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Taranto, cronaca di una strage annunciata



Taranto, cronaca di una strage annunciata.

Tra i fumi cancerogeni dell'Ilva di Taranto, nel giro di otto anni 25 
persone sono morte di cancro. Una strage annunciata sei anni fa in 
rapporto/allarme delle strutture sanitarie, occultato con una grave catena 
di omissioni. E adesso a Taranto si indaga per strage colposa.

Francesca Ciarallo - Carlo Gubitosa
Associazione PeaceLink <info@peacelink.it>

"Trasmissione relazione di indagine ambientale - Cokeria" e' il titolo del 
documento realizzato nell'aprile 1995 dall'Unita' Sanitaria Locale 
Taranto-4, ricevuto dalla Cgil di Taranto e protocollato con il numero 0651 
il 14 aprile dello stesso anno. 15 pagine di denuncia, con una tabella 
sulle "morti attese", in cui sono elencati i valori degli agenti inquinanti 
rilevati su 50 postazioni di lavoro dell'ILVA. Tra questi dati spiccano i 
valori altissimi di benzo-a-pirene rilevati in uno dei reparti per la 
mansione "addetto coperchi", valori 137.000 volte superiori rispetto alla 
soglia massima consentita per l'aria respirata dagli altri cittadini di 
Taranto.

Il documento rimane lettera morta fino al 2001, quando riappare 
misteriosamente nella cassetta delle lettere dell'Associazione Peacelink, 
che nei giorni precedenti aveva diffuso sul suo sito internet i dati 
relativi alle 25 "morti bianche" che negli anni dal '90 al '98 hanno fatto 
una vera e propria strage tra gli operai dell'Ilva, colpiti da malattie 
collegate con gli agenti inquinanti. Questi dati erano accompagnati da foto 
agghiaccianti "rubate" nei gironi danteschi dell'Ilva, dove gli operai 
respirano fumi cancerogeni mentre spazzano con la scopa il piano dei forni 
che andrebbero invece puliti con macchine aspiratrici, foto che spiegano 
eloquentemente come mai la magistratura locale ha deciso di sottoporre a 
perizia l'intera area industriale, 11mila ettari che circondano e inglobano 
la citta' di Taranto, grande meno della meta'.

Da questa perizia potrebbe scaturire un procedimento penale a carico di 
numerosi imputati, tra cui lo stesso Emilio Riva, il padrone dell'Ilva. 
L'obiettivo e' verificare se, all'interno dell'area industriale e nelle sue 
vicinanze sia avvenuta una diffusione di fumi, gas, vapori, polveri e 
sostanze nocive oltre i limiti di soglia previsti dalla legge o in 
violazione delle norme sull'igiene del lavoro.

In un articolo di Carlo Vulpio, apparso sul Corriere della Sera il 26 
febbraio 2001, sono riportati alcuni passaggi  significativi della perizia 
sull'Ilva consegnata ai magistrati, in cui si legge testualmente che "il 
massimo contributo all'inquinamento proviene dalle emissioni industriali: 
traffico e riscaldamento civile in quinano 100 volte meno, quanto ad 
anidride solforosa e 10 volte meno quanto a ossido di azoto". Tra le 
informazioni citate spicca un dato pesantissimo: i morti per neoplasie 
polmonari sono piu' che raddoppiati nel periodo che va dal '71 al '98.

Nello stesso articolo si apprende che il procuratore aggiunto Franco 
Sebastio avrebbe deciso di aggiungere alle ipotesi di reato anche la strage 
colposa, oltre ai reati di imbrattamento, danneggiamento di bene pubblico e 
violazione delle norme sulla prevenzione delle malattie professionali.

Il 27 febbraio, in seguito alla forte mobilitazione contro le politiche 
aziendali dell'Ilva, il Consiglio Comunale di Taranto, durante una seduta 
monotematica, ha approvato all'unanimita' un documento in cui si afferma 
senza mezzi termini che "l'esistenza di una grave situazione di 
inquinamento che riguarda, anche se con diverse accentuazioni, l'area delle 
grandi imprese e complessivamente tutto il territorio comunale č ormai un 
dato incontrovertibile". Nel documento si cita anche la deliberazione del 
Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990, con la quale il territorio 
della provincia di Taranto veniva dichiarato gia' nello scorso millennio 
"area ad elevato rischio di crisi ambientale".

Un altro dei misteri che circondano la vicenda Ilva e' legato alla figura 
di Nicola Virtu', il responsabile del Presidio multizonale di prevenzione 
attualmente in carica, che nel '95, mentre il rapporto della Usl cadeva nel 
dimenticatoio in un cassetto della Cgil, rassicurava i membri della 
commissione comunale sull'ambiente in visita allo stabilimento Ilva 
affermando testualmente che «La situazione analitica ambientale della cittą 
č soddisfacente, come i risultati analitici relativi ai reflui dello 
stabilimento».

All'epoca di questa dichiarazione Virtu', oltre ad essere il responsabile 
del Presidio multizonale di prevenzione, era anche presidente della Imcor, 
una societa' fornitrice della stessa Ilva. In parole povere, il referente 
della struttura pubblica che avrebbe dovuto vigliare sui comportamenti 
delle aziende in materia di prevenzione ambientale e tutela della salute 
dei cittadini era contemporaneamente un ottimo partner d'affari 
dell'azienda con il piu' alto impatto ambientale della zona.

Da qui la decisione dell'allora dirigente della Usl, Nunzio Leone, di 
assegnare ad un altro incarico il dottor Virtu'. Virtu' finisce sotto 
processo "per il forte conflitto di interessi tra i suoi compiti 
istituzionali e l' attivitą privata", scrivono i carabinieri. Le indagini 
pero' vengono archiviate, e attualmente Nicola Virtu' e' di nuovo a capo 
del presidio multizonale di prevenzione di Taranto, nonostante Nunzio 
Leone, in quel lontano 1995, abbia denunciato all'autorita' giudiziaria il 
sabotaggio delle apparecchiature di laboratorio del Presidio, la 
cancellazione totale della memoria dei computer di gestione dei dati 
inquinanti e la distruzione di materiali di archivio consistenti in 
migliaia di referti di analisi effettuate, denunce finite nel dimenticatoio 
assieme alle varie interrogazioni parlamentari presentate sulla vicenda 
Ilva e al rappporto della Usl consegnato ai sindacati.

Di fronte a questa vicenda, dobbiamo interrogarci ancora una volta sulle 
conseguenze del modello di sviluppo industriale. Taranto e' una bella 
citta', con un mare stupendo e un grandissimo patrimonio culturale da 
valorizzare. Pitagora insegnava in Magna Grecia quando in Padania regnava 
ancora la barbarie, ma sembra che la civilta' e la cultura ricevute in 
eredita' dalla Grecia siano destinate a fermarsi davanti alle porte 
dell'Ilva. Questo "sviluppo sostenibile" tanto discusso a livello teorico, 
e' solo una utopia oppure e' una proposta concreta di futuro per citta' 
come Taranto e per tutte quelle citta' del sud che potrebbero produrre 
ricchezza attraverso la nascita di strutture universitarie, il turismo, 
l'artigianato locale e la produzione di servizi sociali e culturali ?

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