[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
Manifesto-Appello per la pace di Samuel Ruiz, Pedro Casaldaliga e altri vescovi latinoamericani
Presentiamo il "manifesto-appello" per la pace e contro la guerra di un
gruppo di vescovi e pastori evangelici e cattolici latinoamericani
(soprattutto brasiliani) riuniti per alcune giornate di studio, riflessione
e preghiera dal 15 al 22 ottobre 2001 ad Ibiuna (stato di San Paolo). Le
parole di questi responsabili di chiese cristiane, nel momento attuale
cosi' duro e buio, carico di tanta retorica bellicista che sa di morte,
diventano un punto di riferimento. Sono parole coraggiose e profetiche, una
vera luce nella notte anche per il silenzio sconvolgente e assordante di
quasi tutte le voci autorevoli delle chiese.
Parole come queste possono risvegliare le coscienze di donne e uomini di
ogni parte del mondo perche' si uniscano in un movimento mondiale di
opinione pubblica che dica no alla guerra e spinga i governi a costruire la
pace con mezzi di pace.
(titolo originale del documento: "Clamor dos povos por justiça,
solidariadade e paz", tratto da "Correio da Cidadania", settimanale di San
Paolo (Brasile), edizione del 29/10/2001, reperibile nel sito
www.correiocidadania.com.br).
Il grido dei popoli per la giustizia, la solidarieta' e la pace
Noi, vescovi e pastori evangelici e cattolici firmatari di questo appello
abbiamo deciso di esprimere la nostra angoscia e preoccupazione davanti
all'attuale situazione internazionale.
Condanniamo qualsiasi tipo di atto terroristico, come quelli dell'ultimo 11
settembre, che hanno suscitato universale rifiuto e costernazione, per la
loro follia e per le migliaia di morti che hanno provocato, anche fra le
squadre di soccorso. Si e' udito ovunque un forte grido per la giustizia
seguito da gesti di compassione e solidarieta' "per e con" le vittime e i
loro familiari.
D'altra parte, l'indebita trasformazione del grido per la giustizia in atti
di vendetta e rappresaglia, con bombardamenti aerei contro l'Afghanistan,
e' ugualmente terrorismo praticato, ora, da governi che si presentano come
democratici, civili e cristiani.
I bombardamenti stanno provocando innumerevoli vittime innocenti, comprese
donne, bambini e anziani, distruzione di infrastrutture, crescita della
fame e della disperazione, peggioramento della situazione sanitaria, stanno
buttando sulla strada milioni di rifugiati. Si e' incentivato,
deliberatamente, un aggravamento della guerra civile fra fazioni politiche
rivali, con nuove sofferenze per la popolazione.
Oggi, il grido per la giustizia e' accompagnato da un crescente grido per
la pace che si esprime in ripetute proteste e marce contro la guerra, in
manifestazioni e celebrazioni ecumeniche e interreligiose in favore della pace.
Ci uniamo a tutte queste persone e istituzioni religiose e civili e alle
nostre comunita', per proporre, alla luce della Parola di Dio e di questo
anelito profondo dei nostri popoli, un rinnovato impegno per la giustizia e
per il dialogo, la solidarieta' e la pace. "Il frutto della giustizia e' la
pace" (Is 32,17).
La prolungata indifferenza internazionale davanti alle situazioni di
inumana miseria che colpiscono la maggior parte (in continua crescita)
della popolazione mondiale sta lasciando un'impronta di sofferenza e di
morte in tutto il mondo. Cio' genera risentimenti e rivolte contro i pochi
paesi che impongono questo nuovo ordine internazionale e che di questo
approfittano, con l'appoggio di organismi internazionali e delle loro
politiche di aggiustamento economico. Queste politiche neoliberiste stanno
provocando disastri economici e finanziari in molti paesi piegati sotto il
peso del debito estero impagabile o toccati da improvvisi movimenti e
attacchi alle monete locali da parte della speculazione finanziaria.
Si assiste al ritorno, nei paesi poveri, di malattie e epidemie come il
colera, la tubercolosi, la febbre gialla, la malaria che sembravano sotto
controllo, e al sorgere di epidemie generalizzate come quella dell'AIDS che
devastano continenti interi.
Dietro quasi tutte le guerre attuali, si muovono gli interessi di industrie
belliche e la lotta per il dominio dei mercati e per il controllo delle
risorse naturali strategiche come il petrolio e il gas.
Senza il superamento delle tensioni provocate dall'esclusione e
dall'emarginazione di grandi maggioranze, senza l'impegno concertato e
sincero per diminuire le disuguaglianze internazionali, per eliminare la
fame, il razzismo, la discriminazione contro le donne e le minoranze
etniche e religiose, per cancella re o ridurre i debiti dei paesi poveri e
per limitare la distruzione e i danni ambientali, difficilmente saranno
preparate le condizioni per una pace duratura.
"Mai piu' la guerra! Mai piu' la guerra! E' la pace che deve guidare il
destino di tutta l'umanita'. Se volete essere fratelli, lasciate cadere le
armi dalle vostre mani", fu il grido di Paolo VI, il 4 di ottobre del 1965,
di fronte all'Assemblea dell'ONU, nella citta' di New York, oggi ferita
dagli attentati.
Persone e paesi che soffrirono gli orrori e la follia della guerra senza
limiti di alcun genere che si consumo' nell'olocausto di Hiroshima e
Nagasaki possono solo unirsi alla voce e alla testimonianza di persone
sagge e pastori, come il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Oscar Romero,
martiri della giustizia, che vissero nella nonviolenza attiva, come
atteggiamento spirituale e politico.
Davanti alle moderne armi di distruzione di massa e alla guerra nucleare,
chimica o biologica, che mettono a rischio la sopravvivenza del pianeta
terra e della stessa umanita', viene a proposito solo la condanna morale,
senza perifrasi, pronunciata da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris: "…Non
e' piu' possibile pensare che, nella nostra era atomica, la guerra sia un
mezzo idoneo per ristabilire i diritti violati" (n. 67).
A quelli che oggi pretendono di giustificare la guerra ricordiamo la parola
ferma del Concilio: "Qualsiasi azione bellica che mira alla distruzione
indiscriminata di citta' intere, o di vaste regioni con i loro abitanti, e'
un crimine contro Dio e l'uomo stesso che deve essere condannato con
fermezza e senza esitazioni" (GS n.80).
Cio' che si sta spendendo nell'attuale operazione militare contro
l'Afghanistan sarebbe sufficiente per sottrarre questa nazione e molte
altre alla fame, alla miseria e alla distruzione cui sono sottomesse,
inaugurando relazioni di rispetto e cooperazione, di aiuto e solidarieta',
per non aggravare le sofferenze e piantare nuovi semi di odio e incomprensioni.
L'unico cammino per la pace e' quello del superamento delle ingiustizie e
delle divergenze, nel quadro di un dialogo guidato da istituzioni politiche
e giuridiche internazionali legittime, che dovrebbero essere piu'
rispettate e rafforzate, come l'ONU e il Tribunale
Internazionale dell'Aja, dove coloro che sono sospettati di crimini di
guerra o terrorismo dovrebbero essere condotti, giudicati e puniti, se
riconosciuti colpevoli.
Guerra e vendetta portate contro una nazione sovrana, praticamente
indifesa, in modo unilaterale e imperialista, da uno o piu' paesi, che sono
allo stesso tempo parte e giudice, distruggono i fondamenti della
convivenza internazionale e instaurano la legge della foresta e del piu'
forte, abbattendo le basi del diritto.
Una delle prime vittime della guerra e' la verita'. Le guerre moderne sono
combattute sui campi di battaglia, ma anche e soprattutto attraverso i
mezzi di comunicazione sociale. La menzogna e la manipolazione della
verita', la demonizzazione dell'avversario e l'intossicazione della
popolazione con desideri di vendetta e odio rendono difficili i negoziati,
il dialogo e la restaurazione della concordia e della pace.
Denunciamo e condanniamo, con tutta la forza, la caricatura che si sta
diffondendo della fede islamica e del mondo arabo, e che trasforma in
oggetto di sospetto persone, popoli e religioni. Ad essi chiediamo perdono
per la ingiusta offesa che gli viene arrecata loro dall'occidente. Questo
aggrava solo i fraintendimenti, fomenta i preconcetti e aumenta le tensioni
internazionali.
Uno sguardo su noi stessi e sulla situazione che viviamo ci invita ad un
atteggiamento di ascolto, di preghiera, ma anche di deciso impegno nella
ricostruzione della giustizia e della pace che comincia nella nostra vita
quotidiana, attraverso gesti contro le ingiustizie e le disuguaglianze, i
preconcetti e le discriminazioni, per mezzo di atteggiamenti di compassione
per e con i poveri e i piccoli, di lotta per politiche sociali includenti e
per un nuovo ordine internazionale.
La giustificazione della guerra non e' ne' umana ne' evangelica e Gesu'
pone fra le beatitudini quella che siamo chiamati a realizzare in questo
momento, quella dei costruttori di pace: "Felici quelli che promuovono la
pace, perche' saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).
D. Mose' Joa~o Pontelo; D. Mario Clemente Neto; D. Franco Masserdotti; D.
Mauro Montagnoli; D. Xavier Gilles de Maupeou d'Ableiges; D. Apparecido
Jose' Dias; D. Elias James Manning; D. Luis Fernandes; D. Eugenio Rixen; D.
Antonio Batista Fragoso; D. Luis D'Andrea; D. Jose' Maria Pires; D. Pedro
Casaldaliga; D. Heriberto Hermes; D. Tomas Balduino; D. Esmeraldo Barreto
de Farias; D. Adriano Ciocca Casino; Mons. Pedro Olmedo; Mons. Marcelino
Palentini; Mons. Raul Vera; Mons. Samuel Ruiz; Mons. Hermenegildo Ramirez;
Mons. Alejo Zavala; Dom Lui's Deme'trio Valentini; Dom Andre' de Witte; D.
Almir dos Santos; Rev. Rolf Schunemann; D. Sebastia~o Armando Gameleira Soares.
Ibiuna (SP, Brasile), 20 ottobre 2001
(traduzione dal portoghese a cura di Luca Spegne)