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"senza confini" di Luigi Pintor



Senza confini
di Luigi Pintor

La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si
apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre
consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la
sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza
tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure
una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di
subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo
punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.
Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli
dirigenti. Dall'89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro
riferimenti e sono passati dall'altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono
tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che questo dipenda
dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l'opinione maggioritaria
moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio
più che l'unica risorsa disponibile.
Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale.
Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si
fanno dell'Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si è aperto.
Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto è solo
propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un
manifesto, l'anima non c'è da tempo e ora non c'è la faccia e una fisionomia
politica credibile. E' una constatazione non una polemica.

Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito
della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una
potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole,
sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualità e
alle prospettive.
Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C'è un'umanità
divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due
parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire.
Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una
estraneità riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule
superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere
un'opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione
del mondo e dell'esistenza quotidiana. Non una bandiera e un'idealità ma una
pratica di vita. Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo stato
di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell'uccisione e della
soggezione di sé e dell'altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo
abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile.
Una internazionale, un'altra parola antica che andrebbe anch'essa abolita ma
a cui siamo affezionati. Non un'organizzazione formale ma una miriade di
donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede,
la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano
e riconoscono quasi d'istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel
nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un
giro circoscritto e geloso. Ora è un'area senza confini. Non deve vincere
domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è
reinventare la vita in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste.