 
tanto decantato tricolore si renderà complice e autore di morti di migliaia 
di civili, di assurde stragi, di bombardamenti su città, villaggi, su 
popolazioni inermi, ridotte alla fame da condizioni di vita disperate. Un 
voto di una gravità inaudita quello del nostro Parlamento, che colloca 
l’Italia in una pagina nera della storia del mondo, una pagina listata a 
lutto e datata mercoledì 7 novembre 2001. A lungo porteremo con noi le 
conseguenze tragiche di quel voto, perché con quel sì alla guerra, non 
soltanto avalliamo decisioni politiche partorite dall’Impero, ma perdiamo 
anche una grande occasione: quella di dire no agli orrori, quella di dare 
finalmente a questo Paese dignità e spessore in un momento così 
fondamentale per le relazioni internazionali. La mia costernazione non sarà 
mai abbastanza rispetto agli effetti che quel voto “sporco” sarà capace di 
produrre. Dai ghetti-discarica di Nairobi, dove milioni di persone vivono 
ammassate una sull’altra, dove i liquami degli scarichi fognari penetrano 
nelle baracche disegnando solchi di una puzza insopportabile, dall’Italia 
mi sarei aspettato notizie più confortanti che non uno squallido e stupido 
trionfalismo guerrafondaio. Tanto più squallido e tanto più stupido in 
quanto sostenuto da quegli esponenti del centrosinistra che sembrano aver 
dimenticato i valori dell’uomo, del vivere civile, del rispetto delle 
culture altre. E scelgono di imbracciare il moschetto. Le parole di Rutelli 
e degli altri guerrafondai della sinistra pesano come macigni sulla storia 
del nostro Paese e io mi domando: ma che sinistra è mai quella che spedisce 
i popoli all’inferno? Già prima del 13 maggio, avevo avvertito il pericolo 
che poteva provenire da una maggioranza parlamentare di centro-destra 
guidata da Silvio Berlusconi. Oggi quel pericolo è una realtà e i risultati 
sono sotto gli occhi di tutti. Gli italiani dovrebbero riflettere 
sull’affidabilità di un premier che scende in piazza a sostegno della 
guerra e su una parte consistente del centro-sinistra che arriva ad 
ossequiarlo. Mercoledì 7 novembre, l’Italia che ha detto sì alle bombe, 
nello stesso tempo ha calpestato la propria Costituzione, quella che 
all’articolo 11 dice testualmente: «L’Italia ripudia la guerra come 
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli....». Possibile che la 
gravità di questa cosa lasci indifferente il Presidente della Repubblica, 
che della Costituzione deve farsi garante? Mi giungono notizie di appelli 
alle famiglie italiane perché tengano un tricolore in casa: ma a queste 
famiglie, viene detto che quel tricolore da oggi è macchiato di sangue? Ci 
vogliono far credere che quella votata mercoledì sia una guerra necessaria, 
contro il terrorismo, uno strumento indispensabile per ridare all’Italia 
quel ruolo che le competerebbe a livello internazionale. Mai ascoltate 
tante falsità in una sola volta. Guerra necessaria è un binomio creato ad 
arte da chi pensa soltanto ai propri spudorati interessi, da chi non 
conosce le vie del dialogo e della pace, da chi non ha nessuna 
considerazione della vita umana. Ogni guerra fa stragi di civili e così 
sarà anche in questo caso. Lo sa il presidente Ciampi? Guerra al terrorismo 
è concetto altrettanto falso, perché altrimenti dovremmo combattere tutti i 
terrorismi, tutte le ingiustizie, tutte le stragi. Ma così non è. Che cosa 
dovremmo pensare, allora, di chi uccide 30-40 milioni di persone ogni anno? 
E’ il numero dei morti “dimenticati”, morti di fame, di malattie, morti in 
conflitti regionali dei quali nessuno parla, bambini morti per sfruttamento 
sul lavoro, per schavitù: il ricco occidente non può dirsi estraneo a 
queste tragedie. L’appuntamento che si è dato oggi a Roma il popolo della 
pace è di quelli da non perdere, perché far sentire alta la propria voce 
oggi contro questo vergognoso interventismo diventa più di un dovere, 
diventa, questa sì, una scelta necessaria per indicare le vie della non 
violenza, del dialogo, della giustizia. Da questa lontana terra, anche io 
griderò «non sono d’accordo». Tra qualche anno ci diranno che avevamo 
ragione. Speriamo che non sia troppo tardi.