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Bombay



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DAL MONDO ALLA PUGLIA:
I GUASTI DEL LIBERISMO E LA DOMANDA DI RISCATTO

   All'inizio di gennaio una prestigiosa personalità del Direttorio della
Banca Centrale Europea, Tommaso Padoa Schioppa, ha parlato di "democrazia
da ricostruire" ed ha definito l'anno appena trascorso come "orribile" per
i colpi inferti dai Paesi occidentali più potenti alla pace, alla
collaborazione internazionale e alle attese di giustizia sociale. Gli ha
fatto eco Eugenio Scalfari, una delle penne più autorevoli del liberismo
temperato, che ha denunciato i guasti provocati dalle disastrose politiche
economiche e militari di questi ultimi tempi ed ha affermato, con parole
prese in prestito dalla cultura cristiana, che "l'insieme di queste
politiche farà i poveri sempre più poveri, i deboli sempre più deboli, gli
esclusi sempre più esclusi". E non si tratta di voci isolate perché
all'interno del mondo liberale e liberista, nelle aree più attente e
responsabili, si moltiplicano oramai gli scetticismi nei confronti "delle
magnifiche sorti e progressive" del sistema imperante e crescono le
incertezze e le angosce per gli scenari futuri.
   Ciò che manca è però il coraggio di guardare oltre i sintomi ed i
fattori scatenanti di queste manifestazioni "morbose" per ricercarne le
cause ultime, per fare cioè una precisa diagnosi della grave malattia che
affligge il mondo e rischia di farlo perire. Si, è vero, la politica
dominante ha espresso negli ultimi anni in America ed in Europa le sue più
rozze interpretazioni ma Bush nel mondo e Berlusconi in Italia sono il
prodotto naturale di un potere che più perde e più si dimena scompostamente
per vincere, che più s'accorge dei suoi fallimenti e più si incattivisce,
che più sente sul collo il fiato della protesta sociale e più diventa
pericoloso e aggressivo. Ne è desolante conferma il delirio politico,
provocatorio e violento, con il quale il Presidente del Consiglio, in
occasione dei festeggiamenti per il decennale di Forza Italia, è partito
all'assalto dei magistrati e dell'opposizione per  alzare una cortina
fumogena sulle regressioni ed i danni provocati dalla sua politica e per
aprire all'insegna dello scontro più duro la campagna per l'appuntamento
elettorale di primavera. Il fatto è che la causa delle cause di questa
amara stagione va ricercata nel liberismo globalizzato affermatosi
nell'ultimo decennio col ridimensionamento di quel potere pubblico che era
stato capace di svolgere una funzione di riequilibrio tra i diversi
interessi all'interno del conflitto sociale. Situazione questa che ha
comportato la devastazione dei legami di solidarietà, l'abbattimento dei
presidi a tutela dei più deboli ed il dilagare di deregolarizzazioni,
privatizzazioni ed aziendalizzazioni che hanno esaltato il profitto facendo
arretrare lo Stato sociale.
   Una attenta analista del fenomeno della globalizzazione neoliberista,
Giuliana Martirani, in un suo libro ha richiamato la nostra attenzione su
come sarebbe oggi il mondo se tutta la sua popolazione fosse rapportata a
quella di un villaggio di 100 persone: una persona starebbe per nascere ed
una per morire, 57 sarebbero donne, 70 non bianchi, 70 non cristiani, 80
vivrebbero in case al di sotto dello standard, 70 non saprebbero leggere,
50 soffrirebbero la malnutrizione, solo una persona andrebbe all'università
e solo una avrebbe un computer mentre 6 persone controllerebbero l'intera
ricchezza mondiale e sarebbero americane. C'è veramente da riflettere
sull'enormità degli squilibri e delle ingiustizie. C'è da riflettere e
lavorare per un radicale cambiamento nella convinzione che "un mondo
diverso è possibile" secondo il messaggio di speranza che il Social Forum
mondiale ha in questi giorni rilanciato da Bombay rinnovando l'invito alla
lotta per la pace e la cooperazione internazionale, per la giustizia
sociale, il diritto alle risorse naturali, i diritti umani e di
cittadinanza, la democrazia partecipativa, i diritti dei lavoratori, i
diritti delle donne ed il diritto dei popoli all'autodeterminazione.
   Ma tornando ai guasti provocati in questi ultimi tempi dal liberismo
dobbiamo dire che brilla di malinconica luce questo nostro Paese governato
da logiche che privilegiano gli interessi di pochi facendo scempio dei
diritti di molti. E per guardare poi a realtà ancor più vicine non possiamo
non riservare una preoccupata attenzione alla nostra Regione, quella
"Puglia dei veleni" così definita da tante voci e da tanti servizi
televisivi (ora dimenticati) verso la fine del 2000, all'indomani
dell'apertura a Brindisi di un'inchiesta giudiziaria sui "morti del
Petrolchimico", i cui sviluppi sono seguiti con trepidazione dalle tante
famiglie interessate e da una opinione pubblica da troppo tempo in attesa
di giustizia. Una Regione, quella nostra, che subisce da anni gravi offese
alla salubrità del territorio, al lavoro e alle tutele sociali specialmente
sul versante della sanità, settore scelto dal Presidente Fitto per
costruire le sue fortune di carriera berlusconiana con buona pace delle
popolazioni pugliesi. Una situazione insostenibile che impone la
mobilitazione di tutte le coscienze e di tutte le energie democratiche per
dar voce alla crescente domanda di giustizia e di riscatto sociale, un
movimento che ha bisogno di quel "supplemento d'anima", riveniente dalla
sensibilità cristiana che, nelle sue espressioni più avvertite ed avanzate,
mette in primo piano la centralità della persona, la dignità dell'uomo e la
difesa dei deboli.
   Brindisi, 25 gennaio 2004
Michele DI SCHIENA