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La nonviolenza è in cammino. 160
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 160 del 25 marzo 2001
Sommario di questo numero:
1. Medici senza frontiere: per l'accessibilita' dei farmaci contro l'Aids
2. Intervista a Seyla Benhabib, la filosofia politica femminista
3. Donne in nero di Belgrado: fermiamo la guerra in Macedonia
4. Associazione per la pace: la guerra non risolve i problemi, li aggrava
5. Il 26 marzo educazione alla pace a Orte
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. UNA PETIZIONE. MEDICI SENZA FRONTIERE: PER L'ACCESSIBILITA' DEI FARMACI
CONTRO L'AIDS
[Diffondiamo la petizione promossa da Medici Senza Frontiere a sostegno
dell'impegno del Sudafrica per l'accessibilita' dei farmaci contro l'AIDS;
invitiamo tutti i nostri interlocutori ad aderire e a diffondere
ulteriormente la petizione]
Medici Senza Frontiere (MSF) presenta una petizione per sostenere l'impegno
del Sudafrica nella battaglia per l'accessibilita' dei farmaci contro
l'AIDS.
La firma della petizione via Internet si fa cosi':
1. Aprire la pagina della petizione: http://www.msf.org/petition/italy.htm
2. Inviare la petizione cliccando dove indicato.
La petizione deve essere firmata entro il 15 aprile.
Ecco il testo della petizione:
Petizione per il Sudafrica
I sottoscritti sostengono gli sforzi fatti dal governo del Sudafrica tramite
la legge sui medicinali approvata nel 1997 per rendere i farmaci essenziali
meno costosi e piu' accessibili al suo popolo.
Di conseguenza, i sottoscritti chiedono alle 39 societa' farmaceutiche, che
bloccano l'applicazione di questa legge con una causa legale, di abbandonare
immediatamente questa causa.
Con oltre quattro milioni di sieropositivi, il Sudafrica ha il piu' alto
numero al mondo di malati di HIV/AIDS. Solo pochi possono permettersi la
cura che ha consentito di allungare e migliorare la vita dei malati nei
paesi piu' ricchi.
Dal 1998, l'industria farmaceutica ha bloccato la legge sui farmaci,
dichiarando che avrebbe violato i diritti dei brevetti. In questo periodo,
400.000 Sudafricani sono morti per cause legate all'AIDS. I prezzi elevati
stanno in realta' togliendo i farmaci ai pazienti poveri, condannandoli ad
una morte prematura.
I sottoscritti chiedono alle 39 societa' farmaceutiche di abbandonare
immediatamente ed incondizionatamente questa causa.
E chiedono ai governi di sostenere il popolo del Sudafrica esortando le
compagnie ad abbandonare la causa.
La petizione sara' inviata: alle 39 case farmaceutiche che hanno intentato
il processo contro il governo del Sudafrica:
Pharmaceutical Manufacturers' Association of South Africa (PMA),
rappresentante di tutte le altre;
Alcon Laboratories (S.A.) (Proprietary) Limited;
Bayer AG;
Bayer (Proprietary) Limited;
Boehringer-Ingelheim International GmbH;
Boehringer-Ingelheim KG;
Bristol-Myers Squibb Company;
Bristol-Myers Squibb (Proprietary) Limited;
Byk Gulden Lomberg Chemische Fabrik GmbH;
Byk Madaus (Proprietary) Limited;
Dr. Karl Thomae GmbH;
Eli Lilly and Company;
Eli Lilly (South Africa) (Proprietary) Limited;
F. Hoffman-La Roche AG;
Glaxo Wellcome (South Africa) (Proprietary) Limited;
Hoechst Marion Roussel Limited;
Ingelheim Pharmaceuticals (Proprietary) Limited;
Janssen-Cilag Pharmaceutica (Proprietary) Limited;
Knoll Pharmaceuticals South Africa (Proprietary) Limited;
Lundbeck South Africa (Proprietary) Limited;
Merck & Co., Inc.;
Merck KGaA;
Merck (Proprietary) Limited;
MSD (Proprietary) Limited;
Novartis South Africa (Proprietary) Limited;
Novo Nordisk (Proprietary) Limited;
Pharmacia & Upjohn (Proprietary) Limited;
Rhone-Poulenc Rorer S.A.;
Rhone-Poulenc Rorer South Africa (Proprietary) Limited;
Roche Products (Proprietary) Limited;
Schering (Proprietary) Limited;
Schering-Plough (Proprietary) Limited;
Scientific Pharmaceuticals S.A. (Proprietary) Limited;
SmithKline Beecham;
SmithKline Beecham Pharmaceuticals (Proprietary) Limited;
Universal Pharmaceuticals (Proprietary) Limited;
Wyeth (Proprietary) Limited;
Xixia Pharmaceuticals (Proprietary) Limited;
Zeneca South Africa (Proprietary) Limited;
e al governo dei paesi in cui MSF opera.
Ai destinatari della petizione saranno inviati soltanto il nome, il cognome
e lo stato di residenza dei firmatari. L'indirizzo e-mail non sara' diffuso.
Per firmare la petizione clicca http://www.msf.org/petition/italy.htm
2. RIFLESSIONE. INTERVISTA A SEYLA BENHABIB: LA FILOSOFIA POLITICA
FEMMINISTA
[Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche
(www.emsf.rai.it) abbiamo ripreso questa intervista all'illustre pensatrice.
Seyla Benhabib e' nata ad Istanbul nel 1950. E' professoressa di Teoria
politica presso l'universita' di Harvard. Ha conseguito il dottorato in
filosofia nel 1977 all' universita' di Yale. Dal 1979 al 1981 e' stata
Alexander von Humboldt Fellow a Starnberg e Francoforte. Ha studiato
filosofia, politica e storia del pensiero femminile a Boston, presso la New
School for Social Research. E' stata professoressa ospite presso
l'universita' di Costanza, Francoforte e Macerata. Dal 1986 al 1992 e' stata
coeditrice di "Praxis International". Seyla Benhabib si e' occupata di
teoria critica, filosofia politica e femminismo . Ha indagato le relazioni
della teoria critica della societa' con la tradizione del pensiero politico
e con l'etica contemporanea. Ha difeso un progetto di etica universale che
risente delle suggestioni di Habermas e che intende integrare il pensiero
femminile e il criticismo all'interno di un'etica dialogica che prospetta
l'atto etico come capacita' di entrare in relazione con il punto di vista
dell'altro. Recentemente Seyla Benhabib ha focalizzato i suoi interessi sul
pensiero femminista; sta lavorando ad un libro che esamina la filosofia
politica di Hannah Arendt (The Reluctant Modernism of Hannah Arendt). Opere
di Seyla Behabib: Critique, Norm and Utopie. A study of the Foundations of
Critical Theory, Columbia University Press, 1986; Fischer Verlag, 1992;
(con Drucilla Cornel), Feminism as Critique, Polity and Minesotta Presses,
1987; The communicative Ethics Controversy (con Fred Dallmayr), MIT Press,
1988; Situating the Self. Gender, Community and Postmodernism in
contemporary Ethics, Routledge and Polity Presses, 1992]
1. Professoressa Benhabib, negli ultimi vent'anni, sia in Europa che
nell'America settentrionale, siamo stati testimoni dell'esplosivo emergere
della teoria femminista. Cosa pensa di questa teoria e come spiega la sua
straordinaria diffusione?
Ritengo che il femminismo sia uno dei piu' interessanti movimenti sociali,
politici, culturali e intellettuali della seconda meta' di questo secolo.
Esso, infatti, pone questioni estremamente significative e rilevanti per
l'intera civilta': invita le donne a interrogarsi sulla propria identita',
sul proprio corpo, sulle proprie emozioni, sulla propria sessualita', a
riflettere e a divenire consapevoli di aspetti dell'esistenza mai
considerati prima, o a cui si era prestata ben poca attenzione. Sotto questo
aspetto, il femminismo e' una rivoluzione di lunga durata, la piu' lunga di
tutte, perche', contrariamente a ogni rivoluzione che ha di mira
trasformazioni di tipo politico, sociale ed economico, la posta in gioco e'
l'identita', il modo autentico di essere sessuati all'interno del proprio
corpo.
La tendenza attuale del movimento femminista - e a cui ci si riferisce
solitamente con l'espressione "femminismo della seconda ondata" - e' emersa
dopo il movimento studentesco del '68. Tra questo e l'attuale movimento
delle donne ci sono interessanti connessioni e rapporti antagonistici, ma
possiamo comunque rintracciare l'origine del secondo in certi temi sollevati
all'interno del movimento del '68. Uno degli slogan sostenuti dalla seconda
ondata del movimento femminista e' stato "il personale e' politico". Questo
slogan puo' essere frainteso in molti modi, perche' e' difficile comprendere
come il personale possa divenire politico senza invadere l'ambito della
liberta' individuale, della privacy, dell'autonomia, che siamo soliti
salvaguardare dallo stato. Cosi', ad una lettura immediata lo slogan "il
personale e' politico" puo' essere inteso quasi come un appello totalitario
a meccanismi politici che limitino ulteriormente la vita privata. Ma ad una
riflessione piu' attenta, questo slogan significa che e' necessario essere
consapevoli del modo in cui, al livello piu' profondamente individuale e
intimo dell'esistenza, modelli collettivi, culturali e sociali determinano e
condizionano la formazione delle nostre identita'. E dobbiamo essere
consapevoli del ruolo politico del "gender" nelle nostre vite.
Rispetto a questo background, nel senso piu' ampio e generale definisco la
teoria femminista come la lotta delle donne per l'uguaglianza, la giustizia
e l'emancipazione in ogni cultura e comunita' del mondo.
2. Ci puo' spiegare il significato di espressioni come "la politica della
differenza di genere" o "il sistema sex-gender"?
Prima di tutto, occorre distinguere tra sex e gender. Possiamo dire
anzitutto, con una formulazione provocatoria, che il gender sta alla teoria
femminista come la produzione, il lavoro e i rapporti di classe stavano al
marxismo, o come la sessualita' sta alla psicoanalisi; con la categoria di
gender, un termine che non esiste neppure in molte lingue europee (dove e'
quindi difficile distinguere tra sex e gender), ci si riferisce a cio' che i
francesi chiamerebbero champ episthemologique, "campo epistemologico".
Questo definisce l'intero ambito della teoria femminista, che riguarda
infatti origine, funzione, riproduzione e spiegazione delle relazioni di
"genere" (gender).
Per comprendere la distinzione tra sex e gender e' utile a mio avviso
riferirsi all'antropologia. Questa ci mostra che, nella maggior parte delle
societa' umane a noi note, tra maschio e femmina c'e' innanzitutto una
distinzione di ordine culturale. Il fatto che gli uomini siano aggressivi e
amanti della guerra, e le donne siano inclini alla passivita' e alla vita
domestica, costituisce culturalmente una variabile. E la gamma di variazioni
e' veramente molto ampia. Le diverse culture e societa' umane attribuiscono
all'uomo e alla donna qualita' molto differenti rispetto a quelle a cui ci
ha abituati il punto di vista della nostra cultura moderna occidentale. Vi
sono, per esempio, alcune comunita' tribali in cui sono gli uomini a fare la
parte dei "civetti", mentre alle donne spetta l'atto sessuale della
seduzione. E' bene quindi tener presente che, mentre la differenziazione
maschio-femmina sembra essere una costante nelle societa' umane, le
caratteristiche culturali che attribuiamo al maschio e alla femmina variano
da cultura a cultura. Questo e' un primo elemento.
Un secondo aspetto e' che, nella maggior parte delle societa' umane, sembra
esserci una divisione sessuale del lavoro. Essa implica che, solitamente,
sia la donna a prendersi cura dei bambini, dei giovani e in molti casi degli
anziani e dei malati. Si dovrebbe comunque prestare attenzione al fatto che
non e' necessariamente la madre biologica ad avere questi compiti. Il fatto
che sia la madre biologica a prendersi cura del neonato e' frutto di una
innovazione culturale molto recente; e' comunque alla donna che viene
generalmente assegnato il compito di prendersi cura dei giovani e dei
bambini, per non parlare dei malati e degli anziani.
Sulla base di queste considerazioni, le femministe - e non tutte condividono
del resto l'idea degli universali antropologici - concludono che c'e' una
differenza essenziale tra differenza sessuale e gender. Con "differenza
sessuale" si intendono in questo caso le differenze anatomiche tra femmina e
maschio: il fatto cioe' che una donna possa allattare, rimanere incinta,
partorire un bambino, avere le mestruazioni, entrare in menopausa, che sia
di solito piu' minuta di un uomo, abbia meno peli, etc. Il gender riguarda,
invece, la differenza culturalmente elaborata, le posizioni sociali di
potere e le relazioni sociali in cui uomini e donne vengono inseriti sulla
base della loro diversita' anatomica.
3. Puo' parlarci dell'origine, della funzione e del futuro del sistema
"sex-gender" cosi' come lo ha definito? A questo riguardo, vi sono approcci
contrastanti all'interno del movimento femminista?
Riprendendo Freud, potremmo dire che "l'anatomia e' il nostro destino". Con
questo concetto, Freud intendeva dire che le caratteristiche anatomiche
femminili definiscono e determinano la psiche, la posizione nella vita, i
sogni, l'intero futuro della donna. Cio' che il femminismo oggi rifiuta,
invece, e' anzitutto la tesi che l'anatomia o la biologia rappresenti il
destino della persona. Questa, tra l'altro, e' la premessa che unisce oggi
scuole di teoria femminista assai divergenti.
In questa sede, vorrei analizzare tre approcci fondamentali che elaborano la
categoria di gender e il nesso tra gender e sesso. Chiameremo il primo
approccio, "approccio teoretico al ruolo" del femminismo liberale; il
secondo "approccio psicoanalitico"; il terzo puo' essere invece
caratterizzato come "postmoderno" e parleremo pertanto di "interpretazioni
femministe postmoderne".
La teoria dell'"approccio teoretico al ruolo" sostiene che le differenze
culturali tra uomo e donna possono essere spiegate fondamentalmente con il
fatto che le donne si sono trovate in una situazione di subordinazione e di
ineguaglianza. Se ricostruissimo e riformassimo la societa' in modo da
renderla egualitaria rispetto al gender, avremo allora altrettanti
astronauti, neurochirurghi, matematici, compositori, giocatori di baseball
di sesso femminile quanto maschile. Negli Stati Uniti c'e' un movimento
molto interessante che fa giocare le ragazzine a baseball in piccole squadre
sulla base dell'assunto che non c'e' alcuna ragione per cui le ragazze non
possano o non debbano saper giocare a baseball come i ragazzi, se vengono
incitate a farlo. C'e' qualche ragione per cui una donna di talento non
debba diventare compositore? Perche' la societa' le impedisce questo tipo di
obiettivi? L'assunto, quindi, e' che la societa' e' stata organizzata in
modo ingiusto, in modo da precludere sulla base del gender alla maggior
parte degli individui di talento le posizioni che ad essi spettavano. Nella
teoria dei ruoli, in conclusione, le differenze di gender sono spiegate in
termini di distribuzione diseguale nella societa' (rispetto agli uomini e
alle donne) di alcuni tipi di opportunita' di carriera.
4. Considera l'opera classica di John Stuart Mill "Sulla servitu' delle
donne" un esempio di tale posizione?
Certamente. Penso che John Stuart Mill dia la definizione filosofica piu'
articolata di femminismo liberale. Infatti, dicendo espressamente che
l'ineguaglianza fondata sul gender e la preclusione di determinati tipi di
occupazioni alle donne sulla base delle loro differenze anatomiche sono due
fatti assolutamente in contraddizione con la condizione moderna, Mill
afferma che, con l'abolizione della distinzione tra schiavo e uomo libero,
tra servo e padrone, e' impossibile conservare quella tra uomo e donna, e
tenere le donne in una posizione subordinata. Mill fa anche l'esempio della
regina Vittoria e si domanda: "Se abbiamo le regine, come e' possibile che
non abbiamo donne membri del parlamento?".
Penso comunque che politicamente il femminismo liberale abbia avuto un ruolo
estremamente importante, in particolare per i modi in cui si e' sviluppato
parallelamente alle rivoluzioni borghesi, americana e francese. Il programma
del femminismo liberale, infatti, ha combattuto per la parita' dei diritti
delle donne, per l'uguaglianza di fronte alla legge e nelle piu' alte
istituzioni e ancora oggi fa parte per questo del programma di tutto il
femminismo.
Non mi trovo invece d'accordo con l'idea che la distinzione tra maschio e
femmina, come prodotto di cultura e di civilizzazione, possa essere spiegata
semplicemente in termini di ruoli sociali. Al riguardo, il femminismo
liberale ha un concetto piuttosto superficiale della persona e una
comprensione limitata delle relazioni che intercorrono tra gender e
identita'. Prendiamo un esempio molto elementare: una donna puo' diventare
neurochirurgo, ma continuare a subire nella propria vita privata una
situazione di ineguaglianza; puo' essere una moglie maltrattata, o puo'
soffrire comunque di insicurezze profonde e di senso di inadeguatezza per
quanto concerne il proprio essere donna. In altre parole, la teoria del
gender non spiega il modo in cui il gender e' parte delle nostre identita',
delle nostre fantasie, del nostro subconscio, di chi siamo e di come
concettualizziamo il nostro stesso essere nel mondo. Mi sembra che la teoria
del ruolo si situi alla superficie delle istituzioni politiche e giuridiche:
il suo obiettivo e' la persona pubblica, ma non indaga sull'identita'
individuale che sta dietro di questa.
5. Mi sembra che tra psicoanalisi e femminismo vi sia una specie di
amore-odio. E' d'accordo?
Certamente. Alcune tra le battaglie intellettuali piu' interessanti degli
ultimi dieci o quindici anni sono state combattute sul terreno della
psicoanalisi e del femminismo. Perche' se ne comprendano le ragioni,
cominciamo con uno sguardo retrospettivo.
Per la prima volta nella storia intellettuale dell'Occidente, la
psicoanalisi apre alla riflessione, alla cura e alla trasformazione un
ambito dell'esistenza umana che era considerato al di fuori della
comprensione razionale, almeno nel periodo moderno: si tratta
sostanzialmente dell'ambito dell'inconscio, del corpo, della sessualita',
dei desideri. In epoca moderna, tutto questo era stato considerato dominio
della donna. Si pensava, infatti, che la donna fosse piu' vicina al mondo
delle emozioni, del corpo, della sessualita'. E' questa la ragione per cui
vi e' una sorta di coalizione intorno a un certo campo tematico, a cui
guardano sia il femminismo che la psicoanalisi.
Oltre a questo, credo anche che femminismo e psicoanalisi condividano un
approccio molto interessante alla relazione tra coscienza e teoria o,
volendo avvalersi del francese (in cui tale nesso si esprime meglio), tra
"conscience" e "connaissance". Gli individui si avvicinano alla psicoanalisi
a causa dell'esperienza del dolore, e non per un interesse puramente
teoretico per le tesi di Freud: e' l'esperienza della sofferenza, del
disorientamento che l'individuo sperimenta, che lo porta a cominciare a
riflettere, ad analizzare se stesso o a pensare a se stesso in altri modi.
Talvolta ci si riferisce alla psicoanalisi come a una cura della parola. Una
relazione analoga tra coscienza da un lato e teoria e conoscenza dall'altro
si ha nel femminismo. Il femminismo parte da un'esperienza di contraddizione
e di infelicita' vissute, di disorientamento vissuto e poi procede alla
spiegazione teorica, o meglio va alla ricerca di una spiegazione teorica
delle origini di quella condizione. Cosi', per entrambi questi aspetti - la
coincidenza del campo tematico e la relazione tra coscienza e teoria -
psicoanalisi e femminismo sono in un rapporto di grande familiarita' e sono
tra loro alleati.
E tuttavia, la teoria psicoanalitica considera come proprio modello, come
norma, la sessualita' maschile adulta: non c'e' nessuna teoria
psicoanalitica che spieghi lo sviluppo di una donna. Per lo piu', la donna
viene interpretata in termini di mancanza. Si defini' anzitutto il complesso
di Edipo, poi si decise che doveva esserci un equivalente femminile, e venne
cosi' creato il complesso di Elettra. Poiche' i bambini maschi avevano una
particolare relazione affettiva con la madre, le bambine dovevano avere la
stessa relazione con il padre. Si ipotizzo' ad esempio per le bambine la
cosiddetta invidia del pene. La bambina dice: "Perche' io non ho nulla e lui
si'?". E la questione - come hanno osservato alcune femministe - e' se non
era possibile pensare le cose diversamente: "E l'invidia del seno allora? E
il il fatto che una donna possa generare bambini?". In psicoanalisi, in
sintesi, molti modelli di sviluppo, molte categorie e ipotesi esplicative
considerano il soggetto maschile come norma. E questa e' proprio un'ironia
della sorte, perche' la maggior parte dei pazienti di Freud erano donne. Di
conseguenza, mentre il materiale grezzo della psicoanalisi e' sempre stato
costituito dalle donne, la riflessione teorica ha riguardato un altro
soggetto.
6. Pensa che il cosiddetto movimento postmoderno che si e' affermato nella
filosofia contemporanea abbia dato contributi significativi anche alla
teoria femminista?
Negli ultimi vent'anni, il femminismo e il postmoderno sono stati alleati,
hanno combattuto su un fronte comune. Esporro' soltanto un aspetto di questa
alleanza: il profondo scetticismo per cio' che si intende per
meta-narrativita' dell'epoca moderna. Il concetto di meta-narrativita' e' di
Jean-Francois Lyotard, secondo il quale la caratteristica principale dei
moderni sistemi di pensiero - liberalismo, positivismo, secolarismo,
marxismo - e' stata l'idea che c'e' una storia comune che possiamo
raccontare, sia essa la storia del progresso umano, dell'uguaglianza, della
giustizia o quella della lotta di classe, a cui seguira' la vittoria del
proletariato. Ma c'e' comunque un telos unificante. Le femministe affermano
che la meta-narrativita' dell'epoca moderna non ha mai incluso veramente le
donne, e che non sappiamo se la modernita', ad un livello molto elementare,
abbia significato la stessa cosa per le donne e per gli uomini. E oggi ne
sappiamo abbastanza della storia sociale e culturale delle piu' grandi
rivoluzioni della modernita' - le rivoluzioni americana e francese - per
poter dire che la cosa non e' stata la stessa per entrambi. La recente
storiografia sulla rivoluzione francese, ad esempio, mostra che c'erano in
effetti numerosi clubs, salotti e associazioni di donne prima della
rivoluzione e che, nei primi due anni della rivoluzione, queste associazioni
indipendenti di donne furono dichiarate incostituzionali e delegittimate. In
realta' la rivoluzione francese, che consideriamo un periodo di
emancipazione dell'individuo, elaboro' un modello repubblicano di figura
materna e critico' tutte le donne che non si adeguavano a tale modello.
Questo esempio storiografico ci mostra perche' il femminismo condivide con i
filosofi del postmoderno un certo scetticismo riguardo alla "grande storia",
alla narrazione ufficiale.
7. A proposito della rilevanza teoretica della filosofia femminista, sarebbe
pronta a sostenere che esiste un'epistemologia femminista, una metafisica
femminista, una teoria morale femminista e una filosofia politica
femminista?
La questione e' intricata. Procediamo quindi a piccoli passi, chiarendo
prima alcuni punti. Anzitutto, occorre nuovamente soffermarsi sulla
categoria di gender; da questa passeremo poi alla rilevanza filosofica del
femminismo. Nelle risposte precedenti ho contrapposto tre diversi modelli di
spiegazione del gender: liberale, psicoanalitico e postmoderno.
Mi sono soffermata a lungo sul modello liberale.
Il modello psicoanalitico ritiene che l'identita' del gender si costituisca
sostanzialmente nei primi tre anni di vita, all'interno della famiglia, in
relazione alle diverse forme di ego, del padre e della madre, che
l'individuo sperimenta.
Nell'approccio postmoderno, invece, il gender non e' considerato soltanto
attraverso le diverse forme di ego e i processi di interiorizzazione nella
famiglia, ma si inserisce in una battaglia culturale in senso ampio: i
filosofi postmoderni sostengono che e' possibile individuare una
"microfisica del potere", che determina e configura il modo in cui
acquistiamo un'identita' e ci costituiamo come individui.
Quando si comincia a pensare al contributo complessivo del femminismo
all'epistemologia e all'etica, e' necessario anzitutto comprendere cosa
significa pensare il gender. Dobbiamo comprendere che cosa significa nel
nostro lavoro, nella nostra ricerca, considerare seriamente il gender come
una categoria utile per l'analisi storica. Sulla scia di Joan Scott,
un'importante storica che ha parlato del gender come di una categoria utile
all'analisi sociale e storica, domandiamoci prima di tutto, in modo molto
pedagogico: che cosa facciamo quando ci proponiamo di pensare in termini di
gender? Mi sembra che abbiamo due obiettivi.
Uno, vogliamo pensare il gender come "contesto". Possiamo comprendere in
qualche modo che cosa significhi questa possibilita' se pensiamo ad esempio
al marxismo. Il marxismo ci ha insegnato che dobbiamo pensare alla classe
come contesto, cosicche' possiamo interrogarci, per esempio, sulle origini
della tragedia greca in termini di conflitto di classe nel mondo antico.
Prima del marxismo, nessuno avrebbe mai pensato di porsi questo genere di
domande sulla tragedia greca. In qualche modo il femminismo ci porta oggi a
riflettere non solo sulla lotta di classe, ma anche sulla lotta intorno al
gender in alcune societa'; ci chiede di osservare la costruzione sociale del
gender e il gender come relazione di potere. E cio' definisce anche il
contesto dei testi che stiamo prendendo in esame. La prima indicazione
sarebbe quindi: "usa il gender come contesto, come una variabile
interpretativa nelle tue analisi".
La seconda considera invece il gender come sub-testo. Penso che questa
categoria sia particolarmente utile quando si ha a che fare con testi
filosofici, letterari, con i grandi testi della cultura occidentale. Che
cosa significa considerare il gender come un sub-testo? Nella maggior parte
dei grandi testi filosofici della nostra tradizione, i testi sono
disseminati di osservazioni marginali, note, indicazioni coincidenti,
interventi estemporanei, che molto spesso mettono in difficolta' gli
interpreti. Il nostro compito e' integrare queste annotazioni marginali e
comporre, per quanto sia possibile, un quadro d'insieme coerente. Vorrei
ricordare che moltissime osservazioni sulle donne, sulla sessualita', sulla
famiglia sono di solito interventi marginali, "note a fondo pagina" nei
testi classici di filosofia.
8. Vi sono casi interessanti di operazioni interpretative nel senso
femminista, ad esempio nelle opere di Hanna F. Pitkin su Machiavelli o nei
suoi stessi lavori su Hegel e negli studi su Rousseau. Si puo' dire che il
femminismo non ci ha soltanto spinto a ripensare i testi filosofici e a
confrontarci con essi in modo diverso, ma ci ha costretto concretamente a
farlo?
Certamente. Sara' utile offrire a tale proposito alcuni esempi concreti e
mostrare che cosa intende fare la scuola femminista con la propria rilettura
e ripensamento dei testi filosofici. Cominciamo col dire che in tutte le
analisi femministe dei classici della filosofia occidentale la distinzione
tra filosofia e letteratura - ad esempio, nel caso di Machiavelli, tra i
Discorsi, Il Principe e La Mandragola - non viene eliminata, ma comincia ad
essere messa in questione. Si cominciano a integrare tragedia, commedia,
racconti all'interno dei testi teorici, perche' nei cosiddetti testi
letterari moltissime riflessioni di grande interesse per il femminismo
vengono in primo piano.
A questo riguardo, il miglior esempio e' Jean-Jacques Rousseau. Nel 1762 -
lo stesso anno del Contratto sociale - esce anche Emilio, o dell'educazione,
il famoso romanzo pedagogico di Rousseau. Quindici anni fa, quando ho
studiato Rousseau e ho seguito i corsi di filosofia politica, nessuno si
interessava all'Emilio e la considerava un'importante opera filosofica da
leggere parallelamente al Contratto sociale. Ma, soprattutto, nessuno si
domandava: qual e' l'origine dei cittadini del contratto sociale? Chi sono?
Dove crescono? Da che genere di famiglie provengono? Quale tipo di
comportamento emozionale hanno? E quale tipo di comportamento sessuale?
Nell'Emilio, Rousseau tenta di rispondere alla questione dell'origine del
cittadino maschio, perche' l'opera riguarda proprio l'educazione dell'uomo
naturale, dell'individuo naturale, che sara' poi anche il cittadino perfetto
per la Repubblica. Un capitolo emblematico (dal nostro punto di vista)
dell'Emilio si intitola semplicemente: Sophie, ou la femme. Il libro e'
dedicato all'educazione di Emilio, ma il capitolo in cui compare Sophie, la
donna, riguarda la donna come compagna ideale di Emilio, come compagna del
perfetto cittadino maschio. Non abbiamo tempo per illustrare, nella sua
complessita', il quadro costruito da Rousseau. Il testo rousseauiano e'
incredibilmente onesto: a Sophie, la donna, viene detto di accettare un
certo assetto del desiderio, nel senso di Foucault. Rousseau afferma
esplicitamente che in fondo le donne sanno di essere le piu' forti. Perche'?
Perche' sono in grado di eccitare le passioni degli uomini; devono, pero',
usare questa forza per il loro bene, ossia per controllare la sessualita'
maschile. Oltre alle idee sulle donne espresse da Rousseau nelle sue opere,
e' interessante osservare che l'originario ideale della famiglia bucolica
costruito nell'Emilio finisce per dissolversi. In un'opera postuma, Emile,
ou le solitaire, Rousseau disgrega completamente questa costruzione. Qui
Sophie ed Emilio vanno a Parigi; Sophie e' infedele e rimane incinta di un
altro uomo. Alla fine Emilio abbandona Sophie, se ne va, e diventa
legislatore di un'altra repubblica. Qui e' dunque il Rousseau romanziere,
scrittore letterario, che riflette sul gender e sulla complessa relazione
tra sessualita' e potere, in modi che non ritroviamo in testi come il
Contratto sociale, dove introduce immediatamente il problema della liberta'.
E' questo dunque il tipo di rilettura della tradizione che il femminismo sta
compiendo, divenendo cosi' ermeneutica critica. Il femminismo e' anche
un'ermeneutica che porta a rileggere la tradizione con occhi completamente
nuovi.
9. Dunque il femminismo ha aperto possibilita' di interpretazione dei testi
classici che, solo alcuni anni fa, non sospettavamo neppure. Ma cio' vale
anche per la filosofia morale e la filosofia politica femministe?
La sua domanda riguarda l'epistemologia, l'etica e la teoria politica
femministe, che non a caso mi ripromettevo di affrontare.
Prima di tutto, pensiamo a cosa significa occuparsi di critica femminista
della ragione, nella scienza come nella teoria morale e nella teoria
politica in senso ampio. Sottolineo ancora una volta che il femminismo, come
il marxismo e come, forse, la teoria della conoscenza di Nietzsche, insiste
sul fatto che la conoscenza prende forma dagli interessi della nostra
esistenza: la conoscenza non si costituisce in un vuoto, e le determinanti
della conoscenza non sono soltanto il contesto teoretico di altre ricerche.
Gli interessi messi in luce dal femminismo sono anzitutto il contesto del
gender. A questo riguardo il femminismo diviene una forma di filosofia
decostruzionista, ma con la d minuscola. Diventa cio' che Paul Ricoeur ha
chiamato una volta "un'ermeneutica del sospetto", che invita a mettere in
questione il soggetto, gli assunti dell'epistemologia, dell'etica, della
politica.
Il femminismo ci ha obbligati a considerare i testi classici della filosofia
politica in modo diverso e, grazie alla prospettiva femminista, abbiamo
potuto mettere in luce significati di cui non sospettavamo l'esistenza.
Tuttavia, si puo' affermare che il femminismo, oltre a costringerci a
ripensare la nostra tradizione culturale, ha introdotto nuove forme di vita
sociale, nuove costruzioni etiche, una nuova filosofia morale. Si tratta di
istanze diverse del femminismo ed entrambe sono teoricamente rispecchiate
nel panorama attuale. La richiesta di inclusione parte dalla messa in
questione delle credenze non solo dei testi classici della tradizione, ma
anche delle loro premesse e dei loro principi, poiche' viene messo in luce
il fatto che c'e' una differenza fondamentale nella costruzione del soggetto
maschile e di quello femminile. E in effetti i nostri principi, le nostre
norme, i nostri ideali rispecchiano questa differenza.
L'accento sulla differenza del resto, e' diventato estremamente rilevante
nella teoria femminista contemporanea; essa ci ricorda che la richiesta non
e' solo di inclusione, ma anche di differenza; si avanza il diritto di
essere differenti. Le donne intendono dire che il femminismo non significa
volere che le donne diventino sempre piu' simili agli uomini, ma invece, se
e' possibile, costruire un mondo in cui possiamo scegliere di essere tali,
nel modo in cui desideriamo esserlo, senza essere punite, discriminate o
combattute.
Nel femminismo contemporaneo, dunque, esistono almeno due istanze, una verso
l'inclusione e l'altra verso la differenza; buona parte di questa tensione
tra inclusione e differenza, ovvero tra istanza di universalita' da un lato
e di differenza dall'altro, e' attiva in tutti i campi, nell'epistemologia,
nella morale, come nella filosofia politica.
Veniamo a qualche esempio tratto dall'epistemologia. Quando le studiose
cominciarono a lavorare con l'epistemologia, si interessarono prima di tutto
di storia della scienza e osservarono che la scienza moderna ebbe, per usare
un'immagine di Evelyn Fox Keller, una nascita ermafrodita. Se leggiamo i
testi di Bacone, vediamo che la natura e' rappresentata come una donna e che
la scienza deve forzare questa donna a rivelare i suoi segreti. E' la
metafora, l'immagine della violenza alla natura simile a quella fatta ad una
donna. Dunque, nell'ambito della storia della scienza ci si e' interrogati
su quale fosse il contesto e il sub-testo di gender, ad esempio nell'area
delle moderne scienze matematiche nel XVII e nel XVIII secolo.
10. Professoressa Benhabib, Lei ritiene che esista un contesto di gender
alle origini della scienza moderna e - se si' - che cio' implichi, ad
esempio, che le categorie della biologia, della fisica, della chimica
moderne sono influenzate dal gender?
Questa domanda suona sospetta, come la genetica staliniana. Credo sia giusto
essere molto cauti e domandarsi se sia possibile elaborare questo genere di
critica epistemologica. Fortunatamente, penso che la scuola femminista sia
molto al di la' di questa linea riduzionistica che sostiene che le verita'
della scienza moderna sono vere solo per gli uomini e non per le donne. Non
e' questo il punto.
La scuola femminista imposta in modo molto interessante un altro genere di
questioni. Evelyn Fox Keller, ad esempio, si occupa della questione delle
metafore e dei modelli nella scienza. Quando gli scienziati usano metafore e
modelli per pensare il mondo e i fenomeni, quale tipo di metafore e modelli
scelgono? Vi sono delle implicazioni di gender in queste scelte? Evelyn Fox
Keller ha studiato la vita di Barbara Mc Clintock, la studiosa di genetica,
che si e' occupata dello sviluppo genetico del mais, vincitrice del premio
Nobel. Fox Keller afferma che Barbara Mc Clintock ha elaborato una teoria
genetica differente rispetto ai modelli standard del suo tempo: ha concepito
un modello meno gerarchico, piu' diversificato, a rete di trasmissione
genetica in un campo, in opposizione a quello dominante in quel periodo,
incentrato su una molecola-guida.
Che cosa sta dicendo Fox Keller in questo caso? Non sta dicendo che Mc
Clintock si occupava diversamente di genetica, perche' era una donna, ma che
Barbara Mc Clintock, per il suo essere donna, aveva una sensibilita' o
trovava un'affinita' rispetto a certi modelli nella ricerca scientifica che
in quel periodo erano divergenti rispetto ai modelli dominanti e che le
hanno consentito di vincere il premio Nobel per le scoperte ad essi
collegate. Si tratta di un'affermazione molto sottile e complessa; non
intende affatto dire che le donne pensano necessariamente in modo diverso
dagli uomini o che non possono pensare come un uomo. Significa che c'e' un
certo modo di affrontare le questioni, una certa prospettiva e una certa
sensibilita' rispetto a certi modelli, a certe metafore, la capacita' di
escogitare un tipo di spiegazioni plausibili, che puo' essere correlato con
le differenze di gender.
11. Ritiene che la filosofia femminista possa essere considerata una critica
della ragione? E se e' cosi', di quale ragione?
Anzitutto di un modello di ragione onnipotente, che bisogna ridimensionare.
La ragione non e' un'entita' astratta, fuori e sopra di noi, ma e' un
prodotto degli esseri umani finiti, che, alla nascita, sono bambini
indifesi. La ragione, infatti, viene fuori da corpi incarnati; e' un
prodotto degli esseri umani, per cui e' necessario che il corpo e i suoi
bisogni siano messi al primo posto.
Cosi' il femminismo mi ha insegnato ad avere un approccio psicogenetico alla
ragione, a scapito delle vecchie astrazioni della metafisica e
dell'epistemologia, che vedevano la ragione come un'entita' indipendente. Mi
ha insegnato a chiedermi quale sia la genesi, la nascita del soggetto umano
nel quale, se tutto va bene, la ragione funziona. Dobbiamo comprendere
quindi come sia vulnerabile, contingente, bisognosa la creatura in cui la
ragione sorge. In questo senso, il femminismo ci rimanda molto indietro,
alle origini dell'esperienza umana, e ci mostra che dietro a ogni essere
umano adulto e razionale c'e' un bambino bisognoso, e che la ragione e' una
capacita' che si sviluppa in questa creatura, non e' soltanto una proprieta'
astratta.
La filosofia femminista, dunque, ci invita a pensare ad una concezione meno
arrogante, meno trionfalistica della ragione e nella misura in cui ci
insegna l'umilta' riguardo alle nostre origini, l'etica e la politica
femministe sollevano moltissimi nuovi temi da discutere.
Ci sono state diverse discussioni negli Stati Uniti. La piu' nota e' stata
quella tra Lawrence Colberg e Carol Gilligan sui temi della teoria
femminista. In sintesi, la questione era la seguente: "Si puo' parlare di
una moralita' femminile? Le donne hanno un approccio diverso alla moralita'
rispetto agli uomini? Le donne tendono a pensare maggiormente in termini di
bisogni personali e sono piu' orientate verso le emozioni e la cura degli
altri rispetto agli uomini? E gli uomini tendono invece a pensare alla
moralita' in termini di principi astratti di giustizia, in termini di
diritti (mentre le donne pensano in termini di cura)?". E' il cosiddetto
indirizzo etico "cura versus giustizia", all'interno del quale Gilligan
sosteneva che la filosofia morale ha trascurato la prospettiva della cura.
La distinzione tra la prospettiva della giustizia e quella della cura,
dunque, e' stata ampiamente dibattuta all'interno della teoria morale.
L'obiezione che viene anzitutto in mente e' la seguente: se si ipotizza che
l'approccio delle donne alla morale presta piu' attenzione ai bisogni delle
persone, alla cura reciproca, allora si intende dire che il modo di
ragionare della donna riguardo alla morale e' stereotipicamente femminile,
che la donna non sa pensare veramente in termini di principi astratti di
giustizia e di politica e che in questo senso l'esperienza morale della
donna e' determinata dalla realta' morale della famiglia e dei gruppi
parentali? In che senso dunque vi sarebbe un contributo positivo delle donne
una volta riconosciuto che queste si caratterizzano per un orientamento
morale verso la cura piuttosto che verso la giustizia?
Il mio personale punto di vista su questo dibattito molto complesso e' che
l'aspetto piu' interessante della discussione non sta nel chiedersi se le
donne pensino solo in termini di cura e gli uomini soltanto in termini di
giustizia. E del resto, le prove empiriche raccolte da Carol Gilligan
mostrano che le cose non stanno cosi'. La sua documentazione piu' recente
mostra che un terzo delle donne preferisce orientarsi verso la cura, un
terzo verso la giustizia e un terzo adotta un sistema misto.
E' interessante, invece, la frattura, lo iato che si riscontra nella teoria
e nell'esperienza morale tra cura, relazioni personali, responsabilita' e
principi astratti di giustizia. Quello che sto tentando di dire non e' che
dovremmo fonderli insieme e avere solo una politica della cura o che
dovremmo avere solo l'ambito della famiglia, o che non dovremmo avere
distinzioni in campo morale. Ma penso che dovremmo riflettere sulle
dicotomie. Il modo in cui il dualismo nell'esperienza morale ci determina
come uomini e donne fa sorgere conflitti e fraintendimenti e, in molti casi,
i dualismi, le dicotomie, della nostra esperienza sono anche espressione di
una gerarchia e forse di una personalita' e di una cultura poco integrate.
Perche' la giustizia non puo' assumere in se' un certo grado di altruismo?
Perche' la cura deve essere necessariamente concepita come cura reciproca
tra individui tra loro vicini? Non possiamo pensare il diritto come
integrazione di questi due elementi, giustizia e cura? La mia posizione non
predica l'unita' superiore, che non ritengo possibile ne' desiderabile; ma
possiamo provare a immaginare una nuova combinazione al di fuori di questa
dicotomia.
3. UN APPELLO. DONNE IN NERO DI BELGRADO: FERMIAMO LA GUERRA IN MACEDONIA
[Diffondiamo questo comunicato delle Donne in nero di Belgrado del 19 marzo]
Da 10 anni lo spazio della ex Jugoslavia e' un luogo di conflitti bellici.
Da 10 anni siamo testimoni delle stesse o simili immagini di sofferenze
della popolazione civile, di tutte le origini etniche.
Da 10 anni, gli ideologi del sangue e del suolo, creatori di stati
etnicamente puri, combattenti per la causa della omogeneizzazione etnica,
abusano dello scontento e della sofferenza della popolazione civile per
conservare il potere, accumulare ricchezze e spartirsi il bottino di guerra.
Da 10 anni cambiano solo i luoghi dei conflitti bellici.
Ora e' la volta della Repubblica di Macedonia.
"L'idillio" tra i nazionalisti macedoni e albanesi che ancora condividono il
potere, e' durato poco. Tanto per gli uni come per gli altri l'unico
obiettivo e' stato mantenersi al potere.
In nome del popolo albanese, i ribelli armati che si sono dati il nome di
ONA (Esercito nazionale di liberazione) generano una violenza brutale in
nome di "mete supreme". "La guerra per la pace" messa in moto da loro
conduce esclusivamente al progetto di uno stato etnico puro, e'
l'esclusione fino all'eliminazione degli altri e dei diversi.
Speriamo che la violenza armata dei ribelli albanesi non serva come
giustificazione per un'eventuale repressione da parte dello stato,
dell'esercito e della polizia macedoni contro il popolo albanese in
Macedonia.
Speriamo che le autorita' della Macedonia non seguano l'esempio della
polizia e dell'esercito serbo durante il regime di Slobodan Milosevic,
devastando villaggi, distruggendo citta', massacrando e ammazzando civili.
Speriamo che le comunita' etniche in Macedonia abbiano la forza sufficiente
per bloccare le intenzioni di omogeneizzazione etnica e resistano in modo
nonviolento alla politica di guerra.
Speriamo che si oppongano all'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK) che
attualmente opera in diverse zone, sotto diversi nomi.
Speriamo che la societa' civile in Macedonia esiga dalle sue autorita' che
intavolino il dialogo e optino per una soluzione pacifica del conflitto.
Consideriamo la comunita' internazionale, specialmente la KFOR (NATO),
responsabile dell'estensione del conflitto per non aver proceduto alla
smilitarizzazione del Kosovo.
Invece della politica di forza, della riflessione tardiva e di prendere
partito solo da una parte, cosa che quasi sempre e' stata fatta sinora, la
comunita' internazionale deve appoggiare i negoziati come unica via per
superare la crisi.
Come sempre sinora, diamo il nostro appoggio esclusivamente a quelli/e che
optano per la nonviolenza, i negoziati e la coesistenza. Li invitiamo ad
unirsi alla nostra protesta contro la violenza e i conflitti armati in
Macedonia.
Belgrado, 19 marzo 2001
4. UN COMUNICATO. ASSOCIAZIONE PER LA PACE: LA GUERRA NON RISOLVE I
PROBLEMI, LI AGGRAVA
[Diffondiamo questo comunicato dell'Associazione per la pace (per contatti:
info@assopace.org)]
Cosa diranno i fautori della guerra "umanitaria" su cio' che sta succedendo
in Macedonia?
Eppure tutto era gia' stato previsto, tutto era gia' stato detto e tutto era
gia' stato visto nelle precedenti crisi.
Ora una nuova tragedia incombe sull'area balcanica. Si sta aprendo un fronte
di guerra proprio nella Repubblica Macedone, l'unica ad essere rimasta fuori
dai conflitti che hanno funestato la ex Jugoslavia in questi dieci anni.
La politica avventurista dell'UCK, tra l'altro pesantemente coinvolto anche
in attivita' connesse al commercio della droga, sta trascinando i Balcani in
una nuova guerra dagli esiti imprevedibili.
Diventa cosi' chiaro il fallimento totale della politica della Nato e dei
governi che hanno sostenuto la giustezza della guerra di due anni fa
(l'anniversario cade proprio il 24 marzo) contro la Federazione Jugoslava.
La Nato dopo aver distrutto la Serbia, provocato un disastro ambientale
difficilmente rimarginabile nel breve periodo e occupato il Kosovo con
migliaia di soldati, non e' riuscita a fermare la "contropulizia etnica"
perpetrata dagli estremisti albanesi contro serbi, rom ed altre minoranze,
ed ora si dimostra impotente a fermare la nuova offensiva dell'UCK contro il
sud della Serbia e la Macedonia. Deve addirittura chiedere aiuto all'armata
federale di Jugoslavia per tentare di venire a capo di una situazione che
non riesce piu' a controllare.
Eppure l'UCK e' stata e continua ad essere una creatura della Nato e degli
USA in particolare.
Ma chi sta alimentando questa situazione? Chi arma l'UCK? Le armi e gli
armati che stanno attaccando la Macedonia provengono, guarda caso, proprio
dal settore del Kosovo controllato dalle truppe USA che stanno costruendo
quella che ormai e' la piu' grande base militare statunitense in Europa.
Stiamo quindi assistendo ad un nuovo atto di destabilizzazione dell'area
anche in funzione antieuropea per il controllo delle vie di
approvvigionamento energetico, vero motivo della guerra contro la Serbia.
Quindi diventa urgente togliere questo cerino dalle mani dell'UCK e degli
USA e spegnerlo immediatamente, riproponendo quella conferenza
internazionale per la pace nei Balcani che da tempo chiediamo.
L'Europa, inoltre, puo' e deve fare anche qualcosa di piu': deve ipotizzare
l'integrazione di tutti i Balcani nell'Unione e non ventilare invece
ingressi separati.
Cio' naturalmente deve significare anche il rispetto degli accordi che hanno
posto fine alla guerra del '99 garantendo l'integrita' territoriale della
Federazione Jugoslava e naturalmente anche della Macedonia.
In caso contrario si dara' ancora spazio a nuovi nazionalismi e
secessionismi e a quelli vecchi come il nazionalismo croato in Erzegovina
che sta mettendo in crisi anche gli accordi di Dayton che hanno posto fine
alla guerra in Bosnia.
5. INCONTRI. IL 26 MARZO EDUCAZIONE ALLA PACE A ORTE
Lunedi 26 marzo, dalle ore 14 alle ore 16, si terra' l'undicesimo incontro
del corso di educazione alla pace del liceo scientifico di Orte (VT); esso
avra' per tema "La gestione nonviolenta dei conflitti", e prevede, oltre
alle consuete attivita' seminariali ed esercitazioni, letture e discussione
di testi di Mohandas Gandhi, Alberto L'Abate, Enrico Peyretti, vangelo
secondo Giovanni, Virginia Woolf. La partecipazione e' aperta a tutti.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 160 del 25 marzo 2001