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Berlusconi sputtana i soldati italiani in Iraq



 26.03.2004
Berlusconi: «Ma quali ragazzi, in Iraq solo volontari ben pagati»
di Marcella Ciarnelli
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=34095
 Saltate fin qui tutte le feste comandate possibili, anche per Pasqua il
premier non andrà a Nassiriya. Ne ha dato l'annuncio ufficiale lo stesso
Berlusconi al termine di un vertice europeo in cui ha corso il rischio di
veder arrivare in porto quanto lui non è riuscito a concludere nel corso
della sua non rimpianta presidenza.
«Io non sento nessun bisogno di andare laggiù a fare una visita» ha detto il
presidente del Consiglio riducendo ad «un'operazione retorica e
dimostrativa» l'iniziativa di quanti sono invece andati a rendere omaggio ai
militari impegnati in una missione di pace mentre la guerra non è finita.
Insomma Bush, Blair e gli altri capi di stato e di governo di mezzo mondo ed
anche Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini sono andati in gita in Iraq,
a fare un «giro puramente di rappresentazione» mentre Berlusconi ritiene e
ribadisce che «alla fine è più utile stare a lavorare alle grandi cose che
stiamo facendo e mandarle avanti». Lui, in realtà, confessa di aver avuto in
programma un tour per le zone in cui i nostri militari sono impegnati.
A Nassiriya ci sarebbe dovuto andare il 31 dicembre. Poi i giornali ne hanno
parlato ed allora lui si è andato a fare il lifting per apparire liscio,
liscio sui manifesti elettorali.
Improvvisamente dimentico di tutta la campagna retorica imbastita proprio da
lui e dalla sua parte politica sui «nostri ragazzi» esibiti in tv ad ogni
occasione, bocciando di fatto i manifesti di An su cui compare proprio il
vicepremier in missione, Berlusconi sdegnato ha aggiunto di non voler «più
sentire le espressioni che vengono dalla sinistra che parla di poveri
ragazzi a proposito di persone che non lo sono più.
Quelle sono persone che fanno la carriera militare perché l'hanno scelta e
volontariamente, ripeto volontariamente, hanno deciso di partecipare ad
azioni di pace In Kosovo come nei Balcani, in Afghanistan come in Iraq. E ne
ricavano anche un'utilità economica rilevante dato che i loro stipendi sono
naturalmente più alti di quanti restano in Italia». Per andare in missione
«c'è una lista di volontari che sono in attesa di poter partecipare e dar
seguito a quella che è stata una scelta di vita», proseguire in una
«carriera militare con quel che contiene di avventura e, se vogliamo, con
quel che può esserci di rischio».
Insomma i soldati facciano il loro mestiere. Peraltro ben pagato. E se poi
ci rimettono la pelle ci potrà sempre essere un funeralone di Stato, anche
quello in diretta televisiva. Ciò che importa a Berlusconi è evitarsi la
strizza di un viaggio a rischio che «i vertici delle forze armate mi hanno
sconsigliato» e difendere la scelta di sdraiarsi come uno stuoino davanti
alle richieste del suo amico Bush, tanto più che ora non c'è più Josè Maria
Aznar con cui dividere la responsabilità. Assenza che non lo fa sentire più
solo ma che invece, rivendica gli fa dire di essere diventato ancor di più
«un punto di riferimento europeo» anche se al vertice europeo appena
concluso la sua è stata una presenza marginale.
Anzi di basso profilo, animata solo dal gesto goliardico del primo ministro
lussemburghese, Juncker, che, testimone il filmato della sicurezza, poco
prima che iniziasse la seduta ha letteralmente palleggiato con la pelata del
premier italiano. Alle spalle, tre colpi in successione, sulla testa di
Berlusconi impegnato a leggere, occhialini da presbite inforcati, alcuni
documenti. E dalla faccia si è capito che il presidente del Consiglio non ha
gradito l'unico gesto amichevole di una difficile due giorni e rivendicando
un «peso importante» nonostante si in vista un altro vertice a tre Francia,
Germania e Gran Bretagna, a cui lui non sarebbe stato invitato «perché la
nostra posizione è ben nota e non è in sintonia».
Per il resto, stando a quel che racconta Berlusconi, in Iraq tutto va a
meraviglia. «Le scuole stanno funzionando come anche le pubbliche
amministrazioni, si sta formando un corpo di polizia iracheno, gli ospedali
sono aperti ed anche i centri commerciali e i negozi». La guerra preventiva
che il premier definisce «prevenzione fattuale» nei confronti di chi non
vuole sentire ragioni ha dato i suoi frutti. «Il processo di
democraticizzazione» continua e ci si augura che «entro il 30 giugno la
sovranità passi al governo provvisorio iracheno in attesa di fare le
elezioni. Non vedo un'altra soluzione possibile, sono tranquillo e convinto
di aver assunto la giusta posizione».
Anche se con il pericolo terrorismo di cui «la povertà è un facilitante» ma
non la causa principale che invece è «la mancanza di democrazia e di
libertà, la mancanza di uno stato di diritto che bisogna impegnarsi a
diffondere nel mondo, specialmente in quello mussulmano» bisogna continuare
a fare i conti. Così come con la questione mediorientale che il muro voluto
da Sharon ha reso ancora più acuta. Berlusconi si sa da che parte sta.
Condanna «la diffusione dell'odio» che fa proseliti anche tra i ragazzini e
concede solo che «probabilmente il tracciato può essere discusso e si
possono aprire delle negoziazioni per cambiarlo in certe posizioni. Ma non
possiamo nemmeno girare la testa di fronte alla necessità di Israele di non
consentire che da tutte le parti possano infilarsi kamikaze».