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Guerra cieca
14.1.04
Guerra cieca
di GIULIETTO CHIESA (Il Manifesto)
Dunque non solo non c'erano armi di distruzione di massa, ma avevano deciso
di fare la guerra all'Iraq prima ancora di porsi il problema se vi fossero.
Adesso sappiamo (da un premio Pulitzer del giornalismo, Ron Suskind, che ha
raccolto la testimonianza di Paul O'Neill, ex segretario al tesoro Usa) che
George W. Bush aveva cominciato a discutere su come fare la guerra «nei
primi mesi del 2001». Cioè parecchio prima dell'11 di settembre.
Cioè sappiamo che entrambi gli argomenti (armi di distruzione di massa e
connessione con il terrorismo) che sono stati usati per preparare la guerra
erano completamente falsi, inventati a priori. Erano i pretesti del lupo che
ha deciso di mangiare l'agnello e che, bevendo l'acqua del ruscello a monte,
accusa chi gli sta sotto di averla sporcata.
Storia lurida, come luride sono le coscienze di tutti coloro che adesso
tacciono. Se i direttori dei giornali e telegiornali che hanno dato credito
alle menzogne del clan che ha occupato la Casa Bianca fossero persone
decenti, dovrebbero dare alla smentita di oggi lo stesso spazio che diedero
a quelle menzogne. Dovrebbero dire, anche, per esempio, che Tony Blair è un
truffatore o un truffato (nella migliore - per lui - delle ipotesi) e non un
«grande statista». Naturalmente non l'hanno fatto e non lo faranno. Della
qual cosa non ci stupiremo perché li conosciamo.
Non resta che usare tutte le forze di cui disponiamo, respingendo la nausea,
per tirare le somme. Nella capitale della democrazia mondiale sta succedendo
(è già successo) qualche cosa di tremendamente grave. Tanto grave che è
difficile applicare ad esso il giudizio e il metro della politica. Noi siamo
palesemente di fronte a comportamenti doppiamente criminali ai vertici
dell'Amministrazione americana.
Criminali perché organizzarono la guerra per motivi che ancora non rivelano.
Criminali perché hanno ingannato consapevolmente gli americani e il mondo
intero. Migliore spiegazione del perché rifiutano di accettare un tribunale
penale internazionale non potrebbe esserci: ne temono, direttamente e
personalmente, le conseguenze.
Le rivelazioni di O'Neill, cioè di persona che è stata per oltre un anno in
mezzo a quella banda, gettano luci inquietanti sui detentori del potere e
anche sul modo con cui vi sono giunti.
E, adesso, anche, di nuovo, sull'intera vicenda dell'11 settembre.
Ecco perché il presidente - si fa per dire - non rivela, a oltre due anni di
distanza, il contenuto esatto dei documenti che ricevette ai primi di agosto
del 2001. Sappiamo solo, all'incirca, cosa contenevano (la previsione di un
attacco sul territorio americano mediante aerei civili), ma non i dettagli.
Ed è nei dettagli che si nasconde quel segreto terribile.
Possiamo dubitare di queste rivelazioni? O'Neill è stato messo alla porta
dal presidente Bush e potrebbe covare vendetta, ma Suskind ha scritto un
libro, «Il prezzo della lealtà», che si basa su «migliaia di documenti,
inclusi memorandum privati al presidente e trascrizioni delle riunioni del
Consiglio di Sicurezza», tutti fornitigli da O'Neill, tutto materiale
verificabile.
E quando leggiamo che il presidente - si fa per dire - conduceva le riunioni
del suo governo «come un cieco in una congrega di sordi» ci sembra di
vedere, noi che non siamo né ciechi né sordi, che la squadra si è scelta un
fantoccio ben manovrabile. Un re travicello, un imperatore cui si può
ordinare d'incendiare il mondo.
E su questo mondo ci siamo tutti. Ma ritorniamo a chiedere: cosa ci stanno a
fare i nostri carabinieri laggiù, in Iraq? Cosa ci stanno a fare a Kabul?
Che c'entra la nostra bandiera tricolore con i progetti sconsiderati,
immorali e criminali di quel gruppo di sordi guidati da un cieco?