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I giornalisti e i giornali



Fonte: Il Manifesto

  Il segretario della Fnsi Paolo Serventi Longhi è furibondo. "E' una cosa
che grida vergogna. Abbiamo protestato ufficialmente - dice - e chiediamo
alla magistratura di indagare, al ministro dell'interno Scajola di
rispondere. Ieri notte c'è stata un'aggressione inaudita, l'irruzione al
centro stampa del Social forum è stata un pestaggio selvaggio, due
giornalisti sono stati arrestati, uno ha le braccia rotte. Un atto così
violento è inconcepibile, non credo proprio che per arrestare tute nere o
sequestrare materiale "sospetto" sia obbligatorio pestare la gente".


  Il capo del sindacato giornalisti italiani non è l'unico cronista col
sangue agli occhi. Alla conferenza stampa della questura, in cui gli
agenti espongono il pericoloso materiale sequestrato - compresi fazzoletti
di carta e thermos, e due dubbie molotov fatte con bottiglie da vino
(causa il fondo più sottile, quelle da birra sono parecchio più popolari)
- un collega greco si incazza a morte quando capisce che le sue domande
resteranno senza risposta. La questura rifiuta di dire quanti arrestati,
perché, dove, insomma non una parola tranne la lettura di un comunicato
che lega il Genoa social forum alle Tute nere. Moneta falsa, insomma. Si
arrabbiano altri giornalisti, quelli del Corriere ancora di più quando
scoprono che in redazione, a Milano, ci sono pressioni per metterla giù
morbida. Non è l'unico caso, molte telefonate al manifesto raccontano,
dicono, denunciano, segnalano le difficoltà di raccontare le bollenti
giornate di Genova, di navigare nel canale stretto che trasforma i fatti
in notizie e le notizie in articoli e servizi.

  In generale, i giornalisti se la sono cavata meglio dei giornali. Mai
  come in questi giorni è stata grande la discrasia tra i testi dei pezzi e
  dei servizi tv e la prudente gestione che gli apparati editoriali ne
  hanno fatto. E per un racconto di Fiorenza Sarzanini, inviata del
  Corriere bastonata dalla polizia a pochi passi dal mortale tafferuglio di
  piazza Alimonda, ecco pronto un editoriale dell'influente Stefano Folli a
  elogiare il governo e il suo presidente per la gestione della piazza.
  Canale 5 mostra per primo la foto Reuters con la pistola del carabiniere
  che sbuca dal lunotto della camionetta, poi "smorza" col racconto del
  fotografo francese che dichiara di aver visto sparare un altro uomo
  (conclusione: non è più certo che l'omicida sia il giovane carabiniere).
  Il racconto del francese si rivela sbagliato ma l'effetto-dubbio è già
  partito, senza nemmeno dover ricorrere alle tremende, grossolane
  distorsioni degli altri canali berlusconiani. E via così, sfogliando
  pagine o facendo zapping: i cronisti in piazza a raccontare, i colleghi
  in studio o nei piani alti delle redazioni a precisare dei cattivi in
  tuta nera. Con poche eccezioni: Bianca Berlinguer sul Tg3, un pugno
  d'altri. L'informazione diventa una questione centrale, il governo che
  tratta le proteste in questa maniera e il gruppi industriali che
  esplicitamente lo appoggiano (e quasi lo costituiscono) possiedono la
  totalità della stampa e dell'emittenza italiana. Non è più soltanto
  inopportuno: a questo punto è pericoloso.

  A Genova, intanto, i giornalisti sono in ebollizione. Tra gli arrestati
nel sabba notturno c'è un giornalista del Resto del Carlino, Lorenzo
Guadagnucci: picchiato, le fratture medicate in ospedale, trasferito nel
carcere di Marassi con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata
al saccheggio. Altri quattro giornalisti si sono recati spontaneamente dal
magistrato, Francesco Pinto. Sono Luca Tomassini di Digipress, l'operatore
francese Philippe Blanchard, il presidente dell'ordine dei giornalisti
della Liguria Attilio Lugli e il capo del sindacato giornalisti ligure
Marcello Zinola. Hanno raccontato la loro testimonianza sulla nottata alle
scuole prese d'assalto: persino il giudice, dicono, ha sgranato gli occhi.