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INTERVISTA A NEMER HAMAD, RAPPRESENTANTE ANP IN ITALIA



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«Tel Aviv non vuole la nascita dello stato palestinese»
GUIDO PICCOLI
Nemer Hamad, ambasciatore dell'Autorità palestinese in Italia, è il volto
della preoccupazione. Capisce che un altro vento di morte sta abbattendosi
sul suo popolo.
Qual è il significato dell'attentato a Yassin?
«Quello di allontanare all'infinito la ripresa del negoziato di pace».
Sharon mette in preventivo la reazione furibonda dei palestinesi. Cosa
succederà nelle prossime ore?
«La violenza genera paura per tutti, palestinesi e israeliani. Questo è il
risultato del gioco della morte che piace tanto a Sharon. Nella sua
rivendicazione dell'attentato contro Yassin, il premier israeliano si
definisce il rappresentante di un popolo che ama la vita, ma per lui non
conta niente la vita degli uomini, conta solo il trionfo del suo progetto
di "una terra senza popolo ad un popolo senza terra". Da sempre Sharon crede
di poter offrire ai palestinesi solo "pane in cambio di pace" e non uno
Stato, tant'è che quando parla di Cisgiordania lui continua a chiamarla
Giudea e Samaria».
Il consigliere di Sharon ha detto che sarebbe stato meglio uccidere Arafat e
non Yassin. Hanno sbagliato obiettivo i militari israeliani?
«No, tutti noi siamo ormai obiettivi legittimi, non esitono più linee rosse.
E questo grazie al sostanziale silenzio della comunità internazionale».
Quindi anche l'Europa non dovrebbe più limitarsi a semplici condanne?
«È troppo poco. L'Ue deve far rispettare gli accordi stipulati. Nella firma
della Road Map c'era ad esempio l'invio di osservatori internazionale, ma è
bastato il no di Israele per bloccare tutto».
Crede agli Usa che dicono di non avere saputo niente dell'attentato a
Yassin?
«No, è un'altra bugia, come quella sulle armi di distruzione di massa in
Iraq. In queste ore c'è a Washington il ministro degli Esteri israeliano:
come si può credere che non sappiano niente?».
Allo scoppio della prima Intifada, Hamas era un piccolo gruppo. Non crede
che Israele abbia fatto crescere coscientemente Hamas e il fondamentalismo?
«Certo, la volontà di Israele è sempre stata quella di generare
disperazione, che è il brodo di cottura migliore del terrorismo, per
denunciare di avere a che fare con terroristi da cui deve difendersi».
Crede che si stia organizzando un'unità di tutti i terroristi o di tutti i
più radicali gruppi arabi?
«No, questa è pura propaganda israeliana per mettere tutti nello stesso
sacco. La realtà palestinese è differente, la nostra è una lotta di
liberazione, possiamo discutere sui metodi, ma non c'entriamo nulla con
gruppi come Al Qaida, che condanniamo fermanente».
Può essere una speranza la crescita del popolo pacifista in Israele e in
Palestina?
«Si, è una speranza. Ma il mondo ci deve aiutare sollevandosi contro Sharon.
L'obiettivo prioritario, ora, è quello di inviare osservatori internazionali
nelle città palestinese per proteggere la nostra gente».