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La nonviolenza e' in cammino. 184



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 184 del primo agosto 2001

Sommario di questo numero:
1. Senatori, deputati ed europarlamentari per una legge che preveda la
formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine
2. Maria Chiara Tropea, testimonianza da Genova
3. Enrico Euli, lettera aperta al Genoa Social Forum
4. Franco Mori, la citta' separata
5. Olivier Turquet, i violenti non possono
6. Alessandro Rossi, una conferenza sulla gestione civile delle crisi e la
prevenzione dei conflitti nell'Unione Europea
7. Per studiare la globalizzazione: da Federico Garcia Lorca a Bronislaw
Geremek
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. SENATORI, DEPUTATI ED EUROPARLAMENTARI PER UNA LEGGE CHE
PREVEDA LA FORMAZIONE ALLA NONVIOLENZA DELLE FORZE DELL'ORDINE
Al Senato della Repubblica dopo il senatore Achille Occhetto anche il
senatore Nedo Canetti (a nome della presidenza del gruppo dei senatori DS) e
il senatore Natale Ripamonti (dei Verdi) hanno espresso interessamento e
disponibilita' a contribuire alla predisposizione e presentazione di una
proposta di legge che preveda che tutto il personale delle forze dell'ordine
sia formato e addestrato alla conoscenza e all'uso dei valori, delle
tecniche e delle strategie della nonviolenza.
Alla Camera dei deputati l'on. Elettra Deiana (parlamentare di Rifondazione
Comunista ed una delle figure piu' rilevanti dell'impegno delle donne per la
pace) e l'on. Paolo Cento (parlamentare dei Verdi tra i piu' noti ed
impegnati) hanno espresso analoga disponibilita'
In sede di Parlamento Europeo una disponibilita' ad un impegno analogo per
una raccomandazione a tutti i paesi dell'Unione Europea in tal senso ci e'
stata espressa dalle segreterie sia dell'europarlamentare Luisa Morgantini
(una delle figure piu' note dell'impegno pacifista), sia
dell'europarlamentare Giuseppe Di Lello (una delle figure piu' prestigiose
della lotta contro i poteri criminali: gia' membro del pool antimafia di
Palermo con Falcone e Borsellino).

2. RIFLESSIONE. MARIA CHIARA TROPEA: TESTIMONIANZA DA GENOVA
[Ringraziamo di cuore Maria Chiara Tropea per averci inviato questa sua
testimonianza personale sulle giornate di Genova.
Maria Chiara Tropea e' tra le voci piu' nitide e belle della nonviolenza in
Italia]
sono stata un po' in dubbio se inviarti questa mia testimonianza perche' in
questi giorni, giustamente, si fa spazio a tutte quelle di chi e' stato
aggredito e malmenato. Io ero a Genova in quella parte (non piccola, anzi
direi enorme) del corteo che e' riuscita a passare accanto alla zona degli
scontri e proseguire fino a piazza G. Ferraris: non e' stata una
manifestazione secondo i canoni della nonviolenza pura, e tuttavia, dopo
tanta paura, alla fine io ero felice (non sapevo ancora quel che stava
succedendo alle mie spalle) proprio perche' in una manifestazione grandiosa,
non diretta dall'alto da nessun "grande", composta da mille diversita',
avevo ritrovato tanti elementi di nonviolenza attiva, "in cammino", come
dici tu, anche se ai primi passi.
Mi sono decisa a mandarti questo scritto perche' non mi sembra giusto che
proprio questo aspetto "sparisca"; non vorrei che l'esperienza drammatica di
chi e' stato picchiato ed insultato convincesse i piu' a cambiare strada
appena partiti. Forse e' questo l'effetto che volevano ottenere picchiando
gli inermi?
*
Voglio dire quello che ho visto e sentito a Genova, nella manifestazione di
sabato 21 luglio, anche se nessuno mi credera', perche' sembra che sia vero
solo quel che si vede in TV: e questo non si e' visto.
*
Ho visto un mare di gente muoversi piano, a volte anche fermarsi a lungo
pazientemente in piedi sotto il sole, da Quarto fino a Sturla e poi giu'
verso e lungo il mare. Uomini e donne, giovani e vecchi, con cartelli per
dire la loro opposizione al governo mondiale autoproclamato dei G8 e ai
disastri che sta producendo.
Io portavo sulla schiena "Coi G8 non ci sto" e da portare davanti avevo
preparato una frase contro il riarmo mondiale: "Per la sicurezza, non scudi
spaziali ma giustizia". L'ho passata a un amico, perche' dopo quel venerdi
pomeriggio di morte ho sentito il bisogno di un ripudio esplicito della
violenza e ho scritto "ontro ogni violenza, sempre"; volevo indicare con
cio' la violenza strutturale dei G8, che e' la piu' grave delle violenze in
campo, perche' uccide milioni di esseri umani, ma anche la violenza
demenziale di chi sfascia negozi e attacca la polizia pensando di essere un
eroe, ed e' solo una pedina del gioco, e poi la violenza repressiva, tardiva
ed esagerata, che venerdi ha "costretto" un ragazzo spaventato ad uccidere
un suo coetaneo.
Tutto questo macinavo dentro di me camminando e sostando in piedi; e vedevo
gente come me pensierosa, qualcuno piu' arrabbiato, fischi altissimi in
direzione dell'elicottero della polizia che ci sorvolava in continuazione.
Qualche grido "assassini, assassini" si spegneva subito, raccolto solo da
pochi.
*
Ho visto un gruppo che marciava inquadrato e chiuso in se stesso, con facce
troppo giovani per essere cosi' minacciose: guardavano il mio piccolo
cartello con aria interrogativa, quasi fosse scritto in una lingua
sconosciuta. Poi mi guardavano e sorridevano con compatimento.
Ma la maggior parte della gente non era cosi'; le intenzioni erano del tutto
pacifiche, pur nella determinazione di portare a termine il percorso del
corteo per affermare con forza il dissenso e le proposte alternative.
*
Ho visto, arrivando al mare, la chiesa di Boccadasse adorna di un volo di
colombe di cartoncino bianco e le grandi scritte "Cancella il debito"
ripetute in tante lingue diverse. La', da due giorni, persone di varie
religioni digiunavano e pregavano insieme, collegate da un filo ideale alle
intenzioni di tutto il movimento.
*
Ho visto, dopo l'ultima curva di corso Italia, il fumo bianco dei
lacrimogeni e quello nero e denso degli incendi... e il corteo esitare un
po', fra chi cercava una via d'uscita (impossibile: tutte le vie laterali
chiuse da poliziotti con caschi e scudi...) e chi proponeva di continuare.
Ho sentito in quel momento la forza di essere un gruppo solidale (benche'
quantomai eterogeneo ed improvvisato, alcuni conosciuti solo sul pullman):
qualcuno si e' un po' inoltrato ed e' tornato ad annunciare che il corteo si
stava muovendo su un percorso nuovo, che permetteva di non passare troppo
vicino alla zona degli scontri. Abbiamo deciso di proseguire raccomandandoci
a vicenda prudenza e coraggio.
*
Ho sentito la forte tensione degli scontri vicini, l'odore pungente dei
lacrimogeni e nello stesso momento il coraggio tranquillizzante di una folla
che continuava a camminare, tenendosi per mano, rifiutando provocazioni.
Adesso al grido "Assassini" si levava alta e corale la risposta scandita:
"Non-vio-len-za", accompagnata dal movimento delle braccia levate al cielo,
mani aperte, vuote, inoffensive.
Questa parola e questo gesto hanno caratterizzato il corteo nel momento
della massima paura, quando il percorso ci ha obbligato a stringerci per
attraversare il sottopasso della ferrovia, fra corso Torino e corso Sardegna
(ma come hanno fatto a pensare un passaggio cosi' pericoloso?).
Non so cosa evocasse, il grido "non-vio-len-za", negli altri partecipanti
(bandiere della CGIL e di Rifondazione intorno a noi): forse una richiesta
agli altri e a se stessi, forse una speranza invocata?
A me ha rinnovato la forza interiore per vincere la paura e una inspiegabile
gioia mi ha riempito di tranquillita'. Quando siamo usciti dal sottopasso,
di nuovo nel sole, e' stato come se l'intero corteo respirasse di sollievo.
*
Ho visto, dalle finestre delle case, gente sorridente versare acqua sul
corteo accaldato: l'acqua, lanciata con gesto ampio dalle bacinelle o
spruzzata da tubi di gomma, si allargava come un ventaglio di gocce nel
cielo e brillava nel sole e scaldava i cuori gelati dalla paura, prima di
scendere a rinfrescare le teste e le spalle sudate. E dalle migliaia di mani
saliva un applauso e dalle bocche un grido "Grazie Genova!". Le case della
zona di partenza del corteo erano tutte chiuse, mi avevano dato
un'impressione triste di "citta' morta", di paura e diffidenza. Questi
sorrisi, queste "benedizioni" dall'alto, qualcuno che scendeva fin giu' a
portare bottiglie... tutto questo mi ha fatto pensare quasi ad un ricredersi
della citta' nei nostri confronti, ad un abbraccio di riconciliazione.
*
Questo e' quanto ho visto e sentito nella manifestazione di sabato. Ognuno
vede quello che vive e interpreta cio' che accade attraverso il filtro della
propria sensibilita'. Ma non e' giusto dire che tutto cio' non e' stato,
solo perche' la TV non ha dato di questo alcuna immagine e ha fatto vedere
solo violenza e distruzione.
Per quello che ho visto io, e almeno 100.000 persone con me, c'e' stata una
grande, immensa manifestazione di dissenso civile dal governo mondiale dei
G8, che non solo non si e' lasciata coinvolgere dalla violenza, ma anzi l'ha
coscientemente, deliberatamente ripudiata e allontanata da se' con ogni
mezzo; fino a quando teppisti e polizia non hanno fisicamente, violentemente
e vigliaccamente impedito ad una parte dei manifestanti di proseguire: ma
questa e' una storia che non ho vissuto e quindi deve essere ascoltata dai
racconti di altri.

3. DIBATTITO. ENRICO EULI: LETTERA APERTA AL GENOA SOCIAL FORUM
[Riprendiamo dal sito della Rete di Lilliput questo intervento di Enrico
Euli. Enrico Euli, pacifista nonviolento, e' una degnissima persona e un
vecchio caro amico, ma due punti del suo intervento possono dar luogo ad
interpretazioni totalmente inaccettabili, ed occorre quindi uno
schiarimento: il passo del suo intervento in cui e' scritto che "la
creativita' dei movimenti si e' espressa: dalla preghiera alle spranghe,
dalle animazioni teatrali alle parate con tute e caschi, dai blocchi
nonviolenti dei varchi agli assalti mortali", ebbene, questo brano e' una
cosa mostruosa: nelle sprangate e nelle parate paramilitari come negli
assalti mortali non c'e' nessuna creativita', e chi li compie non fa parte
del nostro movimento: sono orribili atti fascistoidi, criminali e assassini,
e chi li compie e' un nostro nemico mortale. Secondo: non si puo' essere
ambigui rispetto alle posizioni cosiddette delle "tute bianche" ed ai
proclami bellicosi del loro portavoce non a caso assiduamente coccolato dai
mass-media di regime; le loro posizioni mistificanti, autoritarie,
intolleranti e violentiste vanno contrastate e sconfitte, senza alcuna
esitazione. Anche nei centri sociali occorre portare la proposta teorica e
pratica della nonviolenza (un'esperienza in cui cio' e' accaduto e' quella
di Viterbo, dove la cultura della nonviolenza e' stata fatta propria in modo
limpido dal centro sociale occupato autogestito).
Enrico Euli e' da molti anni impegnato nei movimenti per la pace, formatore
alla nonviolenza (ha collaborato anche con Alberto L'Abate), fa parte della
cooperativa "Passaparola" di Cagliari impegnata in attività di educazione
alla pace. Opere di Enrico Euli: cfr. AA. VV., Percorsi di formazione alla
nonviolenza, Pangea 1996]
E' martedi 24 luglio e sono a Genova. Ho scelto di restare qualche giorno
per godermi questa bella citta', ancora sconvolta, ma piu' quieta, tornata a
quella normalita' chiamata, a torto, pace. Tutte le immagini, le emozioni,
le ambivalenze di questi giorni mi attorniano ed attraversano, alcune
gustose, digeribili, anche dolci; altre ancora indigeste, nauseanti, opache.
Sono giorni che lasciano il segno, che nessuno potra' dimenticare. Saranno
giorni che, nel bene e nel male, si porranno come soglia tra una fase e
un'altra, appena iniziata, della politica italiana. Nella confusione, lo
sento con sufficiente chiarezza. Siamo agli esordi, forse anche in ritardo,
ma qualcosa -finalmente- si e' mosso, ed anche la superficie si increspa,
dopo tanti anni di lavoro silenzioso e sommerso. Cerchiamo di non perdere
questa nuova, preziosissima occasione. Mi pare che nella "rete di reti", nel
"movimento dei movimenti" che si sono espressi a Genova si possano
rintracciare alcuni nodi di consapevolezza davvero comuni, alcuni
"fondamenti" condivisi e "radicali" tra tutti e tutte:
1. la percezione diretta di una democrazia senza qualita', che ha superato
la soglia di decadimento e di involuzione, che degrada verso derive
regressive ed autoritarie, verso un regime regolato da monopoli informativi
e decisionali (per la costruzione del consenso-assenso) e da repressioni
aperte (per la rimozione-criminalizzazione dei conflitti).
2. la percezione diffusa di uno sviluppo distruttivo ed insensato, che non
lascia scampo alla vita, alla natura, alle culture, che ha superato la
soglia di tollerabilita' e si avvicina rapidamente al rischio di catastrofi
irreversibili e a condizioni di "non ritorno".
3. la percezione verificata di una ripresa massiccia della cultura di guerra
che, dalla Guerra del Golfo a quelle balcaniche, ha tracciato l'ultimo
decennio, dopo le speranze aperte dal movimento per la pace e dalla
perestroika negli anni '80.
4. la voglia di resistere con tutte le nostre forze a tutto questo, di
lottare, insieme e diversi. E' un patrimonio enorme proprio perche' e'
comune e va salvaguardato, perche' e' davvero prezioso, con pazienza,
ascolto, fiducia, attenzione.
La domanda da cui ora partirei, definiti i punti comuni, e' sul punto che ci
differenzia di piu' e sul quale rischiamo di crescere o di saltare insieme:
"come" resistere, "come" lottare?
In questi giorni la creativita' dei movimenti si e' espressa: dalla
preghiera alle spranghe, dalle animazioni teatrali alle parate con tute e
caschi, dai blocchi nonviolenti dei varchi agli assalti mortali.
Ognuno rischia di trarre le sue conclusioni da solo, per la sua parte e, in
condizioni di incomunicabilita' reciproca, il "movimento dei movimenti" non
ci sarebbe piu' e tutto questo lavoro comune, anziche' a crescere, andrebbe
a disfarsi ancora una volta.
Vorrei percio' offrire alcune riflessioni personali, alla ricerca di un
confronto con tutti/e.
1. Non possiamo in questo momento fare qualcosa per cambiare la polizia o i
black blockers o i rapporti tra loro: sono organizzazioni troppo
ideologizzate e strutturate, troppo poco trasparenti, come devono essere le
formazioni militari, piu' o meno legali.
Credo che possiamo e dobbiamo lavorare solo su di noi: se lo faremo
produrremo dei cambiamenti anche nei contesti esterni e nei potenziali
alleati-avversari.
2. Per quanto ci riguarda quindi, e' decisivo, anche solo tatticamente, non
favorire in alcun modo la ripresa del perverso circuito della violenza e
della guerra. E' importante ed urgente:
- non mostrificare nessuno, non creare capri espiatori, non trasferire
colpevolezze totali in una sola parte; assumersi ciascuno la propria
responsabilita' in termini di azione o di omissione.
- non utilizzare la violenza diretta e strutturale degli altri per
giustificare la propria o quella dei propri alleati; criticare comunque la
violenza e la distruzione della vita da chiunque provenga.
- non mitizzare i caduti, solo perche' sono morti e sono stati uccisi dal
nostro avversario; se ci dissociamo dalle loro azioni in vita, dobbiamo
farlo anche in morte (il che non significa che non piangiamo e che non ci
arrabbiamo per una vita spezzata).
3. E' fondamentale che, nei prossimi mesi:
- l'area rosa (nonviolenta e non-violenta) accresca i suoi livelli di
consapevolezza, di formazione e di organizzazione, in vista di metodologie
ed azioni che siano capaci di maggiore sicurezza, rassicurazione,
comunicazione, visibilita', efficacia, efficienza, creativita', novita'.
Ho riscontrato ancora (ma e' ovvio, siamo davvero agli inizi) un livello di
improvvisazione e di inconsapevolezza troppo alto, che -se non corretto- ci
portera' a rischi tali da indurre molte persone desiderose di "esserci" a
stare a casa, ad abbandonare il campo.
E' invece il momento di diffondere la nonviolenza attiva, di renderla ancora
piu' ricca di esempi e di sperimentazioni, di unire in essa la capacita' di
allargare l'area delle persone coinvolte e le differenti radicalita'
convergenti nell'azione stessa.
- l'area gialla (disobbediente anti-violenta) rifletta sulle sue scelte e su
come stare nella rete. Ho assistito con piacere e speranza (a differenza di
quanto scrive "Repubblica" nell'intervista di venerdi scorso) allo sviluppo
di tattiche creative e meno violente rispetto alle origini fatte proprie dai
Centri sociali di cui Luca Casarini appare come portavoce.
Sono fiducioso sul fatto che la riflessione tra le tute bianche ci sara' e
che la scelta fatta nel recente passato non sara' rinnegata, perche' ha le
sue motivazioni non solo tattiche, ma anche strategiche. Credo e spero che
saprae tenere insieme consenso e conflitto.
Sono preoccupato pero' da alcuni atteggiamenti e da alcune scelte fatte qui
a Genova e che proseguono a manifestarsi sui mass media in questi giorni.
Temo una regressione dell'area gialla verso il circuito perverso descritto
al punto 2. Sarebbe un passaggio involutivo gravissimo tale da generare la
crisi prematura e forse letale del movimento unito nel GSF. Non solo non
permetterebbe la diffusione della cultura anti-violenta (che resta, mi pare,
anche dalle dichiarazioni fatte da tutti alla conferenza stampa del 22
luglio, uno degli obiettivi comuni del GSF), ma rischierebbe un ritorno al
gia' visto, con effetti disastrosi sul movimento e sui suoi programmi.
4. per favorire processi positivi ed evitare rischi di questa portata
proporrei al GSF di organizzare subito dopo l'estate, su questi temi, un
seminario-training di riflessione comune e di confronto tra le due aree, per
evitare fratture e derive divergenti, ma anche confusioni ed ambiguita'.
Mi dichiaro disponibile sin d'ora a collaborare per questo e per altri
momenti di incontro tra noi e con altri.
La fase e' molto delicata e la nostra esperienza e' davvero giovane e nuova,
in gran parte sconosciuta e inaspettata. Siamo pero' usciti dalla palude
politica e culturale in cui ci siamo trovati per anni. E' vero: la violenza
ed il sopruso, da tempo covati, ora escono alla luce. Ma credo che sia un
bene. Ognuno puo' vederli, considerarli, scegliere. Ci vediamo, a Genova, in
Italia, in Sardegna, davanti alle prefetture o dove sia, tra poche ore.
Buona estate a tutti e a tutte.

4. TESTIMONIANZA. FRANCO MORI: LA CITTA' SEPARATA
[Ringraziamo Franco Mori per averci inviato questa sua testimonianza
genovese. Franco Mori e' impegnato nel "Gruppo Franz Jaegerstaetter per la
nonviolenza" di Pisa]

Rossa come il sangue
schizzato duramente

Il fumo nero e acre
oscura il pavese illuminato
ipocrisia gia' nel porto

La folla avanza
sotto ali battenti
si disperde, si ritrova
apre un varco all'inaudita violenza
sale verso Staglieno

Il buio delle stanze
le grida, il pianto:
spezzano i corpi

La sete
di un Grande Amore
percuote le citta'.

5. RIFLESSIONE. OLIVIER TURQUET: I VIOLENTI NON POSSONO
[Ringraziamo di cuore Olivier Turquet per averci inviato questo suo
intervento.
Olivier Turquet, pacifista nonviolento, impegnato nel movimento umanista, e'
editore, giornalista, musicista, animatore di importanti iniziative di pace
e di solidarieta', tra cui la casa editrice Multimage, ed il periodico
telematico "Buone nuove". Per contatti: turquet@dada.it; in rete cfr. i siti
di "Buone nuove": www.peacelink.it/users/buone/ e di Multimage:
www.umanisti.it/multimage]
Gli avvenimenti di Genova dimostrano, casomai ce ne fosse bisogno, che i
violenti non possono: non possono cambiare il mondo, non possono risolvere i
problemi; possono (e vogliono) distruggere e complicare le situazioni,
continuare impunemente a creare distruzione e disperazione per le persone,
per i popoli, per l'intero pianeta.
E quando parliamo di violenti stiamo parlando di tutti, perche' nei violenti
sedicenti "rivoluzionari", sedicenti "anarchici" (insulto per i migliori
ideali dell'Anarchia) riconosciamo lo specchio del Sistema violento che
pretendono di combattere e a cui danno invece giustificazione per continuare
la sia logica di repressione e di omologazione.
Tutti i nonviolenti devono fare uno sforzo per chiarire il piu' possibile
che tra la violenza e la nonviolenza si e' alzato un muro e che e'
necessaria l'unione e l'intelligenza di tutti i nonviolenti perche' questo
muro venga abbattuto e si apra il cammino verso una societa' giusta,
solidale, nonviolenta, veramente umana.
Le "armi" di questa lotta rivoluzionaria sono gia' patrimonio di un vasto
movimento, composito, con varie voci e tendenze; l'unione di queste forze
portera' necessariamente al miglioramento e all'invenzione di nuove "armi"
nonviolente, la loro messa in pratica nella vita di tutti i giorni,
nell'azione comune, nella costruzione dei primi pezzi del nuovo mondo.
Alcuni suggerimenti che, come umanista, mi sento di offrire all'attenzione
di tutti:
- praticare in ogni ambito l'atteggiamento umanista che possiamo riassumere
in questi punti: 1. Si riconosce all'essere umano una posizione centrale sia
come valore sia come preoccupazione; 2. si sostiene l'uguaglianza di tutti
gli esseri umani; 3. si accettano e si valorizzano  le diversita' personali
e culturali; 4. si tende a sviluppare la conoscenza al di la' di quanto
accettato, fino a quel momento, come verita' assoluta; 5. si sostiene la
liberta' di professare qualunque idea e credenza; 6. si ripudia la violenza.
- Lavorare a partire dalla base sociale, in ogni quartiere, villaggio,
cittadina o metropoli.
- Assumere un atteggiamento positivo, lavorando sempre per e non contro,
accompagnando alla denuncia la proposta, cercando cio' che unisce e non cio'
che divide.
Questi elementi sono gia' piu' che sufficienti per la costruzione di un
grande movimento nonviolento, rivoluzionario, di massa.
In ogni caso credo sia anche opportuno fare alcune considerazioni sui modi
in cui portare avanti d'ora in poi qualunque lotta nonviolenta:
- la nonviolenza deve fare sempre il vuoto intorno alla violenza; questo
significa cessare di fare manifestazioni con chi non chiarisce la propria
scelta di campo; l'unione con questa gente non fa affatto la forza (vorrei
ricordare a questo proposito la marcia per la nonviolenza Perugia-Assisi che
prese una posizione precisa su questo tema e fu di conseguenza
caratterizzata come una delle piu' belle manifestazioni degli ultimi tempi).
- La nonviolenza parte dalla base sociale e dalla vita di ognuno; quindi non
va a cercare l'effetto mediatico ma priorizza il lavoro umile e sentito nei
quartieri, nelle scuole, nelle universita'; un lavoro quotidiano, coerente,
propositivo.
- La nonviolenza e' per tutti e di tutti; non e' una complicata teoria di
un'elite, e' una pratica accessibile e condivisibile da tutti; in questo
senso la nonviolenza e' profondamente umanista perche' si preoccupa di
coinvolgere e di difendere i diritti anche di una sola persona.

6. INIZIATIVE. ALESSANDRO ROSSI: UNA CONFERENZA SULLA GESTIONE CIVILE DELLE
CRISI E LA PREVENZIONE DEI CONFLITTI NELL'UNIONE EUROPEA
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo questo
resoconto sintetico (diffuso il primo maggio) sulla conferenza dello scorso
25 aprile a Bruxelles sulla gestione civile delle crisi e la prevenzione dei
conflitti nell'Unione Europea.
Alessandro Rossi, che ha curato il resoconto, e' impegnato in iniziative di
pace e per i diritti]
Quanto contano la pubblica opinione e la societa' civile organizzata nelle
scelte di politice estera e di difesa dell'Unione Europea e dei suoi paesi
membri?
A questa domanda, declinata in differenti maniere, hanno provato a
rispondere i relatori appartenenti a istituzioni europee, associazioni,
governi.
Heidi Hautala, la capogruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, ha criticato
l'atteggiamento del Consiglio Europeo e del suo Alto Rappresentante (Solana)
in quanto decisamente poco incline a coinvolgere opinione pubblica e ONG. La
deputata finlandese ha poi sottolineato che la politica estera della UE va
inserita in un approccio complessivo e integrato ai problemi che sia piu'
democratico e sostenibile.
Nel primo giro di tavolo dedicato all'atteggiamento delle istituzioni verso
gli sviluppi di civil crisis management e di conflict prevention, il
rappresentante del governo svedese, presidente di turno dell'Unione, ha
confermato che il prossimo vertice europeo di Goteborg dovrebbe portare ad
un ulteriore decisione in materia dopo quella di Nizza. Cio' perche' da un
anno a questa parte la prevenzione dei conflitti e' balzata ai primi posti
dell'agenda di tutti i paesi membri, anche se le linee di accordo sembrano
restare all'interno di un generico "rafforzamento" degli strumenti civili
gia' esistenti.
Maria McLoughlin, della Commissione Europea, ha elencato i punti su cui si
sta lavorando per dare concretezza alle passate decisioni del Consiglio
Europeo in materia di prevenzione dei conflitti armati: individuazione
insieme alla Policy Unit del Segretariato del Consiglio di indicatori
dell'impatto delle politiche sul conflitto, potenziale o in atto; cercare di
inserire considerazioni di conflict prevention in tutte le relazioni esterne
della UE; preparare un rapporto periodico sulle crisi regionali nella
prospettiva che diventi semestrale; aumentare i fondi destinati direttamente
alle ONG locali.
Sulla prospettiva dei corpi civili europei (ECPC), la posizione della
Commissione e' sembrata netta: l'unico passo concreto possibile in tempi
brevi e' la creazione, gia' discussa dal Commissario Pattern col presidente
finlandese, di un centro europeo per il training al peacekeeping.
Alla domanda di Alessandro Rossi (che rappresentava in quella sede Luisa
Morgantini presidente dell'intergruppo "iniziative per la pace") sulla
possibilita' che i "Servizi civili di Pace" gia' attivi in alcuni paesi (es.
Germania) possano essere un passo nella direzione di un contingente civile
europeo, la risposta e' stata molteplice: la Commissione valuta ancora
troppo difficile passare in questa materia da organizzazioni nazionali a una
organizzazione europea, anche perche' gli esperti civili non sono
disponibili in grandi quantita' per lunghi periodi come i militari; ma sta
invitando tutti i paesi a sviluppare le proprie capacita' di formazione
(come Germania e Spagna stanno gia' facendo).
Il successivo intervento di un esperto del governo belga, prossimo
presidente di turno dell'Unione, ha ridato speranze ai pacifisti. Tale
governo ha infatti la prevenzione dei conflitti come priorita', e per
svilupparle pensa a migliorare le capacita' civili di reazione rapida
(simili agli ECPC). La posizione verde in quel governo, inoltre,
sottolineera' la necessita' di rendere obbligatorio il codice di condotta
sulle armi e di affrontare le radici culturali della guerra.
Il secondo giro di tavolo ha visto gli interventi dei rappresentanti
accademici e associativi impegnati nella conflict prevention and
transformation.
Reinhardt Rummel, della rete di accademici che gia' collabora con la
Commissione ed e' denominata Conflict Prevention Network, ha ammesso che
negli ultimi dodici mesi il concetto di prevenzione dei conflitti e'
diventato di moda, ma producendo sinora solo molte "dichiarazioni di
principio". I suoi suggerimenti sono stati di superare la dicotomia
militari/civili, rivedendola come un problema di riequilibrio. In questo
senso, anche se la conflict prevention e' intuitivamente piu' "economica",
bisogna trovare i modi per dimostrarne l'efficacia e quindi promuoverla
meglio presso i decisori politici, non illudendosi che la si possa fare con
due soldi.
Inoltre, non bisogna sottovalutare quanto i media dovrebbero esserne
protagonisti.
Dal punto di vista scientifico, mancano da un lato esperti che siano al
contempo esperti e di un'area geografica e della politica estera europea e
delle tecniche di conflict prevention, dall'altro indicatori che permettano
una valutazione dell'impatto della politica estera europea.
Sandra Melone, dello European Centre for Common Ground, e Andrew Sheriff, di
International Alert, hanno raccontato alcune "buone prassi" delle ONG
impegnate nella prevenzione dei conflitti (dal cartone animato multietnico
in Macedonia all'aiuto alle radio indipendenti), sottolineando che esse
fanno un lavoro spesso piu' efficace delle istituzioni ad un costo minore,
ma sono trascurate dalla Commissione quando deve proporre politiche, come
nel caso dell'ultima comunicazione in materia.
L'augurio e' che il nuovo European Peacebuilding Liasion Office a Bruxelles
dia finalmente un interlocutore alle istituzioni UE, anche in vista
dell'applicazione dell'articolo del nuovo accordo con i paesi ACP che
prevede esplicitamente il coinvolgimento delle ONG.
Arno Truger, dello Austrian Study Centre for Peace and Conflict Resolution,
ha ricordato come il training di peacekeepers civili abbia ormai una
tradizione consolidata e prevede anche una preparazione all'interazione coi
militari, ma nonstante questo e' sottovalutato. Tanto da chiedersi: siamo
sicuri che ci voglia un centro della UE per il peacekeeping-training e non
un centro per la UE, cioe' per i suoi funzionari?
La conferenza si e' chiusa con un dibattito che ha indicato anche un
prossimo appuntamento in materia, programmato dalla presidenza belga per il
prossimo ottobre, che permetta di individuare, attraverso lo studio di
alcuni casi, indicatori dell'impatto degli aiuti europei sui conflitti.

7. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA FEDERICO GARCIA LORCA A
BRONISLAW GEREMEK

* FEDERICO GARCIA LORCA
Profilo: poeta spagnolo nato nel 1898, muore assassinato dai franchisti a
Granada nel 1936. Tra le voci più limpide e luminose della poesia
novecentesca. Opere di Federico García Lorca: la Newton Compton ha
pubblicato in edizione economica in tre volumi Tutte le poesie e Tutto il
teatro. Un'altra edizione economica di Tutte le poesie è quella a cura di
Carlo Bo in due volumi nella collana "I grandi libri" di Garzanti. Opere su
Federico García Lorca: Antonio Melis, Federico García Lorca, La Nuova
Italia, Firenze; Piero Menarini, Introduzione a García Lorca, Laterza,
Roma-Bari.

* HOWARD GARDNER
Profilo: psicologo americano, nato nel 1943, docente al Dipartimento di
studi sull'educazione della Harvard University, ed alla School of medicine
della Boston Unversity. Opere di Howard Gardner: segnaliamo almeno Formae
mentis. Saggio sulla pluralità dell'intelligenza, Feltrinelli; e Educare al
comprendere, Feltrinelli.

* TONINO GARGIULO
Profilo: uomo di pace, per molti anni infaticabile animatore della Rete
Radiè Resh di Salerno.

* EUGENIO GARIN
Profilo:nato a Rieti nel 1909, storico della filosofia, fondamentale il suo
contributo allo studio dell'Umanesimo e del Rinascimento. Opere di Eugenio
Garin: la sua opera è immensa; qui segnaliamo almeno La filosofia come
sapere storico, Laterza (nella nuova edizione del '90 col bel saggio
autobiografico Sessanta anni dopo); Storia della filosofia italiana, 3
voll., Einaudi; il classico Medioevo e Rinascimento, Laterza; le Cronache di
filosofia italiana, Laterza.

* ALDO GAROSCI
Profilo: nato a Torino nel 1907, antifascista, esule, prese parte alla
Resistenza. Storico e docente universitario, è scomparso nel gennaio 2000.
Opere di Aldo Garosci: tra le sue opere segnaliamo particolarmente la Vita
di Carlo Rosselli, Vallecchi, Firenze.

* ALDO GARZIA
Profilo: nato nel 1954, giornalista e saggista. Opere di Aldo Garzia: Da
Natta a Natta, Dedalo, Bari 1985; Il vento di destra, Datanews, Roma 1994; C
come Cuba, Elleu Multimedia, Roma 2001.

* GIORGIO GASLINI
Profilo: musicista (compositore, pianista, direttore d'orchestra),
particolarmente operoso nell'ambito del jazz e della musica colta, ha
proposto e propugnato il concetto di "musica totale" ed ha fatto della sua
arte una forma di intervento politico in situazioni di lotta e con i
movimenti di massa impegnati contro l'autoritarismo e l'oppressione sociale.
Opere di Giorgio Gaslini: la riflessione teorica di Gaslini è concentrata
particolarmente nel suo libro Musica totale, Feltrinelli, Milano 1975. Opere
su Giorgio Gaslini: cfr. il libro-intervista di Adriano Bassi, Giorgio
Gaslini, Franco Muzzio Editore, Padova 1986.

* PAUL GAUTHIER
Profilo: nato nel 1914, prete operaio. Opere di Paul Gauthier: tra i suoi
libri segnaliamo almeno E il velo si squarciò, Edizioni Qualevita, Torre dei
Nolfi 1988.

* MARIA TERESA GAVAZZA
Profilo: impegnata per la pace e la nonviolenza, nell'educazione alla pace e
nella promozione della memoria storica.

* GLORIA GAZZERI
Profilo: impegnata per la nonviolenza e nel volontariato, è tra gli
animatori del gruppo di ricerca degli "Amci di Tolstoi", costituitosi nel
1990 in Italia per far conoscere la figura e l'opera di Tolstoi nella sua
integrità e diffonderne gli ideali di pace e fratellanza. Opere di Gloria
Gazzeri: insieme ad altri ha recentemente curato Nonviolenza 2000, Edizioni
Qualevita, Torre dei Nolfi (AQ) 2000. Indirizzi utili: via Casole d'Elsa 13,
00139 Roma, tel. 06/8125697.

* IVONE GEBARA
Profilo: Ivone Gebara e' nata a S. Paolo (Brasile) nel 1944. E' religiosa
della Congregazione delle Sorelle di Nostra Signora. Ha conseguito il
dottorato in Filosofia presso la Pontificia Universita' Cattolica di S.
Paolo e in Scienze Religiose presso l'Universita' Cattolica di Lovanio in
Belgio. Docente di Filosofia e Teologia nell'Istituto di Teologia di Recife
dal 1973 al 1989, e' membro dell'Associazione di Teologi del Terzo Mondo e
ha fatto parte del DEPA (Dipartimento di Ricerca e Consulenza), un'equipe
interdisciplinare dedita per dodici anni alla formazione "alternativa" di
agenti di pastorale nel nordest brasiliano; e' inoltre membro e docente del
Centro Ecumenico di Servizi per l'Educazione Popolare. Risiede nel nordest
del Brasile, nei pressi di Recife, in Camaragibe, Stato del Pernambuco.
Opere di Ivone Gebara: ha pubblicato articoli (sulle riviste: Concilium,
Grande Sinal, The Way, Conspirando, REB, Revista Eclesiastica Brasilena, e
Tempo e presenca) e numerosi libri, in varie lingue, sulla donna e sulla
vita religiosa inserita negli ambienti popolari. Fra questi citiamo: Maria
mujer profetica (1988), As incomodas filhas de Eva na Igreja da America
Latina (1990) , Levantate e anda (1990), Conhecete a ti mesma (1991), Poder
e nao poder das mulheres (1991), Vida religiosa, da teologia patriarcal a
teologia feminista (1992), Trinidade, Coisas velhas e novas (1994), Teologia
a ritmo de mujer (1995) e Intuiciones ecofeministas. Ensaio para repensar el
conocimiento y la religion (1998), Teologia ecofeminista (Ed. Olho d'agua,
Sao Paulo, 1998), Le mal au feminin (L'Harmattan, Paris, 1999) e Longing for
running waters (Fortress Press, Minneapolis, 1999).

* ERMANNO GENRE
Profilo: pastore valdese, impegnato nell'esperienza del centro ecumenico di
Agape.

* ANNA MARIA GENTILI
Profilo: docente universitaria di storia e istituzioni dei paesi
afro-asiatici. Opere di Anna Maria Gentili: Elites e regimi politici in
Africa occidentale, Il Mulino, Bologna 1974; Africa come storia, Angeli,
Milano 1980; (con M. Emiliani e M. C. Ercolessi), Sud Africa. I conflitti
dell'apartheid, Editori Riuniti, Roma 1987; ha inoltre curato il libro di
Ruth First, Alle radici dell'apartheid, Angeli, Milano 1984.

* FILIPPO GENTILONI
Profilo: scrittore e giornalista, scrive abitualmente sul quotidiano "Il
manifesto". Ha partecipato attivamente al movimento delle Comunità di base.
Opere di Filippo Gentiloni: segnaliamo particolarmente Abramo contro Ulisse,
Torino 1984.

* SUSAN GEORGE
Profilo: economista, tra i maggiori esperti internazionali dei rapporti
Nord/Sud, direttrice del Transnational Institute di Amsterdam, impegnata nei
movimenti ambientalisti, pacifisti, nonviolenti, di solidarietà. Opere di
Susan George: Come muore l'altra metà del mondo, Feltrinelli, Milano 1978;
Il debito del Terzo Mondo, Edizioni Lavoro, Roma 1989; Il boomerang del
debito, Edizioni Lavoro, Roma 1992; Il boomerang del debito estero, in Susan
George, Massimo Micarelli, Antonio Papisca, Un'economia che uccide, L'
altrapagina, Città di Castello 1993.

* NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN
Profilo: illustre economista; riportiamo questo profilo scritto da Giorgio
Nebbia (che abiamo ricavato dal sito dell'associazione "Orsa Minore" di
Prato (il testo di Nebbia reca anche un allegato e una ricca bibliografia
che qui non riproduciamo): "Nicholas Georgescu-Roegen, il padre di una
"economia radicale", scomparso all'eta' di 88 anni il 30 ottobre 1994, era
nato nel 1906 a Costanza, in Romania, aveva fatto dei buoni studi
universitari di matematica e statistica a Parigi, a Londra e a Bucarest e
poi negli Stati Uniti dove lavoro' con Schumpeter. Dal 1934 al 1947 ha
vissuto le tempestose vicende della Romania, come professore universitario,
come direttore dell'Istituto di Statistica, come delegato a varie conferenze
internazionali, fra cui quella sull'armistizio. Nel febbraio 1948 lascio' la
Romania e nel 1949 fu nominato professore di Economia alla Vanderbilt
University di Nashville, nel Tennessee, di cui resto' professore emerito dal
1976 fino alla morte. Georgescu-Roegen fu autorevole membro della
prestigiosa American Economic Association, e scrisse numerose opere, fra cui
il libro "Analytical economics", del 1966, tradotto in italiano da Sansoni
col titolo: "Analisi economica e processo economico" (1973). La celebrita'
venne pero' a Georgescu-Roegen da un libro apparso nel 1971 e intitolato:
"The entropy law and the economic process", Harvard University Press,
sfortunatamente non tradotto in italiano, un libro piu' citato che letto,
difficile, che pero' rappresenta una miniera di idee, un "pozzo di San
Patrizio", secondo l'elogio attribuito da Samuelson a molti scritti di
Georgescu-Roegen. Georgescu-Roegen ha sviluppato, ampliato e, direi,
popolarizzato, le sue idee in molti lavori successivi: il piu' noto e' il
lungo saggio: "Energy and economic myths", apparso nel fascicolo di gennaio
1975 del Southern Economic Journal, poi riprodotto in un libro, con lo
stesso titolo, insieme a vari altri lavori, in parte tradotti in italiano
col titolo: "Energia e miti economici", Torino, Bollati Boringhieri, 1998.
L'introduzione a questo libro contiene varie informazioni, e riferimenti
bibliografici, per ricostruire la vita e l'opera di Georgescu-Roegen. E'
stato tradotto o pubblicato in italiano anche qualche altro scritto di
Georgescu-Roegen, ma certo renderebbe un servizio alla cultura l'editore che
si azzardasse a pubblicare integralmente una traduzione italiana di "The
entropy law". Un'interessante analisi del pensiero di Georgescu-Roegen, e'
contenuta in un volume dell'economista Stefano Zamagni, dell'Universita' di
Bologna, "Georgescu-Roegen. I fondamenti della teoria del consumatore",
pubblicato dalla Etas nel 1979. Georgescu-Roegen nelle sue opere,
specialmente in quelle posteriori al 1970, sostiene che qualsiasi scienza
che si occupa del futuro dell'uomo, come la scienza economica, non puo'
procedere senza tenere conto della ineluttabilita' delle leggi della fisica.
La principale, espressa dal secondo principio della termodinamica, spiega
che alla fine di ogni processo la qualita' dell'energia peggiora sempre. Per
qualita' va intesa la "qualita' merceologica", cioe' l'attitudine
dell'energia ad essere ancora utilizzata da qualcun altro. Qualsiasi
processo che fabbrica merci e cose materiali impoverisce, insomma, la
disponibilita' di energia nel futuro e quindi la possibilita' di produrre
altre merci e cose materiali. Ma, si potrebbe obiettare, il pianeta Terra
nasconde nel suo ventre ancora riserve grandissime (ovviamente non
illimitate) di fonti energetiche costituite da carbone, petrolio, metano,
cioe' dall'energia solare utilizzata centinaia di milioni di anni fa da
vegetali e animali divenuti poi materia "fossile": a tali riserve la
societa' industriale puo' attingere a piene mani. E' vero che un giorno tali
riserve potranno esaurirsi, ma e' un problema che riguarda chi vivra' nel
XXI o nel XXII secolo. Georgescu Roegen ribatte che non si tratta solo di
una scarsita', sia pure remota, di energia: la scarsita' riguarda anche i
materiali, i minerali, i prodotti agricoli. Guardate come procedono i cicli
biologici, che riciclano tutte le scorie vegetali e animali le quali
diventano materie per la propagazione della vita, e guardate invece come
procedete voi, per raggiungere il vostro mito di ricchezza economica, per
moltiplicare i vostri strumenti esosomatici: voi umani operate per cicli
sempre piu' aperti, per cui al fianco di una crescente quantita' di beni
materiali e merci, state producendo una molto piu' grande quantita' di
scorie con cui dovrete un giorno fare i conti. Se volete salvarvi dovete
sviluppare una "bioeconomia", affiancando alla contabilita' dei flussi di
denaro che descrive la "vecchia" economia, una descrizione delle risorse
naturali materiali e delle scorie fisiche per il cui ottenimento e
smaltimento dovrete spendere una crescente fatica di energia e soldi. Una
proposta di "matrice intersettoriale" integrata dei flussi economici ed
"ecologici" e' gia' contenuta a p. 254 del libro "The entropy law". Solo la
"bioeconomia" vi dara' utili indicazioni per le decisioni politiche che
dovrete prendere, vi aiutera' a scansare molte trappole. Calma, dicono i
critici: sara' invece la tecnica che ci salvera', per esempio permettendoci
di riciclare le scorie, proprio come fa la natura, per ricavarne altre
materie prime per il futuro. Folli!, replica Georgescu-Roegen. Perche' anche
la materia si degrada: "Matter matters, too", un principio che egli ripete
innumerevoli volte e a cui addirittura attribuisce, scherzosamente, il
valore di "principio": il quarto principio della termodinamica, secondo cui,
proprio come avviene per l'energia, la materia disponibile non scompare,
ovviamente, ma "si degrada continuamente e irreversibilmente in materia non
piu' utilizzabile" a fini umani, merceologici, economici. E per concludere
Georgescu Roegen da' un calcio anche ai sostenitori di una "societa'
stazionaria" e ai primi (i piu' radicali) scritti del Club di Roma. Per
sopravvivere sul pianeta Terra, di dimensioni e risorse limitate, la
produzione e l'uso di beni materiali non solo non possono continuare a
"crescere", e non basta neanche che diventino stazionari: devono
"diminuire". E non compiacetevi troppo, avverte Georgescu-Roegen, nelle
illusioni dell'uso dell'energia solare: la sua cattura con "macchine" umane
comporta un costo di materiali, e quindi di energia, che puo' superare la
quantita' di energia commerciale che le macchine "solari" possono dare. Un
messaggio di disperazione, allora ? Georgescu-Roegen di speranze sulla
salvezza umana non ne lascia molte: anche una "salvezza ecologica", spiega
in un saggio tradotto in italiano nella rivista "Economia e ambiente",
gennaio-marzo 1984, e ora anche nel citato volume "Energia e miti
economici", pp. 93-104, deve fare i conti con i principi della
termodinamica. Il messaggio complessivo dell'opera di Georgescu-Roegen e'
che comunque, poiche' la vita umana deve andare avanti, bisogna almeno
cambiare le attuali regole economiche se non si vuole che una catastrofe,
dovuta alla scarsita' delle risorse naturali, invece di arrivare fra secoli
arrivi fra pochi decenni. Ma pare, invece, che il mondo da questo orecchio
non ci senta proprio per niente. Per concludere puo' valere la pena di
rileggere il "manifesto" per un'economia umana redatto nell'ottobre 1973, a
Nyach, nello stato di New York, da Nicholas Georgescu-Roegen, Kenneth
Boulding e Herman Daly e firmato da oltre 200 economisti fra cui Kenneth
Arrow, Robert Heilbroner, Ernst Schumacher, David Pearce, Ignacy Sachs,
Bertrand de Jouvenel. La proposta era partita dall'associazione
internazionale "Dai Dong", un nome che corrisponde ad un antico concetto
cinese di un mondo "in cui la famiglia di ciascun uomo non e' soltanto la
sua famiglia, i figli di ciascun uomo non sono soltanto i suoi figli, ma
tutto il mondo e' la sua famiglia, tutti i bambini sono suoi figli". Il
"manifesto" fu presentato alla riunione annuale del dicembre1973
dell'American Economic Association (American Economic Review, 64, (2), p.
447 e 449-450 (maggio 1974); anche in Hugh Nash (editor), "Progress as if
survival mattered", San Francisco, Friends of the Earth, 1977, pp. 182-183);
la traduzione italiana fu fatta circolare nel novembre 1973 nel corso della
riunione annuale della Societa' Italiana degli Economisti, a Roma, e,
firmata da Gianni Cannata, Pietro Dohrn, Giorgio Nebbia, e alcuni altri; fu
pubblicata in: G. Cannata (a cura di), "Saggi di economia dell'ambiente",
Milano, Giuffre', 1974, pp. 239-244; fu ristampata in Economia e Ambiente,
2, (1/2), 70-74 (gennaio-giugno 1983) e in Nicholas Georgescu-Roegen,
"Energia e miti economici", Torino, Bollati Boringhieri, 1998, pp. 207-210,
e fu distribuita in occasione del seminario "Oltre l'economia", organizzato
il 7-8 ottobre 1997 dal Comitato permanente di solidarieta' di Arezzo".

* JUAN GERARDI
Profilo: vescovo guatemalteco, nato a Città del Guatemala il 27 dicembre
1922, tenacemente impegnato per i diritti umani, viene assassinato il 26
aprile 1998, due giorni dopo aver presentato il rapporto Guatemala: nunca
más realizzato dal progetto interdiocesano "Recuperación de la memoria
histórica" di cui era coordinatore; il rapporto documentava migliaia di casi
di violazione dei diritti umani in lunghi decenni di violenza in Guatemala.
Opere su Juan Gerardi: cfr. il fascicolo monografico Guatemala nunca más del
mensile "Amanecer", n. 3 del 1998 (il fascicolo riprende il titolo del
rapporto, la cui edizione italiana -ridotta- è pubblicata dalla Piccola
Editrice, Celleno 1998).

* ANTONELLO GERBI
Profilo: nato a Firenze nel 1904 e deceduto a Civenna nel 1976, studioso di
grande rigore, finezza ed originalità. Opere di Antonello Gerbi:
fondamentale ci pare La disputa del Nuovo Mondo, la cui prima edizione è del
1955 e che recentemente è stata ripubblicata da Adelphi, Milano 2000.

* BRONISLAW GEREMEK
Profilo: illustre storico polacco, formatosi in Polonia e in Francia sotto
la guida di Fernand Braudel; impegnato per la democrazia. Opere di Bronislaw
Geremek: I bassifondi di Parigi nel Medioevo;  La pietà e la forca;
Mendicanti e miserabili nell'Europa moderna; (con Georges Duby), La storia e
altre passioni; (con Ralf Dahrendorf e François Furet), La democrazia in
Europa; tutti presso Laterza.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 184 del primo agosto 2001