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Appello agli uomini e donne di buona volontà



APPELLO AGLI UOMINI E DONNE DI BUONA VOLONTA'



Quarant'anni fa Lanza del Vasto fece un digiuno per tutta la durata della
Quaresima per sostenere la richiesta di una parola forte, chiara, decisa,
sulla Pace e la nonviolenza durante il Concilio Vaticano II. Scrisse una
lettera a Giovanni XXIII per spiegare le motivazioni che lo inducevano a
quel gesto. La risposta arrivò il giovedì santo: la Pacem in terris
rispondeva a quasi tutte le richieste soprattutto a quella della messa al
bando delle armi nucleari.

In questi 40 anni sono successe tante cose positive per merito della
nonviolenza, la caduta del muro di Berlino, i movimenti popolari che nel
1989 hanno dissolto parecchi regimi autoritari, la fine della
contrapposizione est-ovest. In questi ultimi tempi questa forza morale si è
espressa con un popolo di pace, che, sia pure senza capi, è arrivato a
decine di milioni in tutto il mondo, con le dichiarazioni nette e concordi
delle confessioni religiose, senza timori per il potere costituito.

Ma la Pace è tuttora calpestata in tante parti del mondo

Abbiamo pregato, abbiamo digiunato, abbiamo marciato, ma la guerra è
scoppiata in Iraq.

Non ci fermeremo! Continueremo a pregare, digiunare, marciare.

Proponiamo un digiuno a staffetta per tutta la durata di questa sciagurata
guerra.

Un digiuno gandhiano, a sola acqua, per almeno un giorno alla settimana a
rotazione. Chiediamo di diffondere e sostenere per quanto possibile questa
azione affinché sia segno e testimonianza della verità della nonviolenza
come forza della Giustizia, leva della conversione per la soluzione dei
conflitti. Una nonviolenza che è stile di vita e metodo di lotta.

Proponiamo la resistenza spirituale, la preghiera incessante, il
boicottaggio dei marchi coinvolti in questa guerra, l'obiezione di
coscienza e la disobbedienza civile per ogni atto che, anche nei paesi non
belligeranti, contribuisce alla prosecuzione di questo ingiusto e
illegittimo conflitto, cominciando a vivere in maniera più sobria e
tessendo relazioni di pace e nonviolenza nel quotidiano.

PACE FORZA GIOIA

               Movimento italiano dell'Arca di Lanza del Vasto



Ecco la lettera che Lanza del Vasto inviò al papa Giovanni XXIII al suo
arrivo a Roma:

Roma, 4 marzo 1963

Santo Padre,

rispondendo al suo appello, sono venuto dalla Francia a Roma per fare
penitenza in onore del concilio, di questo Concilio della riconciliazione
che da anni sognamo senza mai aver sognato che potesse essere cosa reale e
vicina.

Mi accingo a digiunare fino alla mattina di Pasqua, compiendo così quaranta
giorni di muta e intensa preghiera. Mi animano tre motivi:

Il primo è la coscienza delle mie colpe che mi rendono troppo indegno di
innalzare una richiesta al cielo.

Il secondo è la domanda: che il nostro papa goda di buona salute, perché
siamo pieni d'amore per l'uomo che ha voluto trasformare la maestà
pontificale in bontà paterna.

Il terzo è la nostra attesa, di fronte alla minaccia di Guerra totale,
della parola conciliare di cui il mondo ha oggi bisogno, di una parola
audace, assoluta, insomma evangelica.

Mi consenta di soffermarmi un po' su questo punto di vitale importanza. In
realtà tutto il bene che attendiamo dal concilio a chi gioverà se la Guerra
totale che ci si prepara ci trasforma in una montagna di cadaveri o in un
popolo di lebbrosi o se, anche senza guerra, le radiazioni della materia
disintegrata fanno sorgere generazioni di mostri?

So che Vostra Santità non ama i profeti di sventura e non vorrei esserne
uno. Ma non dite che sono tutte cose da fantascienza: si iscrivono nella
folle logica del secolo, oltre al fatto che la deflagrazione universale può
prodursi da un momento all'altro per puro incidente.

Chi proteggerà i popoli dalla loro ignoranza, dalla loro inerzia, dalla
loro incoscienza?

Chi li proteggerà dai loro capi, ciechi alla guida di ciechi, loro stessi
guidati dal Principe di questo mondo?  Chi proteggerà la Creazione di Dio e
tutte le bellezze e le bontà in essa contenute, contro le bramosie, le
paure, gli orgogli oggi armati per distruggere tutto?

Chi altri se non la chiesa,  Mater et Magistra? A lei spetta il compito di
avvertire, di esortare, di implorare, di indicare le soluzioni. Guardate
quel che è successo in Svizzera dove un arcivescovo ha incitato il popolo a
dare il suo consenso all'arma di morte. Se Roma avesse parlato questa
vergogna non peserebbe su noi cattolici. Se questa volta non parla, il
cattivo esempio sarà seguito, moltiplicando il pericolo.

È vero che la chiesa non ha il potere di imporre le sue volontà ai governi
legittimi, ne quello di opporsi ad essi, salvo se è pronta a tornare nelle
catacombe. Non si tratta però di imporre, ne di opporre e nemmeno di
rivolgersi ai governi (i governi continueranno a gettare sull'avversario la
colpa dell'aggressione e ad attendere che l'altro disarmi per primo).

Si tratta di strappare dalla bocca dei nemici della nostra chiesa l'accusa
che le rivolgono di essere complice dei governi nelle loro imprese
sanguinarie, mentre le dichiarazioni papali in favore della pace non sono
che teoria e retorica, per non dire maschera!

È molto difficile contestare questa tesi fintanto che un'interpretazione
abusiva dei Romani XIII fa per noi dell'obbedienza cieca al potere
stabilito, per cattivo che sia, un dovere religioso.

Non c'è speranza che in Dio, e Dio opera dal di dentro, nella coscienza
degli uomini liberi. La sola speranza è quindi in un risveglio della
coscienza cristiana, debitamente educata, in misura di resistere alle
tentazioni, seduzioni e costrizioni in virtù delle quali il potere la fa
entrare nel suo gioco.

La Resistenza spirituale è esattamente il contrario della ribellione, della
sovversione, dell'anarchia, perché «obbedire a Dio piuttosto che agli
uomini» è freno per il Potere quando devia e zelo a servirlo per il bene
comune.

La Resistenza spirituale non è assolutamente rinuncia alla legittima difesa
e alla lotta per la giustizia. In ogni tempo è la più legittima delle
difese e nell'era atomica la più ragionevole e possibile: l'unica che non
comporta la distruzione di quel che si pretende difendere.

La Resistenza spirituale consiste nell'opporre al male non un male della
stessa natura e di segno opposto, bensì un bene eguale e appropriato.

«Noi possediamo, dice l'apostolo, armi non carnali; esse, con la grazia di
Dio, hanno la forza di rovesciare fortezze.» È chiaro che i cristiani che
hanno fatto e visto crollare tanti imperi non possono riporre la loro
fiducia in quelle armi e nella bomba H contemporaneamente.

Circola confidenzialmente un progetto di schema sulla guerra e la pace, di
cui un frammento fu pubblicato dalle "Informations Catholiques
lnternationales". Se si risolvesse di adottarlo esso risponderebbe in gran
parte alle nostre aspirazioni.

Esso contiene parole che non si prestano a equivoci, come la seguente: «La
distruzione in massa di intere popolazioni, come avvenne nei bombardamenti
di Amburgo, di Lipsia e di Hiroshima, è un crimine che grida vendetta al
cielo.»

Oppure come questa: «Chi dà ordini contrari al diritto delle genti deve
aspettarsi di essere disobbedito.»

Ma se è cosi, se la Guerra totale è un crimine, non si dovrebbe forse
insistere sull'affermazione che la preparazione del crimine è già un
crimine? Dichiarazione di conseguenze gravi e immediate, che l'uomo che in
tempo di pace lavora all'armamento atomico non potrebbe più ignorare che è
in colpa e che dovrebbe cambiar mestiere.

C'è di più: ogni cittadino che rimane inerte di fronte all'urgenza del
pericolo dovrebbe sapere che è in colpa e che tramite la parola, lo scritto
o qualsiasi altro mezzo piccolo o grande a sua portata, deve rompere la
complicità del silenzio e destarsi prima che sopraggiunga l'irreparabile.

Infine ciò che, a nostro umile avviso, manca del tutto è un paragrafo in
cui venissero esposte le quattro regole della Resistenza spirituale:

1. Che essa venga portata avanti senza spargimento di sangue.

2. Senza frode ne menzogna, a viso scoperto, senza eludere i castighi,
anzi, al contrario, provocandoli e sopportandoli con dolce fierezza.

3. Con il rispetto per l'avversario, per la sua libertà, per la sua dignità
e la preoccupazione di convertirlo.

4. Che sia una testimonianza della verità secondo cui il sacrificio ha una
virtù che salva (è la lezione della croce e la tradizione dei martiri).

E si dovrebbe ricordare che la Resistenza spirituale ha dimostrato la sua
efficacia pratica nella liberazione dell'India e in svariati conflitti
privati o pubblici sia in occidente che in oriente, storia poco nota e che
merita uno studio attento in questi tempi di estremo pericolo.

Mi scuso di queste pagine forse inutilmente lunghe. È possibile che la
supplica silenziosa del digiuno completo sarebbe bastata a dire tutto
questo e ben di più, meglio che le parole.

Comunque sia, rimango ritirato e nascosto nel convento cistercense di
Frattocchie. La cosa è nota solo a qualche raro amico e ad alcuni
ecclesiastici. Spero che la stampa non farà rumore intorno a questo gesto.

Lo depongo tremante ma non senza speranza ai piedi di vostra Santità e nel
cuore di Nostro Signore misericordioso. Ossequi devoti.

              Lanza del Vasto