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Dino Frisullo: La letteratura ricomincia dalle vittime
- Subject: Dino Frisullo: La letteratura ricomincia dalle vittime
- From: a@ranchdeiviandanti.it
- Date: Fri, 28 Nov 2003 12:28:28 +0100
DINO FRISULLO
La letteratura ricomincia dalle vittime
Da oggi un suo libro di racconti, con "Il Manifesto", "Carta" e "Liberazione"
TOMMASO DI FRANCESCO - il manifesto - 27 Novembre 2003
Da oggi e per 15 giorni, i lettori de il manifesto, Carta e Liberazione
possono acquistare con 3,50 euro in piu', il libro "Con lo sguardo delle
vittime", guerre, migrazioni, solidarieta', raccontate da Dino Frisullo (con
un saggio di Alessandro Dal Lago). Dovrebbero farlo i nostri lettori, non
solo perche' Dino Frisullo, morto all'improvviso il 5 giugno di quest'anno,
e' stato uno dei nostri piu' appassionati collaboratori, ma soprattutto
perche' possono trovare una delle testimonianze piu' attuali sulle ore e i
giorni che stiamo vivendo. E' di ieri la denuncia dell'Alto commissariato
Onu per i rifugiati, dello stesso Kofi Annan e di Amnesty International che
insieme accusano: l'Unione europea ha di fatto cancellato il diritto d'asilo.
Si straparla del patto di stabilita' sforato, ma di questo buco si tace. Dino
non ha mai taciuto, ha preferito praticare per tutta la vita la "carta dei
diritti
del cittadino" del mondo e schierarsi dalla parte dei migranti, convinto che
un altro mondo e' possibile. E consapevole che, dopo il crollo del Muro di
Berlino, avremmo assistito ad un'altro disordine, che ridisegnava i confini
statuali a partire dallo stesso sud-est europeo, aprendo una stagione
inaspettata di guerre e insieme l'afflusso di un fiume in piena di
diseredati - forza lavoro a buon mercato, ricorda Anna Maria Cotone che,
con Stefano Galieni, ha curato il libro - impoveriti dall'emergente
globalizzazione, a transitare in fuga per i mari e i confini blindati del
mondo. Amava dire "kurdi, palestinesi, africani, indios e altre diaspore".
Amava viverle le diaspore, dalla parte delle vittime. Dello stile della
scrittura di Dino alla fine vorrei dire: diretta, immediata, capace di arrivare
dal frammento al generale e di scoprire nelle moltitudini anche le
solitudini. "Esco dalla stazione Termini con l'atroce notizia appena
ricevuta: tredici profughi kurdi, diretti in Italia, asfissiati come topi a
Patrasso. Mi avvicina un uomo alto e scavato. Lo conosco, e' kurdo. Mi
porge due fogli. Uno e' il diniego dell'asilo perche' "non risulta una
persecuzione ai sensi (...)". L'altro gli intima di lasciare l'Italia. Per
dove?
Alza un lembo della maglietta. Una sola parola: iskenje, tortura. Sulla
pelle segni di bruciature e tagli. La commissione ministeriale ne'
ascoltato...". E' il folgorante attacco del brano - certo non inedito, ma
sempre nuovissimo - "La guerra contro un popolo". Parlava di kurdi e di
Turchia, Dino. Parla di kurdi, ormai dimenticati, e di Turchia. Chissa' che
avrebbe pensato e scritto sugli attentati di Istanbul, quanto avrebbe
sofferto per quelle vittime e per la sua stessa impotenza, per avere da
tempo tentato di rappresentare il disastro di un popolo e di un paese
considerato solo come guardia armata dell'Occidente contro l'Oriente?
Qualcuno puo' pensare che una scrittura spendibile per l'azione di
solidarieta', non sia scrittura ma volantino. No, quella di Dino Frisullo era
narrazione a tutti gli effetti, quasi l'invenzione di una forma nuova: il
racconto-campagna. Costruire intorno alla comunicazione una
testimonianza, era il suo assillo. E la Bossi-Fini non era e non e' una
metafora, per questo Muro era ed e' decisivo passare dalle parole ai fatti,
e organizzare comunicazione e rifiuto netto dell'estensione ai richiedenti
asilo della "detenzione amministrativa", terminologia soft-ministeriale per
i nuovi campi di detenzione dell'Occidente ricco che dapaupera il mondo
e blinda le vetrine in casa propria. In mezzo a tanto giornalistismo, la sua
cultura e professionalita' consisteva anche nel trasformare un
reportage-racconto in analisi introspettiva, per "aprire" le celle e
"spezzare" le frontiere. Come nel testo "Giuramento" che chiude la
raccolta. Travisamenti, somiglianze, volti gemelli occidentali e orientali,
primo campo di detenzione, Ponte Galeria. Omar, figura vera, e tante altre
di fantasia, che per resistere contro l'aggressione della polizia nell'altro
centro di detenzione, l'ex casa di riposo Serraino Vulpitta di Trapani,
incendiano uno stanzone nel quale sono asserragliati e chiusi a forza. E
li' Omar trovera' la morte per fuoco, nonostante l'inaspettata solidarieta'
dell'agente Salvatore, mentre un altro immigrato Ahmet morira' dentro,
cacciato nuovamente. "Io ho visto il lager, nel senso di luogo di
concentramento e di reclusione di esseri umani non colpevoli di reati, io
ho visto il pavimento scoppiato per il calore - scrive Dino - dentro la cella
della morte. Io ho parlato con gli immigrati delle celle accanto...Ed ho
conosciuto molti Ahmet. Spero di ritrovarne qualcuno vivo, prima o poi e di
poterlo salutare senza vergognarmi di me e di noi come ora mi
vergogno".
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