Date: Mon, 6 Sep 2004 16:14:08 +0200
Subject: Fwd:[NetworkAnticapital] NO NATO:RIUNIONE 11/9 A ROMA
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From: "" <v.miliucci at libero.it>
Già nelle giornate estive contro la Base di Camp Darby e nel campeggio
contro il Ponte sullo Stretto è stata largamente dibattuta e condivisa la
necessità di dar vita ad un largo coordinamento di lotta contro le basi
militari e le fabbriche di armi.
Tentativi più o meno riusciti sono stati effettuati al tempo della I
Guerra contro l'Iraq e quella dei Balcani, ma non sono durati nel tempo
pur avendo come prospettiva la chiusura delle basi e la fuoriuscita dalla Nato.
Naturalmente permane per iniziativa delle realtà locali la capacità di
mantenere in continuità l'azione, ciò è decisamente importante ai fini di
una possibile visione programmatica comune.
La sfida contro la guerra permanente ha improntato l'agenda politica
dell'antagonismo e del pacifismo mondiale -europeo-italiano . I risultati
sono strabilianti: centinaia - decine -milioni di persone in piazza, anche
se non sono in grado di fermare gli aggressori.
Intanto, però, si è ridata voce alla speranza di battere l'imperialismo, e
una nuova generazione ha preso coscienza e partecipazione per le sorti dei
popoli oppressi e del proprio futuro.
Non è poca cosa. Se nel tempo presente l'obbligo è di moltiplicare gli
sforzi per il ritiro delle truppe dall'Iraq, nondimeno questa battaglia si
alimenta della possibilità di osteggiare le truppe di ricambio e la
logistica proprio dai territori di partenza, che spesso coincidono con le
basi Nato ( come si sa la Nato, nonostante le divisioni sull'aggressione
all'Iraq, sta rientrando in ballo con la funzione "di addestramento delle
Polizie Irakene").
La Nato e gli Usa non hanno alcuna intenzione di sloggiare dall'Italia,
anzi, vanno al raddoppio delle Basi principali ( Darby, La Maddalena,
Sigonella, Augusta), al superutilizzo dell'inaugurata Base navale di
Taranto, all'accentramento su Napoli del Comando navale Usa già dislocato
in Inghilterra.
La scelta riarmista dei Governi italiani, ovviamente, sostiene la guerra "
come fattore di sviluppo" , con la conseguenza dell'aumento delle spese
militari, dei militari di professione, dell'azienda di Stato Finmeccanica
" tutta militare" ( progressivo abbandono del civile, di Ansaldo, Breda,
Elsag) con l'acquisto da parte della Soc. Augusta della inglese Westland
per la produzione esclusiva e su larga scala di elicotteri da
combattimento, con il varo della portaerei Cavour e in cantiere di altri
armamenti di attacco.
Basi militari e industrie delle armi vanno a braccetto anche per
l'annunciata " forza armata europea" ben vista da quasi tutto l'arco
parlamentare, anche per l'obliquo pensiero di grandeur Europea " che può
far da contrappeso all'unilateralismo Usa".
Ce n'è quanto basta per suscitare il più largo dissenso e rifiuto
collettivo, anche perché le conseguenze di una siffatta "politica"
ricadono essenzialmente sui ceti popolari, sui giovani, sui lavoratori.
E' possibile, dunque, ritentare un collegamento di tutte le situazioni
che si battono contro la permanenza delle basi militari, dei presidi
della guerra, delle fabbriche d'armi?!
Proviamoci, a partire dalla riunione convocata a Roma per l'11 settembre,
dalle ore 11 presso la Sede Arci di V. Pietralata n.16.
p.Network
Anticapitalista
Vincenzo
Miliucci
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