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da Jacopo Fo, contributo . Fai gli scontri con la polizia ognivolta che mangi un panino



Ancora una volta ci troviamo di fronte alla scelta se fare o no le
manifestazioni contro un vertice dei potenti del mondo, quello della Nato a
Napoli.
E già alcuni leader delle tute bianche si stanno esercitando nel difficile
distinguo tra manifestazione aggressiva e pacifismo dotato di strumenti
difensivi.
Ovviamente il movimento ha il diritto di manifestare e è criminale che il
potere cerchi di impedircelo. Ma cosa vi aspettate da un potere che uccide
ogni anno decine di milioni di persone negando loro cibo che poi viene
distrutto per tenere alti i prezzi?
Siamo incazzati e vogliamo cambiare il mondo proprio perché non vogliamo più
essere dominati da una ghenga criminale.
D¹istinto sono d¹accordo con il fatto che si dovrebbe fare qualunque cosa
sia vietata dal potere.
E è innegabilmente giusto resistere al potere su ogni fronte, contrastarlo
in ogni sua scelta.
Ma troppe volte ho fatto l¹amara scoperta che c¹è una profonda differenza
tra ciò che è giusto e ciò che funziona.
E disgraziatamente succede di agire con un¹intenzione giusta e ottenere
risultati opposti a quelli desiderati.
Ad esempio di fronte alle carestie in alcune zone del mondo si è intervenuti
distribuendo cibo gratis. Il risultato è stato il crollo del prezzo del riso
in quelle nazioni. Milioni di contadini non sono riusciti a ricavare dalla
vendita del loro riso il denaro sperato e sono finiti rovinati dai debiti.
Così la massa dei disperati è cresciuta numericamente in modo impressionante
e a quel punto c¹era troppa gente da sfamare e troppo poco riso degli aiuti
internazionali.
Così sono nati gruppi di aiuto come le banche del microcredito, il movimento
dei microorti biologici nelle favelas, le cooperative e gli ecovillaggi
dell¹Africa.
Invece di distribuire cibo hanno offerto la possibilità, le informazioni e i
mezzi essenziali perché milioni di persone riuscissero a diventare
economicamente autonome.
Credo ci si debba chiedere se continuare con gli scontri di piazza ottenga
il risultato che cerchiamo o sia un modo per far succedere il contrario di
quel che desideriamo.
Non possiamo far finta di non sapere che il potere sceglierà senza nessuno
scrupolo la violenza se questa gli sarà utile.
E già abbiamo visto a Genova che la scelta violenta è chiara: picchiare
duro!
Sarebbe il caso di chiedersi se questa scelta non abbia lo scopo di indurci
a accettare lo scontro di piazza.
Ci interessa veramente impegnarci in una guerra di trincea fatta di botte,
protesta per le botte, campagne per tirare fuori di prigione i compagni
arrestatiŠ
Insomma vogliamo passare i prossimi anni nel ³lotta-repressione-lotta² che
ha infiammato gli anni settanta?
Negli anni ¹70 il movimento si è  così.
A ogni corteo c¹era meno gente.
E è ovvio che succeda questo: i cortei non cambiano la vita di nessuno e
dopo un po¹ le persone si rendono conto dell¹inutilità di questa attività.
La novità del movimento attuale stà proprio nel fatto che ha dietro una
miriade di gruppi che agiscono concretamente, che costruiscono momenti di
solidarietà, di economia e di cultura alternativi.
Bisogna chiedersi se il potere teme la forza militare di piazza del nostro
movimento o la sua capacità di azione sociale e economica.
Tutti i leader del Genoa Social Forum hanno dichiarato che la polizia ha
attaccato senza motivo i manifestanti pacifici. Si è insistito molto sul
fatto che abbiano mandato agenti di leva, inesperti, in prima linea, a bordo
di cammionette senza reti metalliche di protezione.
Il che dovrebbe voler dire che avevano intenzione di provocare il casino e
che l¹ideale per loro sarebbe stato un morto tra gli agenti.
Ma hanno fatto male i conti, è morto un manifestante, si è scoperto il
massacro alla scuola Diaz e alla caserma Bolzaneto, e tutto si è rivoltato
contro di loro. Cioè Genova è stata un insuccesso per il governo perché ci
hanno piccchiato troppo.
Vogliamo fare un movimento che ha la speranza di essere picchiato troppo per
raccogliere consensi?
Crediamo davvero che si raccolgano consensi sulla base del sangue versato?
Volete un movimento che abbia capacità di iniziativa sociale e economica o
un movimento che basi la sua visibilità sugli scontri?
E non si può dire: noi non vogliamo gli scontri sono loro a provocarli.
Il movimento deve rendersi conto che il potere cercherà in futuro di
riportarci sul terreno dello scontro fisico.
Quello che i potenti non potevano tollerare a Genova era che andassimo in
televisione a dire:²Non comprate i prodotti della Esso, della Nestlè, della
Nike². Non volevano che si raccontasse che l¹Unine Europea paga ogni anno 30
milioni di dollari di multa perché non accetta di importare carne Usa che
contiene dosi di ormoni e diossina illegali in Europa.
E sono riusciti a non farcelo dire.
Alcuni compagni sostengono che gli scontri sono necessari perché sennò la
televisione non parla di noi.
A me non interessa che la tv parli di noi a tutti i costi. Non è la
visibilità televisiva il terreno sul quale voglio battermi.
La nostra forza è la diminuzione degli acquisti dei prodotti delle
multinazionali della guerra e la diminuzione del consumo dei prodotti
inquinanti e nocivi, l¹aumento del fatturato dei negozi del commercio equo e
solidale, lo sviluppo delle iniziative solidali verso gli strati emarginati
della popolazione, lo sviluppo dei gruppi di acquisto, delle banche del
tempo, del risparmio etico, del risparmio energetico.
Chi pensa che questo movimento abbia bisogno della piazza per essere
visibile è completamente fuori strada.
La strategia piazzaiola al contrario porta in se la minaccia più grave:
diventare un movimento non di iniziativa sociale e economica ma di opinione,
come negli anni ¹70. E come negli anni ¹70 perdere migliaia di persone che
sono disposte a impegnarsi ma non sono disposte a inspirare lacrimogeni.
Senza contare che l¹obiettivo della provocazione del potere va oltre la
rissa di strada.
Loro rivogliono le Brigate Rosse e il terrorismo per avere scuse valide per
dire:²Noi vorremmo più giustizia ma, vedete, i rossi non ci lasciano
lavorare!!!²
Rendiamoci conto che se organizzeremo grandi adunate di piazza ci saranno i
provocatori e i violenti e avremo gli scontri e i morti e centinaia di
compagni picchiati a terra che tornano a casa traumatizzati gravemente e con
i denti rotti.
C¹è chi dice:²Non possiamo dargliela vinta! Dobbiamo difendere a tutti i
costi gli spazi democratici!²
Giustissimo ma la situazione reale è ciò che ci deve interessare, dobbiamo
vedere quali sono le nostre forze in questo momento. La differenza
sostanziale tra questo movimento e quello degli anni ¹70 è che allora si
lottava per obiettivi da raggiungere ³domani², il movimento di Seattle
costruisce ³oggi² momenti di alternativa, lavora su risultati certi nel
presente. Il panino Mac
Donald¹s non lo mangio oggi. I soldi nella banca etica li metto oggi.
Qual è l¹urgenza oggi?
Il movimento del microcredito ogni giorno tira fuori dalla miseria migliaia
di persone, sono ormai 20 milioni le donne che sono diventate imprenditrici
di se stesse nel mondo. Il movimento dei micro orti biologici nelle favelas
e le cooperative degli ecovillaggi ogni giorno liberano dalla miseria e
dalla denutrizione altre migliaia di persone.
Dobbiamo scegliere: quest¹anno impediamo la morte per fame di un milione di
persone o li lasciamo morire perché dobbiamo difendere il diritto a fare
cortei quando vogliamo?
Fare tutte e due le cose non è possibile. Abbiamo le forze per combattere
una sola battaglia. Ripeto, sono entrambe giuste.
Non è una scelta facile.
Yunus, durante il regime militare, in Bangladesh, scelse di continuare a
dedicare il 100% delle sue forze a creare la rete del microcredito.
E in Cile fu sotto la dittatura fascista che si sviluppò il movimento dei
microorti biologici nelle favelas.
A prima vista può sembrare assurdo occuparsi solo della sopravvivenza fisica
e culturale dei diseredati in un momento in cui i diritti costituzionali
sono sospesi.
Ma sono proprio le esperienze del Bangladesh e del Cile a mostrarci che
battere il fascismo non è un¹impresa da poco che ci si può permettere di
portare a termine in pochi mesi.
Il fascismo è una malattia sociale dei popoli. Non è un abuso imposto dalla
volontà di pochi gerarchi. Quando c¹è il fascismo c¹è una base di massa che
lo sostiene che è sufficentemente larga. E c¹è una malattia dell¹anima che
contagia tutta la popolazione.
Lo sviluppo di grandi iniziative rivoluzionarie sul piano economico e
sociale, come il microcredito e i micro orti, è riuscito a progredire
enormemente sotto il naso della dittatura, incidere nella realtà economica e
culturale del paese. E alla fine è stato il peso di questo tipo di attività
³sotterranee² a minare alla base la cultura dal fascismo e determinare il
crollo della struttura militare che ne era non la causa ma l¹espressione.
In Italia non è possibile manifestare pacificamente perché al governo c¹è
gente che è una vita che sogna di massacrarci a bastonate e perché è
diventato imperatore degli Usa un maniaco del petrolio e della sedia
elettrica.
Questo è il fatto. Per essere sicuri che a Genova ci fossero gli scontri
hanno mandato contro il Movimento agenti speciali travestiti da Black Bloc.
E davanti non abbiamo militari che hanno fatto un colpo di stato ma una
coalizione che proponendo la cancellazione del reato di falso in bilancio ci
ha stracciato sul piano elettorale.
Il nemico non è Fini, il nemico è la cultura della morte e della furberia
che domina la mente di milioni di italiani che l¹hanno mandato al potere. E
attenti che anche a sinistra abbiamo milioni di contagiati da questa cultura
della prevaricazione e dell¹intolleranza.
Anche se riconquistassimo il diritto a protestare non avremmo fatto niente
se non avremo sradicato questa cultura dalla mente della maggioranza degli
italiani.
Ma non sono cose che si fanno con i cortei. Solo l¹esempio sociale e
esistenziale, la realizzazione di alternative visibili e funzionanti può
muovere le coscienze.
Al contrario imbottire i compagni più giovani e focosi di cartoni e
gommapiuma e dirgli che bisogna difendere il diritto a manifestare
pacificamente, non li aiuta a crearsi una visione diversa del mondo.
Come dice il Sub Comandante Marcos, la violenza, anche quella difensiva,
corrompe chi la pratica. Tant¹è che gli zapatisti hanno combattuto una
guerra lampo simbolica dopodichè non hanno più sparato un colpo.
E non dovevano difendere soltanto un loro diritto costituzionale, dovevano
fermare un genocidio strisciante.
OK, se chi riteneva indispensabile un gesto ³guerriero² dovrebbe essere
soddisfatto.
Tutto il mondo ha parlato del Movimento.
Ma ora vogliamo rivedere i Katanga che sfilano virili e maltrattano le loro
fidanzate perché sono maschi e eroi?
Pensate veramente sia possibile dotarsi di un¹organizzazione di autodifesa
fisica senza farsi contaminare dalle figure mentali violente e eroiche alla
Rambo?
Vi prego, compagni, abbiamo cose più urgenti da fare, milioni di diseredati,
miliardi di persone che vivono senza passione, senza cultura e senza amore,
la sopravvivenza stessa del pianeta ci impongono di gettarci anima e corpo
nella più grande impresa della storia: uscire in milioni dal mercato della
morte e del dolore, creare un mercato planetario equo e solidale, non
consumare più i loro prodotti, non usare più le loro banche, le loro
assicurazioni, il loro petrolio, i loro pesticidi. Già oggi sono milioni le
persone che si sono impegnate nella lotta alla globalizzazione dei potenti.
Ma meno di un decimo di loro ha realmente tolto il suo sostegno economico
alle multinazionali del dolore.
Pensate a cosa vorrebbe dire se in Italia succedesse questo. Se a Genova
c¹erano 200 mila persone vuol dire che a livello nazionale siamo almeno 2
milioni a rifiutare teoricamente certe logiche di sfruttamento e
inquinamento. Se queste persone indirizzassero in modo etico e ecologico i
loro consumi potremmo imporre al mercato criteri di produzione, di rispetto
dei lavoratori, di ecologia di tutti i prodotti che volgiamo consumare. Ce
li facciamo fare su misura!
2 milioni di persone che spendono all¹interno della rete etica e ecologica 5
milioni a testa mettono insieme un potere d¹acquisto di dieci mila miliardi
di lire (5 miliardi di euro).
Poter contare su un tale potere d¹acquisto concentrato su prodotti di
³qualità totale² vorrebbe dire avere una forza contrattuale e una visibilità
sociale spaventosa, 365 giorni all¹anno e non solo dopo che la polizia ha
decorato con il nostro sangue le strade e le scuole della città.
Alex Zanottelli ha detto: voti ogni volta che fai la spesa al supermercato.
Io aggiungerei: fai gli scontri con la polizia ogni volta che mangi un
panino!   

Jacopo Fo