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VITTIME DELLA GUERRA PERMANENTE
Altre vittime, dimenticate di questo assurdo caos che regna sovrano
buona lettura
anna
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Animali in guerra: uccisi per uccidere altri uomini
La guerra segna il tempo e il luogo dell'annichilimento di tutti diritti:
degli umani come degli animali non umani.
16-11-2004 - Fonte: gondrano.it Animali
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"I diritti negati", tema di uno studio svolto dal laboratorio storico
antropologico "La foresta di piume", ha dato l'avvio alla presente ricerca
sull'uso degli animali in guerra, nei laboratori militari come sul campo di
battaglia.
La guerra segna il tempo e il luogo dell'annichilimento di tutti diritti:
non solo dei fondamentali: la vita, la libertà, la sicurezza, ma anche, più
profondamente, del diritto di sapere, di difendersi, di autodeterminarsi.
Ma quando si parla di diritti negati in modo costante, sistematico e
globale, gli animali non umani non possono essere tralasciati.
La guerra rappresenta il campo dove agiscono strategie di violenza il cui
oggetto non ha confini di specie, e dove si assomma la sofferenza di
centinaia di migliaia di esseri incolpevoli.
Animali intossicati da gas venefici, irradiati con raggi Gamma, condizionati
con elettroshock, usati per provare ogni tipo di arma, che sia da fuoco,
chimica, batteriologica, atomica. E poi, le vittime umane predestinate.
Da una parte, il massacro sistematico degli animali, la negazione totale dei
loro diritti, la loro condizione di oggetto di una guerra permanente, fa da
specchio al perenne stato d'assedio del nostro spazio personale di libertà,
anche in apparenti momenti di pace: l'effettivo ed aperto abuso sugli
animali si svolge in armonia coi sotterranei movimenti che,
impercettibilmente, premono sugli individui, che, sottilmente, li
condizionano e direzionano.
Dall'altra parte, c'è lo sterminio di uomini e donne, nelle guerre
pubblicizzate e in quelle dimenticate: una sofferenza amplificata e
propagandata dai mass media quando serva a giustificare determinate scelte
politiche, taciuta e sotterrata negli altri casi. Negli ultimi anni, abbiamo
assistito alla costruzione, giustificazione e radicamento nell'opinione
pubblica di un concetto intrinsecamente contraddittorio: quello della guerra
umanitaria. L'esser riusciti a convincere i cittadini dei paesi occidentali
della possibilità che un intervento militare possa avere una prassi ed uno
scopo umanitari rappresenta il trionfo della manipolazione delle coscienze
da parte dei mass media, della distorsione di una polarità che, da un punto
di vista semantico, logico, razionale, non conosce conciliazione: la guerra
è l'opposto della pace, la violenza è l'opposto dell'aiuto, la distruzione è
l'opposto della cooperazione. Questa polarità "chiara e distinta" è stata
alterata e sostituita da una verità artefatta, che si fonda non sulla
razionalità ma sulla forza bruta della propaganda.
Quante altre presunte verità, radicate nelle nostre società, non sono altro
che frottole imposte per coprire orrori che non sarebbero tollerati se
presentati nella loro reale brutalità? Il massacro silenzioso e segreto che
avviene quotidianamente nei laboratori di vivisezione, possiamo realmente
credere che sia una crudeltà resa necessaria dalla tutela della nostra
salute? Quando torture analoghe vengono inflitte agli animali nei laboratori
militari per approntare al contrario strumenti di morte?
La guerra è uno stato d'emergenza, in cui le strategie ordinarie del potere
vengono esasperate, in cui vengono fabbricate bugie troppo assurde per
essere credute: di qui, la possibilità di far entrare in corto circuito un
meccanismo che invece, nella quotidianità, lavora in modo subdolo, quasi
impercettibile.
Attraverso l'analisi dello stato di guerra, possiamo avviare l'analisi dello
stato di (presunta) pace. Vedere, per esempio, il laboratorio di ricerca
militare come l'amplificazione, l'estremizzazione del laboratorio di ricerca
farmacologia. Cogliere la strategia di costruzione di verità: verità
strumentali all'accettazione, da parte dell'opinione pubblica, di prassi
altrimenti inaccettabili perché eticamente ingiustificabili. Una strategia
attiva sempre e comunque, ma che in tempo di guerra agisce in modo più
smaccato e più facilmente si può riconoscere e combattere.
Un breve sguardo sugli animali in guerra offre l'occasione per percepire gli
orrori della guerra senza il condizionamento dei confini di specie. E può
dar la chiave per iniziare a considerare la questione dei diritti negati
agli animali non umani non come un campo a sé, ma come problema interno alla
negazione e violazione dei diritti che quotidianamente vediamo in azione e
di cui subiamo l'azione - in tempo di guerra e di pace.
Agnese Pignataro
Fonte: La casa di Gondrano