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Lettera aperta ai soldati ed agli ufficiali della base




[Questa lettera e' stata consegnata da "Beati i costruttori di pace" alle basi 
statunitensi di Vicenza e di Longare, il giorno 6 agosto, anniversario della 
bomba su Hiroshima]

LETTERA APERTA AI SOLDATI ED AGLI UFFICIALI DELLA BASE

Vogliamo rivolgervi un saluto, augurarvi una buona giornata.
Nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo riusciti ad ottenere 
l'autorizzazione dal vostro comandante a parlare con voi. E' come se fossimo 
noi  quelli pericolosi, come se delle persone che vogliono condividere con 
voi un'opinione, seppure diversa, fossero una minaccia da cui difendersi. Noi 
crediamo che il rispetto reciproco, il dialogo e lo scambio possano creare 
quel rapporto di fiducia che, tutto sommato, è la miglior difesa che si possa 
avere. Ne siamo convinti.

Negli anni abbiamo avuto modo di conoscere e collaborare con molti soldati il 
cui compito era prevenire la guerra. Noi non crediamo di essere prevenuti nei 
confronti delle persone in divisa e vorremmo che lo sapeste. Sebbene abbiamo 
sempre condannato tutti coloro che decidono le guerre, riconosciamo quanto 
sia diverso dare ordini da distante e affrontare dal di dentro il macello 
della guerra. Spesso sono i militari stessi ad essere contrari alla guerra 
perché la vedono da vicino, la soffrono sui loro corpi. Sappiamo che un 
reduce su quattro della Guerra del Golfo è oggi un disabile. E questo non è 
la conseguenza di azioni nemiche.

Vorremmo che sapeste che per noi ogni vita umana è di valore inestimabile: è 
vero che spesso nell'esprimere la nostra opposizione alla guerra parliamo 
solo della tragedia dei morti civili, ma vi vogliamo assicurare che le vite 
dei militari per noi sono ugualmente preziose perché vite umane.

La pace sarà il frutto dello sforzo e del concorso di tutti. Molte volte 
proprio l'azione di soldati che si ribellano ad ordini ingiusti ha salvato 
molte vite, ha cambiato la situazione, dando la svolta alla guerra.
 
Abbiamo letto documenti di soldati USA che denunciano la grande ingiustizia di 
questa e altre guerre. Non sono obiettori di coscienza (anche se poi molti di 
loro lo sono diventati), sono uomini e donne che hanno scelto carriere 
militari e che desiderano tenere alto l'onore militare. Ciò che hanno scritto 
ha aiutato anche noi a mettere a fuoco la realtà: riconosciamo la grande 
differenza tra l'uso della forza regolamentata per il mantenimento della 
pace, per la difesa delle popolazioni inermi, per la prevenzione della 
violenza, e invece l'uso sproporzionato, la mancanza di distinzione tra 
obiettivi militari e civili, ecc. Le testimonianze di alcuni soldati e 
ufficiali vostri compatrioti da dentro l'Iraq ci dipingono una realtà diversa 
da quella riferita dai portavoce governativi o dai capi di stato maggiore. 
Proprio perché vedete le cose da dentro, non possiamo insieme costruire 
qualcosa di nuovo?

I reduci statunitensi che hanno combattuto altre guerre hanno scritto parole 
commoventi e convincenti. (*) Vi preghiamo di trovare il tempo per ascoltare 
le voci di questi vostri compatrioti. Perché è sempre e solo dopo che 
arrivano le denuncie dei crimini? Perché non è possibile vedere già prima le 
conseguenze delle nostre azioni, prima di compierle? Il Presidente Bush ha 
sdoganato il nucleare. Le armi atomiche non sono più un tabù. Ormai, da 
decenni, pensavamo tutti che il nucleare sarebbe presto stato messo al bando 
e che nel frattempo sussisteva solo come deterrente. Invece, adesso è stato 
dichiarato dall'Amministrazione USA che si svilupperanno nuove atomiche 
tattiche da usare come primo colpo. A noi sembra che già l'uso di armi 
all'uranio impoverito abbia avuto conseguenze devastanti per i soldati che le 
hanno lanciate, per le loro famiglie e ancor di più per le popolazioni che 
sono state colpite. Se guardiamo le conseguenze, possiamo forse dire che le 
armi all'uranio impoverito sono già armi di distruzione di massa?

Oggi commemoriamo Hiroshima, la prima bomba atomica sganciata 58 anni fa. Non 
ripetiamo la storia, i suoi errori, i suoi crimini. Il colonnello Paul 
Tibbetts, che quella mattina del 6 agosto 1945 pilotava l'Enola Gay, alla 
vista del fungo atomico, gridò disperato: "Mio Dio, che cosa abbiamo fatto!"

Voi siete in Italia adesso, fuori dal vostro paese, siete in un certo senso 
rappresentanti del popolo statunitense. Forse non vi sentite molto amati, ma 
anche su questo vorremmo poter discutere con voi. Vorremmo che vi poneste 
qualche domanda sulle certezze di cui vive la vostra cultura, guardando la 
storia anche dal punto di vista degli altri popoli del mondo. I vostri 
governanti vi dicono che le vostre azioni servono a portare libertà e 
democrazia, ma poi quando incontrate gli altri popoli non è amore o 
gratitudine che vi esprimono. Vi ricordiamo le parole dei reduci: "Affinché 
un giorno tutte le persone del mondo possano essere libere, dovrà pure 
arrivare il momento in cui sarà più importante essere cittadino del mondo che 
non essere soldato di un paese."
 
Tutti abbiamo bisogno degli altri. Non abbiamo bisogno di armi e dell'uso 
della forza; abbiamo bisogno di comprensione e tenerezza. L'11 settembre una 
giovane palestinese scrisse una lettera aperta al popolo degli Stati Uniti: 
"Cari fratelli e sorelle americane, noi sentiamo il vostro dolore e ci 
stringiamo a voi; ma voi lo sentite il nostro?"

Dopo l'11 settembre anche noi scrivemmo una lettera aperta al popolo 
statunitense. Lasciate che ve ne citiamo un brano. "Ci chiediamo come può 
essere veramente significativa l'espressione della nostra solidarietà a tutte 
le vittime e ai loro familiari. Vorremmo che tutto il popolo statunitense 
potesse capire e soprattutto sperimentare in questo momento di smarrimento e 
sofferenza quanto è importante la solidarietà e la tenerezza degli altri 
popoli. E vorremmo che i suoi governanti e responsabili politici avessero la 
saggezza di comprendere che non l'egemonia costruita sulla forza economica e 
sulle armi, ma la collaborazione con tutti alla pari è la grande risorsa 
politica per garantire la sicurezza mondiale e per rispondere alle urgenze 
dell'umanità e del pianeta." 

Un saluto di pace.

6 agosto 2003.


(*) Appello di coscienza da parte dei Reduci delle Forze Armate degli Stati 
Uniti ai militari effettivi ed ai riservisti
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_1196.html


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francesco iannuzzelli    francesco@peacelink.org
associazione peacelink   http://www.peacelink.it