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Di pietro e i traffici di droga in afghanistan



molto interessante la parte sul Pakistan e la droga afhgana

 >-----Original Message-----
 >From: Antonio Di Pietro [mailto:newsletter@antoniodipietro.org]
 >Sent: Wednesday, October 31, 2001 2:44 PM
 >To: undisclosed-recipients
 >Subject: Messaggio dal Movimento Antonio Di Pietro
 >
 >
 >Insieme con Di Pietro
 >---------------------------------------------------------------------
 >
 >NEWSLETTER DIPIETRO2001
 >1 novembre 2001
 >
 >***********************************
 >LA CAMPAGNA CONTRO LA MAGISTRATURA
 >I SIGNORI DELLA DROGA
 >***********************************
 >
 >Cari amici,
 >
 >innazitutto una comunicazione di servizio: entro qualche giorno,
 >tramite il sito "http://www.antoniodipietro.org", i navigatori
 >di tutti
 >i distretti telefonici italiani potranno usufruire di una nuova
 >connessione gratuita alla rete internet. Si tratta di un accesso
 >di alta qualita', con linee libere e con modalita' di iscrizione
 >estremamente semplici.
 >Oltre alla qualita' della connettivita' su tutta la rete, il servizio
 >permettera' di accedere al sito "www.antoniodipietro.org" in modo
 >diretto. Cio' produrra' indubbi vantaggi per il nostro movimento in
 >quanto consentira' di costruire una sorta di intranet tra gli
 >aderenti alle NewsLetter e rendera' tecnicamente facili e veloci
 >nuove future soluzioni di comunicazione, come ad esempio le
 >videoconferenze e i dibattiti on line.
 >Chi scegliera' di connettersi, dovra' entrare nel sito
 >"www.antoniodipietro.org", cliccare sull'icona
 >"http://www.freeitalia.it"
 >e seguire la semplice procedura per la registrazione on line.
 >Ringrazio coloro che vorranno aderire a questa iniziativa.
 >
 >LA CAMPAGNA CONTRO LA MAGISTRATURA
 >Prima di raccontarvi cosa ho visto in Pakistan, permettetemi ora
 >di fare alcune considerazioni sulla campagna sistematica di
 >delegittimazione della magistratura, denunciata di recente dal
 >Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Gennaro.
 >Non solo cio' e' vero ma addirittura si conoscono  nomi e cognomi
 >dei principali protagonisti. Siccome c'e' ancora qualcuno che fa lo
 >gnorri e dice di "tirare fuori i nomi", ecco i primi.
 >Sono diversi e vanno divisi per categorie, a seconda degli interessi
 >sottostanti alle ragioni per cui l'hanno fatto. Per alcuni di questi
 >(ma sono disposto a farli tutti nelle opportune sedi istituzionali),
 >il patteggiamento ottenuto dagli esecutori (vedi il caso di Corticchia
 >e Strazzeri ai quali e' stata applicata la pena di anni uno e mesi
 >otto di reclusione dal Tribunale di Brescia in data 22.9.99) ha
 >impedito di scoprire i mandanti (anche se qualsiasi persona abbia
 >letto gli atti processuali puo' essersene fatta un'idea).
 >Per altri (vedi il caso di Bettino Craxi) l'intervenuto decesso suo e
 >dell'ex capo della Polizia Parisi ha impedito di conoscere le ragioni
 >per cui sarebbero stati disposte illegittimamente indagini e
 >acquisizioni di tabulati telefonici di un magistrato del Pool Mani
 >Pulite (come riconosciuto dall'ordinanza del giudice di Brescia del
 >6.10.98 e come risulta dalla relazione del Comitato parlamentare per
 >i servizi di informazione del 5.3.96).
 >Per altri ancora - ed e' il caso di Silvio Berlusconi e di Cesare
 >Previti - se qualcuno vuole saperne di piu' potrebbe andare a
 >rileggersi la sentenza del 18.2.99 n.ro 105/99 del Gip di Brescia,
 >specie alle pagg. 25-30, laddove si afferma che "...risulta
 >per tabulas
 >che proprio il Berlusconi ed il collega di partito Previti Cesare
 >sospinse  il dichiarante a parlare con la Procura di Brescia
 >utilizzando ogni mezzo e facendo leva sull'antico rapporto di lavoro
 >subordinato e sullo stato di dipendenza finanziaria e psicologica
 >in cui trovavasi..."  oppure laddove precisa che  il dichiarante ha
 > "...volutamente alterato i contenuti reali della vicenda...
 >strumentalizzandola in chiave denigratoria ...per il soddisfacimento
 >dei propri urgenti bisogni economici ed in favore ...dell'onorevole
 >Silvio Berlusconi..." Ovviamente sono disponibile ad integrare nomi
 >e riscontri, con atti giudiziari e non.
 >Per uno spunto di riflessione ulteriore circa i tentativi di
 >mistificare la realta' vi segnalo la faziosita' di certe affermazioni
 >riportate proprio oggi sul quotidiano "Libero" di Vittorio Feltri.
 >Il "fondo" dell'editoriale riporta l'affermazione secondo cui, da
 >magistrato,  io non avrei indagato "sul PCI che ha governato con il
 >PSI a Palazzo Marino", insomma che non avrei indagato nemmeno sulla
 >sinistra milanese.
 >In una intervista al ministro  Giovanardi, costui afferma  che solo
 >ora mi sarei ricordato "di chiedere al PCI che fine ha fatto il
 >famoso miliardo di Gardini", insomma che all'epoca non feci (anzi
 >non volli fare, il che e' peggio)  indagini per scoprirlo.
 >Mi sono subito passati per la mente i nomi di Sergio Soave, Luigi
 >Carnevali, Cappellini, Pollastrini, e tanti altri:  insomma i nomi
 >dei segretari cittadini e provinciali dell'allora PCI milanese
 >inquisiti e arrestati e quelli dei  responsabili delle cooperative
 >rosse e dei membri dei consigli di amministrazione delle societa'
 >pubbliche milanesi pure essi inquisiti ed arrestati. Mi sono venute
 >in mente anche le udienze del processo Cusani e le mille indagini
 >da me fatte per arrivare al destinatario del famoso miliardo
 >"gardiniano" a Botteghe Oscure, culminate con la mia richiesta di
 >interrogare in pubblica udienza (dopo aver interrogato Visco)
 >Occhetto e D'Alema, richiesta disattesa dal Tribunale di Milano.
 >Spero anche Voi possiate avere il "vizio della memoria", come me.
 >
 >I PADRONI DELL'AFGHANISTAN: I TRAFFICANTI DI DROGA
 >E veniamo al Pakistan. Vorrei segnalare un aspetto - che ho avuto
 >modo di constatare personalmente - da non trascurare per una corretta
 >valutazione sulla situazione laggiu'. Arrivo subito al punto, senza
 >tanti giri di parole: i veri padroni del territorio afgano - e
 >quindi i veri nemici da sconfiggere - non sono tanto i "talebani"
 >in se' e per se', quelli cioe' che hanno scelto un modo di vivere
 >"arretrato" ed incolto e che piu' che bombardati dovrebbero essere
 >rieducati. I veri padroni sono invece i "signori del commercio
 >della droga e delle armi" (e Bin Laden ne e' solo un esempio,
 >seppure il piu' appariscente).  Costoro gestiscono un enorme traffico
 >di eroina (secondo le stime dell'ONU, nel solo anno 2000 sono stati
 >prodotti in Afganistan circa 4.500 tonnellate di pani di oppio), e
 >fabbricano e vendono armi di tutti i tipi a destra e a manca, ai
 >talebani ed agli anti-talebani.
 >E' chiaro che con interessi economici sottostanti cosi' enormi e'
 >difficile costruire la pace e rimettere ordine in quella zona se
 >prima non si sradica la criminalita' che la governa.
 >Diciamo subito che il fenomeno della coltivazione dell'oppio in
 >Afganistan non nasce con i Talebani ma e' una situazione che essi
 >hanno "ereditato" e che hanno dovuto gestire. Per ragioni storiche e
 >per tradizione che si perde nella notte dei tempi, la coltivazione
 >dell'oppio da parte dei contadini afgani e' come quella del grano
 >da noi o dei capperi a Pantelleria: una fonte di sopravvivenza e
 >di guadagno. Con l'esplosione del mercato della droga in Occidente,
 >i contadini, in applicazione del tanto vituperato principio
 >capitalistico della domanda e dell'offerta, hanno nel tempo
 >aumentato la produzione.  Insomma in Afganistan la coltivazione
 >dell'oppio e' perfettamente legale (o almeno lo e' stato fino
 >al 2000, come vedremo) e nessuno per molti anni - e fino alla
 >costituzione di un apposito Ufficio delle Nazioni Unite (l'UNDCP)
 >- si e' preoccupato di andare alla radice del problema,
 >incentivando la riconversione agricola con sovvenzioni specifiche
 >ai contadini per fare in modo che non trovassero piu' conveniente
 >coltivare oppio. Si puo' quindi stabilire un primo punto certo
 >(anche se in questi giorni di odio collettivo verso l'Afganistan
 >si sono sentite spesso versioni diverse): in origine, non sono stati
 >i talibani ad organizzare il mercato della droga). Anzi, con il
 >loro arrivo - e solo dopo il loro arrivo, si badi bene - mi ha
 >segnalato Bernard Frahi (responsabile dell'UNDCP)  "e' stato possibile
 >per l'ONU effettuare delle ricognizioni sul posto per monitorare i
 >campi coltivati ad oppio ed iniziare alcune sperimentazioni di
 >riconversione agricola in almeno quattro province afgane".
 >La produzione accertata dell'oppio, dopo l'impennata del 1999, e'
 >crollata e nel 2001 si e' quasi azzerata. Questo e' un dato di fatto
 >certo (perche' accertabile ed accertato visivamente anche via
 >satellite) e da esso bisogna partire per capirne le ragioni.
 >E' infatti dalla corretta interpretazione che si dara' a questo
 >dato oggettivo che si potra' trovare la giusta "pista" per la lotta
 >al narcotraffico nel prossimo futuro. Non lo dico solo io ma qui
 >in Pakistan proprio in questi giorni c'e' un'intensa attivita'
 >di "servizi segreti" di mezzo mondo per capire il fenomeno.
 >Le "scuole di pensiero" sono due:
 >1. Secondo le analisi dell'UNDCP l'azzeramento della produzione
 >dell'oppio e' avvenuto perche' - mi riferisce sempre Bernard Frehi -
 >"il fondamentalismo islamico ha colpito anche i coltivatori
 >dell'oppio". I Talibani, infatti, estremizzando all'inverosimile
 >i precetti del Corano, non hanno solo ridotto in schiavitu' le donne
 >ed annullate molte liberta' fondamentali dell'individuo, ma - come
 >mi fa notare Hagi Isachegi, un capo religioso della moschea di
 >Guijranwala - combattono anche il traffico della droga, considerato
 >- al pari del fumo e dell'alcool - causa di perdizione e di infedelta'
 >ad Allah". Per questa ragione il leader dei talibani, Mullah Mohammed
 >Omar ha emesso nel giugno del 2000 un editto con cui ha messo al bando
 >la coltivazione dell'oppio. I risultati non si sono fatti attendere.
 >Bisogna sapere, infatti, che l'oppio si semina in autunno e si
 >raccoglie
 >in primavera. A seguito della proibizione del giugno 2000, i contadini
 >non hanno potuto coltivare i campi il successivo autunno e quest'anno
 >non c'e' stato percio' quasi piu' raccolto.
 >2. Viceversa, secondo la relazione riservata del "Gruppo di Dublino"
 >(cosi' denominato a seguito di una importantissima riunione di esperti
 >e di addetti ai Servizi Antidroga di una quindicina di paesi
 >occidentali
 >avvenuta il 27 marzo di quest'anno) la ragione vera per cui i Talibani
 >hanno vietato la coltivazione del papavero da oppio sarebbe
 >meramente commerciale. E' stato infatti stimato (e la DEA
 >americana e i Servizi
 >Segreti di molti paesi europei l'hanno confermato) che nel corso di
 >questi ultimi anni in Afganistan la produzione dell'oppio e'
 >stato cosi' abbondante che il prezzo all'ingrosso e' crollato.
 >Per "mantenere"
 >accettabile il prezzo delle transazioni si e' allora prima proceduto
 >ad un massiccio stoccaggio (tanto che ora nei magazzini dei mercanti
 >afgani vi sarebbero scorte per far fronte al fabbisogno di eroina
 >in Europa per almeno tre anni) e poi appunto all'inibizione della
 >coltivazione. In effetti, come mi fa notare Bernard Frahi (e come
 >mi hanno confermato diversi contadini rifugiati nei campi profughi)
 >"il prezzo di compravendita e' oscillato molto in questi ultimi
 >due anni ed ha risentito sia della crisi internazionale in cui
 >e' piombato l'Afganistan che della quantita' di raccolto, a seconda
 >dell'annata.
 >Nel 1999 il prezzo pagato ai contadini era di 50 dollari al chilo.
 >All'inizio del 2000 solo di 30 dollari ma dopo l'editto di Omar del
 >27 luglio di quell'anno che metteva al bando tale tipo di
 >coltivazione (con severe pene detentive per chi non si adeguava)
 >il prezzo dell'oppio e' salito dapprima a 100 dollari e poi fino
 >a 200/300 dollari al chilo. Addirittura, nel marzo 2001, al momento
 >del (mancato) raccolto il prezzo e' arrivato ad oltre 600 dollari
 >al chilo per poi attestarsi nell'estate di quest'anno e fino
 >all'attentato delle Torri Gemelli intorno ai 400/500 dollari".
 >In pratica nel 2001 l'Europa e' stata rifornita dall'eroina raffinata
 >dall'oppio proveniente dagli stoccaggi effettuati negli anni
 >precedenti dai grossisti.
 >Ma come fa l'oppio ad arrivare dall'Afganistan in Europa sotto forma
 >di eroina? Il percorso puo' ora essere ricostruito con dovizie di
 >particolari, incrociando le molteplici informazioni che si possono
 >acquisire sul posto.
 >La quasi totalita' dell'oppio afgano viene commercializzato alla
 >luce del sole in due mercati (che in gergo vengono chiamati "Banche
 >dell'oppio"): quello della citta' di Ghani Khel  nella provincia
 >di Nangarhar e quello di Sanguine nella provincia di Helmand
 >(e cio' perche' negli anni passati queste erano le due maggiori
 >province ove si coltivava oppio). Trattasi di mercati veri e propri
 >ove i "pani di oppio" estratti dal papavero si vendono insieme al
 >riso o ai pomodori. Qui ci sono dei piccoli grossisti che acquistano
 >e pagano i contadini che - con asini, carretti e piccoli  trattori
 >portano l'oppio a vendere. C'e' anche un servizio a domicilio, nel
 >senso che alcuni grossisti si fanno carico di andare a ritirare i
 >pani di oppio direttamente nelle campagne.
 >Una volta completata la raccolta dell'oppio nei due mercati di
 >Ghani Khel e Sanguine, termina la "parte visibile" (e fino al 2000
 >legale) della produzione della droga. I commercianti all'ingrosso
 >di questi due mercati sono circa 200, tutti noti e conosciuti ed
 >esiste una lista seppure informale di essi (una specie di "pagine
 >gialle"). Anch'io, nel mio breve soggiorno a Islamabad sono venuto
 >in possesso di alcuni elenchi. Incredibile a dirsi fino ad oggi
 >nessuna Autorita' ha mai fatto nulla per seguire i loro contatti
 >e le loro attivita' a valle degli acquisti ne' per individuare
 >i depositi da loro adibiti a stoccaggio. Eppure e' "a valle"
 >che i rapporti diventano illegali e pericolosi per lo spaccio
 >della droga in Europa. Questa "defaiance" viene ammessa anche
 >dai funzionari ONU sul posto, i quali, pero', fanno rilevare
 >che essi non hanno "gli strumenti necessari, ne' investigativi,
 >ne' legislativi, ne' giudiziari per potersene occupare".
 >I mercanti afgani vengono, a loro volta, raggiunti dai trafficanti
 >internazionali di eroina che provengono per lo piu' dal Pakistan
 >e dall'Iran e quelli importanti possono contarsi sul palmo delle mani.
 >E' vero che ogni tanto qualche trafficante viene arrestato ma per lo
 >piu' trattasi di "solisti" che vengono "venduti" alla Polizia per
 >farla "contenta" e per una sorte di tacito accordo di non
 >belligeranza.
 >I veri trafficanti sono pakistani noti ma cosi' potenti da essere
 >intoccabili. Tutti qui sanno e sussurrano, ad esempio, che - specie
 >durante l'occupazione sovietica in Afganistan - il Pakistan ha
 >favorito piuttosto che combattuto il traffico della droga.
 >Addirittura e' notorio qui - ed a me l'ha riferito un generale
 >in pensione che mi ha chiesto di mantenere l'anonimato - che
 >"l'ISI, il servizio segreto pachistano, organizzava carovane di
 >camion e riempiva aerei di droga per acquistare armi da destinare
 >alla resistenza pachistana" (e quindi anche ai talebani) per
 >contrastare i sovietici.
 >Piu' in particolare, in Pakistan vi sono stati nel corso degli
 >anni "traffici di Stato" destinati a finanziare la guerriglia
 >afgana e "traffici di privati favoriti da funzionari di Stato
 >corrotti".
 >Per rendermi conto personalmente di come avviene la compravendita
 >della droga mi sono recato "dall'altra parte", nella famigerata
 >"tribal area", una specie di "terra di nessuno" a ridosso fra
 >il confine pachistano e quello afgano in mano ai trafficanti di
 >droga e di armi e dove nemmeno gli eserciti locali si azzardano
 >ad entrare. Ci sono voluti tre giorni per programmare il tutto.
 >Partiamo io e Bernard Frahi il giovedi', di prima mattina,
 >opportunamente scortati. Dopo l'ultimo posto di blocco pachistano,
 >entriamo attraverso una stretta gola montagnosa in una zona collinare
 >con ampi altipiani desertificati. Il paesaggio e' da Far West.
 >Non ci sono piu' baracche, tende o accampamenti ne' la miriade
 >di vite umane che si aggira nel Pakistan ufficiale.
 >Qui si vedono solo tanti di fortini, tutti recintati da mura alte 4-5
 >metri e con minacciosi uomini armati all'ingresso.
 >Quasi nessuno per strada. Solo, di tanto in tanto, giovanotti
 >armati fino ai denti (anche con tre, quattro fucili in spalla,
 >kalashnikoff ovviamente) che sostano o camminano per i cigli delle
 >strade (che poi sono solo specie di mulattiere di terra battuta).
 >Eppure deve esserci vita all'interno dei fortini perche' in
 >lontananza,
 >lungo il fiume si intravedono sagome di donne in "burqua" con enormi
 >recipienti per il trasporto dell'acqua sulla testa.
 >Non ci sono fabbriche ne' campi coltivati e si capisce subito che
 >l'economia della zona e' costituita da qualche altra attivita':
 >un'attivita' che non si deve vedere, altrimenti non si spiegherebbero
 >tutte quelle strane recinzioni.  All'improvviso, dopo qualche ora
 >di viaggio, ci appare "Barra market". Appunto un mercato in mezzo
 >al nulla, pieno zeppo di uomini armati e di mercanzie orientali.
 >All'ingresso, un gruppo di bambini che vendono in una cesta
 >proiettili di tutti i tipi (anche usati e ricaricati).
 >Ci portiamo all'interno di un cortile e chiediamo dove possiamo
 >trovare dell'hascish e dell'oppio. Ci indirizzano in un bugigattolo
 >li' di fronte. Uno dei tanti. Entriamo io e Frahi. Di fronte a noi,
 >dietro ad una specie di bancone, un commesso con a fianco il suo
 >angelo custode armato. Ci mostra subito una pila di pacchetti di
 >hashish da circa un chilo ciascuno. "buon prezzo, buon prezzo",
 >ci rassicura subito. "Quanto?", chiediamo noi. E lui di rimando:
 >"4000 rupie" (circa 60 dollari al chilo). "E se dovessimo
 >prenderne un paio di quintali?" ."Anche 3000 rupie, ma solo fino
 >al nostro confine." Mentre io faccio finta di analizzare l'haschish,
 >aprendo pacchi e annusando la sostanza, Frahi prende la palla
 >al balzo e chiede se ha oppio da vendere. "Certo, certo" replica
 >l'uomo che abbiamo di fronte e comincia ad estrarre da sotto un
 >telo dei pani di oppio. "Il costo?" chiedo io. "400 dollari al chilo"
 >mi risponde.  Cerco di conoscere piu' a fondo il sistema e mi rivolgo
 >al mio interlocutore: "ma ci deve pur essere uno qui in zona, che
 >governa ogni cosa?" chiedo. "Si, piu' di uno ma il piu' potente
 >e' Afready  che non e' qui a Barra ma a Lanticotal".
 >Decidiamo di andarci. Attraversiamo per circa un'ora altri altopiani
 >pieni zeppi di fortini. Per strada incontriamo diversi posti
 >di blocco controllati a vista da uomini armati fino ai denti.
 >Arriviamo
 >a Lanticotal verso mezzogiorno. All'ingresso del paese c'e' una
 >maestosa villa fortificata come una prigione. E' circondata da una
 >recinzione enorme che si estende per ettari. Tutt'intorno, uomini
 >armati. Parecchie antenne satellitari sono puntate verso il cielo.
 >"E' la casa di Afready", mi dice l'autista. Un altro accompagnatore
 >aggiunge: "sapete, a lui la mafia russa ha anche offerto in vendita
 >dell'uranio per le bombe atomiche". "Possiamo fermarci?" azzardo io.
 >"No, e' pericoloso, meglio allontanarci", mi viene risposto.
 >"Ma non e' forse meglio attaccare queste postazioni piuttosto
 >che scaricare bombe a grappolo sulla popolazione afgana" sospiro
 >ad alta voce. Frahi annuisce sconfortato.
 >
 >Spero di non avervi tediato molto con questa testimonianza, che
 >vuole essere solo un contributo ad una serena riflessione sugli
 >enormi interessi che si muovono dietro l'affare "Afganistan"
 >(e senza nulla togliere sia al giusto diritto degli Stati Uniti
 >a combattere i terroristi che hanno buttato giu'  le Torri Gemelle
 >che quello della affamata e disperata popolazione afgana che non
 >puo' essere considerata tutta una banda di criminali ma che anzi
 >troppo spesso e' stata considerata solo terra di conquista).
 >
 >Antonio Di Pietro
 >(www.antoniodipietro.org)
 >
 >
 >
 >
 >
 >
 >
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 >Insieme con Di Pietro
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