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La nonviolenza e' in cammino. 272
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 272 del 29 ottobre 2001
Sommario di questo numero:
1. Fermare la guerra subito
2. Ingeborg Bachmann, dall'alto
3. Amelia Alberti, in quali mani siamo?
4. Una lettera di Enrico Peyretti al presidente Ciampi
5. Massimiliano Pilati: "ascoltare e parlare", l'esempio dei Centri di
orientamento sociale
6. Tonino Bello presenta "Pax Christi"
7. Norberto Bobbio, l'assedio della mafia alla democrazia
8. Franco Fortini, comunismo
9. Premio di laurea "Aldo Capitini"
10. L'osservatorio europeo sulla legalita' "Giovanni Falcone" di Monopoli
11. Letture: Ernesto Balducci, L'Altro
12. Letture: Jeremy Rifkin, Il secolo biotech
13. Letture: Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri
14. Riletture: Franco Fornari, Psicanalisi della situazione atomica
15. Riletture: Eugenio Garin, Con Gramsci
16. Riletture: Virginia Vacca (a cura di), Vite e detti di santi musulmani
17. Da tradurre: Christian Mellon et Jacques Semelin, La non-violence
18. Per studiare la globalizzazione: da Veronica Vaccaro a Mordechai Vanunu
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'
1. IL PUNTO. FERMARE LA GUERRA SUBITO
Possibile che non ci si renda conto? Occorre fermare la guerra subito.
Le stragi si aggiungono alle stragi, la violenza alimenta la violenza,
l'area investita dal conflitto si allarga sempre piu', i piani onnicidi dei
terroristi si vanno adempiendo.
Ogni giorno che passa nuove vittime si aggiungono alle vittime, nuovi
disperati si aggiungono ai disperati pronti a tutto, il terrorismo dei
gruppi criminali e degli stati ingigantisce e tutto travolge e divora.
Occorre fermare la guerra subito.
Occorre ripristinare il diritto internazionale, la legalita', il rispetto
della vita umana. Occorre difendere la civilta' umana, mai cosi' in pericolo
dalla fine della seconda guerra mondiale.
Occorre fermare la guerra, subito.
2. MAESTRE. INGEBORG BACHMANN: DALL'ALTO
[Da Ingeborg Bachmann, Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994,
Mondadori, Milano 1999, p. 89.
Scrittrice e poetessa austriaca (Klagenfurt 1926 - Roma 1973) di
straordinaria bellezza e profondità, la meditazione di Ingeborg Bachmann
costituisce un contributo di grande valore per una cultura della dignita'
umana. Opere di Ingeborg Bachmann: versi: Il tempo dilazionato; Invocazione
all'Orsa Maggiore, SE, poi Mondadori; Poesie, Tea. Racconti: Il trentesimo
anno, Feltrinelli, poi Adelphi; Tre sentieri per il lago, Adelphi, poi
Bompiani. Romanzi: Malina, Adelphi. Saggi: L'elaborazione critica della
filosofia esistenzialista in Martin Heidegger (tesi di laurea); Ludwig
Wittgenstein; Ciò che ho visto e udito a Roma; I passeggeri ciechi;
Bizzarria della musica; Musica e poesia; La verità è accessibile all'uomo;
Il luogo delle donne, Edizioni delle donne. Radiodrammi: Un affare di sogni;
Le cicale, "Sipario"; Il buon Dio di Manhattan, Il Saggiatore. Libretti:
L'idiota; Il principe di Homburg; Il giovane Lord. Discorsi: Luogo
eventuale. Prose liriche: Lettere a Felician. Opere complete: Werke, 4
voll., Piper. Interviste e colloqui: Interview und Gespräche, Piper]
Dall'alto non giungeva alcun sogno.
3. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: IN QUALI MANI SIAMO?
[Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di Legambiente (per
contatti: volerete@libero.it)]
In queste guerre lontane, i morti non sono proprio morti, i feriti non li
sentiamo soffrire (vediamo i telegiornali masticando spaghetti o bistecca),
le immagini della violenza vera si confondono irrimediabilmente con i
fotogrammi del film di violenza appena terminato o che comincera' subito
dopo. "La vita continua", ci incoraggiavano dopo l'11 settembre. Adesso non
occorre gia' piu' incoraggiare nessuno.
Sempre piu' intricata la rete dei mandanti, di questa guerra dai troppi
fronti, che per dovere di solidarieta' ci aveva obbligato ad accettare che
l'unico mandante fosse Bin Laden, crudele (ma soprattutto ingrato) nemico
dell'Occidente. Riflettendo meglio, sono venuti a galla anche gli interessi
dei trafficanti di droga, dei petrolieri, dell'industria farmaceutica, della
ricerca scientifica e delle biotecnologie, che da questa orribile storia
possono ricavare danni o guadagni abissali. A quest'ultimo proposito, di
oggi, sui quotidiani, alcune informazioni sullo stato di avanzamento
sorprendentemente avanzato della ricerca anti-antrace, negli Stati Uniti.
*
"Secondo le notizie disponibili, solo tre paesi possono aver prodotto
antrace nella sua forma specifica di arma batteriologica: l'ex Unione
Sovietica, l'Iraq e gli Stati Uniti. Una analisi approfondita delle varianti
del batterio e dell'associazione con il suo additivo potrebbe portare a una
identificazione della vera sorgente. Una sensazione non esplicitata ma che
corre sotto traccia negli Stati Uniti e' che difficilmente si tratta di
antrace dell'Iraq o dell'ex Unione Sovietica. Pare piuttosto che la
provenienza vada cercata in un laboratorio americano, anche se le armi
batteriologiche gia' da molti anni (1975) sono state messe al bando da
trattati internazionali. Dei due articoli anticipati come pre-print che
portano informazioni effettivamente inedite, il primo ha come principale
firma quella del biologo Bradley e riguarda il meccanismo con cui il
Bacillus anthracis attacca le cellule umane. Il Bacillus anthracis secerne
una tossina costituita da tre diverse proteine: un antigene protettivo (PA),
un fattore causa di edema (OF) e un fattore letale (LF), quello che,
appunto, determina i danni emorragici uccidendo la persona infettata.
Bradley e i suoi colleghi - si legge nell'articolo anticipato da "Nature" -
hanno clonato il recettore umano dell'antigene PA, cioe' la "porta" della
cellula umana alla quale si fissa la proteina protettiva: e cio' apre la
strada a una terapia piu' promettente di quelle attualmente disponibili. In
risposta alla guerra batteriologica dei terroristi si profila dunque una
controffensiva scientifica. Questa controffensiva si gioca tutta sul campo
delle biotecnologie. Un settore della ricerca controverso e discusso da
parte di vari gruppi ambientalisti (non tutti) trova quindi una inattesa
legittimazione patriottica".
Da "La Stampa" del 28 ottobre.
*
Come mai, ci domandiamo, uno stato cosi' sorprendentemente avanzato della
ricerca, se dell'antrace naturale si era persa la memoria, e dell'antrace
come arma chimica si era proibita la produzione? Che cosa succede nei
laboratori specializzati dei centri di ricerca delle grandi potenze della
biotecnologia? In che mani siamo? Quale spietatezza le guida?
4. RIFLESSIONE. UNA LETTERA DI ENRICO PEYRETTI AL PRESIDENTE CIAMPI
[Enrico Peyretti e' una delle piu' autorevoli voci della cultura della pace.
Per contatti: peyretti@tiscalinet.it, o anche: enrico.peyretti@tin.it]
No, signor Presidente Ciampi,
chi fece la guerra con Mussolini e Hitler poteva essere in buona fede per
ignoranza e maleducazione civica, ma non era per la Patria, per la sua
liberta' e unita', e - cio' che piu' conta - non era per l'umanita' libera e
giusta.
Chi fece quella scelta ha la nostra pieta', ma non possiamo rendergli onore,
meno che mai possiamo equipararlo ai Resistenti.
La sua scelta era sbagliata non perche' fu perdente, ma perche' ingiusta,
percio' e' ingiusto difenderla e giustificarla. Non confondiamo valori e
disvalori.
La riconciliazione nazionale puo' avvenire solo nella verita' dei fatti e
dei valori, quelli custoditi nella nostra bella Costituzione, che e' l'unica
base di riconciliazione chiara, da difendere di fronte alla nuova ignoranza
e maleducazione.
Con vivi ossequi
Enrico Peyretti, cittadino non rassegnato
5. RIFLESSIONE. MASSIMILIANO PILATI: "ASCOLTARE E PARLARE", L'ESEMPIO DEI
CENTRI DI ORIENTAMENTO SOCIALE
[Massimiliano Pilati e' impegnato nel Movimento Nonviolento e nel Bologna
Social Forum. Per contatti: pilati73@libero.it. Come e' noto la nostra
redazione non condivide il lusinghiero giudizio qui espresso sui Social
Forum, che ci sembrano invece portatori anche di molte e gravi ambiguita'
(si vede la nostra premessa al testo di autorevoli membri della Rete
Lilliput nel notiziario di ieri)]
Il G8 di Genova, oltre a portare agli occhi di tutti un certo tipo di
violenza istituzionale e non, ha causato indirettamente la formazione di
nuovi tipi di aggregazione politica.
Dove prima esistevano collettivi, gruppi e coordinamenti politici, ora ci
sono i Social Forum. Nati con lo spirito di Porto Alegre e di "un altro
mondo e' possibile" e' indubbio che siano i nuovi soggetti politici
antagonisti del momento.
I Social Forum sono, almeno sulla carta, quei luoghi dove la societa' civile
ha la possibilita' di riappropriarsi della vita politica, dove non si delega
il tal partito politico ma si agisce in prima persona; in poche parole la
chiamiamo "democrazia partecipativa".
Recentemente parlando dei Social Forum e della mia esperienza in quello di
Bologna con alcuni compagni del Movimento Nonviolento, uno di loro mi ha
detto: "concettualmente mi ricordano molto i C. O. S. di Aldo Capitini".
Ora, avendo solo sentito accennare occasionalmente a questi C .O. S.,
tornato a casa sono andato a cercare nella mia biblioteca uno scritto dello
stesso Capitini: "origine, caratteri e funzionamento dei C. O. S., centri di
orientamento sociale".
Ebbene, praticamente c'e' tutto lo spirito di Porto Alegre, solo che e'
un'esperienza concreta esistita in paesi e cittadine italiane piu' di
cinquanta anni fa.
Siamo nel luglio del 1944 in una Perugia appena liberata dall'oppressore
nazista e un gruppo di intellettuali, di antifascisti e di giovani
partigiani si trova per cercare di dare continuita' all'esperienza dei
Comitati di liberazione nazionale (C.L.N.).
E' in questa occasione che Aldo Capitini propone la formazione dei Centri di
Orientamento Sociale (C. O. S.), per cercare di dare un "terzo ordine" allo
stato di disorientamento generale dopo la liberazione.
Il C.O.S. di Perugia (il cui motto era "ascoltare e parlare") era un
esperimento di assemblea partecipativa bisettimanale per discussioni aperte
a tutti, su tutti i problemi amministrativi e politici, alla quale venivano
invitati per ascoltare e parlare dirigenti di partiti, amministratori ed
esperti di ogni tendenza. In quel particolare momento politico i C. O. S.
ebbero successo e si diffusero in Umbria e in alcune cittadine e paesi
d'Italia. In una delle due riunioni settimanali si trattavano i problemi
prettamente locali di carattere amministrativo (come ad esempio
l'asfaltatura delle strade, l'illuminazione pubblica, l'acqua potabile) e si
discuteva di questo con gli amministratori. Tutti potevano parlare e dire la
loro. Chiaramente i C. O. S. non deliberavano e non avevano potere
decisionale, pero' erano un modo di migliorare la consapevolezza e
l'importanza di ogni singolo cittadino. Ma soprattutto, grazie alla stesura
di documenti e di prese di posizione i C. O. S. cercavano di "orientare"
certe scelte amministrative. Si riusciva, grazie alla presenza delle
autorita', a far esporre loro i provvedimenti amministrativi e per contro a
dare i suggerimenti, le idee, le critiche e le domande dell'assemblea. Si
cercava in pratica di attuare una democratica trasparenza
dell'amministrazione pubblica. Altro scopo di questo tipo di assemblea era
quello che i capi politici e gli amministratori riconoscessero la suprema
autorita' al popolo e non alla scala gerarchica.
La seconda assemblea settimanale riguardava argomenti di carattere politico,
sociale, ideologico, culturale e religioso, e intorno a questi argomenti e
avvenimenti attuali erano chiamati a trattare il tema dei relatori per poi
discutere e se necessario formare dei gruppi di lavoro (che allora
chiamavano "commissioni").
Capitini scrive che era un "scoprirsi collettivita'".
Ma ecco , in breve, come lo stesso Capitini presentava anni dopo lo spirito
dei C. O. S.: "Perche' se uno Stato, piccolo o grande che sia non fa nessuna
differenza, e' tutto animato e decentrato in queste libere assemblee di
popolo che discute i problemi della propria amministrazione e quelli
dell'orientamento politico, assemblee in ogni rione, in ogni villaggio,
aperte a tutti, al popolo anonimo e quindi soprattutto ai "minori" (nome del
partito del popolo assunto da San Francesco), si svolge una specie di
pacifica mobilitazione permanente sul piano del ragionamento e della
persuasione, che educa al piacere dell'ascoltare del comprendere,
dell'amare; poiche' per le persone la cosa peggiore e' non incontrarsi, non
ascoltarsi reciprocamente. E se e' vero cio' che io penso, che il culmine
della civilta' di un popolo e' quando egli sia capace di sostituire alla
lotta armata, ai colpi di mano, alle mischie dei fronti in battaglia, la
"noncollaborazione" decisa, netta, eroica, che preme proprio per la forza
della sua compattezza e risolutezza e convinzione, unita ad una censura che
ha il carattere severo e affettuoso della madre che disapprova, i C. O. S.
sono i punti di raccolta di questo spirito, le fortezze della nonviolenza e
le catacombe, luoghi di formazione di una solidarieta' antitirannica".
I C.O.S. si collocarono ed esistettero grazie al fatto che i C. L. N. erano
vivi, perche' le amministrazioni comunali desideravano essere vicine alla
gente e non c'erano ancora i consigli comunali. Inoltre i partiti non
avevano ancora molto potere e non erano ben conosciuti. C'era il "desiderio
di parlare insieme, di vedersi in faccia, dopo le separazioni portate dal
fascismo, desiderio che era anche nei capi".
Capitini era profondamente convinto della partecipazione effettiva e non
saltuaria di tutti i cittadini alla vita politica e temeva quello che poi
avvenne, la sclerosi dei partiti, il loro distacco dai cittadini, il loro
confondersi col potere, l'incapacita' di suscitare e di gestire il
"controllo dal basso".
Ben presto, infatti, i partiti politici e gli amministratori si resero conto
della pericolosita' di queste assemblee che volevano essere "totali", e
della pericolosita' del confronto con queste e quindi ne minarono e
boicottarono sempre di piu' l'esistenza fino ad ottenerne la scomparsa.
Il C. O. S. piu' longevo duro' circa quattro anni.
Secondo me il senso di questa esperienza andrebbe ripreso, dobbiamo riuscire
ad avere lo spirito di "scoprirci collettivita'" e di cercare di dare, in
comunita', la soluzione ai problemi attuali.
La nascita dei Social Forum dovrebbe darci quindi l'opportunita' di
riproporre esperienze del genere. Cio' sara' possibile pero' solo se questi
"luoghi" diventeranno vere "assemblee totali", realmente aperte a tutti e se
si riuscira' a trattare anche argomenti di carattere locale e apparentemente
minori.
"Luoghi" dove i partecipanti siano fortemente persuasi della necessita' di
una trasformazione sociale dal basso e nonviolenta.
Grandi obiettivi, quindi, senza mai dimenticarne uno piu' piccolo e
potenzialmente realizzabile: la nostra necessaria apertura al dialogo e al
confronto con la societa' civile tutta; per non rischiare di finire stretti
e rinchiusi nella nostra "gabbia dorata".
6. MAESTRI. TONINO BELLO PRESENTA "PAX CHRISTI"
[Questa intervista (del 14 maggio 1987, ripresa da Tonino Bello, Le mie
notti insonni, edito dalle Paoline) compare nel sito di Pax Christi. Per
contatti: Pax Christi Italia, segreteria nazionale, ia Petronelli 6, 70052
Bisceglie (BA), tel. 0803953507, fax: 0803953450, e-mail:
info@paxchristi.it, siti: www.paxchristi.it, e anche:
www.peacelink.it/users/paxchristi/. Pax Christi pubblica anche l'ottimo
mensile "Mosaico di pace" diretto da Alessandro Zanotelli, una delle
migliori riviste per la nonviolenza.
Tonino Bello, "don Tonino" come affettuosamente lo chiamavano tutti, nato ad
Alessano nel 1935, vescovo di Molfetta, presidente nazionale di Pax Christi,
è scomparso nel 1993. Costantemente impegnato dalla parte degli ultimi,
promotore di iniziative di solidarietà con gli immigrati, costruttore di
pace tra i piu' grandi. Segnaliamo, tra le molte sue pubblicazioni, I
sentieri di Isaia, La Meridiana, Molfetta 1989; Il vangelo del coraggio, San
Paolo, Cinisello Balsamo 1996]
- Don Tonino, per quale motivo lei consiglierebbe Pax Christi come luogo in
cui vivere e approfondire l'esperienza cristiana?
- Perche' mi sembra un Movimento di cerniera tra i grandi problemi teorici,
come quello della pace, della giustizia, dei diritti umani, della qualita'
della vita... e le concrete comunita' ecclesiali: parrocchie, gruppi,
associazioni. Pax Christi si prefigge infatti, come compito essenziale,
quello di sollecitare l'attenzione della Chiesa (dei pastori ma anche della
gente) sulla questione della pace, e far diventare questo problema non
accessorio alle tematiche pastorali, ma fondamentale per esse. Perche' la
pace non e' un merletto che si aggiunge all'impegno della Chiesa, bensi' il
filo che intesse l'intero ordito della sua pastorale.
- Ma puo' bastare l'impegno nei riguardi della pace, per far sperimentare
l'interezza dell'annuncio evangelico?
- La pace non e' una delle mille "cose" che la Chiesa evangelizza. Non e'
uno scampolo del suo vasto assortimento. Non e' un pezzo, tra i tanti, del
suo repertorio. Ma e' l'unico suo annuncio. E' il solo brano che essa e'
abilitata a interpretare. Quando parla di pace, percio', il suo messaggio e'
gia' esauriente.
Se e' vero, come dice san Paolo, che "Cristo e' la nostra pace" (Ef 2,14),
non c'e' da temere che la Chiesa parzializzi l'annuncio evangelico, o
trascuri altri aspetti dottrinali, o decurti l'ampiezza della rivelazione,
parlando solo di pace. Anzi, per usare un'immagine, tutte le altre verita'
della Scrittura non sono che i colori dell'arcobaleno in cui si scompone
l'unico raggio di sole: la pace.
- Quali sono i principali obiettivi che Pax Christi si pone in questo tempo?
- Aiutare tutta la Chiesa a vivere lo shalom biblico, considerando
l'annuncio della pace come il principio architettonico della sua prassi
pastorale.
Sollecitare, quindi, l'approfondimento teologico e riscoprire la
spiritualita' della pace, da una parte. Fare aprire gli occhi alla gente
sulle tristissime situazioni di "non pace", dall'altra. La violazione dei
diritti umani, il problema della fame che investe popoli interi, la corsa
alle armi e il commercio clandestino di esse, la militarizzazione crescente
del territorio, la logica di guerra sottesa a molte cosiddette "scelte di
civilta'", gli scudi stellari, certe visioni economiche che deprimono la
qualita' della vita... sono forme di peccato che rallentano l'avvento del
regno di Dio. Non possono, percio', considerarsi temi estranei alla
predicazione del Vangelo.
- Che ruolo vuole avere Pax Christi nell'odierna Chiesa italiana?
- Un ruolo di stimolo, perche' le comunita' ecclesiali divengano piu'
profetiche in tema di pace. Oggi sul coraggio prevale spesso la prudenza.
Sulla chiarezza, la neutralita'. Sul chiamare per nome le cose, il
linguaggio sfumato. Non e' che ci sia spreco di parresia! C'e' una icona
bellissima negli Atti degli Apostoli che dice che cosa e' la parresia:
"Pietro levatosi in piedi, con gli altri undici, parlo' a voce alta" (2,14).
"Levatosi in piedi" indica la fermezza; "con gli altri undici" indica la
comunione ecclesiale; "parlo' ad alta voce" esprime la chiarezza.
Un altro ruolo che Pax Christi vuole esprimere e' quello di esplicitare e
mettere in circolo lo straordinario magistero (destinato diversamente a
rimanere sepolto sotto valanghe di altri messaggi) che la Chiesa sta
producendo in tema di pace.
E' urgente portare sino alla periferia tutto cio' su cui, non solo il Papa,
ma a volte anche i vescovi di piccole diocesi si pronunciano, affinche'
questo nutrimento dottrinale venga metabolizzato dal tessuto ecclesiale.
- Quale rapporto c'e' tra Pax Christi e gli altri gruppi del laicato
"organizzato"?
- Se e' vero che Pax Christi si caratterizza per l'attenzione riguardante la
spiritualita', la teologia, l'educazione alla pace, e' chiaro che il suo
compito e' quello di animare gli altri gruppi laddove c'e' da portare questo
valore alle immediatezze concrete, sul versante cioe' della prassi. Non e'
quindi un rapporto di buon vicinato soltanto, quasi che Pax Christi fosse
una struttura collaterale che cerca alleanze nelle altre strutture per
portare avanti il discorso della pace. Non vuole aggiungersi di fianco, ma
suscitare dal di dentro.
- Con quale risultato di coinvolgimento?
- Lo stile di Pax Christi all'interno dei gruppi ecclesiali non e' tanto
quello di creare comportamenti unitari in ordine a certe scelte concrete, ma
quello di essere segno profetico che indichi, in modo forte e talvolta
paradossale, il valore che sta al di la' del segno stesso. I segni profetici
non sono segni partitici. Questi esigono consenso, quelli creano coscienza.
Le varie obiezioni, ad esempio, al servizio militare o alle spese militari,
essendo scelte che sono sotto il segno della profezia, non pretendono
l'univocita' della prassi. Chi le pratica, pero', diviene testimone di pace,
anche se scomodo.
- Qual e' la maggiore forza di Pax Christi?
- La confidenza nel Signore. Una sottolineatura forte che si va facendo
strada nel nostro Movimento e' quella della preghiera. La pace, infatti, e'
un dono di Dio che si deve chiedere incessantemente nella implorazione. La
pace non e' frutto solo delle cancellerie o di particolari abilita'
diplomatiche: e' essenzialmente un "made in Cielo". Solo quando si e' molto
pregato, vale la spesa pagare pedaggi personali molto costosi. Diversamente
anche i sacrifici piu' generosi sono sprecati.
- E la maggiore debolezza?
- L'organizzazione, che di proposito intendiamo mantenere fragile. Pax
Christi vuole essere movimento anche nella poverta' intrinseca che tale
termine sottolinea... Abbiamo poche strutture, senza tessere e senza
organigrammi complicati.
- Ma il non avere tessere non e' forse un modo per non misurarsi con le
cifre?
- Tutti i censimenti sono un po' sospetti perche', volere o no, alimentano
le superbie corporative. A noi non importa sapere quante sono le nostre
forze. Quando un Movimento comincia a strutturarsi in forme molto
articolate, tende poi ad autoconservarsi. Noi siamo convinti che, finche'
Pax Christi si manterra' nella leggerezza organizzativa, sara' anche piu'
incisiva la sua azione. Chi, invece della fionda di Davide, preferisce la
corazza di Saul... deve perdere molto tempo a lucidarla.
- Quali sono le principali urgenze del mondo cattolico d'oggi?
- Quelle che si riferiscono alla qualita' della vita, da una parte. E qui
c'e' tutto il discorso sui "sistemi di significato" da riproporre al mondo,
mai come oggi cosi' assetato di "senso". La saldatura, dall'altra. Mi
spiego: noi, credenti in Cristo morto e risuscitato, non siamo riusciti mai
a comporre pienamente la Parola di Dio e il vissuto concreto, la
testimonianza personale e la progettualita' sociale, l'impegno locale e i
mutamenti planetari, la carita' spicciola e la solidarieta' politica. Se non
saldiamo queste cesure, ogni nostro impegno sara' sempre affetto da un forte
tasso di riduzionismo o antropologico o teologico. E il mondo non volgera'
mai lo sguardo a "Colui che e' stato trafitto" (Gv 19,37).
- Quali persone e quali letture hanno determinato cio' che lei e'?
- Sono stato sempre in mezzo alla gente che soffre e ho sentito il travaglio
dei poveri che lottano per vivere, anzi per sopravvivere. Sono stati gli
anonimi, percio', a trasmettermi il gusto dell'impegno, e il sapore delle
cose essenziali.
Quanto alle letture, non dico nulla, perche', abituati come siamo a
giudicare la bottiglia dall'etichetta, c'e' pericolo che non si assaggi il
vino perche' insospettiti dalle indicazioni di marca. Lascio indovinare a
voi. Nella speranza di sentirmi dire che tra i libri che mi hanno formato...
c'e' il Vangelo.
- Quando era piccolo, che cosa avrebbe voluto fare da grande?
- Sono entrato molto presto in Seminario, e quindi ho pensato da sempre che,
divenuto sacerdote, avrei potuto aiutare la gente a trovare ragioni forti
per vivere. Prima ancora, mi sarebbe piaciuto fare il falegname, perche'
sono di origini molto umili, tanto che per continuare gli studi ho dovuto
contare sull'aiuto sia del parroco che della gente del mio paese.
- Quali interessi coltiva, nel tempo libero?
- Oggi considero come tempo libero l'andare tra la gente, nelle scuole,
nelle assemblee, nelle parrocchie. Questa non e' mai una fatica per me.
Anche perche' mi libera dal peso ossessionante del telefono e del campanello
di casa che squilla ogni momento.
- Che cosa la rende piu' contento, oggi, nel ripensare a tutta la sua
esperienza?
- Ricevere lettere che mi testimoniano la vicinanza e l'incoraggiamento di
persone umili che, avendomi conosciuto in qualche incontro, si sono sentite
aiutate dalle mie parole, o che, a loro volta, mi assicurano il loro aiuto
attraverso la preghiera.
- E di che cosa, invece, si affligge di piu'?
- Mi fa soffrire molto l'impossibilita' di giungere a dare una mano a tutti.
Ho un'agenda sovraccarica di persone che chiedono una visita, un sostegno,
un appuntamento, del denaro, una soluzione ai loro problemi... Si vorrebbe
avere occhi e mani per ognuno, ma non si riesce, e questo e' il rammarico
piu' grande.
- Qual e' la domanda che si pone piu' frequentemente?
- C'e' un passo di Isaia che dice: "Sentinella quanto resta della notte?"
(Is 21,11). E' l'interrogativo che mi pongo spesso anch'io. Per quanto tempo
ancora, cioe', dobbiamo continuare a batterci? In questa lotta contro le
forze perverse che opprimono l'uomo, c'e' un traguardo che si avvicina, o
siamo destinati a giocare interminabili tempi supplementari che si
aggiungono l'uno all'altro senza fine? Ci sara' un fischio finale che
chiudera' la partita? Gli orizzonti della Terra Promessa tarderanno ancora a
delinearsi? E noi li varcheremo? O ci tocca indicarli soltanto, come accadde
a Mose'?
- Lei si sente un leader?
- No, se per leader si intende protagonista o capo carismatico. Tutti,
pero', dobbiamo divenire punto di riferimento per i viandanti che camminano
con noi. Se infatti, come cristiani, siamo chiamati a metterci alla sequela
di Cristo, sul passo degli ultimi, ne viene di conseguenza che, per coloro
che sulla strada ci stanno dietro, ognuno di noi deve divenire elemento di
raccordo con Cristo che cammina piu' avanti. L'uso della parola leader, in
questo senso, mi sta bene.
- Quali attese e speranze ha riguardo al Sinodo dei vescovi sulla vocazione
e la missione dei laici?
- Adopero una espressione che puo' sembrare oscura a primo colpo, ma mi
sembra efficace e sintetica: mi auguro che dalle riflessioni sinodali esca
fuori la figura del laico, come colui che porta la veste battesimale
nell'officina e la tuta di lavoro davanti al battistero.
- Come descriverebbe se stesso, in trenta parole?
- Un buono a nulla. Ma capace di tutto, perche' consapevole che, quanto piu'
ci si abbandona a Dio, tanto piu' si riesce a migliorare la gente che ci sta
attorno.
7. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: L'ASSEDIO DELLA MAFIA ALLA DEMOCRAZIA
[Il testo seguente e' stato inviato da Norberto Bobbio agli organizzatori
del meeting contro la mafia svoltosi a Palermo il 3 settembre 1989 (settimo
anniversario della strage di via Carini in cui furono trucidati il generale
Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro, e l'agente
Domenico Russo). Lo riprendiamo dall'eccellente rivista palermitana "Segno",
che lo pubblica nel fascicolo 107-108, agosto-ottobre 1989 (il titolo è
redazionale). E' superfluo ricordare l'importanza della riflessione
rischiaratrice e dell'azione pedagogica, dell'impegno intellettuale e civile
di Norberto Bobbio per una cultura del diritto, della legalita', della pace,
della dignita' umana e della civile convivenza.
Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909, antifascista, filosofo della
politica e del diritto, e' autore di opere fondamentali sui temi della
democrazia, dei diritti umani, della pace. E' uno dei più prestigiosi
intellettuali italiani del Novecento. Opere di Norberto Bobbio: per la
biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della
storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti
autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia,
Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici
scomparsi (alcune delle figure più alte dell'impegno politico, morale e
intellettuale del Novecento) cfr. almeno Maestri e compagni, Italia civile,
Italia fedele, tutti presso l'editore Passigli. Per la sua riflessione sulla
democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e società;
Eguaglianza e libertà; tutti presso Einaudi. Sui diritti umani si veda L'età
dei diritti, Einaudi. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie
della pace, Il Mulino, varie ristampe; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989;
Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'
ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile è anche la lettura di
Politica e cultura, Einaudi; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti,
Teoria generale del diritto, Giappichelli. Recentemente e' stato pubblicato
il volume-conversazione con Maurizio Viroli, Dialogo intorno alla
repubblica, Laterza, Roma-Bari 2001. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo
almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino
1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, ECP; S.
Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma
2000]
Cari amici,
vi scrivo come un cittadino qualunque, uno dei tanti cittadini italiani, che
crede nonostante tutto nella democrazia, e crede che, nonostante tutto, l'
Italia sia ancora una democrazia e voglia continuare a vivere
democraticamente. Vivere democraticamente, che cosa vuol dire? Vuol dire
almeno queste tre cose:
1. Il potere deve essere, in tutte le forme del suo esercizio, visibile. Chi
detiene un pubblico potere in una democrazia deve esercitarlo in modo che
sia controllabile da coloro cui è rivolto. Il potere democratico è
responsabile di fronte ai cittadini. Ma può rispondere o può essere chiamato
a rispondere soltanto se il pubblico lo può vedere. La democrazia rifugge
dal potere che si mette la maschera.
Nulla è più contrario alla democrazia che il potere occulto. Nulla è invece
più consono alla natura del potere mafioso che l'agire nel segreto e con la
maschera sul volto.
2. La caratteristica della democrazia è un insieme di regole che permettono,
o dovrebbero permettere, se ben osservate e bene usate, di risolvere i
conflitti sociali senza bisogno che si ricorra alla violenza di una parte
verso l'altra. In democrazia solo in casi estremi sono ammesse forme di
resistenza purché non violente. Il diritto di riunione è garantito purché
coloro che si riuniscono non portino armi. Il diritto di associazione è
assicurato purché non si tratti di associazioni militari.
Il potere della mafia invece si esercita esclusivamente con la violenza.
Chiunque abbia letto storie di mafia, e quante ne sono state scritte in
questi ultimi anni!, non ha bisogno di altri commenti sulla pratica
continua, sistematica, del terrore e della violenza più efferata, di cui si
serve il potere mafioso per ottenere i propri scopi. Uccidere un uomo per l'
uomo «d'onore» è come stracciare un pezzo di carta che quando non serve più
si getta nel cestino dei rifiuti. La vita di ognuno è sempre sospesa ad una
decisione imponderabile che parte dall'alto. O uccidere o essere uccisi. L'
assassinio come vendetta, come affermazione di dominio irresistibile, o
anche semplicemente come avvertimento.
3. La democrazia è o dovrebbe essere la forma di governo e di convivenza
civile in cui, attraverso la rappresentanza politica e il voto popolare, si
provvede a soddisfare gli interessi comuni e generali della collettività.
Tra questi interessi generali due sono preminenti: l'ordine pubblico e la
giustizia distributiva degli oneri e dei benefici.
La presenza di un forte potere occulto e insieme violento rende impossibile
il raggiungimento di questi fini. Dove impera il potere mafioso, la vita di
ciascuno di noi non è più sicura e gli interessi generali sono continuamente
traditi. L'interesse del gruppo violento e senza scrupoli prevale su quello
della pacifica società dei cittadini che si affidano allo Stato, al potere
pubblico, per avere ordine e giustizia.
Si è detto e si continua a dire: la nostra democrazia è una democrazia
dimezzata, incompiuta, imperfetta. Ma se si riflette sul fenomeno della
mafia, sulla sua potenza crescente e impunita, dobbiamo usare un'espressione
molto più forte: la nostra democrazia è una democrazia assediata, per lo
meno in alcune regioni del Mezzogiorno, e prima di tutto, bisogna dirlo
senza reticenze, in Sicilia. Assediata da un nemico potente e senza
scrupoli, che abbiamo lasciato crescere per cecità, o per ignoranza, o
addirittura per convenienza, o per calcoli non si sa se più sbagliati o
perversi. L'abbraccio della mafia alla democrazia è un abbraccio mortale.
Più del terrorismo. Il terrorista è il nemico dichiarato. Il mafioso è il
nemico subdolo che cerca l'alleanza e la protezione dei poteri dello Stato.
L'alleanza del terrorista con lo Stato è impossibile, perché lo stesso
terrorista la rifiuta. L'alleanza del mafioso con lo Stato non solo è
possibile, ma è ricercata. Per anni si è continuato a dire: la mafia non
esiste. La mafia è una invenzione dei dietrologi. Coloro che parlano di
mafia sono dei calunniatori. Quando non molti anni fa fu ucciso Giuseppe
Fava, lo ricordo benissimo, e la cancrena era ormai diventata purulenta,
alcuni giornali uscirono con dei titoli (andateli a vedere): La mafia è
ovunque, non a Catania, La città non è contaminata dalle cosche, Un delitto
senza logica ecc.
Adesso non possiamo proprio più dire: non sappiamo. Nell'atto di accusa, dei
giudici di Palermo, pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1986, si potevano
leggere frasi come queste: "Le notizie fornite da ... rivelano anche una
realtà occulta davvero paradossale: rivelano cioè l'agghiacciante realtà che
accanto all'autorità dello Stato esiste un potere più incisivo e più
efficace che è quello della mafia, una mafia che agisce, che si muove, che
lucra, che uccide, che perfino giudica e tutto ciò alle spalle dei pubblici
poteri". Corrado Stajano avvertiva nella introduzione che si trattava di "un
romanzo nero che rattrappisce le ossa e gela il sangue".
Pensate quante altre testimonianze di questo romanzo nero sono state
pubblicate. A nessuno è più lecito dire "io non sapevo". In documenti
ufficiali il potere mafioso vi è addirittura definito come uno Stato nello
Stato, anzi come uno Stato ancor più incisivo e più efficace dello Stato. Ma
come, vi sono due Stati in Italia? Che cosa ne dicono i rappresentanti di
quello che dovrebbe essere l'unico vero Stato? E' inammissibile che ci siano
due Stati. Non ci può essere lo Stato visibile e quello invisibile, lo Stato
lecito e quello illecito, lo Stato pubblico e lo Stato segreto, lo Stato
giudice e lo Stato delinquente, lo Stato della giustizia e quello dell'
ingiustizia. Se ci sono tutti e due, è segno che c'è qualcuno che tiene il
proprio piede tanto nell'uno quanto nell'altro.
Sappiamo ormai benissimo che questo qualcuno c'è. Ma sappiamo ancora troppo
poco chi sia e dove sia.Sappiamo ancora troppo poco perché non è facile
entrare in un universo dove i rapporti umani normali sono capovolti: dove il
disonore viene chiamato onore, la menzogna verità, dove la vendetta
sostituisce la giustizia, dove il valore supremo è la pura potenza e l'unico
criterio per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, è la forza. Ho
detto che la nostra democrazia è assediata. E' difficile vincere la
battaglia, liberarsi dall'assedio quando il nemico è dentro le mura.
Ma non bisogna desistere. Il nemico deve essere snidato, anche se siamo
convinti che il successo non è a portata di mano. Sette anni dopo l'
assassinio del generale Dalla Chiesa, che cosa è veramente cambiato? Che
cosa cambierà nei prossimi mesi? Si sarebbe tentati di dire, nonostante gli
sforzi fatti da valorosi e coraggiosi magistrati e uomini della polizia, che
le cose sono come prima. La verità è che occorre uno sforzo generale di
tutta la nazione, a cominciare dai giovani.
Come uno dei tanti cittadini italiani che non si rassegna a vivere in una
società senza speranze, desidero esprimere la mia solidarietà a tutte le
associazioni e a tutte le persone che hanno promosso la manifestazione, a
tutti coloro che per ripetere le parole del vostro manifesto hanno scelto
"tra la restaurazione e la libertà".
8. MAESTRI. FRANCO FORTINI: COMUNISMO
[Il testo che qui offriamo ancora una volta alla riflessione e' un articolo
pubblicato per la prima volta sull'inserto settimanale satirico dell'
"Unita'", poi recuperato dall'autore nel libro Extrema ratio, edito da
Garzanti nel 1990. E saranno opportune alcune considerazioni su come Fortini
lo presenta nel libro. Innanzitutto il libro si apre con una critica ai
contesti che banalizzano la forza di verita' delle parole: "quel che credo
di dover dire ho difficolta' a scriverlo sui mezzi ordinari di
comunicazione, come giornali o settimanali. Perche' l'effetto "contesto" e'
sempre piu' forte. Supponendoti circondato da pregiudizi e avversioni,
rispondi accrescendo l'aspetto irsuto della sintassi. Col risultato di
virare verso il "caso", il bizzarro elemento indolore di un panorama dove
c'e' posto per tutti". In particolare nel presentare l'articolo Fortini lo
fa precedere da una nota in cui testualmente afferma: "Giornalisti di un
supplemento dell'"Unita'" mi avevano chiesto di dire in quaranta righe che
cosa intendessi per Comunismo. La domanda mi era parsa indicativa dei tempi:
amano volgere in gioco quel che e' troppo doloroso assumere in serieta'. Ma
e' giusta richiesta. Fuor dei nemici e degli avversari, nessuno definisce
piu' il Comunismo. Le quaranta righe erano una sfida, come una scommessa
metrica. Accettai e lavorai per due giorni. Non collaboro all'"Unita'" (...)
Ma questa volta mi richiedeva, dal quotidiano, un supplemento umoristico. Mi
pareva bene che quel mio pezzo comparisse tra le vignette, mascherato.
Mandai ottanta, non quaranta righe. Le trascrivo qui perche' credo che
abbiano qualche interesse, dopo quel che si è scritto sull'argomento nella
scorsa annata e in questa". Si capisce quindi che anche la nostra
estrapolazione muta quel testo, e' altro pubblicarlo in quel libro, altro in
quel foglio, altro qui. E preghiamo il lettore che ne tenga conto.
Poeta e saggista tra i maggiori del Novecento, Franco Lattes (Fortini è il
cognome della madre assunto come nome d'autore) è nato a Firenze nel 1917,
antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'
Ossola. Nel dopoguerra è redattore del "Politecnico" di Vittorini; in
seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunità" a "Ragionamenti", da
"Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora.
Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come
insegnante. E' stato una delle persone più limpide e più lucide (e per
questo più isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed
intellettuale pressoché leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco
Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte
complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre.
Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si
aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la
serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia
di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in
Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali
sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre
testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi
Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione
assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso
Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di
lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del
Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi
italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi
precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso
Pasolini, Einaudi. Si veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo
Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti. Opere su Franco Fortini: in volume
cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996;
Alfonso Beradinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano
Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli,
Fortini, Transeuropa, Jesi 1988. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti
della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di
Pier Vincenzo Mengaldo]
"Termine con cui si designano dottrine che propugnano e descrivono una
società basata su forme comunitarie di produzione ovvero di produzione e
consumo, in alternativa a società basate su forme di proprietà privata
ovvero di distribuzione e di consumo diseguali. Possesso comune della terra
e dei mezzi di produzione, lavoro per tutti, regolazione pianificatrice dei
bisogni e delle funzioni (...) parte integrante di tali dottrine è l'
educazione comune, pubblica, di tutti gli individui" (Enciclopedia
Garzanti).
Il combattimento per il comunismo è già il comunismo. E' la possibilità
(quindi scelta e rischio, in nome di valori non dimostrabili) che il maggior
numero di esseri umani - e, in prospettiva, la loro totalità - pervenga a
vivere in una contraddizione diversa da quella oggi dominante. Unico
progresso, ma reale, è e sarà il raggiungimento di un luogo più alto,
visibile e veggente, dove sia possibile promuovere i poteri e la qualità di
ogni singola esistenza. Riconoscere e promuovere la lotta delle classi è
condizione perché ogni singola vittoria tenda ad estinguere la forma
presente di quello scontro e apra altro fronte, di altra lotta, rifiutando
ogni favola di progresso lineare e senza conflitti.
Meno consapevole di sé quanto più lacerante e reale, il conflitto è fra
classi di individui dotati di diseguali gradi e facoltà di gestione della
propria vita. Oppressori e sfruttatori (in Occidente, quasi tutti;
differenziati solo dal grado di potere che ne deriviamo) con la non-libertà
di altri uomini si pagano l'illusione di poter scegliere e regolare la
propria individuale esistenza. Quel che sta oltre la frontiera di tale loro
'libertà' non lo vivono essi come positivo confine della condizione umana,
come limite da riconoscere e usare, ma come un nero Nulla divoratore. Per
dimenticarlo o per rimuoverlo gli sacrificano quote sempre maggiori di
libertà, cioè di vita, altrui; e, indirettamente, di quella propria.
Oppressi e sfruttati (e tutti, in qualche misura, lo siamo; differenziati
solo dal grado di impotenza che ne deriviamo) vivono inguaribilità e miseria
di una vita incontrollabile, dissolta ora nella precarietà e nella paura
della morte ora nella insensatezza e non-libertà della produzione e dei
consumi. Né gli oppressi e sfruttati sono migliori, fintanto che ingannano
se stessi con la speranza di trasformarsi, a loro volta, in oppressori e
sfruttatori di altri uomini. Migliori cominciano ad esserlo invece da quando
assumono la via della lotta per il comunismo; che comporta durezza e odio
per tutto quel che, dentro e fuori degli individui, si oppone alla gestione
sovraindividuale delle esistenze; ma anche flessibilità e amore per tutto
quel che la promuove e la fa fiorire.
Il comunismo in cammino (un altro non esiste) è dunque un percorso che passa
anche attraverso errori e violenze, tanto più avvertiti come intollerabili
quanto più chiara si faccia la consapevolezza di che cosa gli altri siano,
di che cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche gli altri;
e viceversa. Il comunismo in cammino comporta che uomini siano usati come
mezzi per un fine che nulla garantisce invece che, come oggi avviene, per un
fine che non è mai la loro vita. Usati, ma sempre meno, come mezzi per un
fine, un fine che sempre più dovrà coincidere con loro stessi. Ma chi dalla
lotta sia costretto ad usare altri uomini come mezzi (e anche chi accetti
volontariamente di venir usato così) mai potrà concedersi buona coscienza o
scarico di responsabilità sulle spalle della necessità o della storia.
Chi quella lotta accetta si fa dunque, e nel medesimo tempo, amico e nemico
degli uomini. Non solo amico di quelli in cui si riconosce e ai quali, come
a se stesso, indirizza la propria azione; e non solo nemico di quanti
riconosce, di quel fine, nemici. Ma anche nemico, sebbene in altro modo e
misura, anche dei propri fratelli e compagni e di se stesso; perché non darà
requie né a sé medesimo né a loro, per strappare essi e se stesso agli
inganni della dimenticanza, delle apparenze e del sempreuguale.
Dovrà evitare l'errore di credere in un perfezionamento illimitato; ossia
che l'uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Questo
errore, con le più varie manipolazioni, ha già prodotto, e può produrre, dei
sottouomini o dei sovrauomini; egualmente negatori degli uomini in cui ci
riconosciamo. Ereditato dall'Illuminismo e dallo scientismo, depositato
dalla cultura faustiana della borghesia vittoriosa dell'Ottocento, quell'
errore ottimistico fu presente anche in Marx e in Lenin e oggi trionfa nella
maschera tecnocratica del capitale. Quando si parla di un al di là dell'
uomo, è dunque necessario intendere un al di là dell'uomo presente, non un
al di là della specie. Comunismo è rifiutare anche ogni sorta di mutanti per
preservare la capacità di riconoscersi nei passati e nei venturi.
Il comunismo in cammino adempie l'unità tendenziale tanto di eguaglianza,
fraternità e condivisione quanto quella di sapere scientifico e di sapienza
etico-religiosa. La gestione individuale, di gruppo e internazionale, dell'
esistenza (con i suoi insuperabili nessi di libertà e necessità, di certezza
e rischio) implica la conoscenza delle frontiere della specie umana e quindi
della sua infermità radicale (anche nel senso leopardiano). Quella umana è
una specie che si definisce dalla capacità (o dalla speranza) di conoscere e
dirigere se stessa e di avere pietà di sé. In essa, identificarsi con le
miriadi scomparse e con quelle non ancora nate è un atto di rivolgimento
amoroso verso i vicini e i prossimi; ed è allegoria e figura di coloro che
saranno.
Il comunismo è il processo materiale che vuol rendere sensibile e
intellettuale la materialità delle cose dette spirituali. Fino al punto di
sapere leggere nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini
fecero e furono sotto la sovranità del tempo; e interpretarvi le tracce del
passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia.
9. INIZIATIVE. PREMIO DI LAUREA "ALDO CAPITINI"
[Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (e-mail:
capitini@tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo]
L'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini e la Provincia di Perugia
istituiscono un Premio di laurea "Aldo Capitini".
Art. 1. La Provincia di Perugia e l'"Associazione Amici di Aldo Capitini"
bandiscono un concorso per due tesi di laurea riguardanti il pensiero e
l'opera di Aldo Capitini (o un aspetto di essi).
Art. 2. Possono partecipare al concorso tutti gli studenti delle Facolta' di
Lettere e Filosofia, Scienze della Formazione e Scienze Politiche delle
Universita' della Repubblica che abbiano conseguito la laurea entro l'anno
accademico 1999/2000, e 2000/2001.
Art. 3. Per partecipare al concorso, gli interessati dovranno far pervenire
alla "Associazione Amici di Aldo Capitini" la tesi di laurea in cinque copie
insieme al certificato di laurea.
Art. 4. Il plico contenente le copie della tesi di laurea ed il certificato
richiesto dovra' essere inviato alla "Associazione Amici di Aldo Capitini",
c/o Libreria "L'Altra", via Ulisse Rocchi 3, 06100 Perugia, entro e non
oltre il 30 aprile 2002.
Della data di spedizione fara' fede il timbro postale.
Art. 5. L'ammontare dei premi e' fissato in lire 3.000.000 (tre milioni) per
ciascuna delle due tesi che, a giudizio insindacabile della Commissione, di
cui al successivo art. 6, saranno scelte tra quelle pervenute.
La Commissione si riserva il diritto di non attribuire i premi qualora i
lavori non siano giudicati meritevoli.
Art. 6. I componenti la Commissione sono: Antonino Drago, Ornella Pompeo
Faracovi, Mario Martini, Pietro Polito, Nanni Salio.
Art. 7. I premi verranno assegnati nel corso di una manifestazione per
ricordare la scomparsa di Aldo Capitini (19 ottobre 2002).
Art. 8. La provincia di Perugia e l'"Associazione Amici di Aldo Capitini" si
riservano il diritto di pubblicare, in tutto o in parte, gli elaborati,
d'intesa con gli autori, senza ulteriore compenso.
Perugia, 15 settembre 2001
Il Presidente dell'"Associazione Amici di Aldo Capitini", Lanfranco
Mencaroni
Il Presidente della Provincia di Perugia, Giulio Cozzari
10. SITI. L'OSSERVATORIO EUROPEO SULLA LEGALITA' "GIOVANNI FALCONE" DI
MONOPOLI
[Volentieri diffondiamo questa notizia diffusa da Pierfelice Zazzera (per
contatti: pieffezeta@tin.it). Abbiamo visitato ed apprezzato il sito]
E' attivo il sito dell'osservatorio europeo sulla legalita' "Giovanni
Falcone" di Monopoli: www.osservatoriomonopoli.it
11. LETTURE. ERNESTO BALDUCCI: L'ALTRO
Ernesto Balducci, L'Altro, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (FI) 1996, pp. 110, lire 20.000. La Fondazione Ernesto Balducci ha
raccolto e curato la pubblicazione di questo ciclo di conferenze tenute
dall'indimenticabile padre Balducci a Roma dal novembre 1991 al febbraio
1992, fino a poche settimane prima della sua scomparsa. Una lettura
utilissima.
12. LETTURE. JEREMY RIFKIN: IL SECOLO BIOTECH
Jeremy Rifkin, Il secolo biotech, Baldini & Castoldi, Milano 1998, 2000, pp.
384, lire 16.000. Il noto studioso americano riflette sulle biotecnologie e
denuncia gli enormi pericoli per l'umanita' e per l'ambiente naturale.
13. LETTURE. MUHAMMAD YUNUS: IL BANCHIERE DEI POVERI
Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 1998, 1999, pp.
272, lire 35.000 (ma forse c'e' anche una successiva edizione economica). Il
fondatore della Grameen Bank descrive l'esperienza della "banca dei poveri"
che pratica il microcredito senza garanzie e che ha consentito a centinaia
di migliaia di persone di uscire dalla fame e di liberarsi dall'usura.
14. RILETTURE. FRANCO FORNARI: PSICANALISI DELLA SITUAZIONE ATOMICA
Franco Fornari, Psicanalisi della situazione atomica, Rizzoli, Milano 1970,
pp. 344. Uno dei capolavori del grande psichiatra e psicoanalista che ha
dedicato uno straordinario impegno alla costruzione di una cultura della
pace.
15. RILETTURE. EUGENIO GARIN: CON GRAMSCI
Eugenio Garin, Con Gramsci, Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 176, lire
18.000. Le fondamentali ricerche gramsciane di uno dei nostri pensatori e
storici del pensiero piu' grandi.
16. RILETTURE. VIRGINIA VACCA (A CURA DI): VITE E DETTI DI SANTI MUSULMANI
Virginia Vacca (a cura di), Vite e detti di santi musulmani, Utet, Torino
1968, Tea, Milano 1988, pp. 416, lire 12.000. Una raccolta di biografie e di
testimonianze di grande valore. Che raccomandiamo vivamente.
17. DA TRADURRE. CHRISTIAN MELLON ET JACQUES SEMELIN: LA NON-VIOLENCE
Christian Mellon et Jacques Semelin, La non-violence, PUF, Paris 1994. Una
introduzione alla nonviolenza pubblicata da due degli studiosi e militanti
nonviolenti francesi piu' prestigiosi nell'ottima collana divulgativa "Que
sais-je?".
18. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA VERONICA VACCARO A
MORDECHAI VANUNU
* VERONICA VACCARO
Profilo: impegnata per la pace e la nonviolenza, persona di squisita
sensibilita' umana.
* GUIDO VALABREGA
Profilo: illustre storico, docente universitario di storia dei paesi
afroasiatici, autore di fondamentali testi sulla situazione mediorientale,
persona di forte impegno civile. Nato a Torino nel 1931, diresse il "Centro
di documentazione ebraica" di Milano, dove fu anche segretario della Casa
della Cultura; impegnato per i diritti del popolo palestinese e nella
solidarietà con i popoli oppressi; è scomparso l'11 febbraio 2000. Opere di
Guido Valabrega: La rivoluzione araba, 1967; Il Medio Oriente dal primo
dopoguerra ad oggi, 1973; Ebrei, fascismo, sionismo, 1974; Medio Oriente:
aspetti e problemi, 1980; Ebrei e sionismo, 1986; Palestina e Israele, 1999.
* PAUL VALERY
Profilo: scrittore francese (1871-1945), di straordinaria finezza.
* MANARA VALGIMIGLI
Profilo: illustre grecista, maestro di liberta'.
* CESAR VALLEJO
Profilo: poeta peruviano (1892-1938) di forte impegno politico, tra i piu'
grandi del Novecento.
* MAO VALPIANA
Profilo: direttore editoriale di "Azione nonviolenta", instancabile
animatore di iniziative di pace. Per contatti: "Azione nonviolenta", via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 045/8009803, fax 045/8009212; e-mail:
azionenonviolenta@sis.it
* TIZIANA VALPIANA
Profilo: nata a Brescia nel 1951, operatrice sociale, parlamentare,
componente della commissione affari sociali e della commissione per
l'infanzia della Camera dei Deputati, particolarmente impegnata nella
promozione della pace e dei diritti.
* TEUN VAN DIJK
Profilo: insegna all'Università di Amsterdam, ed è uno dei più importanti
studiosi impegnati contro il razzismo. Ha scritto di lui Laura Balbo,
presentando il libro sotto citato: "Io ritengo che questi tre punti
costituiscano il filo conduttore del pensiero di Teun van Dijk: 1. Siamo
collocati dentro una società razzista (nel senso che assumiamo con piena
consapevolezza il fatto che ci sono, nella nostra società, componenti e
meccanismi che riflettono e generano razzismo). 2. Più che ricercare le
"cause", la scelta è di analizzare e mettere in evidenza le molteplici
modalità di riproduzione del razzismo. 3. E ciò che ci si propone è di fare
resistenza: di impedire, interferire con, in qualche modo bloccare i
meccanismi, appunto, della riproduzione del razzismo". Opere di Teun van
Dijk: cfr. almeno Il discorso razzista, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994.
* SOFIA VANNI ROVIGHI
Profilo: nata nel 1908 e deceduta nel 1990, filosofa e storica della
filosofia, fu a lungo docente alla Cattolica di Milano, autrice negli anni
trenta di importanti contributi su Husserl e Hartmann, tra le figure più
vive della filosofia neoscolastica, vicina alla fenomenologia ed autrice di
importanti lavori sulla teoria della conoscenza. Opere di Sofia Vanni
Rovighi: segnaliamo particolarmente i tre volumi degli Elementi di
filosofia, La Scuola, Brescia; sul piano del lavoro storiografico, critico e
didattico cfr. inoltre Introduzione a Tommaso d'Aquino, Laterza, Bari;
Introduzione a Anselmo d'Aosta, Laterza, Bari; Storia della filosofia
moderna, La Scuola, Brescia; segnaliamo inoltre la cura dell'antologia
scolastica di Galileo Galilei, Antologia, La scuola, Brescia.
* MORDECHAI VANUNU
Profilo: tecnico nucleare israeliano, denunciò l'attività segreta
finalizzata alla produzione nucleare militare del suo paese. Fu rapito in
Italia dai servizi segreti israeliani nel 1986, nel 1988 è stato condannato
a 18 anni di detenzione per aver violato il segreto militare sul programma
nucleare. E' detenuto presso Ashkelon Prison, PO Box 17, Ashkelon, Israele.
19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 272 del 29 ottobre 2001