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da Ettore Masina (lettera di febbraio)



 	LETTERA 58 - febbraio 2000

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"Siamo vecchi (categoria che non è soltanto anagrafica: si può essere
vecchi a trent'anni) e siamo, come tutti i vecchi, spaventati: il mondo
muta così vertigino-samente intorno a noi! Arrivano facce nuove, brutti
ceffi di africani e di asiatici, che sporcano, rubano e spacciano droga.
Vengono a godere del nostro benessere  (ma allora le fette della torta si
assottigliano) e a rubare il posto ai nostri figli. Eravamo un'isola
felice, adesso siamo una spiaggia battuta da un mare gelido e oleoso. Per
questo ci piacciono i giovani che ci dicono: dacci fiducia, ci pensiamo noi
a tutelare la tua si-curezza. Ha scritto qualcuno, anni fa, che entrando
nel nuovo secolo ci avremmo trovato quello che avremmo portato con noi; ed
ecco che ci accorgiamo che le nostre valige, piene di ricordi, di passioni
e di  paure sono pesanti: e allora ci piacciono i giovani che si offrono di
aiutarci a portarle: o anche a svuotarle, spiegandoci che - bando alle
tristezze, Signori Nonni! - i ricordi sgradevoli vanno buttàti, non
dobbiamo permettere che qualcuno ci voglia crocifig-gere al passato.
"Questi giovani così carini con noi, vigilantes della nostra tranquillità,
sono pieni di determi-nazione. E' vero: non parlano come in un salotto ma
(siamo stati giovani anche noi!) chi se ne frega? E se devono prendere
qualcuno a calci nel sedere (qualcuno che se lo merita, qualcuno che non
rispetta i confini delle proprietà, le frontiere, i cancelli, la civiltà
etc.), senza tante esitazioni lo fanno. Sono un po' rozzi, ma ci sorridono,
comprensivi, se noi diciamo che si sta-va meglio quando si stava peggio,
che c'era anche del buono nei tempi contro i quali i grilli parlanti
blaterano e blaterano, gonfiando a dismisura ciò che di male fu fatto:
perché - ma sì! - noi, ma anche i nostri nemici, sia chiaro, qualche brutta
cosa la facemmo: erano tempi di guerra e il galateo non si poteva osservare".

2
Così dice buona (anzi: cattiva ) parte degli austriaci. E a me sembra
giusto che, li-beri in casa loro gli austriaci di scegliersi, mediante i
processi della democrazia, un governo di centro-nazista, debba essere
liberissima (anzi: moralmente obbli-gata) l'Unione Europea a dire che con
un governo del genere non vuole trattare perché l'immissione di dichiarati
amici delle SS rende quel governo estraneo ai principî fon-damentali
dell'Unione. E però a me pare che Haider e l'Austria di Haider impongano un
di-scorso meno sbrigativo. Davvero chiacchierano a quel modo soltanto gli
elettori dei quali tutta la virtuosa Europa si scandalizza? Vabbè, diciamo
pure che a parlare così siano soltanto loro: ma a pensare? A sperare, a
volere? Non c'è, per caso, un pizzico di Haider in ciascuno di noi? E'
vero: la durezza di Haider fa impressione, anche per il suo revisionismo da
birreria; e invece da noi il razzismo si chiama Bossi e Bossi non parla
tedesco, parla il dialetto delle vallate alpi-ne, sembra il
Gioppino-dei-tre-gozzi, burbero ma bonario, soltanto qualche legnata qua e
là. Sì, Bossi è amico di Haider, si vanta di essere con lui e come lui, ma
adesso che va con loro ci penseranno Berlusconi e Fini a controllarlo da
vicino. Lui li chiamava, rispettivamente, "Berluskaz" e "Quello della
porcilaia fascista" ma adesso ha capito molte cose, è cambiato un bel po',
ritorna col Polo. Dunque, calma e gesso, come dicono i giocatori di
biliardo: molto gesso.
E poi, e poi: davvero quegli austriaci sono scandalosi? Per il 78% dei
lettori del "Giornale", il quotidiano del Piccolo Fratello (Paolo
Berlusconi), Haider non va demonizzato. E molti altri lettori di giornali
anche più sensati borbottano: "Beh, adesso basta con questa storia, ogni
po-polo vota come vuole".

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Penso che Haider e l'Austria di Haider non siano fenomeni a se stanti come
ci piacerebbe credere, fatti "regionali", escrescenze patologiche. Penso
che essi sia-no la fangosa punta di un iceberg, l'Europa di Schengen,
quella che insieme a Washington ripudia Haider e i suoi seguaci ma
corteggia la Turchia dei generali e dei Lupi grigi, certamente ben peggiori
dei nostalgici austriaci; l'Europa che vor-rebbe (ma non può; e per questo
è in intimo subbuglio) continuare a vivere a livelli alti e a la-sciare
vuoti posti di lavoro che i suoi ragazzi non vogliono occupare. E quando
deve arrendersi all'evidenza e schiudere le porta che non vorrebbe mai
aprire, allora entra in fibrillazione. Chiedo scusa ma voglio dirlo: a me
pare che un bel po' di Haider si muova anche fra noi. Tanto per fare un
esempio: l'altro giorno il governo ha comunicato che la quota di immigrati
che po-tranno regolarmente entrare in Italia nel 2000 è di 65 mila persone,
cifra ridicola per i demogra-fi i quali assicurano che per tamponare i guai
derivanti dall'invecchiamento della popolazione avremmo bisogno di almeno
250 mila stranieri all'anno (ma gli ultimi studi dicono: almeno 400 mila);
ed ecco tutto l'impianto massmediatico della Lega e di Berlusconi (quei due
o tre gior-naletti di famiglia e quelle tre televisioncine piccole piccole
che riescono con tante difficoltà a diffondere il Verbo dell'Imbavagliato),
mettersi a spargere allarmi con grandi punti esclamati-vi. Tanto per fare
un altro esempio: ci avviamo alle elezioni ed ecco l'autoproclamatosi
leader del Partito dell'amore (ma ha pagato il copyright a Ilona Staller?)
intensificare la sua campagna maccartista, talmente intrisa di intolleranza
per gli avversarî, di odio per il noto Partito degli Odiatori (ds, asinelli
e, naturalmente, giudici e guardie di finanza) da renderci imbarazzante il
fatto che, per quanto ci guardiamo in giro, noi non riusciamo a vedere
nelle nostre strade i co-sacchi dell'Armata Rossa. Un altro esempio: il
Comitato europeo (UE) di prevenzione della tortura e dei trattamenti
inumani o degradanti ha denunziato per l'ennesima volta l'Italia per ciò
che avviene nelle prigioni e nei posti di polizia del nostro Paese:
sopraffazioni, botte, vere e proprie sevizie, soprattutto ai danni degli
immigrati. Scarsissimo spazio hanno dedicato i gior-nali a questa notizia,
nessuno sembra più pensare che il carcere debba essere, a termini di
Co-stituzione, il luogo della rieducazione: i sindaci-sceriffo vogliono
"tolleranza zero" e i benpen-santi (che non la conoscono se non per gli
effetti determinati dalla cronica mancanza di giudici) pensano che la Legge
Gozzini sia una devastante utopia  "comunista".

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E' tristissimo dirlo ma il gene dell'odio, il gene del razzismo e
dell'intolleranza sta nel DNA di ogni popolo del prospero Nord. Quando
diciamo, per esempio, che gli austriaci non hanno fatto i conti con il loro
florido passato nazista, siamo ipocriti se non aggiungiamo che nemmeno
l'Italia li ha fatti con il suo passato colonialista. Ho abitato, da
bambino, tre anni in Cirenaica e ricordo bene l'assoluta apartheid fra noi
e gli arabi. Poi ho studiato la storia coloniale italiana e ne ho avuto
profondissima vergogna: per fermarci soltanto alla Libia, la conquista e la
"riconquista" effet-tuata da Graziani sono costate alla popolazione locale
non centinaia ma decine e decine di mi-gliaia di morti, nei veri e propri
lager di sterminio da noi approntati; e durante l'ultimo conflitto mondiale
le atrocità perpetrate dagli italiani sulle tribù insorte sono state di
stampo nazista. Tuttavia Gheddafi viene trattato da pazzo quando ne parla
(per la verità: anche quando non ne parla). Due anni fa sono tornato in
Libia per un viaggio turistico: nessuno della comitiva con la quale
viaggiavo (borghesia medio-alta, cultura superiore) sapeva (o ammetteva di
sapere) qual-cosa sulle devastazioni italiane; soltanto un signore di
Genova mi  confidò di avere cominciato a leggere un libro di Angelo Del
Boca, ma di avere smesso dopo poche pagine perché l'autore gli era sembrato
poco oggettivo! E Del Boca è uno dei migliori storici italiani, il migliore
degli studiosi del colonialismo italiano, quello che ha costretto
Montanelli ad ammettere che contro gli etiopici Mussolini fece usare i gas
asfissianti.
Non sono ricordi piacevoli, come non è piacevole per Haider e i suoi amici
ricordare quanti au-striaci, da Hitler in giù, parteciparono attivamente
agli orrori dell'Olocausto; eppure, se un po-polo non fa memoria dei suoi
periodi neri accanto a quelli gloriosi o, più mitemente, rosei, ma-gari
luminosi, se non  riflette, in base all'esperienza storica, che certe
perversioni sono sempre possibili, i tarli del nazionalismo e della
xenofobia continuano a rodere le radici della  società. L'etica diventa
labile, confusa, in fondo poco importante. Si arriva al momento in cui si
con-templa senza scandalo che la presidenza della Commissione esteri della
Camera dei Deputati (è accaduto dopo la vittroia del Polo, 1992) sia
consegnata a un fascista: e non a uno di quelli "convertiti" a Fiuggi,  ma
a un uomo che si vanta ancora adesso di essere stato un combattente della
Repubblica di Salò.

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Il 24 marzo prossimo si compiranno vent'anni dal martirio di monsignor
Romero ma il suo processo di beatificazione appare ancora impantanato in un
Vaticano tanto sollecito a procedere al riconoscimento di altre santità
assai meno luminose. Responsabilità salvadoregne (ecclesiali e padronali) e
responsabilità romane, fatto sta che l'apposita congregazione ha chiesto
nuove indagini sul contesto storico dell'assassinio dell'arcivescovo, quasi
le circostanze del delitto non fossero così note ed evi-denti. In molti
abbiamo allora deciso di riprendere un appello che l'assemblea generale
della Caritas Internationalis rivolse l'anno scorso al Papa perché il
monsignore martirizzato per la evangelica difesa dei poveri venisse
beatificato nel contesto dell'anno giubilare. Vogliamo mo-strare a Giovanni
Paolo Secondo, se ci riusciamo, quanto, anche fuori dal Salvador, sia
grande il consenso dei fedeli a questa canonizzazione; e dunque raccogliere
il massimo possibile nu-mero di firme in calce a una petizione del genere.
Vi preghiamo di mandare la vostra e quella dei vostri parenti, amici,
conoscenti, comunità di fede, etc. Il testo può essere: "Condividiamo
l'appello di Caritas Internationalis per la beatificazione di monsignor
Romero nell'anno giubi-lare". Firmate e fate firmare (leggibilmente) con
nome, cognome, indirizzo e inviate al più pre-sto a: Comitato celebrazioni
Oscar Romero, via Ostiense 152, 00154 Roma. La sera del 30 marzo, a Roma,
nella tradizionale celebrazione promossa dalla Commissione Giustizia e Pace
dell'Unione internazionale delle Superiore e dei Superiori generali, dalla
Caritas romana, da Pax Christi e da altri organismi, le firme saranno
presentate a monsignor Gregorio Rosa Cha-vez, vescovo ausiliare di San
Salvador, presidente della Caritas d'America Latina e intimo
col-laboaratore e amico di Romero. Infine saranno spedite a Giovanni Paolo
II. 

	Un saluto affettuoso
	Ettore Masina


P.S. L'Editrice Gamberetti mi ha chiesto di inserire la scheda allegata
alla presente. Lo faccio volentieri poiché si tratta di un libro che amo.
LETTERA viene inviata a chi ne fa richiesta al mio indirizzo: via Cinigiano
13, 00139 Roma Un contributo per le spese è gradito. Può essere inviato sul
ccp  49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma.
Qualcuno ricorderà che tre mesi fa lanciai un ap-pello agli amici di
LETTERA per un'autofinanziamento di questo foglio. Hanno risposto 58 persone.
Vi ricordo che i miei scritti (LETTERA ma anche articoli e relazioni)
possono essere ritrovati in una pagina web affettuosamente aperta e
aggiornata dal gruppo Namaste di Ostiglia nel sito:
www.geocities.com/Athens/Crete/7721


Ettore Masina
DIARIO DI UN CATTOLICO ERRANTE
1992-1997 IN VIAGGIO FRA SANTI, BUROCRATI E GUERRIGLIERI
Gamberetti editrice

Agli amici di LETTERA la Gamberetti editrice offre il diario di Ettore
Masi-na con uno sconto straordinario: £. 19.000 anziché £.28.000
( prezzo di copertina), spedizione gratuita.
Le ordinazioni vanno inviate alla Editrice, accompagnate dalla fotocopia
del versamento sul ccp 64811003 intestato a: Gamberetti editrice, via Faà
di Bruno 28, 00195 Roma.


Ettore Masina
DIARIO DI UN CATTOLICO ERRANTE
1992-1997 IN VIAGGIO FRA SANTI, BUROCRATI E GUERRIGLIERI
Gamberetti editrice
Pietro Ingrao: Un libro da leggere davvero. Masina ci apre una porta su
orizzonti scon-finati e ci porta per mano a conoscere le storie terribili e
meravigliose di un mondo che abbiamo voluto dimenticare.
Giuseppe Fiori: Il libro bellissimo di uno dei migliori giornalisti
italiani. Scritto con indignazione e con humour, capace di coinvolgerci in
storie grandiose e in vi-cende minime. Pagine di sapiente poesia e di
speranza che non cede alla real-politik.
Piero Pratesi: La testimonianza di una vita che non si è mai ripiegata
nell'amarezza delle sconfitte e continua a guardare al futuro con la
speranza dei cristiani che non sbandierano le loro virtù ma lavorano
coraggiosamente per una Terra migliore.








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Alessandro Marescotti
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