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Moore - Bush



SIGNOR PRESIDENTE

Lettera di Michael Moore a Bush 

Il Manifesto 

 25/9/04

 

 

Caro Sig Bush, sono davvero confuso. Qual è esatta­mente la sua posizione sulla 
questione irachena? Lei, suo padre, Rummy, Condi, Colin e Wolfie, avete tutti 
cambiato idea così tante volte che mi manca il fiato solo a cercare di starvi 
dietro! Quale di queste dieci posizioni che lei, la sua famiglia e il suo 
gabinetto avete preso nel corso degli anni rappresenta il suo attuale pensiero?

  1.. 1983-88. Noi amiamo Saddam. Il 19 dicembre 1983, Donald Rumsfeld fu 
inviato da suo padre e dal signor Reagan a un amichevole incontro con Saddam 
Hussein. Soltanto dodici giorni dopo quella visita, Sad­dam gassò migliaia di 
soldati iraniani. Suo padre e Rummy sem­bravano alquanto felici dei risultati 
perché Donald R. tornò lì dopo soli quattro mesi per fare un'altra 
chiacchierata con il braccio destro di Saddam, Tariq Aziz. L'effetto di tutto 
questo è stato che gli Usa hanno offerto crediti e prestiti all'Iraq, e questi 
hanno consentito a Saddam di comprare anni e agenti chimici per un valore di 
miliardi di dollari.
  2.. 1990. Noi odiamo Saddam. Quando Saddam ha invaso il Kuwait, suo padre e 
il segretario alla difesa Dick Cheney, hanno deciso che Saddam non gli pia­ceva 
pù,. così hanno attaccato l'Iraq e hanno restituito il Kuwait ai suoi legittimi 
dittatori.
  3.. 1991. Vogliamo che Saddam viva. Dopo la guerra suo padre, Cheney e Colin 
Powell hanno detto agli scii­ti di sollevarsi contro Saddam e che noi li 
avremmo appoggiati. Così loro si sono sollevati, ma poi noi abbiamo cambiato 
idea. Così loro sono stati massacrati da Saddam.
  4.. 1998. Vogliamo che Saddam muoia. Nel 1998 Rumsfeld, Wolfowitz ed altri, 
nel Project for the New American Century, hanno scritto una lettera aperta al 
presidente Clin­ton chiedendo che invadesse e rove­sciasse Saddam.
  5.. 2000. Non crediamo nella guerra come mezzo per edificare una nazione. 
Soltanto tre anni dopo, durante il suo dibattito con Al Gore per le elezioni, 
lei si è rivelato un per­fetto pacifista: «Io. io prenderei l'uso della forza 
molto seriamente. Avrei un approccio prudente. Penso che dob­biamo stare molto 
attenti quando si tratta di utilizzare le nostre truppe. Io e il vicepresidente 
(Al Gore) siamo in disaccordo sul­l'uso delle truppa. Lui crede che si possa 
costruire una nazione. lo... io starei molto attento a usare i nostri soldati 
come costruttori di nazioni. Credo che il ruolo dell'esercito sia combattere e 
vincere in guerra e, in primo luogo, impedire che una guerra av­venga» 
(3ottobre 2000).
6.      2001 (Prima fase). Non crediamo che Saddam sia una minaccia. Quando si 
è insediato, lei ha mandato il suo segretario di stato, Colin Powell, e la sua 
consigliera per la sicurezza naziona­le, Condoleezza Rice, davanti alle 
telecamere a rassicurare gli americani che non c'era motivo di preoccuparsi per 
Saddam. Ecco cosa hanno detto. Powell: «Dobbiamo rivedere costante­mente le 
nostre politiche, dobbiamo costantemente guardare a quelle sanzioni per essere 
sicuri che vadano dritte al loro scopo. Quello scopo oggi è importante tanto 
quanto lo era dieci anni fa, quando furono imposte. E francamente, hanno 
funzionato. Sad­dam non ha sviluppato alcuna capacità significativa per quanto 
riguarda le armi di distruzione di massa. Non è in grado di colpi­re i sui 
nemici con una potenza di fuoco convenzionale» (24 febbraio 2001). Rice :«Ma 
per quanto riguarda il fatto che Sad­dam Hussein si trova lì, ricordiamoci che, 
di fatto, quel paese è diviso. Saddam non controlla la parte settentrionale del 
suo pae­se. Noi siamo in grado di impedirgli di armarsi. Le sue dotazioni 
militari non sono state ricostruite» (29 luglio 2001).

7.      2001. (Se­conda fase). Crediamo che Saddam stia per ucciderci. Soltanto 
pochi mesi più tardi, nelle ore e nei giorni successivi alla tragedia dell'11 
settembre, non le interessava catturare bin Laden Lei vo­leva solo bombardare 
l'Iraq e allora ha detto a tutta l'America che eravamo sotto una minaccia 
imminente per via delle anni di distruzione di massa. Lei ha spinto la 
popolazione a credere che Saddam avesse qualcosa a che fare con Osama e con 
l'11 settembre.

8.      2003. Non crediamo che Saddam stia per ucciderci. Dopo che le armi di 
distruzione di massa non sono state trovate, lei ha cambiato idea e ha tirato 
fuori una motivazione a poste­riori, tutta nuova: abbiamo cominciato questa 
guerra per cambiare il regime, liberare l'Iraq e dare la democrazia agli 
Iracheni!

9.      2003. «Missione compiuta!» Sì, tutti l'hanno vista dirlo! In costume, 
nientedimeno!

10.  2004. Oops. Missione non compiuta! Ora lei può definire l'invasione 
irachena «un successo catastrofico». È così che l'ha definita questo mese. Più 
di mille soldati america­ni sono morti, l'Iraq versa in uno stato di caos 
totale in cui nes­suno è al sicuro e lei non ha idea di come farci uscire di 
lì. Si­gnor Bush, per favore, ci dica: quando cambierà di nuovo idea? So che 
lei odia le parole «flip» e «flop», perciò non le userò tutte e due. In effetti 
ne userò solo una: flop. Ecco che cosa è lei: un enorme, colossale flop. La 
guerra è un flop, i suoi consiglieri e l'«intelligence» che le è stata fornita 
è un flop e ora, per il resto del mondo, siamo tutti un flop. E lei ha 
l'audacia di criticare John Kerry per ciò che definisce le «molte posizioni» 
che ha as­sunto sull'Iraq. Secondo i miei calcoli, lui ne ha presa una sol: ha 
creduto in lei. Lei gli ha detto, e ha detto a tutto il congresso, che Saddam 
aveva le armi di distruzione di massa Così Kerry e la stragrande maggioranza 
degli americani le hanno creduto, anche quelli che non l'avevano votata. Vede, 
gli americani, come John Kerry, vogliono vivere in un paese dove si possa 
credere al proprio presidente. Quella è stata l'unica posizione assunta da John 
Kerry. Non ha sostenuto la guerra, ma lei. E lei lo ha deluso, e ha deluso 
questo grande paese. Questo è il motivo per cui deci­ne di milioni di persone 
non vedono l'ora di andare alle urne il giorno delle elezioni per mettere fine 
a tutte le giravolte che lei e i suoi uomini avete fatto, prendendo in giro noi 
e il resto del mondo. Non possiamo accettare tutto questo neanche un minu­to di 
più. Il suo,Michael Moore.



Traduzione Marina Impallomeni