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da nablus



vi inviamo lo scritto di alcuni volontari impegnati nel Presidio
di Pace a Nablus. ricordiamo che il diario e le foto
sono su http://assopace.blog.tiscali.it/
inoltre per gli interessati l'accordo di ginevra è tradotto
su www.assopace.org

Scriviamo dal terrazzo del nostro appartamento alla fine del terzo giorno trascorso in Palestina. Cerchiamo di riordinare le nostre idee evitando che sensazioni ed impressioni fuggano via.
Lunedi' mattina, come indicatoci, prendiamo alla porta di Damasco prima un taxi collettivo fino a Kalandya e poi un autobus. La voglia di interagire e' forte sia in noi che nei palestinesi che incontriamo, cosi' cercando ingenuamente di essere gentili offriamo dei biscotti ad una donna e ai suoi bambini dimenticando che siamo nell'ultimo giorno del ramadam ed e' proibito bere e mangiare dall'alba al tramonto. Cio' pero' non crea problemi, la donna sorridendo ci spiega gentilmente il motivo del suo rifiuto.
Con il bus passiamo un primo posto di blocco all'incrocio con la strada che porta alla piu' grande colonia israeliana della Cisgiordania, Ari'el. Li tutti gli uomini, dopo essere scesi dal bus,devono mostrare i documenti a due militari con il mitra spianato. Tutto si risolve in breve, con battute scherzose sull'Italia e su quanto bella sia Venezia. Questo ci tranquillizza molto.La situazione cambia arrivati ad Hawara, il check-point alle porte di Nablus.
Tutti devono transitare a piedi e mostrare i documenti ma la coda non e' lunga e il passaggio sembra agevole. Quando pero' raggiungiamo il soldato per chiedere il permesso di entrare lui e' irremovibile "Il turismo lo potete fare in altri luoghi d'Israele. Gli stranieri non possono entrare a Nablus". Aspettiamo mezzora e nel frattempo attorno a noi si raggruppano ragazzini che si offrono di trasportare i bagagli con un carrello e sono incuriuositi dalla nostra presenza.
Anche il secondo tentativo e' inutile nonostante il soldato sia diverso ed una nostra maggiore insistenza " Gli stranieri non entrano a Nablus. E' un'ordine che proviene dall'alto.".
Intanto l'altro volontario italiano a Nablus arriva all'altro lato del check-point e cerca di convincere i soldati a farci passare.
Al nostro terzo tentativo ci lasciano passare econtenti e sollevati copriamo il breve tratto che divide i due lati del check-point.
Li incontriamo l'altro volontario.
La situazione non e' rassicurante, un sottufficiale, arrivato in quel momento non solo ci intima di tornare indietro, ma anche, non volendo ascoltare nessuna ragioneobbliga a seguirci il volontario che era venuto a prenderci.
Torna lo sconforto e l'amarezza, sensazioni caratteristiche di chi ogni giorno e' costretto ad affrontare i check-point.
Mentre torniamo verso l'uscita un'uomo ci sussurra che ci puo' aiutare ad entrare a Nablus. Lo seguiamo e montiamo su di un taxi che velocemente ci porta ai piedi di una collina, l'autista ci dice di salire a piedi fino in cima dove ci aspettera' un altro taxi. Cosi' accade e iniziamo un secondo tragitto questa volta per mulattiere interrotte da cumuli di massi e campi di ulivi. Un nuovo momento di tensione in prossimita' di una postazione di avvistamento israeliana, fortunatamente non succede nulla e continua il lungo e dissestato percorso che aggirando le colline ci portera' a Nablus.
Per noi giovani europei questa puo' apparire quasi un'avventura piacevole da raccontare agli amici ma l'indignazione e la rabbia scattano subito pensando a tutti coloro che ogni giorno sono costretti a passare attraverso tutto questo per fare cose semplici,come andare a trovare un parente che abita in un'altra citta', andare al lavoro, all'universita' o semplicemente muoversi in quella che e' di diritto la LORO TERRA.