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Palestina: Un mese di ordinaria follia



http://www.peacereporter.net/it/canali/voci/dossier/040312budrus

Un reportage da Budrus, uno dei tanti angoli di Palestina dove, dopo il
passaggio del muro, niente sarà più come prima

Budrus è uno dei sette villaggi nell'area di Ramallah più vicini alla Green
Line, il confine pre-1967 riconosciuto dalla comunità internazionale.
Tel Aviv si vede ad occhio nudo. Il muro passerà tra il villaggio e la Green
Line, confiscando il 90 percento delle terre ed annettendole ad Israele.
I vicini villaggi di Nihilin, Qibbya e Medea subiranno le stesse perdite. Il
muro, del quale sono in costruzione le fondamenta, passerà a pochi metri
dalla locale scuola e renderà ulteriormente difficoltoso il raggiungimento
di edifici pubblici come ospedali e scuole. In altre realtà palestinesi gli
effetti saranno ancor più devastanti: a Qalqilya l'intera area popolata da
72mila palestinesi è già circondata dal muro e l'unica via di uscita/entrata
è una porta larga 8 metri controllata dai militari.
Alcune associazioni pacifiste israeliane hanno parlato di ghetto e di
prigione a cielo aperto. Il progetto complessivo del muro porterà alla
confisca del 50 percento del territorio palestinese.
30 dicembre 2003 Alcune decine di attivisti stranieri sono arrivati al
villaggio di Budrus. All'alba i militari hanno ripreso la demolizione dei
campi coltivati, imponendo ai palestinesi di non uscire di casa. Ciò non ha
impedito una protesta contro i militari, i quali hanno risposto sparando gas
lacrimogeni e pallottole di gomma.
Queste ultime, nonostante il nome rassicurante, non sono affatto più gentili
di quelle metalliche: i militari mirano spesso alla testa o agli occhi. Nel
secondo caso si perde un occhio, nel primo la pallottola rimane conficcata
nel cranio senza la possibilità di una estrazione, con tutto ciò che ne
consegue in fatto di equilibrio, infezioni, problemi neurologici e psichici.
 Abbiamo fatto visita ad un ragazzo con una pallottola conficcata sopra
l'orecchio, colpito quella stessa mattina. Nel pomeriggio un gruppo di
attivisti, in prevalenza italiani, ha raggiunto l'avamposto militare per
protestare. Alcuni soldati ci hanno minacciato, altri si sono allontanati,
altri ancora ci hanno concesso qualche parola. Alle nostre domande circa l'
illegalità del muro, un ventenne ci ha risposto: "Io non mi domando se il
muro è giusto o sbagliato, eseguo solo gli ordini che mi impongono". L'
incontro si è concluso con le parole di una ragazza sudafricana ad alcuni
soldati: "Quando, pochi minuti fa, vi vedevo da lontano, ero terrorizzata.
Le armi puntate, le jeep, i blindati. Poi quando mi sono avvicinata ho
visto, lo vedo, che siete ragazzi, ragazzi come me, e non mi fate più paura,
siete esseri umani e per questo vi chiedo il senso di questa violenza ed
oppressione".
31 dicembre 2003 Alle 5 del mattino i militari hanno ripreso i lavori per le
fondamenta del muro. Poco dopo è iniziata un'energica e pacifica
dimostrazione: gli attivisti stranieri in testa, donne e bambini dietro,
ragazzi e uomini in fondo. La reazione dei militari è stata particolarmente
violenta. Quattro attivisti israeliani e sette internazionali, tra cui il
parlamentare svedese Gustav Fridolin, sono stati picchiati e trattenuti dall
'IDF (Israeli Defence Force), mentre per i palestinesi c'è stato il solito
trattamento con gas lacrimogeno e proiettili di gomma, che nel solo mese di
gennaio colpiranno oltre 60 persone. La sera, sotto coprifuoco, veniamo a
sapere che gli attivisti fermati si trovano per un primo interrogatorio
nella stazione di polizia di Bet Arye.
1 gennaio 2004 Anche oggi la reazione dei militari alle dimostrazioni è
stata decisamente violenta, con un vero e proprio attacco che ha portato al
ferimento di quindici palestinesi, di uno svedese e di un islandese. Peggior
sorte per i palestinesi rimasti nelle vie del villaggio: con un'asta dotata
di un laccio all'estremità (un'arma in dotazione all'IDF) i militari hanno
frustato le persone che circolavano per le strade, compresi i bambini e i
docenti in prossimità della scuola. Sulle braccia di Surraia, che ci ha
ospitato a casa sua e che insegna aritmetica in quella scuola, sono ancora
visibili i segni del frustino e il sangue sui vestiti.
Nel pomeriggio i militari sono tornati nel villaggio, imponendo il
coprifuoco ed esplodendo numerose bombe suono. Poco dopo hanno fatto
irruzione in una casa arrestando Abdul-Rahman Awad, Abdul-Rahim Awad, Hamza
Omar Awad e Mustafa Sami Awad, ragazzi tra i 16 e i 20 anni che in
precedenza avevano preso parte alle proteste. Nel frattempo ci giungono
notizie degli attivisti internazionali detenuti: ora si trovano nelle
stazioni di polizia di Ariel e Khadera e per loro si prepara l'espulsione.
Per il parlamentare Gustav Fridolin il giudice ha invece commutato l'
espulsione in un invito a lasciare Israele entro due giorni.
5 gennaio 2004 Questa è la storia di un trentenne, Nasir Ahmed Hussein
Murar, nato e cresciuto a Budrus. Nasir è sposato con Mone ed hanno un bimbo
di tre anni, Auus, ed una bimba di un anno, Shams. Quattro giorni fa Nasir è
andato al Centro Militare Israeliano di Ofar, vicino Ramallah. Ai soldati ha
espresso la propria indignazione per la costruzione del muro, per le
violenze e gli abusi. Stanotte, all'una e trenta, i militari israeliani sono
arrivati a casa di Nasir con un mandato di cattura. Nasir ora rischia fino a
sei mesi di detenzione amministrativa, un istituto per il quale si può
essere trattenuti senza incriminazione né processo. L'ordine di detenzione
amministrativa viene dato da un comandante militare e può durare fino ad un
anno, ma può essere rinnovato un numero illimitato di volte.
15 gennaio 2004 Alle due del mattino i militari sono venuti ad arrestare
altri esponenti del Comitato Popolare contro il Muro: il coordinatore, Ayed
Ahmed Hussein Morrar e suo fratello, Nàim Ahmed Hussein Morrar. Un altro
fratello, Nasir, era stato arrestato qualche giorno prima. L'attività di
Ayed, Nàim e Nasir era stata quella di organizzare manifestazioni pacifiche
con la partecipazione di attivisti internazionali (alcuni dei quali ospitati
a casa loro), contro la confisca delle terre e la costruzione del muro.
22 gennaio 2004 Oggi i cittadini di Budrus hanno ricevuto un bellissimo
omaggio dai Rabbini per i Diritti Umani: cento giovani ulivi da piantare al
posto di quelli sradicati dai militari. Palestinesi ed attivisti stranieri
hanno nuovamente manifestato, festeggiando il lieto evento della giornata.
30 gennaio 2004 Alla fine è arrivata la condanna di Nasim. Quattro mesi di
carcere per esser stato promotore di iniziative contro la costruzione del
muro e la confisca delle terre. Un contadino di Budrus ci saluta così:
"Forse non sarò in grado di fermare questo muro, ma questa terra è la mia
vita e la difenderò fino all'ultimo respiro. La storia saprà che io non sono
rimasto in silenzio".

a cura di Daniele Frongia