Agli organi di informazione
Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti
Ma sì, vendiamone un po' anche alla Cina!
. "L'Italia guarda con favore all'abolizione dell'embargo sulle esportazioni
delle armi e lavora attivamente per renderla possibile" (AGI) - Pechino, 6
dic. Lo ha detto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al
termine di un colloquio a Pechino con il presidente cinese Hu Jintao.
Con lieve ritardo su analoghe dichiarazioni del neoministro degli esteri
Fini,il presidente Ciampi, quello con l'aspetto rassicurante di anziano
nonno, che ricorda a memoria tutta la Costituzione (tranne l'articolo 11,
quello che ripudia la guerra), ha rilasciato a Pechino quseta sconcertante
dichiarazione.
In effetti, ai cinesi quelle armi occorrono proprio: almeno 5000 mila
persone (ma, secondo le Ong sui diritti umani sono oltre 10 mila) vengono
giustiziate ogni anno in Cina con un colpo di pistola alla nuca.
Perché, visto che l'Italia produce ottime armi, lasciare ad altri questo
ghiotto affare?
Nel resto del mondo poi, nel decennio 1990-2000 le sole, cosiddette, armi
"leggere" hanno provocato più di 5 milioni di morti - la metà dei quali
bambini - e 2,5 milioni di disabili gravi. Senza contare i disastri delle
guerre in corso.
E' veramente sconcertante constatare come, di fronte alla possibilità di
vendere, nessuno si ponga problemi morali: ma non può essere considerata la
stessa cosa vendere armi o utensili da cucina.
In questi casi c'è chi sottolinea la necessità di garantire la sopravvivenza
ai lavoratori dell'industria bellica italiana, che ha recentemente ricevuto
la commessa di otto corvette militari. Ma non dimentichiamo che anche
produzioni civili, ospedali efficienti, scuole degne di questo nome
garantirebbero occupazione. Anche se forse non garantirebbero analoghi
profitti.
"Pecunia non olet"; vero, Presidente?
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