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perc. nv per il super. del sist. mafioso



Percorsi nonviolenti per il superamento del sistema mafioso
Oltre il sistema mafioso. Quale il contributo della nonviolenza?

Nel dicembre dello scorso anno si e' costituito a Palermo un gruppo di 
studio e iniziativa sul tema "mafia e nonviolenza".

Erano presenti varie organizzazioni della societa' civile palermitana, tra cui
- il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"
- la scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone"
- il seminario "nonviolenza" della Facolta' di Lettere
- l'IFOR - MIR
- il movimento dell'Arca di Lanza del Vasto
- l'associazione "Libera"
- il Centro sociale "s. Saverio"
e altri.

Questo gruppo iniziale ha elaborato un documento, che ha costituito base di 
riflessione comune per associazioni e singole persone (magistrati impegnati 
in processi di mafia, operatori sociali nelle carceri, giudici minorili, 
formatori alla nonviolenza, psicologi ricercatori etc) che partecipano agli 
incontri successivi.
I possibili campi di ricerca e di approccio al fenomeno mafioso per mezzo 
delle risorse della nonviolenza sono numerosi (v. documento in calce).

Si vuole cosi' proseguire l’impegno per la costruzione di una rete 
nazionale di esperienze e riflessioni con il contributo di studiosi e 
associazioni impegnati a sperimentare il metodo nonviolento in varie 
realta' del sud Italia.

L'auspicio e' che questo percorso, unico nel suo genere per l'originalita' 
del tema, e per la particolare compresenza a uno stesso tavolo di tanti 
addetti ai lavori con approcci esperienziali e culturali differenti, e 
quindi per la potenzialita' di approfondimento e "affilamento" delle 
problematiche, attiri l'attenzione di chi ha fatto della nonviolenza e 
della lotta contro l'oppressione la propria direzione di crescita interiore 
e conseguente modalita' di impegno politico, sociale e culturale, e ne 
possa suscitare la volonta' di contribuire a fecondare questa ricerca.




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Ecco il testo del documento:

PERCORSI NONVIOLENTI PER IL SUPERAMENTO DEL SISTEMA MAFIOSO

La presenza nel nostro Paese di diverse organizzazioni mafiose radicate 
storicamente nelle regioni del sud non e' un problema regionale, ma una 
questione storica non risolta che compromette lo sviluppo e l’evoluzione 
civile della nostra intera societa'.
In molte aree la mafia resta purtroppo l’unica forma di potere 
riconosciuto. In forza di tale radicamento essa ha ormai  assunto 
caratteristiche strutturali e culturali che le consentono di rigenerarsi 
anche dopo fasi di repressione conseguenti a fasi di escalation di violenza.
Il cambiamento di strategia di alcune organizzazioni mafiose che hanno 
ultimamente adottato forme meno cruente di azione non ha mutato il clima di 
intimidazione, di dominio e di conseguente rassegnazione.

L’ipotesi di un declino delle organizzazioni mafiose non e' purtroppo 
suffragata dal fatto che esse continuano
- a ricattare commercianti e imprenditori con il racket
- a infiltrarsi nelle amministrazioni pubbliche e negli appalti
- a smerciare droga
- a lucrare nei mercati finanziari, nei commerci di armi, nella gestione 
dei rifiuti tossici
- a svolgere un importante ruolo di socializzazione nelle aree piu' 
degradate e povere del meridione, nelle quali le organizzazioni reclutano 
le proprie “giovani leve”, bambini e ragazzi che restano incastrati a vita 
nella scelta delinquenziale e nella cultura mafiosa
- ad essere pienamente inserite, con la collaborazione di professionisti 
preparati appositamente, nel circuito delle correnti della finanza illecita 
internazionale
- ad avere un rapporto di condizionamento e di interazione con settori 
delle istituzioni.

Come singoli cittadini e associazioni operanti in contesti meridionali e 
impegnati da vario tempo nel contrasto alla mafia ci sentiamo ancora alla 
ricerca di strategie, forme di presenza, di conoscenza, di comunicazione 
che possano dare una svolta efficace all’evoluzione positiva del nostro 
sistema sociale cosi' tristemente caratterizzato.

Dobbiamo riconoscere che, al di la' delle pesanti responsabilita' 
politiche, al di la' di certi meccanismi economici strutturali che sembrano 
non poter essere scalfiti dalle nostre azioni organizzate, al di la' dei 
sedimentati atteggiamenti culturali, anch’essi a volte inattaccabili, tutto 
cio' che abbiamo fatto non e' stato sufficiente.
Non si tratta soltanto della quantita' di energia messa in campo, quanto 
della qualita' dei metodi adottati, del nostro modo di essere in questo 
sistema.

Abbiamo individuato nella nonviolenza una possibile strada che puo' 
apportare degli elementi di novita', sia nelle modalita' con cui affrontare 
e conoscere il fenomeno mafioso, sia nelle prassi che essa puo' suggerire 
per la trasformazione delle strutture sociali in cui siamo inseriti.
Non si tratta di stravolgere le forme storiche di impegno anti-mafia che 
vedono impegnate tantissime associazioni e tanti uomini delle istituzioni 
sul versante della prevenzione e della repressione, ma di aggiungere, come 
diceva Capitini,  una visione particolare capace di anticipare una societa' 
liberata.
La nonviolenza porta ad agire sulla e con la coscienza dell’avversario, 
nella consapevolezza  dell’umanita' di cui ciascuno e' portatore e al 
contempo della nostra corresponsabilita' al male che vogliamo superare.
Quest’approccio implica una pratica di ascolto del vissuto e del punto di 
vista dell’altro, ovviamente non per accettarli passivamente e 
legittimarli, ma per attivare un contatto vero e profondo.
E pur partendo da questa fondamentale acquisizione la nonviolenza non 
trascura gli aspetti strutturali dei problemi sociali che ha di fronte.
Queste basi ci portano a riconsiderare le forme di lotta alla mafia e a 
porci degli interrogativi che nessuna logica emergenziale puo' annullare.
Ci riferiamo al nostro rapporto con chi ancora appartiene alle 
organizzazioni mafiose, con chi e' contiguo ad esse e con il proprio 
comportamento gli da' consenso e con chi ultimamente ne ha preso le 
distanze dopo un passato di appartenenza, anche se questo non si traduce 
sempre con una collaborazione piena  con le istituzioni della giustizia o 
assume forme che ci appaiono ambigue o poco comprensibili.
Ci riferiamo al possibile ruolo delle vittime, dei familiari, dei soggetti 
che potrebbero giocare un ruolo di terza parte.

Non vogliamo affrontare queste tematiche con un atteggiamento ideologico e 
critico verso cio' che e' stato fatto e tuttora si fa nel  mondo antimafia, 
anche perche' molti di noi  ne fanno pienamente parte. Ma riconoscendo 
quanto di buono e' stato fin qui costruito su questo fronte, vogliamo 
analizzare e scegliere con rigore nuove  strategie atte a gettare dei ponti 
di comunicazione con l’universo mafioso, senza nessuna accondiscendenza, ma 
anche riconoscendo gli attuali limiti delle risposte istituzionali (basti 
pensare alla crisi del principio rieducativo della pena previsto dall’art. 
27 della nostra Costituzione ).

Facendo riferimento all’insegnamento nonviolento, ai suoi maestri storici 
(Gandhi, Capitini, Lanza del Vasto) e ad alcune testimonianze esemplari che 
hanno sperimentato il metodo nonviolento nel meridione d’Italia (Danilo 
Dolci, Don Tonino Bello, Padre Pino Puglisi) vogliamo dar vita ad un 
percorso di approfondimento, di ricognizione di esperienze che gia' operano 
in questa direzione, di nuove sperimentazioni e progetti di azione 
nonviolenta in contesti di mafia.

Facciamo appello al mondo dell’associazionismo, delle comunita' religiose 
di varia confessione, agli uomini impegnati nel mondo delle istituzioni 
(giustizia, scuola, servizi sociali), al mondo della ricerca e 
dell’universita', ai cittadini che hanno vissuto in contesti mafiosi o ne 
sono stati vittime e vogliono sperimentare oggi il metodo nonviolento.

Il percorso che proponiamo non vuole costituire l’ennesimo cartello di 
associazioni, ma un laboratorio permanente in cui ciascuno possa 
partecipare senza abbandonare la propria identita' personale o associativa, 
rafforzando comunque il proprio impegno per il cambiamento e la ricerca.
A titolo esemplificativo indichiamo alcune aree problematiche che tale 
laboratorio potra' approfondire:


ESPERIENZE SOCIALI DI RESISTENZA E COSTRUZIONE CREATIVA
- In quali modi puo' intervenire la societa' civile nelle sue varie 
articolazioni e con quale rapporto con le istituzioni?
- Quali esperienze cooperative e di impresa sociale si possono contrapporre 
al modello mafioso?
- Che contributo puo' venire dalle associazioni anti-racket?
- Come costruire percorsi di post-dissociazione?
- Quali ruoli specifici possono avere le donne ?


AREA DELLA RICONCILIAZIONE
- Come possono essere coinvolti i familiari di appartenenti alle 
organizzazioni mafiose?
- Si possono attivare, su questi temi,  spazi di ascolto e di incontro 
all’interno delle carceri?
- Quali nuove pratiche e' possibile costruire in ambito giudiziario? (per 
es. giustizia rigenerativa/riparativa)
- Come valorizzare gli apporti in ambito psicologico per favorire percorsi 
di fuoriuscita da contesti mafiosi?
- Quali cammini di accompagnamento le comunita' dei vari credi religiosi 
possono predisporre nei confronti di eventuali processi di conversione?
- Sono possibili interazioni tra questi cammini spirituali e pratiche di 
riconciliazione in ambito civile?


APPROFONDIMENTI SCIENTIFICI
Riteniamo che operare all’interno delle aree sopra richiamate comporti un 
adeguato approfondimento scientifico,  con vari apporti disciplinari e 
confronti internazionali. In questo percorso sara' pertanto opportuna la 
collaborazione di singoli ricercatori, centri studi, universita', riviste 
scientifiche e di area nonviolenta in tema di:

- Mafia e processi strutturali
Aree di approfondimento:
-- scenari internazionali (Globalizzazione)
-- guerre, traffico d’armi
-- narcotraffici

- Metodologia nonviolenta e criminalita'
Aree di approfondimento:
-- teoria e pratica della nonviolenza
-- forme storiche di azione nonviolenta in contesti di mafia
-- modelli e sperimentazioni di mediazione in ambito giudiziario e sociale
-- Difesa Popolare Nonviolenta e criminalita' organizzata

Su questi temi proponiamo la costruzione di una rete nazionale di 
collegamento e l’organizzazione di varie iniziative che possano sfociare in 
un evento nazionale per la primavera del 2005.
Palermo, aprile 2004

Giovanni Abbagnato (Scuola di Formazione Politica G.Falcone)
Augusto Cavadi (Scuola di Formazione Politica G.Falcone)
Andrea Cozzo (Facoltà di Lettere e Filosofia, Palermo)
Maria Antonietta Malleo (MIR-IFOR)
Enzo Sanfilippo (Movimento dell’Arca)
Umberto Santino (Centro “G.Impastato”, Palermo)
Carmelo Torcivia (Associazione Kairò, Palermo)
Emanuele Villa (LIBERA PALERMO)
Cosimo Scordato (Centro Sociale S.Saverio)
Piero Fantozzi (Università di Cosenza)
Nanni Salio (Centro Studi D.Sereno Regis,Torino)
Francesco Lo Cascio (MIR)
Sara Ongaro (Cooperativa Quetzal, Modica)
Rocco Altieri (Quaderni Satyagraha, Pisa)


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