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Solidarieta' con la famiglia di Rachel



Prima della Guerra

UNO. GRAVI ERRORI
DUE. Solidarieta' con la famiglia di Rachel
TRE. Estratti di una mail di Rachel 7 febbraio, 2003
QUATTRO. In morte di Rachel Corey, Alfredo Tradardi
CINQUE. Morte di Rachel, Clorofilla
SEI. L'esercito israeliano continua il festino omicida
SETTE. Vuoi la guerra?
OTTO. Perche' l'America non ha alleati, EUGENIO SCALFARI
NOVE. Pace in balcone

UNO. GRAVI ERRORI
Ancora una volta il TG1 di Mimun ha chiamato l'esercito israeliano "L'esercito di Gerusalemme", manifestando cosi“ un profondo disprezzo nei confronti del diritto internazionale e del dovere di una informazione corretta.
Lo status giuridico di Gerusalemme e' stato piu' volte chiarito 
dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dal Consiglio di Sicurezza 
e dalla Quarta Convenzione di Ginevra:
Gerusalemme ovest e' un "corpus separatus" e su di essa non e' 
riconosciuto alcun ruolo di Israele.
Gerusalemme est e' invece considerata un territorio occupato a partire 
dall'annessione israeliana del 1967.
Per questi motivi Gerusalemme non puo' e non potra' mai essere la 
capitale d'Israele e non vi potranno mai risiedere le ambasciate o un aeroporto internazionale.
Quindi l'IDF, l'Israeli Defence Force, non puo' che essere l'esercito di Tel Aviv.

Le nostre email (la nostra pressione)  possono influenzare i media:
scrivete a news@rai.it, c.mimun@rai.it, rai-tv@rai.it
oppure utilizzate il form 
http://www.raiuno.rai.it/FAQ

DUE. Solidarieta' con la famiglia di Rachel
E' possibile inviare messaggi di solidarieta' e condoglianze ai genitori di
Rachel, Craig and Cindy Corrie.
Email: rachelsmessage@the-corries.com
(Non utilizzate l'indirizzo diffuso dai media, cbc1flute@aol.com: e' bloccato da migliaia di email in arrivo) 
 
TRE. Estratti di una mail di Rachel 7 febbraio, 2003.
Sono in Palestina da due settimane e un'ora e penso che ci siano poche parole per descrivere quello che ho visto. Faccio fatica persino a pensare a
 quello che sta succedendo qui mentre sto seduta a mandare una mail negl
uchi dei carri
 armati nei muri e i cecchini nelle torri all'orizzonte. Penso che anche i piu' piccoli di loro si rendano conto che la vita non e' cosi' altrove. Un
 bambino di otto anni e' stato ucciso da un carro armato israeliano due giorni dopo che ero arrivata e molti bambini ripetevano il suo nome "Ali" o mi
 indicavano la sua foto in un poster. I bambini amano anche insegnarmi un po' di arabo e mi chiedono: "Kaif Sharon?" "Kaif Bush?" e ridono quando
 rispondo  "Bush Majnoon" "Sharon Majnoon". (Come sta Sharon? Come sta Bush? Bush e' pazzo. Sharon e' pazzo). Certo, magari non e' quello che credo
davvero. E qualche adulto mi corregge: Bush  mish Majnoon... Bush e' un uomo d'affari. Oggi ho provato a imparare "Bush e' un pupazzo", ma non penso 
di aver trovato la giusta traduzione. Comunqe, qui anche quelli di 8 anni si sono fatti un'idea di come funzionano lestrutture del potere globale, molto 
di piu' di quanto ne sapessi io pochi anni fa, almeno per quel che riguarda Israele.
Tuttavvia penso che non ci siano letture, conferenze, documentary o parole che avrebbero potuto prepararmi alla realta' di qui. Non la puoi immaginare
 se non la vedi e sai che comunque quell'esperienza non e' tutta la realta'. Perche' so le difficolta' che l'esercito israeliano avrebbe se uccidessero una
 cittadina americana disarmata e poi ho i soldi per comprare l'acqua se l'esercito distrugge i pozzi e infine posso andarmene quando voglio.

Nessuno della mia famiglia e' stato ucciso guidando una macchina, da un cecchino in un torre alla fine della strada principale della mia citta'. Io ho
una casa. Posso andare a guardare l'oceano. E' difficile che marcisca in qualche prigione per mesi o anni senza giudizio (anche perche' sono americana
e bianca, a differenza di tanti altri). Quando vado a scuola o a lavorare, sono quasi sicura che non c'e' un soldato armato che mi aspetta tra 
Mud Bay e Olympia al ceckpoint e puo' decidere se io vado a lavorare oppure devo tornarmene a casa.  Cosi' mi offende arrivare ed entrare
 vita di questi bambini e mi chiedo che cosa sarebbe per loro venire nel mio mondo.
Sanno che i piccoli americani di solito non hanno parenti uccisi e qualche volta vanno al mare. Ma una volta che hai visto il mare e vivi in un posto
tranquillo, dove arriva l'acqua e non ci sono buldozer nella notte che interrompono la fornitura e non hai passato una notte in un posto dove ti chiedi 
se il muro resistera' o quando incontri famiglie che non hanno perso nessuno, quando hai sperimentato un mondo senza cecchini, carri armati,
insediamenti militarizzati e ora un gigante muro di metallo, mi chiedo se potrai mai perdonare il mondo per tutti gli anni della tua infanzia passati
a esistere - solo esistere - resistendo allo strangolamento della quarta potenza militare del mondo - spalleggiata dalla sola superpotenza mondiale -
mentre tentano di strapparti dalla tua casa. Questo mi chiedo di questi bambini. Mi chiedo che cosa succederebbe se sapessero davvero.

Ora sono a Rafah, la citta' di 140 mila abitanti, di cui il 60 per cento rifugiati, alcuni rifugiati per la seconda o terza volta. Rafah esiste da
prima del '48, ma la maggior parte della gente e' stata spostata qui dalla Palestina storica, quello che oggi e' Israele. Rafah e' stata divisa in due
quando il Sinai e' tornato all'Egitto. Ora l'esercito israeliano sta costruendo un metro di 14 metri di altezza tra la Rafah palestinese e la
frontiera scavando una terra di nessuno tra le case lungo la frontiera. 602 case sono state abbattute con i buldozer secondo il Comitato 
popolare dei rifugiati di Rafah. Ma ci sono ancora piu' case distrutte solo in parte.

Oggi mentre camminavo in cima alle rovine dove una volta c'erano case, i soldati egiziani mi hanno chiamato dall'altra parte della frontiera:
"vattene, vattene" perche' stava arrivando un carro armato. E poi: "come ti chiami?", gridavano. C'e' qualcosa che mi irrita in questa curiosita', mi
ricorda i bambini che parlano ad altri bambini: quelli egiziani quando vedono una donna straniera in prossimita
un carro armato o quelli
palestinesi colpiti mentre si affacciano a un muro per vedere che succede. Bambini stranieri davanti ai carri armati con le bandiere. Bambini
israeliani nei carri armati quando gridano concitatamente, molti qui per forza, molti con aggressivita', mentre sparano contro le case mentre
scappiamo via.
Insieme alla presenza costante dei carri armati lungo la frontiera e nella regione ovest tra Rafah e gli insediamenti della costa, ci sono talmente
tante torri dell'esercito che non si riescono a contare. Alcune sono di metallo verde, altre con scale a spirale avvolte in una specie di uncinetto 
in modo che non si veda che succede dentro. Altra attaccate agli edifici. Una e' spuntata  fuori l'altro giorno nel tempo che abbiamo fatto il bucato. 
Nonostante alcune aree vicino al confine siano delle famiglie che abitavano questa terra cento anni fa, di fatto solo il centro della citta' e' palestinese.
Ma non ci sono strade senza torri israeliani e non c'e' un solo posto che non possa essere sotto il tiro degli Apache.

Faccio fatica a trovare notizie dal resto del mondo qui, ma ho capito che l'escalation verso la guerra in Iraq e' inevitabile. C'e' molta preoccupazione
qui sulla "rioccupazione di Gaza" che viene rioccupata ogni giorno ma penso che la paura sia che i carri armati occupino tutte le strade e ci restino
invece che arrivare e andarsene dopo qualche ora o giorno. Se la gente non pensa alle conseguenze della guerra in medio Oriente, spero che inizino a
farlo. Spero anche che veniate qui. Siamo qui cinque o sei internazionali e i vicini che ci hanno chiesta la nostra presenza si chiamano Y., T.
S., H.S., B., Block J, Z., and Block O. C'e' bisogno anche di vedette notturne intorno a Rafah dal momento che l'esercito distrugge 
le pompe dell'acquedotto. Secondo l'ufficio municipale quelle pompe davano acqua e mezza Rafah. Ci hanno chiesto anche di stare di notte a fare 
gli scudi umani contro la distruzione delle case.
Dopo le 10 di sera e' molto difficile muoversi perche' si
ene uccisi. Percio' siamo cosi' pochi.
 Penso che la mia citta', Olympia, possa dare molto a Rafah stabilendo un gemellaggio. 
Alcuni insegnanti e scolari vorrebbero scambiare delle mail con noi. Sarebbe solo la punta di un'iceberg: serve molti di piu'. Molti
 vorrebbero anche che noi internazionali facessimo sentire la nostra voce negli Usa, piu' che dare notizie ad altri internazionali pacifisti come me.
 Sto imparando tante cose da quello che pensavo potesse essere la missione di pace, all'abilita' della gente di organizzarsi in situazione terribili e
 resistere.
 www.zabrinskypoint.org

QUATTRO. In morte di Rachel Corey, Alfredo Tradardi
" ... in verita' le ombre si allungano e le voci della follia stanno diventando piu' forti ", erich fromm
rachel corey, uccisa da un bulldozer israeliano a rafah, puo' essere considerata la prima vittima della guerra degli stati uniti contro l'iraq.
ma in verita' la guerra contro l'iraq e' gia' cominciata, subito dopo le elezioni in israele, con un ulteriore escalation di assassinii di civili palestinesi.
sharon come di abitudine ha anticipato il suo amico bush.
di fronte a questa situazione, sempre piu' tragica, dobbiamo innanzitutto riconoscere le nostre responsabilita' per tutto quello che sta accadendo e
 per tutto quello che accadra' nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi.
dobbiamo cominciare a riflettere, a livello individuale e a livello collettivo, sulla inadeguatezza del nostro pensare e del nostro agire .
"la terra del risorto e' profanata vittima di un aggressione che si fa sterminio", ha scritto il 3 aprile 2002 l'osservatore romano. 
altre parole o altre immagini sono ormai irrimediabilmente corrose.
altre terre saranno profanate.
come andare al di la' dell'angoscia?

CINQUE. Morte di Rachel, Clorofilla
http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=2859

SEI. L'esercito israeliano continua il festino omicida
http://www.zmag.org/Italy/ess-israelefestino.htm

SETTE. Vuoi la guerra?
Fatti sentire:
BERLUSCONI_S@
rche' l'America non ha alleati, EUGENIO SCALFARI
COME ha raccontato con rara efficacia Vittorio Zucconi, la mossa palestinese di Bush ha preso corpo nella giornata di venerdi' 14 marzo di fronte ai microfoni della Casa Bianca. Un presidente di cui era evidente l'aria tra imbambolata e stranita, che aveva perso lo smalto del guerriero con in mano le saette della guerra, affiancato da un taciturno e ingrugnato Colin Powell, rilanciava inopinatamente il tema della pace in Medio Oriente alla vigilia della guerra irachena, alla disperata ricerca di rammendare il tessuto dell'alleanza coi paesi arabi, sempre piu' sospettosi e allarmati dalle prospettive del dopo-Saddam.
Nei quattordici giorni tra l'11 e il 25 settembre del 2001, che servirono a Colin Powell a mettere in piedi la grande alleanza mondiale contro il terrorismo, Bush assunse l'impegno solenne di affrontare contemporaneamente tre grandi temi che, uniti insieme, avrebbero dato forza all'operazione politica prima ancora che militare battezzata United Enduring Freedom: l'annientamento di Al Qaeda e del regime talebano, la nascita dello Stato palestinese, la lotta per almeno tre generazioni contro la poverta' e la malattia.
Era, ripetiamolo, la meta' di quel tragico settembre di due anni fa. 
Sembrava essersi alzato il sipario su un nuovo mondo che, colpito da una prova terribile dalla quale era tuttavia uscito piu' orgoglioso, piu' lungimirante, piu' solidale, prendeva in mano il suo destino risollevando la bandiera insanguinata dei grandi valori dell'Occidente e sventolandola come punto di riferimento dei diseredati, dei poveri, degli oppressi di tutto il pianeta. 
Dio e' con noi, proclamava il presidente della grande nazione americana e la sua invocazione sembrava avere l'accento della verita'.
Poi il sipario si abbasso'. La lotta alla poverta' raccolse qualche spicciolo e mise in piedi sei o sette ospedali nell'intero continente africano. Il conflitto palestinese si trasformo' in un mattatoio con quotidiana macellazione da ambo le parti. Sharon fu con
' allentasse almeno la morsa di ferro attorno alle citta' palestinesi ma rispose invariabilmente di no tornandosene frettolosamente a casa. Alla fine Bush gli dette ragione. Da allora di queste bazzecole si smise di parlare e Enduring Freedom divento' quello che in realta' era stata fin dall'inizio, cioe' un'operazione militare pura e semplice con esiti tuttora aperti e alquanto purulenti. 
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Ma oggi, nell'isola di Terceira dell'arcipelago delle Azzorre, George Bush fiancheggiato da Blair e da Aznar ripresentera' al mondo la mossa palestinese. Nel varieta' napoletano un certo tipo di mossa si chiama "la patapunfete" . Questa le assomiglia maledettamente. La drammatica, insolita e sconvolgente verita', che esiste evidentemente da tempo ma che e' emersa con fragore in queste ultime settimane, e' che l'America non ha alleati. Li ha persi per la strada quasi senza accorgersene. Non li ha nelle pubbliche opinioni ma neppure nelle Cancellerie. Non li ha tra le medie potenze che pure hanno vincoli d'interessi corposi e di fitte interdipendenze, ma neppure tra gli Stati piccoli e piccolissimi che vivono a ricasco delle sue elemosine. Non li ha tra i poveri del mondo e neppure tra i ricchi. Non li ha tra i giovani di Porto Alegre ma neppure tra i vecchi banchieri e finanzieri di Davos. E non li ha nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. 
Quest'ultima circostanza, anche se sgradevolissima dal punto di vista delle procedure internazionali, sarebbe tuttavia poca cosa se la maggioranza dei membri dell'Onu fosse compattamente schierata con Washington. In altre occasioni - per esempio nella guerra di Corea del 1951, essendo il Consiglio di sicurezza paralizzato dai veti russo e cinese - gli Usa fecero appello all'Assemblea generale. Era irrituale ma rappresento' comunque una copertura morale. Questa volta Bush potrebbe fare altrettanto ma evidentemente non se la sente. Preferisce scavalcare l'Onu anziche' tastare il polso dell'Assemblea. 
Del resto, se i sei Paesi membri pro-tempore del Consiglio di Sicurezza -
he hanno bisogno dei dollari americani come dell'aria che respirano, non rispondono alle pressioni di Washington; se la Turchia (la fedelissima Turchia) non ha ancora aperto alle truppe Usa l'accesso al fronte settentrionale iracheno; se Putin, l'amico ritrovato, ribadisce un giorno si' e l'altro pure d'essere pronto a bloccare ogni ultimatum a Saddam; ebbene tutto cio' deve pur significare qualche cosa. Deve significare che un mutamento molto profondo deve essere avvenuto nell'opinione pubblica mondiale. Non se n'era accorta l'America e neppure l'Europa. L'antiamericanismo europeo non e' mai esistito e non esiste tuttora, ma esiste una crescente estraneita'. 
L'estraneita' e' un sentimento complesso. Non e' inimicizia, non e' antipatia, non e' rivalita'. Ma certo non e' appartenenza. Il resto del mondo non sente di appartenere all'America. Nel momento in cui l'Amministrazione Bush rivendica l'Impero, il mondo si tira indietro; se c'e' di mezzo una guerra il resto del mondo dice no. Saddam e' pessimo, ma il punto non e' questo. Anche i sudanesi lo sono, anche gli indonesiani, anche i pachistani, anche i siriani, anche gli emiri del Golfo, anche i colombiani, anche i ruandesi, anche la Costa d'Avorio, anche i congolesi. L'elenco e' sterminato. Come risolverlo? Un solo gregge sotto un solo pastore? Il resto del mondo dice no. 
Tony Blair e' disperato di questa situazione. Si puo' capirlo. e' stato per cinque anni l'enfant gāte' di Gran Bretagna e dell'Europa della nuova sinistra. Poi, flessibilmente, lo e' diventato anche della nuova destra. Aveva come obiettivo l'ingresso nell'euro e come guiderdone a portata di mano la carica di presidente quinquennale dell'Europa allargata. Simpatico a tutti, perfino alla Fallaci che non e' certo di buona bocca: ieri Oriana gli ha fatto dono della sua Toscana, regione immaginaria di cui lei dispone con poteri sovrani di investitura. 
In piu', e soprattutto, Blair era l'amico incrollabile ed anzi il direttore spirituale del caro Bush. Una maggioranza schiacciante ai Comuni. Am
ra forma verbale nella lingua inglese ma molti non lo sanno o fanno finta). All'improvviso si ritrova con un paese contro, l'Onu contro, mezza Europa contro, il guiderdone archiviato, mezzo Labour in rivolta, la piazza del suo paese in subbuglio. 
Certo, quando tra poco i cannoni cominceranno a tuonare l'Inghilterra avra' il suo generoso soprassalto patriottico. O forse no, si vedra'. Ma intanto e' nelle peste. La mossa palestinese l'ha imposta lui, meglio tardi che mai, ma la puzza di strumentalismo la sentirebbe anche un bambino. Aznar se ne puo' anche infischiare, aveva gia' deciso di non correre alle prossime elezioni e se il suo partito perdera' come appare molto probabile lui puntera' su qualche carica di prestigio. Ma Blair non e' tipo da accontentarsi di cosi' poco. Mister Flessibilita' fara' di tutto per restare in gioco ma, al punto in cui e', le carte buone le ha gia' giocate tutte: e' stato alla destra della sinistra, poi alla sinistra della destra, poi ha detto che destra e sinistra sono parole senza senso. e' un percorso che conosciamo, i suoi "laudatores" - dentro e fuori dall'Inghilterra - lo hanno fervorosamente imitato e qualche cosa ne hanno ricavato ma roba da poco, "sportulae" o promesse di "sportulae". Chi si contenta gode, ma lui non e' di quelli. Il suo vero obiettivo era nientemeno che di resuscitare l'Impero per interposto Bush: un en plein al tavolo verde. Le probabilita' sono una su trentasei. Ma un premier che gioca alla roulette le sorti del suo paese, diciamolo, non e' granche'. 
C'e' un rischio terribile in tutto cio' che accade e sta per accadere. Chi l'ha visto piu' lucidamente di tutti e' stato Giovanni Paolo II. Infatti e' proprio lui ad aver usato le parole piu' fosche: "Questa guerra", ha detto, "e' criminale". Ha usato e fatto usare dai suoi curiali proprio questa parola: criminale. Nessuno era arrivato a tanto. Perche' si e' spinto fino a questo punto? Per le vittime innocenti che saranno mietute come il grano sotto la falce? Per i bambini che moriranno, anzi che gia' muo
timenti sono profondamente radicati nell'anima del pontefice ma non bastano a spiegare. C'e' un'altra ragione che riguarda i cristiani ma non soltanto loro: il papa sa che questa guerra aprira' un solco enorme tra l'Occidente e l'Islam, cioe' tra le due grandi religioni del mondo. Se questo avverra', il mondo degli anni e forse dei secoli futuri sara' terribilmente diverso, piu' feroce, piu' imbarbarito, piu' bellicoso, piu' dominato dal terrore, meno libero, meno democratico. Wojtyla vedeva un mondo religioso ecumenico solidale, dominato dalla religione dell'amore e quindi - al di la' dei riti e delle specifiche appartenenze - piu' cristiano. Ma se lo scontro tra le due civilta' avra' pieno corso, quel mondo sara' sostanzialmente fondamentalista.
Per questo il papa cristiano parla di guerra criminale. Tutte le guerre lo sono ma non tutte sono state guerre tra civilta', anzi questo e' avvenuto molto di rado, per l'appunto, per mille e cinquecento anni tra Occidente e Islam. Questa guerra rischia di esserlo di nuovo. Ecco il pericolo ed e' tremendo.
(16 marzo 2003, la repubblica) 

NOVE. Pace in balcone
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