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"telecamere esigono il rito mediatico": giù la statua di Saddam




Cronaca dalla piazza del Paradiso dove troneggia una delle mille statue di Saddam a braccio teso 

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Vengono per liberare l'Iraq da un incubo, ma sono accolti con freddezza. Nessuno sventola la loro bandiera, pochi hanno il coraggio di ringraziare, pochissimi di stringere loro la mano. Gli scudi umani li prendono a parolacce: "Tornate a casa, assassini", gli urlano. Ma i marines non fanno una piega. Il colonnello Brian Mac Coy, comandante del terzo battaglione del 7[ba] reggimento dei marines, biondo, alto, sui 35 anni, originario di Norman in Oklahoma, coperto di polvere da capo a piedi come si conviene a un militare, entra nel "Palestine".

Baaed Abbas, il direttore, gli fa gli onori di casa. Lo ringrazia perfino di averli liberati "da Ali Baba e i quaranta ladroni" e lo invita al primo piano a rinfrescarsi con un ottimo tè iracheno. Mac Coy accetta di buon grado e infila le scale preceduto dal signor Abbas, l'unico non ostile tra gli iracheni che affollano la hall. Non siamo un esercito di occupazione - spiegherà poco dopo il comandante dei marines - il nostro unico compito è garantire la sicurezza di quest'area". Sul fatto che appena ventiquattr'ore prima della liberazione due giornalisti siano stati uccisi dal fuoco americano, Mac Coy o non sa o finge di non sapere. 

I minuti trascorrono lenti mentre la piazza poco alla volta si riempie. Una ventina di ragazzi trovano finalmente il coraggio di raccogliersi davanti al bronzeo monumento dell'ex padre-padrone di questo paese, che si staglia sullo sfondo della cupola della moschea "14 Ramadan". Saltano fuori una scala, una corda e un piccone, per provare a buttare giù il colosso di ferro. Le telecamere più che la gente lo impongono, in trepida attesa come sono che si compia il rito mediatico: riprendere l'immagine-simbolo della fine della storia. Ma niente, la statua resiste a tutti gli assalti. Un soldato americano poi monta sul piedistallo e fa sventolare la bandiera a stelle e strisce. Si accorge però d'aver commesso una gaffe e per fortuna prontamente la ripiega. E' più giusto che sventoli la bandiera irachena. Tra gli applausi ne salta finalmente fuori una. Ma il Saddam di ferro continua a resistere, non vuole proprio saperne di capitolare. Ha la corda stretta intorno al collo a mo' di cappio, ma è ancora in piedi. Poi qualcuno decide di fissare quella corda a un blindato che muovendosi la divelle dal basamento facendola finalmente cadere nella polvere. La testa rotola via con in groppa un ragazzo tra risate e applausi. L'enorme corpo si trasforma in una pista da ballo per la folla festante. Distrutto il Moloch, arriva sempre più gente. Cominciano a crederci anche gli iracheni. Non è una messinscena, questa è realtà. 


RENATO CAPRILE
inviato di Repubblica 10/4/03
http://www.repubblica.it/online/esteri/diariotre/liberati/liberati.html



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