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Costruire la pace
<http://www.chiamafrica.it>
31 maggio 2003
ARENA DI PACE.
Per alcuni un evento, per altri un giorno come tanti, o peggio un motivo
per ironizzare perché, come si dice, conta di più chi è più forte. E'
comunque un appuntamento. Vorrei esserci e manifestare per la Pace come
segno e frutto di relazioni tra i popoli legati da una comune dignità, per
darci istituzioni mondiali capaci di creare e custodire condizioni di pace
per tutti. E' l'obiettivo del secolo.
E' bello manifestare con la bandiera arcobaleno riconosciuta da milioni e
milioni di cittadini del mondo come aspirazione e simbolo di pace. Se anche
i piccoli della terra ne vedono il bisogno vuol dire che i tempi sono
maturi. Prima e dopo la guerra in Irak si è guardato all'ONU. Un'
istituzione necessaria, ma nella forma attuale, inadeguata a rispondere
alle attese e ai bisogni di oggi. Come il vestito di un bimbo addosso ad un
uomo adulto. Penso che la società civile, insieme a politici, uomini di
scienza, responsabili delle varie confessioni religiose, e quanti hanno a
cuore il futuro dell'umanità, sia particolarmente investita della
responsabilità di lottare e lavorare per creare o rinnovare istituzioni
internazionali adeguate ai tempi di oggi. Sono troppi e pericolosi i vuoti
che si sono creati nei vari ambiti dell'organizzazione della vita umana.
Questo a vantaggio di alcuni gruppi di potere e a scapito di moti.
Abbiamo preso coscienza del problema. Perché ci sia pace occorre
un'estensione di democrazia e partecipazione. Beni e pesi, doveri e
diritti. Ma per crescere, la democrazia ha bisogno di strumenti adeguati, a
livello regionale come a livello mondiale. L'alternativa è il governo di
una super-potenza e di gruppi di potere che controllano economia,
informazione, armamenti con l'esclusione di una grande parte dell'umanità
dai diritti fondamentali.
Sto vivendo con altri compagni e amici il riflusso di un dolore immenso che
scorre nel continente africano: diritti negati, massacri, milioni di morti.
C'è chi è interessato, per esempio, alla continuazione della guerra in
Congo, uno dei paesi più martoriati dell'Africa, per prolungare lo
sfruttamento delle ricchezze. E' la denuncia fatta dal Consiglio di
Sicurezza nel gennaio 2003. Uno studio sulla mortalità reso pubblico
nell'aprile scorso calcola che a partire dallo scoppio della guerra nel
1998, fino a novembre 2002, data di completamento dello studio, ci sono
stati almeno 3,3 milioni di morti (ma, forse, fino a 4,7 milioni) in più
rispetto alle morti che si potevano prevedere normalmente per il periodo
prese in esame. (fonte I.R.C., USA). "La guerra di nessuno", hanno scritto
Dario Fo, Jacopo Fo e Franca Rame. E' sconvolgente! E' urgente ripartire da
quelle vittime, come da tutti gli esclusi dalle libertà fondamentali e dai
beni primari, medicine, acqua, istruzione, per ritrovare il senso e il
gusto del diritto, la forza di volere per tutti un futuro diverso, dove
ogni donna, ogni uomo, ogni popolo possa vivere e godere il dono della vita.
Oggi chi porta la bandiera della pace non può dimenticare il dramma
dell'Africa.
Il movimento pacifista di questi anni vero soggetto della storia
contemporanea, ha le mani libere e la forza innovativa per dare una
risposta e un contributo importante alle aspirazioni di pace e di giustizia
per tutti i continenti.
E' quanto ci aspettiamo dall'Arena di Pace a Verona, dalla Perugina-Assisi
in ottobre, dagli appuntamenti che saranno fissati dalla vita. La Pace è
una realtà complessa, la bandiera resta un simbolo, è necessario molto
lavoro personale e collettivo perché sia un frutto maturo del tempo della
globalizzazione. E' indubbio, il futuro spinge verso una crescita di
umanità. Bandiere sui balconi, bandiere sulle strade, un segno della
volontà di superare i conflitti con il dialogo e non con la forza delle
armi, ma anche un impegno a pagare il prezzo della Pace.
Ho pensato al segno lasciato da Gesù che più rivela il suo modo di lottare:
la croce. La parola diventa resistenza, fiducia nella vita, abbandono al
padre.
La croce che abbatte i muri delle divisioni, il segno del dono di sé sino
al sangue versato. La pace possiamo e dobbiamo costruirla sull'apertura di
noi stessi tradotta nel quotidiano con l'accoglienza, la solidarietà, il
perdono come assunzione degli altri nel cerchio della nostra
responsabilità. E' la condizione della maturazione del nostro essere. E' la
sfida della fraternità.
P.Silvio Turazzi