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pensieri di un lettore
Unità nazionale
Come da copione, come era da aspettarsi. Il Governo Italiano chiama le
opposizioni all'unità nazionale sul rapimento di Simona e Simona. Sulla
condanna intransigente della barbarie terroristica. Sull'appello per la
liberazione dei due ostaggi. Linea della fermezza, però, su di un punto
fondamentale, non soggetto a nessuna trattativa: il ritiro delle nostre
truppe dall'Iraq.
Si rimane ancora come paese invasore, secondo il diritto internazionale ed
alleato dei carnefici che continuano quotidianamente a seminare soltanto
odio, distruzione, morte. Si rimane, per difendere i pozzi di Nassyria che
il nostro ENI vuole sfruttare. Si rimane, per aspettare la nostra fetta
d'affari nella ricostruzione.
Dobbiamo gridarla ancora a gran voce l'unica verità su questa guerra
criminale e terroristica. Ancora, senza arrendersi mai, perché Simona e
Simona, Dio non voglia, rischiano di diventare altre due vittime innocenti
della barbarie della guerra scatenata dai governi statunitense, italiano e
britannico e continuata dai terroristi. Senza arrendersi mai, perché Simona
e Simona non hanno mai alzato bandiera bianca contro la guerra, ma vi hanno
opposto la forza della speranza nella pace, dell'impegno per la giustizia,
della solidarietà con la gente, del coraggio di aiutare.
E allora rivoltiamoci alla ributtante ipocrisia di questo governo.
Buttiamola all'aria questa falsa e meschina unità nazionale. Un'unità nella
menzogna e nel crimine. Un'unità fatta di proclami vuoti di senso e pieni
di vergogna. Vuoti di valori e ricolmi del sangue innocente versato in Iraq.
Si, perché l'unico atto del nostro governo che potrebbe contribuire a
salvare Simona e Simona e con loro la pace che hanno tentato di costruire
in Iraq, è proprio togliere dal territorio iracheno le nostre truppe di
occupazione militare. Non per arrendersi al terrorismo, ma per ristabilire
il diritto internazionale e togliere all'odio il terreno in cui si alimenta.
Anche Simona e Simona lo hanno chiesto, da sempre. Come da sempre sono
state contrarie a questa guerra sporca. La ONG di cui fanno parte è una
delle principali organizzatrici del Comitato Fermiamo la Guerra, il
Comitato promotore delle grandi manifestazioni di piazza contro la guerra
in Iraq che, dobbiamo ricordarlo, sono state apostrofate da questo governo,
questa maggioranza e dai loro servi mediatici, come anti americane, anti
occidentali, a favore di Saddam, contro la pace e la democrazia, comuniste.
E anche chi, nell'abisso insondabile della propria stupida ignoranza, fosse
realmente convinto che questa guerra si sia fatta per portare pace e
democrazia in Iraq, dovrebbe evidentemente essersi accorto del fallimento
totale della missione. Dalla fine ufficiale della guerra non esiste un
governo legittimo e democratico, continua la battaglia, la violenza, la
distruzione, la morte. Nessun atto concreto o addirittura ipotesi di
sviluppo economico e sociale. L'Iraq è solo un terreno di scontri.
Non abbandonare l'occupazione militare per ridare voce alle Nazioni Unite è
la palese ammissione che il Comitato Fermiamo la Guerra ha ragione sui
reali motivi dell'intervento militare in Iraq. Che Simona e Simona hanno
ragione. Che il popolo della pace non è un gruppo di facinorosi comunisti,
ma una società civile organizzata, attenta, informata, solidale.
Ci odiano perché abbiamo deciso di considerarli nostri nemici. Una volta
che ti sei creato un nemico non puoi stupirti se questo si comporta come
tale. L'odio non distingue e non ragiona. Il nemico ha il solo obiettivo di
farti male. E fa male accorgersi che il tuo nemico, quello che tu ti sei
inventato, colpisce, come fai tu, i bersagli più facili, quelli che non
possono o non vogliono difendersi con la violenza e proprio per questo i
bersagli che generano più scalpore.
Porre fine all'occupazione militare dell'Iraq è l'unico gesto diplomatico
concreto per aprire la strada alla riconciliazione e alla possibilità di
nuovi rapporti con il popolo iracheno e l'unico tentativo che abbiamo
davanti per liberare la pace, che ha i volti e i cuori di Simona e Simona.
Diego Piccioli