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del mondo kurdo n.20



Del mondo kurdo n. 20

A cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia - Via Quintino
Sella 41, 00187 Roma

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"Cessa la mia missione di pace"  KurdishObserver, 6 luglio 2003

Dalle note degli avvocati di Abdullah Ocalan che lo hanno incontrato il 2
luglio scorso.

 "Cessa la mia missione di pace. Continuerò per altri due mesi. Sarò
paziente. Il resto sarà deciso dal KADEK, dal popolo e dalla Turchia. Non
do ordini a nessuno e non prendo ordini. Ciò non è dovuto a pressioni ma
alla mia posizione. Il resto dipende da loro, responsabilmente li avverto
che se inizieranno ad attaccare la popolazione non resterà nulla
dell'economia: né oleodotti, né turismo. Perché è nella natura della guerra
causare tutto ciò. Deve essere spiegato chiaramente alla popolazione. Noi
vogliamo veramente la pace. E' il desiderio dei kurdi. E credo che lo
vogliano anche i turchi. Chiedo allo Stato di valutarlo con la massima
attenzione. Ho fermato l'azione del PKK ma alcuni gruppi vogliono la guerra
con insistenza. Il popolo turco dovrà capire che la pace significherà
sbarazzarsi della crisi economica.

Spero sinceramente che la pace sia stabilita. Spero sinceramente che la
pace sia stabilita ma se la guerra sarà imposta, sarà sempre più onorevole
che la capitolazione e l'umiliazione. La mia morte qui sarà una morte
onorevole. Ho fatto il mio meglio per la pace. Morire ha lo stesso valore
di vivere. Il presente processo è di estrema importanza. La pace ha ancora
più del 50% di possibilità. Spero possa prevalere.

Presento alcune proposte e aggiustamenti per la "road map" della pace e
della partecipazione democratica. Sono proposte che si accordano con quelle
presentate dal Consiglio di Presidenza del KADEK:

1.       Modifiche legislative e costituzionali che permettano ai kurdi di
coesistere nella Repubblica democratica secondo la loro identità;

2.       l'istruzione in kurdo deve essere riconosciuta e il bando sulla
lingua e la cultura kurda deve essere annullato;

3.       ritorno dei rifugiati, degli esiliati e di coloro che sono sulle
montagne; amnistia per i prigionieri politici e concessione a loro del
diritto di partecipare alla vita democratica;

4.       i diritti politici e democratici devono essere riconosciuti e
devono essere tolti i divieti alla liberta di pensiero e di associazione.
La legge sulle elezioni e sui partiti politici deve essere democratizzata.
Dovrà essere incrementata l'autorità delle amministrazioni locali e la
democrazia dovrà essere rafforzata.

5.       dovrà essere riconosciuto il diritto al ritorno per i profughi dei
villaggi e dovranno essere prese, a tale proposito, delle misure
amministrative ed economiche;

6.       il sistema delle guardie di villaggio e le truppe paramilitari
devono essere abolite;

7.       lo sviluppo democratico, che dovrebbe aversi seguendo queste
linee, dovrà essere monitorato scrupolosamente:

Propongo, inoltre, la creazione di due comitati separati per lo sviluppo
della "road map". Il primo deve essere come quello sudafricano, guidato da
Desmond Tutu. Deve essere un comitato studiato e adattato alle condizioni
della Turchia. Sarà per la pace, la giustizia e la fratellanza. Dovranno
parteciparvi figure nuove: intellettuali, scrittori, artisti, democratici.

Il secondo sarà un Comitato per la Soluzione Democratica che dovrebbe
assumere il ruolo di mediatore per la risoluzione della questione kurda.
Dovrà essere in diretto contatto con le parti e assicurare il disarmo sulla
base di una soluzione democratica. Intellettuali, rappresentanti di ONGs e
partiti politici potranno parteciparvi. La Conferenza per la risoluzione
della questione kurda, che si terrà i prossimi 5 e 6 luglio potrebbe
produrre questa soluzione. Coloro che lavorano per la piattaforma
democratica potranno anche essere membri del comitato. Dovrà essere messo
alla prova, confrontarsi col governo e col CHP. Dovrà portare la questione
alla Unione europea e alle altre organizzazioni internazionali e tentare di
ottenerne il sostegno e l'aiuto.

E' fondamentale il desiderio del DEHAP di fungere da mediatore. Non deve
rinunciare, deve guidare gli sforzi per raggiungere la mediazione
summenzionata. Deve lanciare una campagna. I prossimi due mesi sono di una
estrema importanza. Ognuno dovrebbe utilizzare al meglio questo periodo. Le
forze democratiche, specialmente in Turchia, hanno una grande
responsabilità sulle loro spalle. Se lo Stato non va avanti sulla strada
della mediazione e  della riconciliazione si assume una grande
responsabilità sulle sue spalle. Non c'è alcun chiaro e duraturo cessate il
fuoco. Se non accettano le nostre proposte, significherà avallare un
processo di negazione e distruzione: un processo estremamente pericoloso
per tutti. E' chiaro che cercano di resistere a questo. Io non dirò mai
"Facciamo la guerra". La mia opzione è la pace. Parlo di una madrepatria
comune e di pace. Ma la distruzione e l'annientamento sono imposti con
ostinazione. Se ci sarà la riconciliazione e il dialogo ci sarà un cessate
il fuoco reciproco e più garantito. La pace e la soluzione democratica
potranno essere sviluppate.

Lancio questo appello agli intellettuali e a tutti gli altri gruppi
presenti in Turchia, tutti dovrebbero lanciarlo. La guerra non deve essere
permessa.

I due comitati dovranno lavorare relazionandosi l'uno con l'altro. L'uno
col compito di investigare e studiare, se lo posso dire in un altro modo
direi che avrebbe il compito di compiere un lavoro teorico; l'altro avrebbe
il compito di mettere in pratica, di implementare il lavoro del primo. La
"road map" per la pace sarà completata nel 2005. L'ho detto prima, per quel
periodo la gente rinchiusa nelle prigioni o che si trova sulle montagne
dovrà poter partecipare alla Repubblica democratica. Procedere con uno
sviluppo graduale è più utile per entrambe le parti. La "road map" proposta
può essere utilizzata anche in altre parti del Kurdistan. E dopo potrebbe
essere sentita come una "Road map" comune e democratica per tutti i kurdi.
Ogni tipo di nazionalismo è pericoloso. Il nazionalismo kurdo, quello
arabo, quello persiano e quello turco hanno provato a combattersi. Propongo
la "road map" contro tutti questi pericoli, per tutti i kurdi. Potrebbe
essere modificata a secondo delle caratteristiche delle diverse parti del
Kurdistan. Persino Sharon ed Arafat stanno tentando la pace dopo un tale
spargimento di sangue. Perché non noi? Se ci sarà una guerra, ci sarà una
grande distruzione. Stiamo per giungere al momento finale.

Io faccio un appello anche al popolo turco. Noi non ci sentiamo
responsabili solo verso i kurdi ma anche verso i turchi. La pace è la
salvezza per tutti. Io sfido anche gli altri paesi e dico: Kurdistan libero
in una Turchia democratica, Kurdistan libero in una Siria democratica,
Kurdistan libero in un Iraq democratico, Kurdistan libero in un Iran
democratico, Kurdistan libero in un Medio Oriente democratico".

         "Nuovo pronunciamento della Corte europea dei diritti umani"
AFP, 11 luglio 2003

La CEDU riesaminerà la richiesta presentata dal leader kurdo Abdullah
Ocalan, che sta scontando una sentenza capitale in Turchia per attività
separatiste, ha dichiarato venerdì la Corte. In una dichiarazione, la
Grande Camera della Corte di Strasburgo, composta da 5 giudici, ha detto
che rivedrà la sentenza emessa lo scorso marzo, per quanto concerne le
numerose richieste avanzate da Ocalan a riguardo dei trattamenti subiti.
(Š) Il leader detenuto, che ha condotto il fuorilegge PKK, ha depositato
una richiesta alla Corte sull'illegalità del suo arresto, le condizioni di
detenzione e il processo. (Š) Gli avvocati di Ocalan si sono appellati e la
Corte ha accettato di procedere a nuovo esame. La Corte non ha ancora
annunciato la data dell'udienza.

             Donna kurda rapita, violentata e torturata dalla polizia.
KurdishMedia, 18 giugno 2003

 "Lo stupro di Gullbahar Gunduz è un attacco a chiunque combatta per la
libertà, per la giustizia e la pace. Gullbahar Gunduz, della Sezione
femminile del DEHAP di Istanbul, è stata rapita, torturata e violentata,
questa settimana, dalla polizia per otto ore. Questo è un attacco
deliberato alle donne, al loro attivismo nella battaglia per la pace, per
la democrazia e la giustizia in molte parti del mondo, non solo in Turchia
e Kurdistan.

Sin dal 31 marzo, ovunque vi siano kurdi sono state intraprese delle
iniziative sotto il motto: "Per la pace sociale e la partecipazione
democratica". Lo stato turco è determinato a distruggere questa iniziativa
politica  utilizzando un metodo di lotta conosciuto come "guerra sporca".

Anche a Diyarbakir una manifestazione delle Madri della pace, che
protestavano contro il rapimento di Gunduz, è stata duramente repressa
dalla polizia. Le donne avevano diffuso un comunicato nel quale chiedevano
una amnistia generale come precondizione per una pace generale: "il primo
passo per stabilire la pace è la dichiarazione di una amnistia generale
incondizionata. Per i nostri figli la possibilità di tornare alle loro case
e per tutti noi quella di vivere insieme e in pace. Questa amnistia deve
includere le forze del KADEK e il Presidente, Abdullah Ocalan. Le armi
devono tacere una volta per sempre. Le madri debbono essere in grado di
parlare apertamente della pace che hanno nei loro cuori".

Condanniamo questi attacchi contro i gruppi e le organizzazioni che stanno
sostenendo una pace giusta nel Medio Oriente con tutte le loro forze. La
campagna del popolo kurdo per la pace deve essere sostenuta dalle
associazioni per i diritti umani e dalle organizzazioni pacifiste. Bisogna
sostenere le proteste contro l'uso, da parte del governo turco, di un
incessante terrore teso a distruggere il processo di pace.

 Amnistia generale: milioni di firme presentate all'Assemblea
nazionale turca       KurdishObserver, 3 luglio 2003

Nel quadro della Campagna nazionale lanciata per promuovere una amnistia
generale per tutti i prigionieri politici e gli attivisti politici, oggi
accusati di terrorismo, il DEHAP, attraverso una sua delegazione, ha
presentato all'Assemblea nazionale oltre un milione di firme. La
Delegazione del DEHAP, formata dal vice Presidente del Partito Osman
Oczelik e da altri rappresentanti dell'Assemblea del partito e delle
amministrazioni locali ha portato in parlamento oltre un milione di firme,
ben prima del tempo stabilito: "Adesso presentiamo al parlamento le firme
raccolte in 116 faldoni e 22649 pagine. Sono più di un milione ma ce ne
sono altre che ci devono essere ancora inviate. Abbiamo raggiunto il nostro
obiettivo e presentiamo le nostre firme per promuovere la pace sociale, lo
sviluppo della Turchia e un'amnistia generale."

Ozcelik ha detto che è loro intenzione presentare la petizione prima che il
governo discuta la legge in materia, già messa in agenda.

La legge del governo prevede l'amnistia per ogni attivista del KADEK che
possa provare di non aver mai compiuto azioni armate contro obbiettivi
turchi: " Con migliaia di attivisti coinvolti, una legge che ne tuteli
soltanto un centinaio non risolve nulla".

Ozcelik ha sottolineato che ci sono state  decine di migliaia di persone
costrette a scappare all'estero  e altre che sono finite in prigione: "Per
loro deve essere voltata pagina".

Oltre alle firme è stata presentata all'Assemblea nazionale anche una
lettera scritta da Ozelik nella quale, il vice Presidente del DEHAP,
evidenzia come i due principali problemi della Turchia siano la necessità
della democratizzazione e di trovare una soluzione alla questione kurda:
"Sino ad oggi la questione kurda è stata considerata un problema di
terrorismo risolvibile soltanto attraverso misure militari".

Oszelik sottolinea come il KADEK sia una conseguenza della soluzione
creatasi e che il disarmo di questo non porterebbe come conseguenza
automatica alla risoluzione della questione kurda.

La lettera di Oszelik chiede all'Assemblea nazionale di soddisfare le
seguenti richieste:

Ø      una amnistia generale per tutti i prigionieri politici, i
guerriglieri del KADEK e i rifugiati politici;

Ø      l'abolizione di tutte le leggi che prevedono un qualsiasi divieto
alla diffusione della lingua, della cultura e della identità kurda e delle
altre minoranze. Queste culture, identità e lingue devono essere oggetto di
tutele costituzionali;

Ø      la lingua kurda deve poter essere liberamente utilizzata;

Ø      educazione in madre lingua: sia in kurdo che in altre lingue diverse
dal turco;

Ø      libertà di espressione del proprio pensiero  e di associazione;

Ø      abolizione del sistema delle guardie di villaggio e diritto dei
profughi al rientro nei loro villaggi;

Ø      rilascio dei deputati del DEP, come già previsto dalla Corte europea
dei diritti umani.



Operazioni militari a Dersim
              KurdishObserver, 3 luglio 2003

Continuano le operazioni militari turche iniziate tre giorni fa nei
distretti di Hozat e Ovacik. Si è saputo che accanto al villaggio di
Geyiksuyu ha preso posizione, con 150 veicoli miliari, la quarta brigata
che ha iniziato ad inviare i suoi uomini sulle montagne. Altri mezzi e
truppe del  51° sono state inviate nelle campagne circostanti, artiglieria
pesante è stata dislocata a Geyiksuyu e Karaoglan.

14 militari morti nel corso di operazioni militari
        KurdishObserver, 5 luglio 2003

Mentre continuano le operazioni militari in Kurdistan, lo scorso 26 giugno
si è registrato uno scontro a fuoco, tra le Forze di difesa popolare (HPG)
e le Forze militari turche nel distretto di Baskale (Van), conclusosi con
la morte di 14 soldati e il ferimento di un sergente. Il sergente ferito è
stato portato all'ospedale militari di Van, i guerriglieri kurdi hanno
detto di non aver subito perdite. Lo scontro si inserisce in un quadro
regionale che vede il proseguimento delle operazioni militari turche nelle
regioni di Dersim e del Karacaoglan.

Proseguono gli scontri fra le Forze di difesa popolare e l'esercito a
Dersim          Flashbulletin, 10 luglio 2003

        Continuano gli scontri nel Kurdistan turco. Le operazioni militari
lanciate dalle truppe di Ankara, lo scorso 25 giugno, nella regione di
Hozat e Cemisgezek si stanno allargando a tutto il territorio della
provincia di Dersim. Sino ad ora si contano 5 morti tra le truppe turche,
che hanno anche avuto 12 feriti e due deceduti tra le fila della
guerriglia. L'operazioni militare lanciata lo scorso 5 luglio nella zona di
Kazigman e Agri è ancora in corso.

         Il Consiglio di Stato bandisce il kurdo
KurdishObserver, 5 luglio 2003

Il decimo Dipartimento del Consiglio di Stato ha deciso, dietro richiesta
dell'ex Direttore generale delle "Radio e Televisioni turche"- TRT- Yucel
Yener, di sospendere l'applicazione del regolamento che prevedeva la
possibilità di effettuare trasmissioni radio-televisive anche in kurdo.  Il
pronunciamento del Consiglio fa riferimento a "danni irrimediabili" che
tale regolamento creerebbe, decidendone quindi la sospensione sino alla
decisioni finale che dovrà essere presa sul caso. Il regolamento è entrato
in vigore dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dello scorso
18 giugno.

Nome kurdo? Niente carta d'identitàŠ
KurdishObserver, 5 luglio 2003

            Sebbene le leggi necessarie all'ingresso nella UE siano già in
vigore e il Programma nazionale sia già stato riformato; tre fratelli
kurdi, Azad (Libertà), Bawer (Credere) e Welat (Patria), sono senza
documenti di identità che le autorità non vogliono concedere a causa dei
nomi kurdi che i tre portano. Gli unici documenti in possesso dei tre sono
quelli scolastici nei quali, invece, i nomi sono indicati. Il padre dei tre
ragazzi, Nizam Denis, si era recato all'anagrafe di Bitlis per richiedere
il rilascio dei documenti ma, quando ha comunicato i nomi dei figli, gli è
stato fatto sapere che, con quei nomi, non sarebbe stato possibile ottenere
i documenti. Nonostante le pressioni fatte anche dagli insegnanti dei
ragazzi (che hanno dai 12 ai 14 anni e che hanno bisogno delle Carte di
identità per adempiere agli obblighi scolastici) il caso sembra non potersi
risolvere: la legge, infatti, non vieta espressamente i nomi kurdi ma quei
nomi che, in qualche modo siano riconducibili a immagini di violenza o
guerriglia.



Karasu: lo scopo è quello di causare instabilità.            Kurdish
Observer, 8 luglio 2003

Partecipando telefonicamente ad in programma su Medya TV Mustafa Karasu,
esponente del Consiglio di presidenza del KADEK, richiama l'attenzione sul
fatto che le unità dei corpi speciali turchi arrestate dagli statunitensi
nel Kurdistan meridionale nei giorni scorsi si trovavano lì con l'intento
di organizzare nuovi attentati volti a provocare e destabilizzare.

"Ma i componenti delle forze speciali turche sono attivi in vari modi. Il
loro scopo è quello di organizzare attentati e attacchi per poter minare il
movimento di liberazione" ha detto Karasu. Richiamando l'attenzione sulla
situazione presente in Turchia ha ribadito il fatto che sia conveniente
porre in azione le forze democratiche in Turchia dove va praticata la nuova
strategia. Karasu ha continuato dicendo che ciò potrà essere possibile
soltanto tramite le forze democratiche, che insieme a quelle della sinistra
devono sentirsi responsabili e credere nella democrazia come questione di
unità, alleanza e fronte comune. Per questo Karasu ha ancora richiamato i
democratici a sostenere questa strada " parlano con l'Europa, con l'Iran,
la Siria e gli Usa, ma non con i kurdi stessi. Mentre le loro relazioni con
PUK e KDP utili a liquidare il KADEK, ma è stato dimostrato che l'approccio
più ragionevole è quello indicato dal Presidente Apo". Karasu ha infine
sottolineato come alla richiesta di dialogo del KADEK non sia stata data
risposta.   Richiamando l'attenzione sul fatto che coloro che vogliono
risolvere al questione devono essere più attivi, l'esponente del Consiglio
indica che il ruolo della conferenza sulla questione kurda che si è tenuta
ad Ankara sarebbe di estrema importanza e ha chiesto alle forze
democratiche di farsi mediatrici. Karasu ha infatti detto che se le forze
democratiche e la società fossero più insistenti la soluzione sarebbe
imminente. Karasu ha anche indicato i possibili pericoli nel caso invece in
cui non si trovasse una soluzione e ha dichiarato che "comprendiamo che lo
Stato turco ancora non può prendere decisioni circa la soluzione della
questione kurda e la democratizzazione e che le nostre richieste restano
ancora in sospeso se continuano in questo modo e non trovano maniere per
una soluzione democratica una guerra sarà inevitabile, vuoi o no i popoli
potrebbero tornare ai propri metodi."

 Siamo ad un nuovo pericolo di guerra in Kurdistan ?

Ancora negazione e distruzione da parte del governo turco
UIKI - Comunicato stampa, 14 luglio 2003

I kurdi hanno avviato ormai da 45 giorni, in ogni parte del mondo, una
grande campagna internazionale per l'amnistia generale, la pace sociale e
la soluzione democratica per comunicare la propria determinazione. Si
rivolgono all'opinione pubblica europea e internazionale, oltre che turca,
perché pronti per una soluzione democratica e per dialogare, il loro
impegno è quello di informare tutti e tutte della propria buona volontà.
Ma, lo stato turco ancora continua a non concedere risposte accettabili
nemmeno a questa campagna.

Il movimento kurdo, che da 4 anni ha avviato un cessate il fuoco
unilaterale per la soluzione pacifica e democratica della questione kurda,
non ha ancora ottenuto altra risposta da parte turca, che operazioni
militari ed attacchi contro le manifestazioni democratiche e violenze
contro le donne e contro chiunque si stia battendo per la soluzione
democratica. Il governo turco dichiara e propone all'UE ed alle altre
realtà interessate di voler fare dei passi in avanti per la democrazia, ma
tutto questo non è altro che parole sulla carta, non è sufficiente, anzi è
la dimostrazione di una mentalità sciovinista e anti-democratica, sono
dichiarazioni che non corrispondono alla realtà dei fatti.

Vogliamo qui di seguito richiamare l'attenzione su alcuni esempi che sono
la più eclatante dimostrazione della situazione attuale in Turchia.  Mentre
negli ultimi 4 anni, i kurdi proponevano le più diverse manifestazioni ed
aperture per chiedere pace e democrazia, da parte turca sono state
perpetrate numerose azioni di repressioni ed operazioni militari, negli
ultimi tempi poi, a seguito della caduta del regime di Saddam, il tenore di
tali operazioni si è notevolmente innalzato. Questo fatto ci preoccupa
molto. Per esempio i paramilitari turchi appropriandosi delle uniformi dei
guerriglieri si presentano nei villaggi e attaccano i civili, come è
successo negli ultimi giorni a Bingol. Con lo stesso metodo bloccano i
convogli sulle strade di villaggio come è stato a Dersim, requisendo soldi
e beni preziosi dalla gente, spacciandosi proprio per guerriglieri kurdi.
Un altro esempio, sono stati anche gli attacchi ai villaggi del Kurdistan
meridionale, fatti sempre abusando delle uniformi kurde, un caso molto
importante e grave si è svolto ad Amedie. Infine, a Suleymania dove i piani
degli ufficiali turchi sono quelli di attentare alla vita dei membri del
Consiglio di presidenza del KADEK (si tratta di quegli ufficiali che i
militari americani hanno arrestato il 4 luglio scorso!). Mentre, giovani
kurdi e kurdo, che hanno voluto dimostrare per la pace sociale ad Ankara,
sono stati arrestati, uno di loro è stato legato e trascinato da un mezzo
blindato. Senza dimenticare poi Gulbahar Gunduz, esponente della sezione
femminile del Dehap che è stata aggredita, rapita e violentata da 4
poliziotti ad Istanbul. Vogliono imporre una nuova legge, non per porre le
basi di una democrazia, ma per il pentimento. Inaccettabili, così sono le
risposte che negli ultimi mesi la parte turca sta offrendo ai kurdi.

Queste attività del governo turco sono provocazioni per una nuova guerra in
Kurdistan.  La questione kurda sta giungendo ad un livello di alta
sensibilità, è molto importante fare qualcosa contro tutto questo, se
vogliamo impedire una nuova guerra.