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La nonviolenza e' in cammino. 230



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 230 del 16 settembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Amos Oz, non facciamoci contagiare dall'odio e dal fanatismo
2. Alessandro Marescotti, barbari e abominevoli atti
3. Luciano Benini, dalla strage negli Usa a una nuova convivenza mondiale
4. Dino Frisullo, dalla parte di tutte le vittime
5. Le redazioni di Altreconomia, Terre di Mezzo, Peacelink: il tempo del
lutto
6. Massimo Paolicelli, occorre il ripudio della violenza e della guerra
7. Crescono le adesioni a sostegno della proposta di legge per la formazione
e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei
valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza
8. Marianella Sclavi, le sette regole dell'arte di ascoltare
9. Appello urgente dell'Universita' di Birzeit
10. Benedetta Frare, un incontro in Germania
11. Monica Lanfranco, video di donne sul G8
12. Ottavio Raimondo, nuove basi di speranza
13. Maria Teresa Gavazza, cinema tra le colline
14. A Gualtieri il 28 settembre
15. Per studiare la globalizzazione: da Guido Quazza a Sergio Quinzio
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. AMOS OZ: NON FACCIAMOCI CONTAGIARE DALL'ODIO E DAL FANATISMO
[Amos Oz, scrittore israeliano, e' tra i fondatori del movimento "^Peace
now". Questo intervento e' apparso sul "Corriere della Sera"]
Guardando con orrore e con dolore le choccanti immagini provenienti da New
York e Washington, ci ricordiamo che l'ondata di fanatismo religioso e
nazionalistico e' in aumento in tutto il mondo islamico, dalle Filippine a
Gaza, dalla Libia all'Algeria, dall'Afghanistan all'Iran, dall'Iraq al
Libano e al Sudan.
Qui in Israele ci siamo trovati particolarmente esposti a questa letale
ondata di fanatismo: quasi ogni giorno siamo testimoni del legame esistente
tra l'incitazione all'odio e le stragi, tra i sermoni religiosi che
inneggiano alla Jihad e la loro realizzazione negli attentati suicidi e
nelle autobomba contro civili innocenti.
Il fatto di essere vittime del fondamentalismo arabo e musulmano spesso ci
rende ciechi e ci porta a ignorare la crescita di un estremismo
sciovinistico e religioso non solo nell'area dell'Islam, ma in diverse parti
del mondo cristiano e in realta' anche tra il popolo ebraico.
Se dovesse risultare che questa terribile prova a cui l'America e' stata
sottoposta deriva dal fatto che fanatici mullah e ayatollah la dipingono,
con insistenza, come "Il Grande Satana" - allora l'America, cosi' come
Israele, "Il Piccolo Satana", dovra' prepararsi ad affrontare una lunga e
dura lotta.
Forse e' solo umano che sotto choc e in preda al dolore alcuni di noi qui in
Israele sentano una voce interiore che dice "adesso perlomeno tutti
capiranno quello che stiamo passando" o "adesso finalmente tutti saranno
dalla nostra parte".
Ma questa esile voce e' estremamente pericolosa per noi: essa potrebbe
facilmente indurci a dimenticare che con o senza il fondamentalismo
islamico, con o senza il terrorismo arabo, non vi e' alcuna giustificazione
per l'occupazione e la repressione del popolo palestinese da anni attuata da
Israele.
Non abbiamo alcun diritto di negare ai palestinesi il loro diritto naturale
alla autodeterminazione. Due immensi oceani non hanno potuto proteggere
l'America dal terrorismo; la Cisgiordania e Gaza, territori occupati da
Israele, certamente non rappresentano una difesa per Israele. Al contrario,
rendono la nostra stessa autodifesa molto piu' difficile e complessa. Prima
questa occupazione terminera', meglio sara' per gli occupati e gli
occupanti.
In questo momento e' troppo facile e allettante cadere in uno dei tanti
cliche' razzisti sulla "mentalita' musulmana" o sul "carattere arabo" e
altre sciocchezze simili.
L'orrendo crimine commesso contro New York e Washington ci ricorda
chiaramente che questa non e' ne' una guerra tra religioni, ne' una lotta
tra nazioni. Si tratta, ancora una volta, di uno scontro tra fanatici per i
quali il fine - qualunque fine, religioso, nazionalistico o ideologico -
giustifica i mezzi, e il resto di noi che attribuisce inviolabilita' alla
vita stessa.
Nonostante i deplorevoli festeggiamenti e le manifestazioni di gioia a Gaza
e Ramallah mentre la gente a New York stava ancora bruciando viva, nessun
rispettabile essere umano deve dimenticare che la grande maggioranza degli
arabi e degli altri musulmani non e' ne' complice di questo crimine ne' si
sta rallegrando per gli avvenimenti. Quasi tutti sono choccati e addolorati
come il resto del genere umano. Forse hanno addirittura qualche motivo
speciale per preoccuparsi dal momento che gia' si sentono circolare alcune
inquietanti voci anti-islamiche.
Tali manifestazioni non sono una giusta risposta a questo crimine. Al
contrario, in questo modo fanno proprio il gioco dei loro esecutori.
Ricordiamoci: ne' l'Occidente, ne' l'Islam o gli arabi rappresentano "Il
Grande Satana".
"Il Grande Satana" e' personificato dall'odio e dal fanatismo. Queste due
vecchie malattie mentali ancora ci tormentano. Stiamo attenti a non farci
contagiare.

2. RIFLESSIONE. ALESSANDRO MARESCOTTI: BARBARI E ABOMINEVOLI ATTI
[Alessandro Marescotti e' tra gli animatori di Peacelink, la piu' importante
esperienza pacifista italiana nella rete telematica]
I barbari e abominevoli atti di terrorismo contro cittadini americani inermi
e innocenti ci stanno vedendo uniti nella ferma condanna della violenza. E'
un fatto di per se' positivo su cui non e' necessario soffermarsi. Detto
questo va aggiunto che il nostro sforzo di pacifisti nonviolenti e di
persone intellettualmente libere e dotate di capacita' critica sara' ora
quello di rivendicare - dopo il momento unanime del cordoglio - la nostra
indipendenza di giudizio sulle forme della punizione dei colpevoli, a
partire dalla esigenza di un regolare processo che accerti, prove alla mano,
l'effettiva colpevolezza dei presunti mandanti.
Ad una giustizia sommaria e vendicativa, tipica della guerra o delle
rivoluzioni violente da cui anche gli ex partiti comunisti oggi prendono le
distanze, occorre sostituire una giustizia "civile" che consideri come
obiettivo primario l'accertamento della verita' e non la
spettacolarizzazione della punizione (si pensi alle macabre fucilazioni
negli stadi cinesi) al fine di dimostrare alle masse la terribile
onnipotenza e l'implacabilita' di un potere ferito che desidera
riconquistare un'immagine di forza di fronte a tutti.
Vorremmo che l'amministrazione americana si distinguesse appunto dalla Cina
e non ideasse una fucilazione sommaria (moltiplicata all'infinito dalla
potenza di fuoco dei bombardieri) in quegli stadi moderni che sono le rete
televisive mondiali.
Come nonviolenti non condividiamo pertanto l'idea che ad atti estremi si
debba rispondere con estremi rimedi e che a vittime innocenti sia
inevitabile e tutto sommato giusto aggiungere altre vittime innocenti pur di
colpire il presunto colpevole. Ecco perche' e' francamente inaccettabile il
proclama di Bush con cui si annuncia la "prima guerra del nuovo secolo".
No. Cio' che occorre non e' una guerra ma un'azione di polizia
internazionale che veda concorde il mondo intero e le premesse per fare
questo ci sono tutte. In una guerra la violenza mette nel conto l'uccisione
di persone che non hanno alcuna colpa se non quella di appartenere ad
un'altra nazione. Nell'azione di polizia la forza ha lo scopo di essere al
servizio della giustizia e non della vendetta sommaria.
Cosi' come oggi di fronte al governo americano rivendichiamo la nostra
contrarieta' alla pena di morte come mezzo di punizione del colpevole, cosi'
pure domani rivendicheremo la nostra contrarieta' ad ogni azione che abbia
come scopo la vendetta al posto della giustizia. Di fronte ad un potenziale
inutile bagno di sangue futuro noi gia' da ora dobbiamo rivendicare un
sistema di punizione che sia commisurato alla neutralizzazione dei colpevoli
, evitando che a sangue innocente si aggiunga altro sangue innocente. I
morti innocenti degli Stati Uniti non potremo rescuscitarli con la nostra
rabbia, i futuri morti innocenti potremo evitarli invece con un fermo
richiamo ai valori della nostra piu' valida tradizione culturale che
derivano dai principi dell'illuminismo di Cesare Beccaria e quindi dal
ripudio di ogni giustizia che si trasformi in desiderio di vendetta.
Dopo gli attentati si sono visti in TV dei festeggiamenti fra alcuni
palestinesi (tristissima scena). Molti di noi hanno pero' anche sentito e
visto di persona amici e parenti dire: "Uccidiamoli tutti", con chiari
riferimenti agli arabi e alla loro fede religiosa. E' triste notare che non
si riesca spesso a compiere un salto di civilta' nel combattere la barbarie.
Abbiamo visto anche cartelli americani con la scritta: "President Bush
declare war on Afghanistan tonight" ("Presidente Bush, dichiara guerra
questa notte all'Afghanistan"). La foto, pubblicata da "Il Giornale" del 13
settembre, porta la data dell'11 settembre 2001 (erano passate solo poche
ore dall'attentato), quando neppure l'ultimo consigliere di Bush aveva
un'ipotesi.
La giustizia non e' l'uccisione del criminale di turno sulla base di un
sondaggio di opinione. E' ricerca paziente e faticosa come ha testimoniato
la stessa giustizia americana con la sua "fatica" e lentezza
nell'individuare - per di piu' sul territorio nazionale - gli effettivi
mandanti dell'uccisione dei fratelli Kennedy.
La giustizia non e' sinonimo di rapidita', a diferenza della vendetta. La
giustizia non e' spettacolare.
Ecco perche' la nostra idea di giustizia non piace ad alcuni giornalisti che
ci attaccheranno proprio per questo. Ma noi non dobbiamo accettare di fare
400 anni di balzo all'indietro della civilta' emulando in questo gli ancor
piu' barbari regressi dell'integralismo e del fanatismo.

3. RIFLESSIONE. LUCIANO BENINI: DALLA STRAGE NEGLI USA A UNA NUOVA
CONVIVENZA MONDIALE
[Luciano Benini e' presidente del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), uno dei principali movimenti nonviolenti]
Di fronte alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti l'orrore e
l'indignazione sono i sentimenti che immediatamente prevalgono in ognuno di
noi, accanto alla piu' ferma condanna per atti che non possono trovare
alcuna giustificazione. Questi crimini colpiscono l'umanita' intera perche'
lacerano e feriscono la natura umana che c'e' in ciascuno di noi.
Ora, a qualche giorno di distanza da avvenimenti tanto tragici, occorre
saper riflettere sulle cause che possono portare a gesti tanto disperati e
gravi, perche' poi le risposte che la comunita' internazionale dovra' porre
in essere dipenderanno proprio dall'analisi che sapremo fare.
Se, come purtroppo la maggior parte dei politici, dei giornalisti e delle
persone di potere hanno affermato in questi giorni, si cerchera' di spiegare
tutto col fanatismo religioso, con la lotta fra il bene e il male, con lo
scontro fra la civilta' da una parte e la barbarie dall'altra, allora
sembrera' normale una risposta militare e violenta, sembrera' normale
restringere le liberta' individuali in nome della sicurezza, sembrera'
normale vedere in ogni mediorientale un possibile terrorista, sembrera'
normale reprimere ogni forma di dissenso e di critica al sistema occidentale
in nome della necessita' di far fronte comune contro il nemico esterno. In
questa logica si spiega l'irresponsabile e ridicola proposta, avanzata da un
personaggio inquietante come Cossiga, di celebrare subito un nuovo incontro
dei G8 in Italia, proposta purtroppo fatta propria dal presidente Berlusconi
ma per fortuna accantonata subito dagli stessi Stati Uniti.
L'analisi di quanto avvenuto in questi giorni mi pare debba essere molto
piu' profonda.
E' certamente giusto cercare di individuare i colpevoli di questa tremenda
strage e renderli incapaci di nuocere ancora: questo deve essere fatto, e
con urgenza. Ma occorre anche cercare di capire il loro scopo e la molla che
li ha spinti ad agire cosi'. Capire non significa giustificare: non c'e'
giustificazione alcuna per la violenza omicida e premeditata. Ma non basta
annientare chi l'ha progettata e messa in atto, se non si estirpa del tutto
il seme dell'odio. Che qualcuno abbia potuto far festa per questa strage e'
un pensiero che ci fa inorridire, ma e' l'inquietante segnale di un mondo
diviso: percio' occorre cercar di capire, ascoltando tutti, soprattutto
coloro che sono o si sentono vittime dello strapotere simboleggiato dagli
obiettivi che sono stati colpiti, Manhattan e quindi il potere economico, il
Pentagono e quindi il potere militare, la Casa Bianca, scampata dalla
strage, il potere politico.
Occorre dare all'Occidente un volto amichevole e solidale verso il resto del
mondo: una nuova e reale sicurezza non nascera' dal rafforzamento militare
della cittadella assediata, ne' dalla ferocia delle ritorsioni, ma da un
ritrovato senso della giustizia, e dall'acquisizione di strumenti non
distruttivi per la gestione dei conflitti, anche i piu' gravi, anche i piu'
tragici.
Chi compie azioni di questo genere in nome dell'Islam bestemmia Allah
esattamente come bestemmiavano i cristiani che si lanciavano in tante
"guerre sante", anche in tempi recenti.
Perche' meravigliarsi che qualcuno cerchi di guadagnarsi il paradiso
nell'aldila' con azioni terroristiche, quando il paradiso in terra promesso
dal capitalismo neoliberista, per oltre i quattro quinti dell'umanita',e'
un miraggio che si allontana, lasciando il posto ad un inferno fatto di
sfruttamento economico, disastri ambientali, collasso sociale, violenza
endemica? Perche' stupirsi se c'e' chi si addestra alla guerra santa, quando
gli anni novanta sono stati utilizzati dalle potenze occidentali per ridare
legittimita' e dignita' alla guerra come valido strumento di risoluzione
delle controversie internazionali? Queste sono le domande che dovremmo
porci, questi i temi su cui chiedere al popolo degli Stati Uniti di
riflettere, se veramente ci consideriamo loro amici. Gli Usa, e con loro
l'intero Occidente, devono imparare a guardarsi allo specchio se vogliono
veramente capire come si e' arrivati alla tragedia di questi giorni. Il
"brodo di cultura" in cui il terrorismo si e' sviluppato e' il loro stesso
sistema economico, non il movimento "anti-global" come gli ideologi di
regime stanno gia' cominciando a dire.
E' la disperazione che genera la massa critica sufficiente per una follia di
cosi' grande portata. E la disperazione e' la condizione di milioni di
poveri, di diseredati, di oppressi. Popoli devastati e depredati dal
colonialismo del Primo Mondo che forniscono braccia e consenso al
terrorismo. Popoli che hanno visto milioni di loro fratelli morire, essere
trattati come bestie. Popoli spogliati di tutto, dalle loro materie prime
alla loro cultura.
Non e' vero che di qua c'e' la civilta' e di la' c'e' la barbarie.
Quando gli Stati Uniti bruciavano vivi col Napalm migliaia di bambini
vietnamiti colpevoli solo di vivere in un paese comunista, dove era la
civilta' e dove la barbarie?
Quando gli Stati Uniti organizzavano le scuole di tortura e repressione per
i militari golpisti latino-americani, che poi puntualmente mettevano in
pratica gli insegnamenti ricevuti uccidendo, facendo sparire e torturando
centinaia di migliaia di donne, bambini, anziani, dove era la civilta' e
dove la barbarie?
Quando i bombardamenti della Nato, Italia compresa, uccidevano 100-200 mila
iracheni colpevoli solamente di avere come capo un dittatore che solo pochi
anni prima era sostenuto politicamente, economicamente e militarmente dalla
Nato stessa perche' difendeva gli interessi occidentali contro il fanatismo
musulmano di Khomeini, dove era la civilta' e dove la barbarie?
Quando piu' di mezzo milione di bambini iracheni venivano uccisi in dieci
anni dall'embargo proclamato dai paesi occidentali, dove era la civilta' e
dove la barbarie?
Quando la Nato giocava al tiro al bersaglio da 10 mila metri di altezza
uccidendo a migliaia serbi e kossovari e spegnendo la speranza che dieci
anni di resistenza nonviolenta aveva alimentato, dove era la civilta' e dove
la barbarie?
Quando da piu' di 50 anni quattro milioni di palestinesi sono costretti a
vivere nei campi profughi perche' cacciati dalla loro terra senza che
nessuno muova un dito, mentre per molto meno (Kuwait, Kossovo) si e' messo a
disposizione l'intero apparato bellico delle potenze occidentali, dov'e' la
civilta' e dove la barbarie?
Quando decine di migliaia di kurdi sono uccisi, torturati, imprigionati
senza che la Nato muova un dito solo perche' il governo che uccide, tortura,
imprigiona, quello turco, fa parte della Nato stessa, dov'e' la civilta' e
dove la barbarie?
Quando ogni giorno 100 mila persone muoiono di fame, malattie, guerre spesso
causate dalle politiche neoliberiste occidentali che la globalizzazione
vorrebbe estendere all'intera pianeta, quando con il consenso dei governi
occidentali gli aggiustamenti strutturali del Fondo Monetario Internazionale
e le politiche monetarie e commerciali della Banca Mondiale e
dell'Organizzazione Mondiale del Commercio costringono alla miseria e alla
disperazione milioni di persone, dov'e' la civilta' e dove la barbarie?
Quando otto paesi al mondo pretendono di decidere le sorti del resto
dell'umanita' e con il loro braccio armato, la Nato, si arrogano il diritto
di decidere quando e contro chi e' giusto bombardare, togliendo forza e
legittimita' all'unico organismo internazionale che ce l'ha, l'Onu, dov'e'
la civilta' e dove la barbarie?
Quando l'altra sera anch'io partecipavo alla fiaccolata per esprimere
l'orrore e lo sdegno per la strage, camminavo non solo per le migliaia di
vittime provocate in questi giorni dal terrorismo negli Stati Uniti ma anche
per i palestinesi, per i kurdi, per gli africani, per i popoli
latino-americani, per tutti i popoli e le persone della terra che sono
privati della dignita' di esseri umani. La vita di un palestinese, di un
kurdo, di un iracheno, di un africano o di un latino-americano ha lo stesso
valore di quella di uno statunitense. Occorre allora avere la forza di
indignarsi sempre di fronte alla barbarie, perche' civilta' e barbarie sono
in ogni popolo e in ognuno di noi. Quando prevale la nonviolenza, la
giustizia, la convivenza, la solidarieta', e' la civilta' che prevale,
quando la parola e' alla repressione, alle armi, alla violenza, e' la
barbarie che prevale.
C'e' infine un aspetto che fa riflettere in questa vicenda: il gigantesco
sistema militare che e' stato messo in piedi in 50 anni dalla Nato, basato
su migliaia di testate nucleari, carriarmati, armamenti chimici e
batteriologici, bombardieri e cannoni, e' stato messo in ginocchio e
ridicolizzato non da un attacco nucleare di una superpotenza ma da alcuni
coltellini da boy-scout.
Se anche solo una piccolissima parte delle risorse economiche e di persone
che sono state sprecate in questi anni fosse stata impiegata per consentire
a tutti di disporre di acqua, cibo, casa, salute e lavoro, gran parte dei
problemi dell'umanita' sarebbero stati risolti e la sicurezza del mondo
sarebbe molto maggiore di quanto sia oggi. Ridicolo ci appare oggi il
progetto di "Scudo stellare": speriamo che almeno quanto avvenuto serva per
accantonarlo definitivamente.
Occorre allora affermare con chiarezza che chiunque ancora oggi propugni la
tesi che possa esistere una "violenza giusta" e' esso stesso complice degli
assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanita', che chiunque non
abbia capito che l'uccidere anche un solo essere umano equivale ad affermare
la liceita' di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo.
E mentre condanniamo senza appello la strage dell'11 settembre, condanniamo
ugualmente ogni proposito di vendetta o pretesa di fare giustizia con le
armi da parte del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L'indagine
ed il giudizio sui responsabili di un tale crimine internazionale che
offende tutta l'umanita' compete all'ONU nelle sue legittime istituzioni.
Per questo motivo mi sento di fare mio l'appello che circola in questi
giorni che dice:
"Signor Presidente della Repubblica,
La supplico di agire perche' alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti
nessuno risponda con la vendetta militare. Proprio perche' quel crimine
colpisce tutta l'umanita', deve essere un tribunale che rappresenta l'intera
comunita' dei popoli umani a compiere le indagini ed emettere il giudizio
con tutte le garanzie giuridiche. Ad un crimine, per quanto grande, non si
risponde con la guerra. La guerra non sarebbe un giusto giudizio penale,
nella luce della ragione, della morale e della legge, ma un nuovo crimine
che spingerebbe ulteriormente il mondo nel buio mortale dell'odio e della
distruzione. In nome della vita e della civilta', nell'ora del massimo
pericolo, La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorita'
che Le da' la nostra Costituzione pacifica. Se l'Italia sara' in guerra, io
non ci saro'".

4. RIFLESSIONE. DINO FRISULLO: DALLA PARTE DI TUTTE LE VITTIME
[Dino Frisullo e' impegnato in molte iniziative di pace, di solidarieta',
contro il razzismo]
A partire dalla guerra di Spagna, con il tremendo passaggio di Hiroshima e
Nagasaki, le guerre moderne si combattono a colpi di massacri di civili,
distruggendo infrastrutture civili. Dunque questo e' un atto di guerra in
senso pieno.
Noi siamo contro la guerra in generale, la guerra alle citta' in
particolare. Questo atto riempie di orrore, non meno e non piu' dei
bombardamenti sul Vietnam, su Baghdad, su Belgrado. Non di meno, e non di
piu'.
Credo che nessuno debba e possa gioire del colpo al cuore della prima
potenza mondiale. Credo che nessuno, ai tempi della piu' tremenda guerra
partigiana, potesse gioire di Dresda o Hiroshima rase al suolo. La logica
amico-nemico non ci appartiene.
Chi ha organizzato questo attacco deve disporre di soldi, mezzi,
organizzazione e di una buona dose di fanatismo. Tutte doti che non mancano
ad ogni macchina di guerra che si rispetti.
E' possibile che si tratti di una macchina statuale, ed e' probabile che gli
Usa si attaccheranno a questa ipotesi per dare risposte distruttive allo
"stato-canaglia" di turno (l'espressione e' di Bush). E' l'ipotesi piu'
facile, e' la scelta piu' comoda. Quale citta' colpiranno per prima? Su
quale parte del Sud del mondo si avventeranno i bombardieri?
L'altra ipotesi e' piu' dura. Gli stati da tempo non hanno piu' il monopolio
della forza, ed ora neppure della guerra. Un'organizzazione non statuale, ma
dotata di cospicui mezzi, puo' scatenare un'offensiva di questo tipo. E come
ogni parte in guerra, puo' avere le sue motivazioni. Le sue "ragioni".
Gli Usa hanno sparso o fatto spargere fiumi di sangue e di dolore in mezzo
mondo, in questo sessantennio di pace armata. E' l'unica potenza al mondo
che non abbia mai vissuto una guerra sul proprio suolo. Non c'e' bisogno di
ricorrere al cliche' dell'integrismo: per mezzo mondo gli Usa sono il
"Grande Satana" anche senza bisogno di sovrastrutture religiose. Un colosso
inattaccabile. Fino a ieri.
Questo equivale a giustificare? No. A cercare di capire.
Non ci appartiene il terrorismo, ne' quando e' agito da organizzazioni ne'
quando e' terrorismo di stato.
L'attacco agli Usa non e' un attacco a "noi", nel senso diffuso in queste
ore a piene mani, di attacco al "mondo libero" (?!), alla democrazia etc.
Non c'e' nulla in comune fra "noi" e gli strateghi del Pentagono.
E' un attacco a noi in ben altro senso: c'e' molto in comune fra "noi" e i
civili che fuggivano disperati fra nuvole di polvere sul suolo insanguinato.
Il loro terrore era lo stesso dei vietnamiti, degli jugoslavi, degli
irakeni. Degli abitanti di San Lorenzo a Roma, mezzo secolo fa.
E' un attacco a noi anche perche' si cerchera' di schiacciarci nella logica
della guerra. Con gli Usa, o contro la civilta'. E macchine repressive
ancora piu' militarizzate schiacceranno chi dissente, individui, collettivi
o popoli. Come in tempo di guerra, appunto.
Lo sgomento che viviamo non e' diverso da quello vissuto dieci anni fa,
davanti allo spettacolo dei traccianti sui cieli di Baghdad. E' lo sgomento
dell'impotenza, dell'espropriazione, di fronte alla morte che viene
dall'alto.
Siamo contro tutte le guerre. Anche contro questa guerra. Siamo per un altro
mondo, in cui nessuno possa decidere della vita o della morte altrui
schiacciando un pulsante, che si tratti del telecomando di una bomba o del
comando di lancio di un jet. In cui nessuno debba guardare al cielo con
paura, che si tratti del cielo di New York o di Gaza.
Ma proprio per questo, siamo e restiamo fermamente contro la Nato e il suo
riarmo nucleare, siamo e restiamo contro tutti i signori della guerra, in
divisa e non. Siamo e restiamo contro i gendarmi dello sfruttamento, a
partire dalla macchina militare Usa, e contro quel comando unico che scatena
e innesca, anche contro se stesso, logiche di guerra.
Siamo per un altro ordine, che s'imponga dal basso.
Siamo dalla parte delle vittime. Quelle di oggi, e quelle di ieri. Tutte.

5. RIFLESSIONE. LE REDAZIONI DI ALTRECONOMIA, TERRE DI MEZZO, PEACELINK: IL
TEMPO DEL LUTTO
Carissimi amici,
l'angoscia di questi giorni e' grande. Il dolore e' enorme.
Questo e' il tempo del lutto, della disperazione, delle vittime. Forse solo
di questo.
Ma scriviamo, vi scriviamo, perche' molti, dall'una all'altra parte del
mondo, parlano di guerra. Poche le voci che si levano per dire che deve
esserci, che c'e' un'altra strada, un'altra umanita'.
Forse e' troppo facile per noi, per noi che non siamo tra le vittime, non
oggi almeno.
Ma lo vedete: le voci di chi considera necessaria una "risposta militare" si
rafforzano a vicenda, dai governi all'opinione pubblica, dalle alleanze
militari ai giornali, e viceversa. Poi sara' inevitabile l'uso della forza.
Possiamo dire, in lacrime, che non siamo d'accordo? E fare sentire la nostra
voce?
Se condividete la nostra angoscia per quanto e' accaduto e potrebbe
accadere, vi invitiamo a scrivere, intanto ai vostri amici, e poi alle
associazioni, ai giornali, al governo, ai parlamentari, alle vostre chiese.
E a organizzare momenti comuni, magari anche solo di veglia o fiaccolate.
Se sono cattive idee, o troppo piccole, buttiamole via e cerchiamone delle
altre. Non lasciamo pero' crescere la sensazione che l'opinione pubblica int
era legittimi lo stato di guerra. Noi non legittimiamo niente di tutto cio'.
La violenza non e' mai una speranza per l'umanita'.

6. RIFLESSIONE. MASSIMO PAOLICELLI: OCCORRE IL RIPUDIO DELLA VIOLENZA E
DELLA GUERRA
[Massimo Paolicelli e' presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti]
Ci appelliamo al Presidente Ciampi, affinche' stemperi questa voglia
ossessiva di ritorsione militare, che serpeggia anche in Italia.
Il Capo dello Stato traduca in gesti concreti del nostro Paese l'appello del
Sommo Pontefice che chiede che non prevalgano la vendetta e lo spirito di
ritorsione che alimenterebbero nuovo odio, scatenando una spirale maledetta
e incontrollabile di violenza.
Si deve cercare giustizia sulla base del diritto internazionale e non della
vendetta. Questo, secondo noi, e' il momento della riflessione: occorre
un'analisi politica approfondita delle ragioni che alimentano il terrorismo
e bisogna lavorare per coalizzare la comunita' internazionale cosi' da
superare le situazioni di ingiustizia del mondo che forniscono l'humus ai
kamikaze del nuovo millennio.
E' ormai evidente che il disordine mondiale che e' stato creato rappresenta
una minaccia per tutti, anche per i ricchi e i potenti; occorre quindi
lavorare per costruire un nuovo ordine mondiale basato sul rispetto della
vita e dei diritti umani, sul ripudio della violenza e della guerra.
Per questo anziche' sprecare tempo e denaro dietro ad un inutile scudo
stellare, occorre uno sforzo di tutte quelle nazioni che si considerano
"civili" per rivitalizzare e rafforzare da subito le Nazioni Unite".

7. INIZIATIVE: CRESCONO LE ADESIONI A SOSTEGNO DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER
LA FORMAZIONE E L'ADDESTRAMENTO DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA CONOSCENZA E
ALL'USO DEI VALORI, DELLE TECNICHE E DELLE STRATEGIE DELLA NONVIOLENZA
Tra i parlamentari che hanno gia' espresso attenzione e adesione ci sono il
vicepresidente del Parlamento Europeo Renzo Imbeni, i senatori Achille
Occhetto, Natale Ripamonti, Francesco Martone, Anna Donati, Nedo Canetti; i
deputati Marida Bolognesi, Paolo Cento, Elettra Deiana, Titti De Simone,
Giorgio Panattoni, Aldo Preda, Vincenzo Siniscalchi, Giovanni Russo Spena,
Tiziana Valpiana, Luciano Violante; i parlamentari europei Giuseppe Di
Lello, Luisa Morgantini, Giovanni Pittella (oltre al gia' citato Renzo
Imbeni);
La presentazione ufficiale della proposta di legge, sottoscritta da vari
senatori e deputati di diverse forze politiche, e' prevista per la seconda
meta' di settembre.
In occasione della presentazione della proposta di legge si terra' a Roma
anche una conferenza cui parteciperanno i parlamentari presentatori,
illustri personalita' della peace research e della nonviolenza, cattedratici
universitari di prestigio internazionale.
La bozza della proposta di legge e due dossier documentari di
approfondimento possono essere richiesti al "Centro di ricerca per la pace"
di Viterbo (e-mail: nbawac@tin.it).
La bozza dell'articolato di legge su cui si sta costruendo il confronto, la
convergenza e il consenso e' la seguente:
Art. 1. (Formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei
valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza). Si dispone che
nei percorsi formativi, addestrativi e di aggiornamento delle forze
dell'ordine sia prevista l'inclusione della conoscenza e dell'uso dei
valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza.
Art. 2. (Disposizioni e provvedimenti attuativi e regolamentari). Si demanda
al Ministro dell'Interno, d'intesa con gli altri ministri interessati alla
definizione dei percorsi formativi ed educativi ed alla formazione e
gestione delle forze dell'ordine, di emanare le disposizioni ed i
provvedimenti attuativi e regolamentari entro il termine di mesi sei
dall'approvazione della legge.
Tali disposizioni e provvedimenti devono essere comprensivi della
definizione di un percorso formativo obbligatorio standard per tutto il
personale delle forze dell'ordine.
Art. 3. (Consulenza di esperti). Per l'approntamento della specifica
normativa, la definizione della qualificazione dei docenti, la
predisposizione della manualistica relativa, si prevede di avvalersi della
consulenza sia dei docenti e ricercatori esperti in materia di peace
research e di formazione alla nonviolenza, sia dei responsabili delle
strutture formative e addestrative delle forze dell'ordine attualmente
operanti.
Art. 4. (Finanziamento). Per il finanziamento di tale attivita' formativa,
addestrativa e di aggiornamento alla conoscenza e all'uso dei valori, delle
tecniche e delle strategie della nonviolenza, si prevede di incrementare il
budget a disposizione per la formazione, l'addestramento e l'aggiornamento
delle forze dell'ordine in ragione sia della necessaria inclusione nei
ranghi del personale docente di nuove figure specificamente qualificate
(eventualmente attraverso rapporti di convenzione con Universita' o istituti
di ricerca e di formazione), sia dell'acquisizione o predisposizione di
specifica manualistica (ed a tal fine si puo' far riferimento alle piu'
qualificate e prestigiose pubblicazioni anche in lingua italiana gia'
esistenti in tale ambito di studi), sia di ogni altro adempimento e
strumentazione si rendessero necessari.

8. MATERIALI. MARIANELLA SCLAVI: LE SETTE REGOLE DELL'ARTE DI ASCOLTARE
[Le "Sette regole dell'arte di ascoltare" sono un condensato dell'approccio
elaborato in circa vent'anni di ricerche epistemologiche e sul campo da
Marianella Sclavi.
Marianella Sclavi e' docente universitaria al Politecnico di Milano, e'
antropologa, e si occupa di progettazione urbana partecipata e di formazione
della Polizia Municipale a Milano. Per contatti: msclavi@libero.it]
1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la
parte piu' effimera della ricerca.
2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il
tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.
3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha
ragione e chiedergli di aiutarti  a vedere le cose e gli eventi  dalla sua
prospettiva.
4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai
comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come
guardi. Il loro codice e' relazionale e analogico.
5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali piu'
importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al
tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perche'
incongruenti con le proprie certezze.
6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della
comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per
esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei
conflitti.
7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia
umoristica.  Ma quando hai imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da se'.

9. APPELLI. APPELLO URGENTE DELL'UNIVERSITA' DI BIRZEIT
[Riceviamo e diffondiamo questo appello redatto l'8 settembre scorso; per
contatti con l'Universita' di Birzeit: www.birzeit.edu]
Levare l'assedio militare all'educazione all'Universita' di Birzeit. Aprire
la strada della pace attraverso un'azione concreta per proteggere la
popolazione e la vita civile in Palestina.
Il 15 settembre, piu' di 5.000 studenti ed oltre 350 persone dello staff
universitario cominceranno il nuovo anno accademico all'universita' di
Birzeit - e dovranno far fronte ad un viaggio a piedi duro, umiliante e
spesso pericoloso attraverso due posti di blocco militari israeliani per
tentare di raggiungere il campus, gli uffici e i laboratori.
Dal marzo 2001 sia gli allievi che gli insegnanti hanno sopportato tutte le
difficolta' derivanti dalla chiusura della strada Ramallah-Birzeit, il
principale, e di questi tempi, il solo accesso vitale alla nostra
Universita'.
Dopo l'estate la situazione e' peggiorata e le difficolta' e l'oppressione
sono ora "istituzionalizzati" sia per la comunita' dell'Universita' di
Birzeit che per i residenti dei 35 villaggi rurali che utilizzano questa
strada come linea vitale di collegamento con i servizi, i rifornimenti e i
posti di lavoro di Ramallah.
Ma non sono solamente le difficolta' e i pericoli sofferti dai diversi
studenti e insegnanti, e nemmeno il danno inflitto ad una delle principali
istituzioni educative della Palestina che ha portato l'Universita' di
Birzeit a pubblicare questo appello.
Queste difficolta' sono veramente pesanti, come ci hanno testimoniato i
nostri allievi e i nostri insegnanti che si arrampicano sopra le trincee,
cercando di tenersi al riparo dal fuoco dell'esercito israeliano, dalle
bombe suono o dai gas lacrimogeni, bloccati e umiliati e talvolta arrestati.
Il danno alla vita accademica, ai programmi di servizio della comunita',
alla ricerca e al futuro sviluppo dell'Universita' sono molto reali.
Tuttavia, e' la dura realta' che questi eventi negativi fanno parte della
nuova "normalita'" delle chiusure israeliane e dell'assedio contro la
popolazione civile palestinese, del tutto in contrasto con il diritto
internazionale, che ci riguarda - e che richiede un'azione reale ed
effettiva da parte della comunita' internazionale.
Nessuna pace puo' essere costruita sulla distruzione e sulla rovina di un
altro popolo, della sua vita civile, sviluppo, societa' e condizioni di
vita.
La Comunita' di Birzeit ha agito, nella pace, nell'unita' e nella dignita',
contro la chiusura e per il diritto all'educazione, alla liberta' di
movimento ed al rispetto per le persone.
Nei mesi scorsi, con dimostrazioni pacifiche, organizzate dall' universita'
e dai suoi amici, si e' provveduto a riempire con materiali vari le trincee
scavate dai bulldozers dei militari israeliani per impedire l'utilizzo della
strada all'inizio di marzo.
Tuttavia, le successive proteste pacifiche contro la chiusura continua del
posto di blocco militare (checkpoint) - compresa la consegna ai soldati
della informazione relativa al fatto che le loro azioni contravvenivano al
diritto internazionale - non hanno dato risultati a lungo termine.
La chiusura della strada di Birzeit non e' sostenuta da giustificazioni di
sicurezza, ma e' invece utilizzata da Israele per la maggior parte delle sue
azioni illegali nel territorio palestinese.
La strada Ramallah-Birzeit non passa vicino ad alcuna citta' o insediamento
israeliano.
Invece i posti di blocco (checkpoint) rappresentano una politica sistematica
ed ufficiale di intimidazione che e' animata dall'intento di
istituzionalizzare la sofferenza della societa' civile palestinese, nel
tentativo di spezzarne la volonta' e deteriorarla.
Per tali ragioni, chiediamo alla comunita' internazionale di difendere i
diritti umani intraprendendo una azione immediata contro questa chiusura,
che viola in modo evidente la Quarta Convenzione di Ginevra, della quale
Israele e' firmatario, cosi' come la Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo e le altre disposizioni sui diritti umani.
In effetti e' urgente e necessario che le parti contraenti della Convenzione
assumano le proprie responsabilita' conformemente al diritto internazionale.
Ma accanto a queste iniziative onnicomprensive, chiediamo alla comunita'
internazionale di agire ogniqualvolta i diritti alla pace e alla sicurezza
sono violati, con l'adozione di misure concrete per assicurare questi
diritti.
Noi crediamo che la riapertura della strada per l'Universita' di Birzeit sia
un passo verso una pace vera e giusta. Abbiamo urgentemente bisogno del
vostro sostegno.

10. INIZIATIVE. BENEDETTA FRARE: UN INCONTRO IN GERMANIA
[Da Benedetta Frare, dell'ufficio stampa di "TransFair Italia"
(transfai@intercity.it), riceviamo e diffondiamo]
Cinquecento organizzazioni di produttori del commercio equo si ritrovano in
Germania per costruire una globalizzazione alternativa.
Sara' la prima assemblea mondiale del commercio equo quella che riunira' a
Lingen, nel nord della Germania, dal 17 al 21 settembre, piu' di cinquecento
organizzazioni di commercio equo e solidale che esportano prodotti
alimentari nel circuito europeo.
Si incontreranno con tutti gli attori di questa forma alternativa di
rapporto commerciale che elimina lo sfruttamento del lavoro nel Sud del
mondo, pagando un prezzo giusto che consenta alle comunita' di Asia, Africa
e America Latina di investire in servizi sociali e sanitari. I delegati di
queste cooperative si ritroveranno con i licenziatari (aziende europee che
importano prodotti da queste organizzazioni), centrali di importazione del
commercio equo, rappresentanti delle Botteghe del mondo, i marchi di
garanzia nazionali (tra loro, anche TransFair Italia) per tracciare le linee
di ristrutturazione di Flo, il coordinamento europeo dei marchi di garanzia
con sede a Bonn; ma si discutera' anche di marketing, presentazione del
prodotto, pubblicita', tecniche di contrattazione.
All'incontro partecipera' Romano Prodi, presidente dell'Unione Europea, da
sempre consumatore di prodotti del commercio equo.
Con questo appuntamento, che da quest'anno ritornera' con cadenza biennale,
il commercio equo si candida ad essere tra le reali e incisive alternative
ai danni della globalizzazione. Basti pensare che, nella sola Svizzera, il
te' del commercio equo ha conquistato il 4% del mercato; le banane il 15%,
il caffe' il 3%, come nei Paesi Bassi, nazioni che da tempo hanno introdotto
questi prodotti nella grande distribuzione.
In Italia, grazie al lavoro di TransFair, i prodotti provenienti da
cooperative di commercio equo, hanno conosciuto un trend di crescita
positivo, raggiungendo il 35% della grande distribuzione.

11. MATERIALI. MONICA LANFRANCO: VIDEO DI DONNE SUL G8
[Da Monica Lanfranco, animatrice del sito "Marea" e di varie iniziative di
donne per la pace, riceviamo e diffondiamo. Per contatti: e-mail:
mochena@village.it; siti: www.marea.it, www.village.it/lanfranco/]
"Giugno - luglio 2001: le donne".
Questo il titolo del video vhs di 25 minuti che "Marea" ha realizzato per
raccogliere le immagini e le parole di cio' che molte donne hanno realizzato
e vissuto a Genova, un mese prima del summit del G8, all'evento "Punto G -
genere e globalizzazione", realizzato dalla rete della "Marcia mondiale
delle donne" e nei giorni di luglio.
Le parole di Lidia Menapace, Starhawk, Luisa Morgantini, le immagini del
corteo dei migranti del 19 luglio, il racconto di due genovesi presenti nei
luoghi dove le donne della rete della Marcia si erano date appuntamento il
20 e le immagini di gioia di quella giornata fino all'inizio dell'incubo, il
corteo del 21, la giornata "Genova libera" del 24, dopo le devastazioni e la
repressione poliziesca: questo il sommario del video.
La scelta narrativa e' stata quella di privilegiare le immagini di cio' che
si e' riuscite a fare, (di cio' che avrebbero dovuto e potuto essere quei
momenti) immagini che in realta' nessuno ha potuto vedere perche' oscurate
dalla drammatica realta' della violenza e della repressione.
Il video, prodotto da "Marea" con l'autofinanziamento, e' a disposizione di
tutte e tutti anche per organizzare momenti di incontro e dibattito sui
contenuti della protesta e della proposta delle donne nel movimento
antiglobalizzazione. Il costo e' di lire ventimila.
Tra qualche giorno inoltre sara' disponibile anche il numero 3 di "Marea",
un numero speciale di 200 pagine, con gli atti del convegno "Punto G" e
riflessioni sui fatti di Genova. Vi preghiamo di mettervi al piu' presto in
contatto per le prenotazioni.

12. MATERIALI. OTTAVIO RAIMONDO: NUOVE BASI DI SPERANZA
[Ottavio Raimondo e' direttore della EMI, l'Editrice Missionaria Italiana di
Bologna, che pubblica libri semplicemente indispensabili per ogni
costruttore di pace]
"Teologia della rigenerazione" di Carlos Castillo mi aiuta a scrivere in
questo momento in cui il dolore per la grande strage di umanita' scaturita
dall'attentato al cuore della finanza e del potere militare USA, si assomma
al dolore per le migliaia di vite, spesso appena sbocciate, che si spengono
ogni giorno a causa della miseria che colpisce l'80 per cento e piu'
dell'umanita'. Due situazioni molto diverse, unite da un unico dolore per le
vite umane spazzate via da chi, da una parte, crede di poter risolvere le
ingiustizie con la violenza, e dall'altra da chi le ingiustizie le perpetua.
Il libro inizia con queste parole: "Non siamo di fronte a un'epoca di
cambiamenti, ma a un cambiamento di epoca", e termina, a pagina 125, con
questa affermazione: "Quest'epoca di grande e profonda crisi ci sfida a
proporre al mondo nuove basi di speranza". Il cardinale Martini gia' nel
1999 faceva un esplicito riferimento alle basi di speranza, quando scriveva:
"Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo... non basta
parlare di giustizia, di doveri, di bene comune... Bisogna parlare con un
cuore carico di amore compassionevole... bisogna irradiare la bellezza di
cio' che e' vero e giusto nella vita".
"Teologia della rigenerazione" e "Impero svelato" sono due pubblicazioni,
teologica la prima e biblica la seconda, che a tutti offrono orizzonti nuovi
e stimoli per leggere l'oggi con l'impegno di costruire un futuro di
giustizia e di pace per tutti.
Sono convinto che e' piu' facile credere di poter controllare il mondo
reprimendo e colpendo. Ma sara' questa la strada giusta? Sara' vero che
"siamo di fronte alla prima guerra del XXI secolo", come ha affermato il
signor Bush parlando alla nazione americana e al mondo intero? E le tante
guerre dimenticate che stanno facendo i poveri con le armi dei ricchi?
E' triste renderci conto che la grande preoccupazione dell'Occidente, e in
primo luogo dei governi, non e' per le persone ma per il profitto.
Ma noi della EMI continuiamo ad andare controcorrente e a proporre nuovi
stili di vita come nel libro "Invito alla sobrieta' felice" e in alcune VHS:
"Vandana Shiva"; "Ho ucciso"; "Nairobi"; "Nei sotterranei della storia";
"Dal fucile all'automobile"; "L'alba dell'era atomica"; "L'economia del
Pentagono".
Il poeta Bernard Dadie', in una poesia riportata in "All'ombra del baobab"
di Valentino Salvoldi, ci regala un messaggio che e' anche un augurio e una
certezza:
"Quando saremo uniti
non ci sara' la paura negli occhi.
E la luce del cielo
rischiarera' il nostro amore,
la melodia delle fronde
cullera' il nostro sonno.
Noi ci uniremo, fratelli,
e le lucide stelle, a profusione,
pure come gli occhi dei saggi,
risplenderanno sul nostro destino".

13. MEMORIA. MARIA TERESA GAVAZZA: CINEMA TRA LE COLLINE
[Maria Teresa Gavazza fa parte dell'associazione "Comunicando"; per
contatti: e-mail: teregav@tin.it]
Lunedi 10 settembre sono iniziate le riprese del primo film realizzato nei
paesi del Basso Monferrato. La regista Elisa Bolognini, accompagnata da una
numerosa troupe di giovani volontari, con l'aiuto di alcuni professionisti
(tra cui ricordiamo Emiliano Fiore, direttore della fotografia, Valentina
Bevilacqua e Michela Cacciola, scenografe, Gianfranco Maiolo, costumista) si
sta cimentando in un complesso lavoro artistico.
L'idea e' partita dal progetto dell'associazione culturale "Comunicando" che
opera nella zona: l'intreccio di memoria e creativita' ha consentito di
raccogliere storie nascoste, la vera identita' dell'anima popolare dei
piccoli paesi di queste terre.
Dai racconti e' scaturito un intreccio radicato nella memoria delle nostre
colline: la storia di una donna, Rosa, che racconta in analessi la propria
vita. Momenti di festa e di dolore (la guerra, il fascismo) si alternano in
un susseguirsi di azioni, dove non manca lo spazio per un onirico
fantasticare. Nella sceneggiatura, opera della stessa regista, il simbolo
domina sovrano, ma si innerva nella terra e nel mito.
La prima scena, cui ho assistito, si svolge nella vecchia casa di Rosa
(l'attrice Monica Massone). Gia' sul paesaggio aleggia qualcosa di
misterioso ed inafferrabile: una cascina su una collina nella zona Vallerina
di Quargnento, nascosta dal folto di un bosco, raggiungibile a malapena da
una stradina erbosa. Qui sono riuniti numerosi giovani, appassionati e
desiderosi di contribuire alla realizzazione di un prodotto cinematografico
sicuramente lontano dalle luci hollywoodiane.
E' con una certa sorpresa che osservo donne e uomini uniti in un progetto
serio e rigoroso, dove conta l'impegno personale senza alcuna retribuzione
economica. In una societa' materialista, in cui il successo si raggiunge
attraverso effimere passerelle oppure inseguendo audience mediatiche,
incontrare questi giovani significa credere che gli anticorpi al
"totalitarismo" culturale stiano nascendo, nonostante tutto.
Per tutta la settimana, fino a domenica, le nostre colline saranno percorse
dalla numerosa troupe, guidata da Elisa Bolognini, alla ricerca (giorno e
notte) dello spirito dei poeti, per trasporre nell'immagine cio' che loro
trasfusero nella parola.

14. INCONTRI. A GUALTIERI IL 28 SETTEMBRE
[Dall'Associazione Resistenza e Pace (ass-rep@libero.it) riceviamo e
diffondiamo]
Il Collettivo nonviolento uomo ambiente, il Coordinamento provinciale
obiettori fiscali alle spese militari, la Rete di Lilliput bassa reggiana,
mantovana, cremonese, promuovono venerdi 28 settembre, alle ore 21, al
teatro palazzo Greppi, Santa Vittora, Gualtieri (RE), una serata pacifista
sui temi della nonviolenza e della globalizzazione con interventi,
testimonianze, concerto, tavoli di associazioni (commercio equosolidale,
finanza etica, etc.). La serata e' di solidarieta' con l'obiettrice
pignorata Dirce. Per informazioni: e-mail: kampa.anto@libero.it

15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA GUIDO QUAZZA A SERGIO
QUINZIO

* GUIDO QUAZZA
Profilo: storico (nato a Genova nel 1922, figlio dello storico Romolo
Quazza), prese parte alla Resistenza, docente universitario, presidente
dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in
Italia. Opere di Guido Quazza: del suo lavoro storiografico cfr. almeno La
Resistenza italiana (1966); ma cfr. anche la testimonianza del suo impegno
per e con gli studenti nel libro Piani di studio (1970).

* RAYMOND QUENEAU
Profilo: nato a Le Havre nel 1903 e scomparso a Parigi nel 1975, letterato
di cultura vertiginosa, direttore dell'Encyclopédie de la Pléiade presso
Gallimard, fondatore dell'Ouvroir de Littérature potentielle (Oulipo); come
è stato detto, la sua biografia coincide essenzialmente con la sua
bibliografia. Opere di Raymond Queneau: tra le opere di Queneau segnaliamo
almeno Exercises de style (traduzione italiana di Umberto Eco per Einaudi);
Petite cosmogonie portative (traduzione italiana di Sergio Solmi per
Einaudi); Zazie dans le métro (traduzione italiana di Franco Fortini); Les
fleurs bleues (traduzione italiana di Italo Calvino). Opere su Raymond
Queneau: Gianni Poli, Invito alla lettura di Queneau, Mursia, Milano.

* WILLARD VAN ORMAN QUINE
Profilo: filosofo e logico americano, nato nel 1908, deceduto sul finire del
2000. Opere di Willard Van Orman Quine: segnaliamo Parola e oggetto, Milano
1970. Cfr. anche Quidditates, Milano 1991. Opere su Willard Van Orman Quine:
Gloria Origgi, Introduzione a Quine, Laterza, Roma-Bari 2000.

* SERGIO QUINZIO
Profilo: pensatore, biblista, saggista; nato ad Alassio nel 1927, morto a
Roma nel 1996. Opere di Sergio Quinzio: in volume segnaliamo Diario
profetico; Religione e futuro; Giudizio sulla storia; Cristianesimo dell'
inizio e della fine; Che cosa ha veramente detto Teilhard de Chardin; La
dimensione del nostro tempo; Laicità e verità religiosa. La religione nella
scuola; Un commento alla Bibbia; Monoteismo ed Ebraismo (con Piero Stefani);
L'impossibile morte dell'intellettuale; La fede sepolta; Dalla gola del
leone; L'incoronazione; La filosofia della Bibbia (a cura di); Silenzio di
Dio; La croce  e il nulla; La speranza nell'apocalisse; Domande sulla
santità; Le radici ebraiche del moderno; La sconfitta di Dio; Incertezze e
provocazioni; I vangeli della domenica; Mysterium iniquitatis. Segnaliamo
inoltre l'intervista a cura di Leo Lestigi, La tenerezza di Dio; la raccolta
delle Lettere agli amici di Montebello; la raccolta di scritti inediti L'
esilio e la gloria (scritti inediti 1969-1996). Opere su Sergio Quinzio:
segnaliamo il fascicolo monografico di "Bailamme" n. 20 del dicembre 1996,
Sergio Quinzio in memoriam; il fascicolo contiene studi, documenti ed una
eccellente bibliografia (alle pp. 275-301). Segnaliamo anche il fascicolo di
"Humanitas" 1, 1999, monografico su: Sergio Quinzio: le domande della fede.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 230 del 16 settembre 2001