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"Sopravviverà il movimento pacifista?"



San Francisco, Londra, Roma e Berlino: domani tornano
le manifestazioni. Dopo le bombe si cercano nuovi obiettivi
L'ultima sfida dei "No war"
sopravvivere anche alla pace
dall'inviato FEDERICO RAMPINI


SAN FRANCISCO - Sopravviverà il movimento pacifista a quelle immagini 
storiche da Bagdad, della folla festante mentre si abbatteva la statua di 
Saddam Hussein? A sfilare contro la guerra, quando tanti iracheni esultano 
per la fine di una dittatura sanguinaria, non c'è il rischio di stare dalla 
parte sbagliata della Storia? I dubbi agitano le coscienze, attraversano 
quell'ampio schieramento di forze mobilitate contro la guerra, che domani 
tornano a manifestare in molte città del mondo - da Roma a Berlino, da 
Londra a San Francisco. Rischiano di essere meno numerosi che nei mesi 
scorsi, quelli che scenderanno in piazza per protestare contro una guerra 
ormai quasi finita. E insieme alle difficoltà create dalla rapida vittoria 
angloamericana affiorano nuove divisioni nel fronte pacifista.

"Questo movimento deve cambiare rapidamente indirizzo, focalizzarsi su 
obiettivi nuovi" dice Hari Dillon di MoveOn, uno degli organizzatori della 
manifestazione di domani a San Francisco. "Sapevamo che sarebbero arrivati 
i momenti difficili. Sono arrivati prima del previsto" dice Paul George del 
Peace and Justice Center. In nessun altro posto la crisi del movimento per 
la pace è stata così repentina come in California, roccaforte della 
sinistra americana. In due settimane i sondaggi hanno registrato un 
terremoto. Si è passati da una maggioranza di "no" alla guerra prima che 
iniziasse, al risultato clamoroso di questo martedì (quando ormai la 
vittoria era certa, e con un bilancio di vittime modesto tra gli 
angloamericani): 76% di californiani favorevoli alla guerra, 63% perfino 
nella Bay Area di San Francisco e Berkeley, solitamente un'isola di 
radicalismo.


Due settimane di combattimenti hanno provocato cambiamenti impensabili. 
L'organizzazione pacifista guidata dall'ex ministro della Giustizia Ramsey 
Clark ha comprato un paginone di pubblicità sul San Francisco Chronicle per 
l'impeachment di Bush e Cheney. In altri tempi avrebbe riscosso solo 
applausi, in questa zona dove Al Gore stravinse su Bush nel 2000: invece il 
giornale è stato subissato di proteste dai lettori, contrari ad attaccare 
il capo dello Stato quando i soldati americani sono al fronte. E sempre a 
San Francisco è stato applaudito un comizio del candidato democratico alle 
presidenziali Joseph Liebermann, che come molti suoi compagni di partito ha 
appoggiato la guerra di Bush.

Anche a Washington e a New York il movimento pacifista americano ora cerca 
di risalire la china aggiornando gli obiettivi. Non è facile riconquistare 
influenza in un'America ricompattata dalla vittoria. "Certo che a Bagdad 
sono felici di essere liberati di Saddam - dice Andrew Buffa leader di 
United for Peace and Justice - ma non vogliono un'occupazione militare 
americana del loro paese". I nuovi titoli-denuncia apparsi sul sito 
Antiwar.com alla vigilia della manifestazione di domani illustrano il 
cambio di priorità: "La prossima guerra di Rumsfeld: Siria, Iran o Corea 
del Nord?", "Dove sono le prove delle armi chimiche?", "Chi controllerà il 
petrolio iracheno, gli amici del Pentagono?", "Stragi di civili, ospedali 
allo stremo: è una catastrofe umanitaria". Ma il rischio è che ai cortei di 
massa del mese scorso si sostituiscano manifestazioni più piccole e più 
radicali.

La Gran Bretagna ha vissuto lo stesso declino. Il milione di manifestanti 
che paralizzarono Londra il 15 febbraio per denunciare l'asse Blair-Bush, 
si era già dimezzato nei cortei del 22 marzo, cioè quando i soldati inglesi 
erano ormai al fronte. Come in America, era scattata la solidarietà con i 
propri ragazzi in pericolo, e il riflesso patriottico.

Domani quanti sfileranno a Londra? "La guerra non è finita - dice Chris 
Nineman portavoce del movimento britannico Stop The War Coalition - e 
malgrado il trionfalismo dei nostri media la gente sente che stiamo 
imponendo un'occupazione coloniale. Bush e Blair ci trascinano verso 
un'avventura di cui non conosciamo la fine".

A Berlino la leader del movimento no-global Attac, Malte Kreutzefeld, 
ammette che "la situazione è difficile per i pacifisti". Anche per 
l'effetto che hanno avuto sull'opinione pubblica tedesca le manifestazioni 
spontanee di migliaia di immigrati iracheni che sono scesi in piazza a 
Norimberga per festeggiare la caduta di Saddam. Ma il potente sindacato Dgb 
conferma che parteciperà al corteo di Berlino e il suo slogan adesso è 
"Vogliamo l'Onu per ricostruire l'Iraq".

In Italia il largo fronte per la pace vive la stessa difficile ricerca di 
una seconda fase. Il comitato organizzatore della manifestazione di domani 
continua a denunciare una guerra "ingiusta e illegale", che ormai però 
sembra giunta alle battute finali. Vittorio Agnoletto del Social Forum 
chiede "l'autodeterminazione del popolo iracheno" ma questo, almeno 
ufficialmente, è l'obiettivo dichiarato anche da Bush e Blair. Bertinotti 
invita a scendere in piazza contro la strategia della guerra preventiva, 
perché questa non sia "la prima delle guerre di un ciclo".

Resta però il ricordo che l'ala radicale del movimento si augurava la 
vittoria irachena, cioè del regime di Saddam. I Ds e la Cgil puntano sul 
ruolo dell'Onu per la ricostruzione dell'Iraq. É la posizione di Chirac e 
Schroeder, e in fondo dello stesso Blair. É la partita decisiva su cui già 
si concentra la diplomazia internazionale, ma non è uno slogan così potente 
come il "no alla guerra" che fece scendere decine di milioni di persone in 
piazza nel mondo intero.

(11 aprile 2003)
http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccoventicinque/nowar/nowar.html



Tom Hurndall, 21 anni, stava proteggendo dei bambini a Rafah
Per i medici dell'ospedale locale è "clinicamente morto"
Gaza, sparano i soldati israeliani
pacifista britannico in agonia
Nuovi raid aerei nel Sud


GAZA - Ancora un pacifista colpito dal fuoco israeliano. Tom Hurndall, 21 
anni, è stato ferito alla testa mentre faceva da scudo umano per proteggere 
dei bambini palestinesi a Rafah. E' stato dichiarato "clinicamente morto". 
La radio militare israeliana ha confermato l'incidente ma lo ha descritto 
così: "il giovane è entrato nella traiettoria dei proiettili".

Fonti giornalistiche palestinesi riferiscono che Tom Hurndall è stato 
vittima di colpi sparati dall'esercito israeliano in un campo profughi, al 
confine tra Gaza e l'Egitto. Il giovane attivista stava aiutando dei 
bambini a attraversare la strada in una zona sotto il fuoco dei soldati. I 
medici dell'ospedale di Rafah hanno detto che per lui non c'è più nulla da 
fare.

Tom Hurndall faceva parte di un gruppo di dodici persone dell'International 
solidarity movement (Ism), associazione impegnata contro la demolizione di 
case palestinesi. Lo scorso 16 marzo, sempre a Rafah, una giovane americana 
dell'Ism, 
<http://www.repubblica.it/online/esteri/terriquattordici/nove/nove.html>Rachel 
Corrie, era stata travolta e uccisa da una ruspa militare israeliana. 
Qualche giorno fa a Jenin (Cisgiordania), altri due militanti sono stati 
colpiti da soldati israeliani: un giovane americano è stato ferito 
gravemente al volto da un proiettile sparato da un blindato, mentre un 
danese è rimasto ferito in maniera lieve dopo essere stato colpito dai 
militari.


E un nuovo raid aereo è stato compiuto oggi da elicotteri israeliani contro 
obiettivi palestinesi nel Sud della striscia di Gaza, non lontano dalla 
colonia ebraica di Nevé Dekalim. Fonti locali riferiscono che gli 
elicotteri hanno sganciato almeno cinque razzi. Prime stime indicano che 
almeno sei palestinesi sono rimasti feriti dalle esplosioni.

Secondo il sito di Yediot Ahronot, Ynet, che cita fonti militari 
israeliane, l'obiettivo dell'attacco erano alcuni ordigni deposti sul 
terreno da una cellula palestinese. Le fonti hanno precisato che in 
precedenza vedette israeliane avevano notato una cellula palestinese 
intenta a deporre ordigni in una zona prossima a una colonia ebraica di 
Gush Katif, nel sud della striscia di Gaza. Gli elicotteri sono intervenuti 
a due riprese. I primi colpi sono serviti a tenere a debita distanza civili 
palestinesi. Successivamente, secondo queste fonti, sono state centrate le 
cariche deposte sul terreno dalla cellula.

(11 aprile 2003)
http://www.repubblica.it/online/esteri/terriquindici/pacifista/pacifista.html