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22/03 Bologna: presentazione del libro "Banche Armate alla Guerra"



Invito alla società civile, movimenti antagonisti, mediattivisti, a
chiunque sia interessato a conoscere i veri moventi geopolitici e
finanziari dietro la Guerra al Terrorismo.

Sabato 22 marzo 2003 ore 22
Presentazione del caso letterario

Banche armate alla guerra
L'intrigo politico - finanziario
dietro la guerra infinita

di Simone Falanca
Presso la LIBRERIA Modo Interno 4 via Mascarella 24/b, Bologna

Sarà presente l'autore
Interverrà

Gennaro Scala (Economia di Guerra)
Seguirà dibattito.

Introduzione


Il progetto Banche Armate nasce dalla mia esperienza quotidiana di
webmaster di Zaratustra.it e di mediattivista anche per altri media
indipendenti italiani. Esperienza questa che mi ha impegnato e per certi
sensi "obbligato" a informarmi con particolare attenzione in quest'ultimo
anno, sugli aspetti ancora poco noti dell'attentato alle torri gemelle
dell'11 settembre. Già mentre assistevo in diretta alla televisione e
subito dopo su Internet, a quel "bombardamento non convenzionale" ho
cominciato a pormi delle domande: come è potuto succedere? Dove era la CIA?
L'Fbi?
L'ipotesi che l'organizzatore di tutto ciò fosse solamente il barbuto e
folkloristico Osama bin Laden già non stava in piedi. Eppure la gran cassa
di risonanza mediatica globale additava perentoria il suo indice di
condanna verso il regime afghano dei talebani e l'onnipresente "rete del
terrore" di Al Qaeda. Eppure nessuno dei presunti dirottatori dell'11
settembre era afghano, la maggi! or parte era saudita, gli altri nord
africani. E allora come era possibile non accorgersi di questa situazione?
In questo libro dimostreremo come non sia vero che le autorità americane -
comprese le intelligence - non fossero a conoscenza dei piani dei
dirottatori di Al Qaeda. Smonteremo, una ad una, le versioni ufficiali
fornite dal governo Usa e dai principali network mondiali schieratisi
acriticamente dalla parte della guerra al terrorismo.
Non troverete in questo libro teorie complottistiche o certe strane e
astruse leggende metropolitane che girano su internet da diverso tempo
(tipo quella dell'aereo che non si sarebbe schiantato sul Pentagono o
quella delle spie israeliane sui tetti di Manhattan a godersi lo spettacolo
delle torri che cadono). Abbiamo deciso di riportare e citare solo le tesi
più documentate e serie che trovano riscontro nei documenti ufficiali e
nella realtà effettuale dei fatti.
Inoltre analizzeremo come e perché, politicamente ed economi! camente,
l'America ha avuto bisogno dell'11 settembre per portare avanti i suoi
progetti geopolitici e finanziari di accaparramento delle ultime risorse
energetiche del pianeta e di rilancio dell'industria bellica nazionale.
Non solo. La verità è che già dal 12 settembre 2001 molti governi
(democratici e non) di molti paesi del mondo, con la scusa della lotta al
terrorismo, hanno eliminato molti oppositori interni. Non passava giorno
senza che venissimo a sapere che una nuova presunta cellula di Al Qaeda era
stata eliminata, dopo essere stata trovata in possesso di una
cartina-delle-torri-gemelle-e-di-un-manuale-di-volo.
Ogni giorno ci servivano lo stesso mantra. Ogni pretesto era buono pur di
reprimere il dissenso.
Ma l'11 settembre non serviva solo a zittire i dissidenti. L'11 settembre
veniva bene anche per mettere a posto i conti delle maggiori multinazionali
mondiali, con la scusa della congiuntura sfavorevole molti governi
avrebbero potuto finanziare e mett! ere a posto i conti delle Grandi
Società che cominciavano a sentire il peso della recessione, antecedente di
un anno al Grande Attentato.
Ma si sbagliavano. Non avevano ancora capito che il bluff della new economy
aveva i giorni contati, non potevano ancora darla a bere a tutti quanti.
Dietro l'angolo c'era lo scandalo Enron, lo scandalo della società di
revisione dei conti Andersen, e poi un'infinità di società che sono
letteralmente implose con la caduta a picco dell'indice Nasdaq.
La bolla era esplosa, ragazzi tutti a casa. Forse è esattamente quello che
ha pensato Dick Cheney, il vero cervello dell'amministrazione Bush. L'uomo
che ha dato la svolta in campo economico sul versante "old economy",
basando l'incremento annuo della produzione interna in investimenti in
armamenti, aumentando le riserve strategiche di petrolio e sostenendo, con
massicci finanziamenti statali, tutte le industrie pesanti. Alla faccia del
libero mercato.
Il 14 dicembre 2001 il Congress! o Usa ha approvato un bilancio della
Difesa 2002 da 344 miliardi di dollari. Si tenga conto che, negli ultimi
cinque anni, secondo il Sipri, l'Istituto di ricerche sulla pace di
Stoccolma, la spesa militare statunitense non aveva mai superato i 300
miliardi di dollari. Il progetto National Missile Defense, lo "scudo
spaziale", costerà - secondo uno studio del Council for a Livable World
Education Fund - 273 miliardi di dollari, sia pur in vent'anni.
I 4 principali fornitori del Pentagono: oggi il 90% della produzione
mondiale di armamenti è concentrato in 10 paesi e metà della produzione è
statunitense. E sono gli Usa ad avere sviluppato e finanziato più di
qualsiasi altro paese le tecnologie più sofisticate per i grandi sistemi
militari. Non soltanto quindi gli Stati Uniti sono i big spender in questo
settore (il 37% delle spese militari mondiali), ma sono anche quelli che in
questi anni hanno continuato a investire in ricerca e sviluppo di nuove
armi.' Tutta questa cor! sa agli armamenti non avrebbe senso se non ci
fosse la ferma intenzione di usarli, per investire ancora e ancora.
E se un nemico come l'Afghanistan non è sufficiente a giustificare tali
spese c'è sempre il pretesto della guerra al terrorismo, la guerra
preventiva condotta contro nemici più immaginari che reali. First Strike è
lo slogan della nuova linea di politica estera americana, in Italia
l'avremmo chiamata legge del più forte o legge della giungla.
L'America aveva intrapreso il suo Warfare Plan. Il "warfare plan" diceva
che per 1 dollaro investito in armi il PIL sarebbe cresciuto circa di 2,5
dollari. Citando Sbancor: "il Warfare aveva funzionato già diverse volte.
In Corea, nel Vietnam, in Iraq, in Kosovo. Warfare funzionava anche se la
guerra non si faceva. 'Lo scudo stellare' l'aveva dimostrato"." Ma se si
aumentasse la produttività, grazie all'uso di nuove tecnologie e nuove
organizzazioni del lavoro, se si mettesse al lavoro il "general intellect",
e contem! poraneamente non si accrescesse la domanda aggregata, i prezzi
crollerebbero rovinosamente. L'America aveva capito che il nemico peggiore
di tutti, la deflazione, era dietro l'angolo, qualcuno malignava persino
che si avvicinasse sempre di più una crisi bancaria oltreché finanziaria.
Questi pericoli restano e son diventati sempre più forti. » per questo che
Bush Junior dopo l'Afghanistan colpirà in Iraq?
La guerra all'Iraq non è una mossa geopolitica estemporanea. Gli Usa per
riavviare la propria economia in recessione, parallelamente agli
investimenti in armamenti, hanno la necessità di aumentare vertiginosamente
il consumo di petrolio, riducendone però i costi. Come fare? L'unica via
possibile è quella di spezzare il fronte del cartello dei paesi produttori
di petrolio. Aprire contemporaneamente due fronti di guerra all'Opec. Il
primo fronte nel continente americano contro il Venezuela (principale
fornitore del petrolio statunitense), il secondo in Medio Oriente (in Ir!
aq). In questo modo, riportando il petrolio iracheno e venezuelano sotto
l'alveo Usa, l'America riuscirebbe a prosciugare il reddito e quindi
l'influenza politica ed economica dei paesi produttori ostili (Arabia
Saudita, Iran, Russia). Tutto ciò porterebbe a una vitale iniezione di
liquidità nelle casse americane e produrrebbe conseguenze politiche non
trascurabili, come per esempio il ridimensionamento del ruolo economico e
politico dell'Europa che da sempre mira a ottenere una propria sfera di
influenza nell'area mediorientale, e servirebbe a mandare un segnale forte
a Riad: o vi sottomettete alla nostra sfera di influenza o procederemo a un
cambio di regime in favore della famiglia haschemita.
Ci è stato detto come questa "guerra al terrorismo" dovrebbe essere una
guerra nuova. Ma prendendo spunto da un articolo di Gianni Barbacetto,
possiamo tranquillamente affermare come non sia vero che queste prime
guerre del terzo millennio siano assolutamente incomparabili con i!
conflitti precedenti:
"L'Occidente ha già sostenuto una guerra per alcuni aspetti simile a quella
che ora ha iniziato contro il 'terrorismo': la 'guerra non ortodossa'
contro il comunismo. Certo, lo scenario era completamente diverso perché
allora esisteva un nemico di tipo tradizionale, con un territorio e un
esercito alle spalle: l'Unione Sovietica. Ma poiché quel nemico aveva
'quinte colonne' dentro i paesi democratici, e il conflitto tradizionale
era proibito dal pericolo atomico, la guerra è stata combattuta per decenni
anche con metodi 'non tradizionali': di 'guerra psicologica',
'controguerriglia', 'controterrore', dicevano i suoi teorici. Ora che
quella guerra è finita, dovremmo serenamente imparare a evitare di
ripeterne gli errori: l'ossessione anticomunista, le limitazioni e le
sospensioni dei diritti civili e delle regole democratiche, l'utilizzo di
personale sbagliato (i fascisti, la criminalità organizzata), gli 'effetti
collaterali' (gli assassinii e le s! tragi). E non solo perché tutto ciò è
immorale (e fortemente illegale), ma perché si è dimostrato
controproducente: invece di sconfiggere più rapidamente il comunismo, lo ha
nutrito, lo ha alimentato, ha fatto diventare comunisti milioni di persone
che semplicemente volevano lavoro e democrazia, che erano indignate per i
metodi antidemocratici, le manovre sotterranee, gli omicidi di Stato, le
stragi nelle banche, sui treni, nelle stazioni"."
Siamo capaci di non ripetere quella storia? Abbiamo memoria?
Evidentemente no. A poche ore dall'attacco all'Iraq, mentre mi accingo a
concludere l'introduzione di Banche Armate, apprendo dalle pagine del "New
York Times" del 17 gennaio 2003) dell'approvazione di un piano riservato
degli Stati Uniti, il National Strategic Plar for the War on Terrorism,
redatto dagli stati maggiori e approvato dal ministro della difesa
statunitense, in cui si sostiene che l'intervento armato Usa per eliminare
i focolai del terrorismo internazionale! , dovrà durare non meno di venti
anni prima di dare risultati soddisfacenti. Il mondo, per i prossimi venti
anni, è avvisato: "Niente intralci o guerra preventiva".
Quello che è successo a Manhattan l'11 settembre 2001 sta cambiando la vita
di milioni di persone e la storia di molte nazioni, per sempre. O forse no,
forse l'11 settembre è stato solo il tragico pretesto che è servito agli
Stati Uniti per completare un disegno geopolitico e finanziario che ha le
sue origini molti anni prima del crollo delle torri. Sarà la Storia in
futuro a gettare luce su fatti e protagonisti. Noi oggi dobbiamo fare i
conti col presente, fatto di guerre umanitarie e missili intelligenti.
Stiamo percorrendo una strada senza via d'uscita, che potrebbe essere
l'ultima.


(si prega di far circolare il più possibile!!! più siamo e meglio sarà per
tutti!)