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Parliamone con Noam Chomsky
Parliamone con Noam Chomsky
da Znet, http://www.zmag.org/chatwithchom.htm
Segue la trascrizione dell'apparizione di Noam Chomsky al
programma di Will Femia su MSNBC del 2 ottobre.
Will Femia: Benvenuto, Professor Chomsky.
Domanda di Chip Berlet: Concordo con Lei che un militarismo
aggressivo non è la risposta da opporre a questo caos, ma direi
che i talebani e l'organizzazione di Osama Bin Laden
rappresentano movimenti totalitari, teocratici e fascisti di
proporzioni apocalittiche. Questo non è forse un momento in cui la
sinistra dovrebbe semplicemente affermare la propria opposizione
al terrorismo, e dichiarare che gruppi come i talebani o la rete di
Bin Laden non sono movimenti di liberazione, ma organizzazioni
reazionarie o fasciste a cui ci opponiamo?
Noam Chomsky: Per quanto ne so, la sinistra dice queste cose da
vent'anni. Almeno, io lo dico fin da quando questi gruppi sono stati
organizzati dalla CIA, dalle intelligence pakistane ed egiziane e da
altri alleati degli USA. Sono stati organizzati, reclutati ed armati
per combattere una guerra santa contro i russi, e così hanno fatto.
Ma hanno anche iniziato subito a commettere atti terroristici.
Vent'anni fa assassinarono il presidente egiziano e il loro
terrorismo prosegue da allora. I gruppi sono stati organizzati dalla
CIA, ma sono stati reclutati dalle fila del fondamentalismo islamico,
e hanno seguito un loro programma. Ossia, hanno fatto ciò che
voleva la CIA, ma hanno seguito un programma autonomo. Non c'è
dubbio che fin dall'inizio si sia trattato di organizzazioni
terroristiche e sanguinarie. Non so se la parola "fascista" sia del
tutto attinente, in quanto non hanno quel genere di ideologia. Ma
sono estremamente pericolosi, e da vent'anni. Questo è
abbastanza ovvio. Ed è la posizione, per quanto ne so e ne ricordo,
di tutte le persone serie della sinistra.
Domanda di Geraldine Fincannon: Gli Stati Uniti sono una nazione
disposta a migliorare il destino di tutti gli esseri viventi e a
condividere la ricchezza con tutti gli abitanti del nostro paese e del
mondo. Non è forse questo il nodo contenzioso tra il nostro paese
e i fondamentalisti musulmani che mandano dei terroristi a
compiere gesti orribili nel nostro paese?
N.C.: I soldi non c'entrano. I fondamentalisti hanno detto
chiaramente quello che vogliono. Lo stesso Bin Laden ha rilasciato
parecchie interviste a giornalisti occidentali, molte delle quali sono
state trasmesse la scorsa settimana. Due lunghe interviste sono
apparse sulla BBC. È da venti anni che dicono cose tra di loro
coerenti, e coerenti con le loro azioni, quindi vanno presi sul serio.
Dicono che i loro bersagli principali sono i regimi corrotti e brutali
del Medioriente, che dal loro punto di vista non seguono l'Islam nel
modo giusto, e vogliono difendere i diritti dei musulmani contro gli
infedeli di tutto il mondo. Quindi hanno combattuto in Cecenia, in
Bosnia, nell'Africa del nord, nel Kashmir, nella Filippine, ovunque.
Le loro tesi non godono di risonanza regionale solo nei settori del
fanatismo islamico, ma anche nelle classi ricche filo-americane.
Si sono rivoltati contro gli USA quando questi hanno istituito basi
militari permanenti in Arabia Saudita, circa 10 anni fa, e
considerano questa situazione assai simile all'occupazione russa
dell'Afghanistan contro la quale si sono battuti. Il Wall Street
Journal si è distinto particolarmente nell'aver sondato queste
opinioni fin dal 14 settembre. Quando condannano gli Stati Uniti
per le loro posizioni antidemocratiche e per il sostegno a regimi
violenti e regimi corrotti, dicono quello che pensa l'uomo della
strada, ed esiste una ragione per cui lo fanno. Lo stesso vale
anche quando condannano le politiche statunitensi verso l'Iraq ed
Israele. Sanno quello che noi scegliamo di non sapere, e cioè che
gli Stati Uniti hanno devastato la società civile irachena, rafforzando
Saddam Hussein, e che sostengono un'occupazione militare molto
violenta, che è arrivata ora al trentacinquesimo anno, di Israele sul
popolo palestinese. Gli Stati Uniti sono stati praticamente i soli
nel mondo ad imporre quel dominio, in tutta la sua crudeltà, con
assistenza economica, militare e diplomatica. È un fatto
ampiamente noto nella regione e anche i ricchi banchieri e uomini
d'affari filo-americani condividono gli stessi sentimenti degli altri
musulmani. Quando Bin Laden dice queste cose gode di una
discreta risonanza. Possono anche odiarlo, anzi, la maggioranza lo
odia perché è contraria alla sua violenza terroristica e al suo
fanatismo religioso, ma una buona parte del messaggio riflette ciò
che la gente pensa, e con argomenti.
Domanda di Pat Wickline: Vedo parecchi servizi giornalistici dove
si dice che la politica estera statunitense nella regione è stata
motivata da fattori economici. È difficile sostenere che la nostra
motivazione di fondo sia la "libertà", quando sosteniamo governi
come quello saudita. Lei pensa che si siano fatti dei progressi a
questo riguardo, specialmente paragonando quanto i media dissero
del coinvolgimento statunitense in America Centrale?
N.C. Nelle ultime settimane, dopo le orrende atrocità dell'11
settembre, si è assistito ad una discreta apertura dei media su
queste questioni. Quello che ho appena detto sugli atteggiamenti
dei ricchi musulmani verso la politica antidemocratica degli USA,
l'ho praticamente citato da un articolo del Wall Street Journal, per
farLe un esempio. Quindi diciamo che c'è stata una leggera
apertura su questo versante. Bisogna fare ancora molta strada, ma
se vogliamo comprendere che cosa succede e attuare programmi
realistici per proteggere noi stessi e gli altri, dobbiamo
necessariamente cominciare a fare attenzione a queste cose.
Domanda di Stan Feldman: Pensa che gli Stati arabi che vogliono
stare "con gli Stati Uniti e non coi terroristi", come afferma il
Presidente Bush, dovrebbero intraprendere misure per eliminare le
affermazioni provocatorie e platealmente false, diffuse dai loro
media e dal loro sistema scolastico, su Stati Uniti ed Israele?
Will Femia: Perché la macchina della propaganda statunitense non
ha successo all'estero?
N.C.: Certo che dovrebbero smettere di fabbricare bugie plateali ed
invenzioni. Quelli sono governi terribili. Ci sono buone ragioni per
cui le popolazioni della regione li odiano, li disprezzano e ce
l'hanno con gli Stati Uniti per il sostegno che questi ultimi prestano
a simili governi. Certo che sì: dovrebbero muoversi nella direzione
di un sistema mediatico aperto che consenta la discussione così
come vuole la maggioranza della popolazione. Ora finalmente
esiste un canale televisivo abbastanza libero nelle regioni intorno al
Golfo Persico, ed è Al-Jazeera. Questo canale è piuttosto libero ed
aperto, e tutto il mondo arabo lo vede, ma è un caso unico.
Purtroppo il problema sta nelle politiche, e non esiste propaganda
che possa superarle.
Quanto al motivo per cui la propaganda statunitense fallisce in
quella zona, è che la gente vede coi propri occhi quali sono i fatti.
Quando si produce propaganda falsa per persone che vedono che è
falsa, non ha successo. Nello stesso modo in cui noi non abbiamo
mai creduto alla propaganda sovietica: era così palesemente
ridicola che ci faceva ridere.
Domanda di Craig Bryant: Qual è la "vera ragione" per cui
continuiamo a sostenere Israele?? E quale sarebbe il risultato se
smettessimo??
N.C.: Personalmente, non penso e non ho mai pensato che
dovremmo smettere di sostenere Israele. Sono molto critico nei
confronti della politica a favore di Israele, ma in parte perché penso
che faccia del male allo stesso popolo israeliano. Perché, a mio
modo di vedere, sostiene il governo ma fa male alla popolazione.
Quello che dovremmo fare, penso, è conformarci all'opzione che da
circa 25 anni riscuote un amplissimo consenso internazionale, e
cioè un accordo bi-nazionale sui confini internazionalmente
riconosciuti (cioè precedenti al giugno del 1967), riconoscendo i
diritti e garantendo la sicurezza di tutti gli Stati della regione,
compresi Israele ed uno Stato palestinese. Questa è la posizione
maggioritaria nel mondo intero da 25 anni. In realtà, alla risoluzione
che andava in questa direzione è stato messo il veto dagli Stati
Uniti al Consiglio di Sicurezza 25 anni fa e da allora Washington
blocca simili iniziative, anche adesso. Non penso che questa
posizione sia morale o saggia.
Nel frattempo, gli USA hanno fornito ad Israele i mezzi per
continuare i propri insediamenti nei territori, sotto occupazione
militare, e molti gravi abusi, tutti in violazione del diritto e delle
convenzioni internazionali, specialmente le Convenzioni di Ginevra
del 1949. Anche su questo punto, si riscontra un consenso
internazionale quasi universale. In realtà, Israele di solito è l'unico
Stato a votare contro. Gli Stati Uniti di solito si astengono perché
non vogliono assumere una posizione così drammaticamente
opposta ai capisaldi del diritto internazionale. Ma forniscono ancora
i mezzi per far proseguire questa situazione. Purtroppo, la maggior
parte di queste notizie non viene diffusa negli USA, o se viene
diffusa, lo è in modo ben poco accurato. Ma sicuramente, la gente
che vede con i suoi occhi, sa tutto. E in quasi tutto il mondo, la
situazione viene ben compresa. Non ci aiuta nascondere la testa
sotto la sabbia. Esiste una documentazione ricca ed
incontrovertibile su questi fatti e dovremmo prestarvi attenzione.
Quello che gli USA dovrebbero fare è conformarsi al consenso
internazionale, anziché opporvisi. Ora però, è ormai molto più
difficile che, ad esempio, 10 anni fa.
Domanda di John Schindele: Se gli USA adottassero un
atteggiamento meno pesante nei confronti di Palestina ed Israele
(sia politicamente, sia economicamente), sarebbe positivo per la
stabilità della regione? Sarebbe possibile farlo in questa fase senza
dare l'idea che gli USA si pieghino davanti al terrorismo?
N.C.: Sì, avrebbe quasi certamente un effetto positivo sulla stabilità
della regione e sulla sua salute politica, sociale, ed economica.
Non ha niente a che fare col piegarsi davanti al terrorismo.
Ricordiamoci che la maggioranza della popolazione della regione e
di molte altre popolazioni del mondo vede gli Stati Uniti come
sostenitori del terrorismo, perché considera l'occupazione militare
e le azioni ad essa relative come atti di terrorismo. Quindi, ritirarsi
da quello che la maggioranza considera come sostegno al
terrorismo non significherebbe piegarsi al terrorismo. Dovremmo
fare la cosa giusta, e la cosa giusta comprende quello che è giusto
per noi e, fondamentalmente, quello che è giusto per i popoli della
regione. La popolazione israeliana non è stata aiutata dal fatto che
gli USA abbiano sostenuto insediamenti nei territori occupati,
perché questi hanno scatenato rabbia e risentimento enormi,
punendo la popolazione di etnia palestinese. Non ha aiutato
nessuno.
Ora si trovano in serie difficoltà perché sarà difficile districarsi da
questi insediamenti illegali e dai programmi di annessione che noi
come Stati Uniti abbiamo sostenuto, ma è una dura necessità. Ci
sono molte illusioni intorno a questa questione. Ad esempio, le
proposte inoltrate a Camp David l'anno scorso sono state quasi
universalmente descritte come magnanime e generose, negli USA,
ma non sono state percepite in questo modo in nessun'altra parte
del mondo. Se diamo uno sguardo alla cartina, capiamo subito
perché. Colpisce subito il fatto che le cartine non sono state
mostrate negli USA. Se ne trovano ad Israele ed in altri paesi, ma
non qui. E se guardiamo le cartine, vedremo perché questa bozza
di accordo è stata vista come del tutto inaccettabile.
Will Femia: Un cambiamento nella politica degli Stati Uniti
riparerebbe le relazioni con il Medioriente? O i risentimenti sono
ormai cronici?
N.C.: Più va avanti, più sarà difficile riparare le relazioni. Dieci anni
fa sarebbe stato assai più facile di oggi. Un anno fa sarebbe stato
molto più facile. E più gli Stati Uniti ed Israele vanno avanti con
queste politiche, più difficile diventerà. No, non risolverebbe affatto
tutti i problemi, sarebbe solo un inizio. Molti sono sulle stesse
posizioni che ho citato prima, quelle dei ricchi musulmani sul Wall
Street Journal. Sono anche molto arrabbiati per quello che gli Stati
Uniti fanno alla società civile irachena, rafforzando Saddam
Hussein. Comprendono benissimo, anche se noi preferiamo
dimenticarcene, che gli Stati Uniti hanno sostenuto Saddam
quando questi commetteva le sue peggiori atrocità, come l'uso di
gas contro i curdi. Lo sanno e lo dicono sempre. Sono fortemente
contrari al sostegno statunitense ai governi della regione, la
maggior parte dei quali rappresentano regimi assai repressivi,
violenti, corrotti, dove si usa la tortura: regimi odiosi che fanno
pesante affidamento sul sostegno degli Stati Uniti.
Domanda di Mike Petty: È possibile che l'attacco al World Trade
Center volesse provocare gli Stati Uniti ad un'azione militare proprio
per unire le nazioni musulmane contro l'Occidente?
N.C.: È più che possibile. Dovremmo ricordare che è stato il
secondo attacco al World Trade Center. Il primo è avvenuto nel
1993. Non sono riusciti a farlo saltare, ma ci hanno provato. Se
quella poi fosse l'intenzione dei terroristi, non lo si sa. Sono morti e
non hanno lasciato messaggi. Ma questo è il pensiero dei gruppi
da cui probabilmente provenivano, le organizzazioni terroristiche di
stampo fondamentalista islamico di cui la CIA sa senz'altro tutto fin
da quando li ha aiutati ad organizzarsi, alimentandoli per molto
tempo.
La maggior parte degli specialisti della regione, e più
precisamente, leader stranieri e leader della NATO, dicono agli
Stati Uniti, più chiaramente che possono, che se gli USA
scatenano un grande attacco militare che visibilmente uccide molti
afghani innocenti, esaudiranno le preghiere di Bin Laden. Sarà una
specie di campagna di reclutamento perché altre persone sposino
quella orrenda causa. Se poi viene ucciso Bin Laden, è anche
peggio, perché diventerà un martire. Penso sia per questo che
Washington ha fatto un passo indietro rispetto alla retorica bellica
iniziale, perché ha recepito il messaggio. Fare ciò non
rappresenterebbe soltanto un crimine in sé, ma, come ha detto
anche Lei, sarebbe un modo per reclutare altri che vorrebbero
vendicarsi del crimine. È proprio questo che vogliono i terroristi.
Reagirebbero allo stesso modo in cui molti statunitensi hanno
reagito all'attacco al World Trade Center. Vogliono la vendetta. Se
vogliamo essere seri, dobbiamo scegliere un programma di azione
che non provochi un'escalation di violenza e non faccia il gioco dei
gruppi terroristici.
Domanda di Arthur Buonamia: Come cittadini, che cosa possiamo
fare per far mutare la politica estera in senso umanitario e giusto?
Domanda di John-Boston: Date le ultime rappresentazioni
mediatiche dei "pacifisti" che dicono che non dovremmo "fare
niente", non potrebbe correggere il tiro, elencando alcune azioni
etiche, come la giustizia dell'ONU e una politica estera umanitaria?
N.C.: Alla prima domanda rispondo che dovremmo sempre
ricordarci che siamo dei privilegiati. Viviamo in una società molto
libera e molto democratica. Contrariamente a molti altri paesi del
mondo, possiamo agire e parlare in tutti i modi, senza paura di una
punizione o di una vendetta di Stato. Abbiamo quindi tutte le strade
aperte davanti a noi, dallo scambio di idee coi vicini, all'incontro in
chiesa, all'adesione a qualunque organizzazione desideriamo, alla
pubblicazione di un libro, alla libera associazione, alle
manifestazioni, all'azione politica: tutti questi mezzi di espressione
sono disponibili per noi. E questo può contare. Ha contato nel
passato e conta nel presente. Non c'è scarsità di mezzi, o se c'è
una scarsità, riguarda la volontà di usarli. I mezzi sono disponibili.
Alla seconda domanda, rispondo che non so esattamente cosa
intendano i media per "pacifisti". Ci sono poche persone, persone
che rispetto molto e che conosco da anni, che sono veri pacifisti.
Non credono nella violenza. Sì, esistono queste persone. Non sono
d'accordo con loro e non lo sono mai stato, ma rispetto la loro
posizione.
Tuttavia, quello che viene chiamato "movimento pacifista" non ha
mai assunto queste posizioni. Conosco pochissime persone che
non sarebbero state favorevoli a fare la guerra contro Hitler se
fossero nate all'epoca, oppure in retrospettiva. Quello che chiede il
vero movimento pacifista è molto simile a quello che ha appena
chiesto il Papa, apertamente. Il Pontefice ha detto, e a ragione,
che gli attentati negli USA sono un crimine terribile e che quando
viene commesso un crimine, bisogna prendere i responsabili ed
assicurarli alla giustizia, ma senza colpire migliaia di innocenti. Se
qualcuno mi rapina la casa, e io penso che sia stato uno che abita
nel quartiere dall'altra parte del fiume, non è che vado in quel
quartiere e uccido tutti gli abitanti: non è così che si deve
procedere. Si deve procedere con i mezzi della legge. E questi
mezzi sono disponibili, e consolidati da ampi precedenti. Gli Stati
Uniti dovrebbero, se possono, e non sarà facile, presentare
un'accusa credibile contro chiunque sia responsabile di queste
atrocità. Non sarà facile, e questa è probabilmente la ragione per
cui non l'hanno fatto, ma bisogna farlo quale gesto preliminare. E
poi ci sono misure che possono essere intraprese tramite le
istituzioni internazionali.
Domanda di Stephanie Daniels: Ma i tribunali internazionali sono
davvero l'opzione che gli USA dovrebbero scegliere in questa fase?
Se gli USA ne riconoscessero la legittimità e la giurisdizione,
qualcuno (esercito americano/ forze delle Nazioni Unite) avrebbe
l'autorizzazione di andare in Afghanistan ad arrestare Bin Laden
anche senza prove tangibili?
N.C.: Non senza prove, è chiaro. Anche i paesi della NATO
affermano di non poter procedere senza prove. E nessuno sa se
sia stato veramente Bin Laden. Ma è vero che i tribunali
rappresentano indubbiamente un'opzione disponibile. Ora, il
Tribunale Penale Internazionale, purtroppo, non possiamo adirlo in
quanto gli USA si sono rifiutati di riconoscerne la giurisdizione. Ma
c'è la Corte Internazionale di Giustizia, e se gli USA lo volessero,
potrebbero istituire un tribunale speciale com'è stato fatto per la
Jugoslavia. Anche il Consiglio di Sicurezza dell'ONU può avviare
azioni di forza se gli vengono presentate ragioni forti.
Dovremmo ricordare che ci sono veri e propri precedenti legali. Il
più ovvio, perché sostenuto da una delibera della Corte
Internazionale di Giustizia e dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU,
sono le stesse autorità internazionali. Vent'anni fa, gli Stati Uniti
fecero una guerra contro il Nicaragua, e fu una guerra terribile.
Morirono decine di migliaia di persone, e il paese fu praticamente
distrutto. Il Nicaragua non rispose lanciando bombe su
Washington, ma si rivolse alla Corte Internazionale di Giustizia con
un'accusa, e la Corte emise una sentenza in suo favore, ordinando
agli Stati Uniti di porre fine al loro "uso illegale della forza" (cioè
terrorismo internazionale) e di pagare una sostanziosa riparazione.
È vero che gli Stati Uniti risposero con parole di disprezzo per la
Corte e avviarono immediatamente un'escalation dell'attacco. A
quel punto, il Nicaragua si rivolse al Consiglio di Sicurezza
dell'ONU che votò una risoluzione che richiamava tutti gli Stati al
rispetto del diritto internazionale. Non veniva nominato nessuno in
particolare, ma tutti sapevano che si trattava degli Stati Uniti. È
vero che gli Stati Uniti opposero il loro veto. Il Nicaragua si rivolse
allora all'Assemblea Generale che per due anni di fila approvò una
risoluzione simile con le sole opposizioni di USA ed Israele. E, una
volta, di El Salvador. Ma gli Stati Uniti sono indubbiamente un
paese molto potente. Se si oppongono ai mezzi della legge, non
possono essere perseguiti. E quindi il Nicaragua non poté fare
niente. D'altra parte, se gli Stati Uniti utilizzassero quei mezzi,
nessuno potrebbe fermarli. Anzi, tutti li sosterrebbero.
Domanda dal pubblico: Secondo Lei qual è la fonte di notizie più
affidabile sul World Trade Center e i presunti mandanti?
N.C.: La cosa migliore da fare è leggere molto e sempre da un
punto di vista scettico. Ricordatevi che tutti, me compreso, hanno
le loro opinioni e le loro finalità e bisogna pensare con la propria
testa.
Will Femia: Come si integra la coalizione internazionale anti-
terrorismo nel tema del "nuovo internazionalismo"? Ed è destinata
a durare?
N.C.: Occorre guardare con molta attenzione questa coalizione
anti-terrorismo, chi ha aderito e perché. La Russia è contenta di
aderire alla coalizione internazionale perché non vedeva l'ora di
godere del sostegno statunitense nel perpetrare orrende atrocità
nella guerra contro la Cecenia. Una guerra che i russi descrivono
come "guerra al terrorismo", mentre è essa stessa una guerra
terroristica e sanguinosa. Sarebbero entusiasti se gli USA
volessero sostenerla. La Cina è contentissima di aderire perché
vorrebbe che gli USA sostenessero le sue guerre nella Cina
occidentale contro i gruppi musulmani che, in effetti, facevano parte
della coalizione in Afghanistan 20 anni fa, e ora invece lottano per
ottenere i loro diritti in Cina, mentre la Cina vuole reprimerli
brutalmente e sarebbe entusiasta se gli USA la sostenessero.
L'Indonesia non vede l'ora di aderire perché vuole far proseguire il
sostegno statunitense alla repressione delle sommosse interne,
come ad esempio ad Aceh, come avviene in modo molto violento
da molti anni. Purtroppo, hanno già il sostegno degli USA, ma ne
vorrebbero molto di più. L'Algeria, che è uno dei paesi più
sanguinari del mondo, sarebbe entusiasta di avere il sostegno
statunitense per la tortura e per i massacri ai danni del popolo
algerino. E se diamo uno sguardo al mondo, chi aderisce con più
entusiasmo alla coalizione lo fa per ragioni da far rabbrividire. La
coalizione si pregia di alti elogi, ma sparirà molto rapidamente se
guardiamo alle ragioni per cui i paesi aderiscono. Se questo è il
nuovo internazionalismo, non dovremmo farne parte, anzi,
dovremmo essere fortemente contrari ad esso.
Will Femia: Grazie mille, Professor Chomsky, per averci regalato
un po' del suo tempo per questa chiacchierata.
N.C.: Piacere mio. Grazie a voi.
(Traduzione dall'americano di Sabrina Fusari)