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Emergency - ostaggi



 Gino Strada racconta la sua verità: la trattativa
di Emergency la soluzione vicina, il finale a sorpresa
"Comprati per 9 milioni di dollari poi il finto blitz per liberarli"
"Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori
che, mi viene detto, li hanno maneggiati"

 Gino Strada
ROMA - Gino Strada, con la sua Emergency, è stato uno dei canali di
trattativa "in chiaro" per la liberazione degli ostaggi. Nelle prime tre
settimane di maggio, Strada, con sua figlia Cecilia e Tommaso Notarianni,
ha negoziato a Bagdad con quattro fonti irachene. Ripartendone con una
certezza. Che Agliana, Cupertino e Stefio sarebbero stati liberati "senza
condizioni". Oggi dice: "Ci è stato detto che quando la vicenda era ormai
risolta, qualcuno ha pagato 9 milioni di dollari... Che gli ostaggi sono
stati di fatto consegnati agli americani".

Chi ha pagato?
"Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori che, mi viene
detto, li hanno maneggiati. Non ho difficoltà a farli, perché Emergency non
è un servizio segreto e quel che ha fatto lo ha fatto in modo trasparente.
Abbiamo lavorato per la liberazione degli ostaggi con la stessa logica con
cui lavoriamo nei nostri ospedali. Siamo stati testimoni diretti di una
storia che ha incrociato il nostro cammino. E ora che gli ostaggi sono sani
e salvi posso raccontarla".

Chi ha maneggiato i 9 milioni?
"Un uomo di nome Salih Mutlak. Personaggio noto a Bagdad per essersi
arricchito con il contrabbando nei dieci anni di embargo. Un nome che ho
sentito la prima volta ad Amman, in Giordania".

Cosa seppe ad Amman?
"Incontrai Jabbar Al Kubaissi, un ex esiliato con cui Emergency aveva avuto
rapporti in passato. Gli spiegai che Emergency non era disposta a trattare
il rilascio degli ostaggi, ma lo riteneva un atto dovuto come gesto di
riconoscenza umanitario per aver curato 300 mila iracheni negli anni
dell'embargo. Kubaissi convenne sulle mie richieste. Mi fece capire che la
testa "politica" del gruppo dei sequestratori sarebbe stata disposta ad un
rilascio senza condizioni nelle mani di pacifisti italiani. Ma aggiunse che
c'era un problema. Qualcuno tra i carcerieri era sensibile alle sirene del
denaro. E che questo canale di trattativa era nelle mani di tale Salih
Mutlak. Sapemmo, una volta a Bagdad, che Mutlak aveva rapporti con
Abdulsalam Kubaissi, religioso del Consiglio degli Ulema, e che con lui
aveva lavorato alla liberazione degli ostaggi giapponesi".
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A Bagdad avete incontrato questo Mutlak?
"Ovviamente no. La nostra linea era opposta. Nessuna trattativa economica.
Cercammo interlocutori in grado di parlare alla componente politica di chi
gestiva il sequestro. Per tutte e tre le settimane della nostra permanenza
a Bagdad, i nostri contatti furono un imam di Bagdad, l'imam di Falluja, il
fratello di Jabbar Kubaissi, Ibraim, medico di Abu Ghraib, e un terzo uomo,
di cui non faccio il nome perché oggi rischia la sua vita".

Erano in contatto diretto con i sequestratori?
"Questo è quello che capimmo. E ritengo di non essermi sbagliato".

Vi diedero delle prove dell'esistenza in vita degli ostaggi?
"No. All'inizio ci proposero di utilizzare dei video da mandare ad Al
Jazeera come canale di comunicazione. Ma rifiutammo".

Dunque non è vostro il biglietto che Stefio mostrava nel video del 31
maggio e mai mandato in onda da Al Jazeera.
"Non mi risulta fosse nostro".

Torniamo alle vostre fonti a Bagdad.
"L'ultima settimana di maggio, dopo aver ricevuto assicurazioni che i
sequestratori avevano deciso il rilascio degli ostaggi, con tempi e modi
che non ci furono indicati, decisi di rientrare in Italia. Vivevo da tre
settimane in un residence e l'aria si era fatta pesante. Per dodici giorni,
fino a sabato scorso, 5 giugno, non seppi più nulla. Poi, quel sabato,
ricevetti una telefonata dal nostro rappresentante a Bagdad".

Cosa le disse?
"L'imam di Falluja aveva comunicato che la questione era risolta. Di
attendere una liberazione imminente".

Cosa che è avvenuta.
"Certo. Ma non nei tempi ipotizzati dall'Imam. Martedì 8, nelle stesse ore
in cui il nostro rappresentante a Bagdad parlava con l'imam per aver
qualche notizia sugli ostaggi, Agliana, Cupertino e Stefio venivano
liberati. Cademmo dal pero. Chiedemmo spiegazioni. Cosa era successo?".

Già, cosa era successo?
"Ci è stato detto che i 9 milioni incassati da Mutlak avevano convinto una
parte del gruppo a trasferire gli ostaggi dalla prigione di Ramadi ad Abu
Ghraib e a consegnarli agli americani con un finto blitz inscenato in una
casa di Zaitun street. La strada dove ha provato ad avvicinarsi ieri il
vostro cronista prima che provassero a sequestrarlo. Un testimone che
abbiamo raggiunto, tale Fahad, ci ha confermato di aver visto la presa in
consegna di Agliana, Cupertino, Stefio e del polacco la mattina dell'8
giugno".

Il polacco sostiene di essere stato liberato a Ramadi. E gli ostaggi
italiani di non essere stati trasferiti di prigione negli ultimi giorni
precedenti il blitz. Sono circostanze che non tornano.
"Io ho appena raccontato quel che so...".
(c. b. - g. d'av.)

(11 giugno 2004)
<http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/ostliberi2/ginostra/ginostra.html>http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/ostliberi2/ginostra/ginostra.html