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Canzone di pace
CANZONE DI PACE
"Oh voi turbati nell'oscurità della terra! Vi basti la disgrazia e la pazzia.
Raccogliete, pentiti, i resti dei vostri morti e piangete a lungo sulle
loro tombe,
cospargetele di profumo, avvolgete i loro resti con fiori di ninfea e di
gelsomino,
e intonate la canzone della pace perché ogni tristezza trovi serenità nella
tomba.
Radunate i bambini perché cantino con le melodie dell'innocenza e col sorriso.
Salvate i morti dal tumulto della guerra perché sentano la bellezza della
pace".
Sono versi tratti dalla composizione della poetessa irakena Nazik Sadek
al-Malaica, intitolata "La canzone della pace", una lirica che mi è giunta
in lingua araba in un momento magico nel quale conoscere l'esistenza di
questa donna, le sue parole e la sua poesia è stata per me una rivelazione.
Malauguratamente le esortazioni che ella esprime nei convulsi anni della
Seconda Guerra mondiale non hanno perso la loro attualità, e oggi più che
mai vorrei che quella voce risuonasse di fronte alla minaccia che incombe
sulla sua bella terra natale già tanto martoriata.
Cantiamo, sì, cantiamo la canzone della pace sulle tombe di tanti bambini
morti durante questi anni di embargo, come la ninna nanna amorosa con la
quale le loro madri non potranno più cullarli.
Cantiamola sulle macerie che seppelliscono i corpi di coloro che non hanno
nome e che si chiamano solo "danni collaterali".
Cantiamola sul dolore e la paura che uccidono in un intero popolo la
speranza di vivere nella dignità che solo la giustizia e la liberta possono
assicurare.
Cantiamola sui cuori di pietra di coloro che non conoscono altro linguaggio
che quello della violenza, di coloro che hanno il sangue nero come il
petrolio.
Cantiamola in nome dei Diritti Umani, del diritto alla vita, alla vita
piena, del popolo irakeno; in nome delle leggi internazionali che
nell'articolo 33 della Convenzione di Ginevra vietano le sanzioni
collettive come rappresaglia, specificando chiaramente che "nessuno può
essere punito per un delitto che non ha commesso". Fino a quando
continueremo a condannare, con la nostra complicità, degli innocenti?
Cantiamola e che la nostra voce salga dalle viscere, cantiamola perché la
sua melodia faccia rinascere le forze e faccia rivivere le speranze,
cantiamola perché i pleniluni di Baghdad tornino ad essere le belle notti
di mistero e non occasioni di attacchi militari, perché Sherazade torni nel
suo giardino a raccontare storie d'amore al chiarore delle stelle, e non
storie di orrore sotto i lampi mortali dei missili.
Cantiamola donne e uomini, noi che crediamo che un altro mondo è possibile,
noi che pensiamo che ci sono sempre delle opportunità per la pace, perché
siamo ormai stanchi di adorare idoli sanguinari ai quali sacrificare la
vita di tanti esseri umani.
NO ALLA GUERRA
NON NEL NOSTRO NOME
NON COL NOSTRO SILENZIO
Immaculada Conceptiòn Gutiérrez
dell'Associazione "Donne e Teologia" - Siviglia
(Da ECLESALIA, 8 marzo 2003)