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"Sopravviverà il movimento pacifista?"
- Subject: "Sopravviverà il movimento pacifista?"
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti@peacelink.it>
- Date: Fri, 11 Apr 2003 20:36:48 +0200
San Francisco, Londra, Roma e Berlino: domani tornano
le manifestazioni. Dopo le bombe si cercano nuovi obiettivi
L'ultima sfida dei "No war"
sopravvivere anche alla pace
dall'inviato FEDERICO RAMPINI
SAN FRANCISCO - Sopravviverà il movimento pacifista a quelle immagini
storiche da Bagdad, della folla festante mentre si abbatteva la statua di
Saddam Hussein? A sfilare contro la guerra, quando tanti iracheni esultano
per la fine di una dittatura sanguinaria, non c'è il rischio di stare dalla
parte sbagliata della Storia? I dubbi agitano le coscienze, attraversano
quell'ampio schieramento di forze mobilitate contro la guerra, che domani
tornano a manifestare in molte città del mondo - da Roma a Berlino, da
Londra a San Francisco. Rischiano di essere meno numerosi che nei mesi
scorsi, quelli che scenderanno in piazza per protestare contro una guerra
ormai quasi finita. E insieme alle difficoltà create dalla rapida vittoria
angloamericana affiorano nuove divisioni nel fronte pacifista.
"Questo movimento deve cambiare rapidamente indirizzo, focalizzarsi su
obiettivi nuovi" dice Hari Dillon di MoveOn, uno degli organizzatori della
manifestazione di domani a San Francisco. "Sapevamo che sarebbero arrivati
i momenti difficili. Sono arrivati prima del previsto" dice Paul George del
Peace and Justice Center. In nessun altro posto la crisi del movimento per
la pace è stata così repentina come in California, roccaforte della
sinistra americana. In due settimane i sondaggi hanno registrato un
terremoto. Si è passati da una maggioranza di "no" alla guerra prima che
iniziasse, al risultato clamoroso di questo martedì (quando ormai la
vittoria era certa, e con un bilancio di vittime modesto tra gli
angloamericani): 76% di californiani favorevoli alla guerra, 63% perfino
nella Bay Area di San Francisco e Berkeley, solitamente un'isola di
radicalismo.
Due settimane di combattimenti hanno provocato cambiamenti impensabili.
L'organizzazione pacifista guidata dall'ex ministro della Giustizia Ramsey
Clark ha comprato un paginone di pubblicità sul San Francisco Chronicle per
l'impeachment di Bush e Cheney. In altri tempi avrebbe riscosso solo
applausi, in questa zona dove Al Gore stravinse su Bush nel 2000: invece il
giornale è stato subissato di proteste dai lettori, contrari ad attaccare
il capo dello Stato quando i soldati americani sono al fronte. E sempre a
San Francisco è stato applaudito un comizio del candidato democratico alle
presidenziali Joseph Liebermann, che come molti suoi compagni di partito ha
appoggiato la guerra di Bush.
Anche a Washington e a New York il movimento pacifista americano ora cerca
di risalire la china aggiornando gli obiettivi. Non è facile riconquistare
influenza in un'America ricompattata dalla vittoria. "Certo che a Bagdad
sono felici di essere liberati di Saddam - dice Andrew Buffa leader di
United for Peace and Justice - ma non vogliono un'occupazione militare
americana del loro paese". I nuovi titoli-denuncia apparsi sul sito
Antiwar.com alla vigilia della manifestazione di domani illustrano il
cambio di priorità: "La prossima guerra di Rumsfeld: Siria, Iran o Corea
del Nord?", "Dove sono le prove delle armi chimiche?", "Chi controllerà il
petrolio iracheno, gli amici del Pentagono?", "Stragi di civili, ospedali
allo stremo: è una catastrofe umanitaria". Ma il rischio è che ai cortei di
massa del mese scorso si sostituiscano manifestazioni più piccole e più
radicali.
La Gran Bretagna ha vissuto lo stesso declino. Il milione di manifestanti
che paralizzarono Londra il 15 febbraio per denunciare l'asse Blair-Bush,
si era già dimezzato nei cortei del 22 marzo, cioè quando i soldati inglesi
erano ormai al fronte. Come in America, era scattata la solidarietà con i
propri ragazzi in pericolo, e il riflesso patriottico.
Domani quanti sfileranno a Londra? "La guerra non è finita - dice Chris
Nineman portavoce del movimento britannico Stop The War Coalition - e
malgrado il trionfalismo dei nostri media la gente sente che stiamo
imponendo un'occupazione coloniale. Bush e Blair ci trascinano verso
un'avventura di cui non conosciamo la fine".
A Berlino la leader del movimento no-global Attac, Malte Kreutzefeld,
ammette che "la situazione è difficile per i pacifisti". Anche per
l'effetto che hanno avuto sull'opinione pubblica tedesca le manifestazioni
spontanee di migliaia di immigrati iracheni che sono scesi in piazza a
Norimberga per festeggiare la caduta di Saddam. Ma il potente sindacato Dgb
conferma che parteciperà al corteo di Berlino e il suo slogan adesso è
"Vogliamo l'Onu per ricostruire l'Iraq".
In Italia il largo fronte per la pace vive la stessa difficile ricerca di
una seconda fase. Il comitato organizzatore della manifestazione di domani
continua a denunciare una guerra "ingiusta e illegale", che ormai però
sembra giunta alle battute finali. Vittorio Agnoletto del Social Forum
chiede "l'autodeterminazione del popolo iracheno" ma questo, almeno
ufficialmente, è l'obiettivo dichiarato anche da Bush e Blair. Bertinotti
invita a scendere in piazza contro la strategia della guerra preventiva,
perché questa non sia "la prima delle guerre di un ciclo".
Resta però il ricordo che l'ala radicale del movimento si augurava la
vittoria irachena, cioè del regime di Saddam. I Ds e la Cgil puntano sul
ruolo dell'Onu per la ricostruzione dell'Iraq. É la posizione di Chirac e
Schroeder, e in fondo dello stesso Blair. É la partita decisiva su cui già
si concentra la diplomazia internazionale, ma non è uno slogan così potente
come il "no alla guerra" che fece scendere decine di milioni di persone in
piazza nel mondo intero.
(11 aprile 2003)
http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccoventicinque/nowar/nowar.html
Tom Hurndall, 21 anni, stava proteggendo dei bambini a Rafah
Per i medici dell'ospedale locale è "clinicamente morto"
Gaza, sparano i soldati israeliani
pacifista britannico in agonia
Nuovi raid aerei nel Sud
GAZA - Ancora un pacifista colpito dal fuoco israeliano. Tom Hurndall, 21
anni, è stato ferito alla testa mentre faceva da scudo umano per proteggere
dei bambini palestinesi a Rafah. E' stato dichiarato "clinicamente morto".
La radio militare israeliana ha confermato l'incidente ma lo ha descritto
così: "il giovane è entrato nella traiettoria dei proiettili".
Fonti giornalistiche palestinesi riferiscono che Tom Hurndall è stato
vittima di colpi sparati dall'esercito israeliano in un campo profughi, al
confine tra Gaza e l'Egitto. Il giovane attivista stava aiutando dei
bambini a attraversare la strada in una zona sotto il fuoco dei soldati. I
medici dell'ospedale di Rafah hanno detto che per lui non c'è più nulla da
fare.
Tom Hurndall faceva parte di un gruppo di dodici persone dell'International
solidarity movement (Ism), associazione impegnata contro la demolizione di
case palestinesi. Lo scorso 16 marzo, sempre a Rafah, una giovane americana
dell'Ism,
<http://www.repubblica.it/online/esteri/terriquattordici/nove/nove.html>Rachel
Corrie, era stata travolta e uccisa da una ruspa militare israeliana.
Qualche giorno fa a Jenin (Cisgiordania), altri due militanti sono stati
colpiti da soldati israeliani: un giovane americano è stato ferito
gravemente al volto da un proiettile sparato da un blindato, mentre un
danese è rimasto ferito in maniera lieve dopo essere stato colpito dai
militari.
E un nuovo raid aereo è stato compiuto oggi da elicotteri israeliani contro
obiettivi palestinesi nel Sud della striscia di Gaza, non lontano dalla
colonia ebraica di Nevé Dekalim. Fonti locali riferiscono che gli
elicotteri hanno sganciato almeno cinque razzi. Prime stime indicano che
almeno sei palestinesi sono rimasti feriti dalle esplosioni.
Secondo il sito di Yediot Ahronot, Ynet, che cita fonti militari
israeliane, l'obiettivo dell'attacco erano alcuni ordigni deposti sul
terreno da una cellula palestinese. Le fonti hanno precisato che in
precedenza vedette israeliane avevano notato una cellula palestinese
intenta a deporre ordigni in una zona prossima a una colonia ebraica di
Gush Katif, nel sud della striscia di Gaza. Gli elicotteri sono intervenuti
a due riprese. I primi colpi sono serviti a tenere a debita distanza civili
palestinesi. Successivamente, secondo queste fonti, sono state centrate le
cariche deposte sul terreno dalla cellula.
(11 aprile 2003)
http://www.repubblica.it/online/esteri/terriquindici/pacifista/pacifista.html