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Affari di guerra
Già pronta la corsa agli appalti, effetto preventivo della guerra a Saddam.
Affari molto riservati.
Accordo "strategico" miliardario (e non solo) tra Italia e Stati Uniti.
Qualcuno dalla guerra ci guadagnerà, questo è certo. Ed è certo che a fare
il pieno degli affari saranno i soliti noti: le grandi potenze, i maggiori
gruppi internazionali, le multinazionali pronte a far ripartire il loro
giro d'affari, inceppato dalle crisi di casa propria e da politiche
economiche fallimentari, al di qua e al di là degli oceani.
Così si affilano le armi e si preparano gli accordi strategici tra
finanzieri d'assalto e grandi gruppi pronti a spartirsi la torta. Con le
banche italiane in prima fila, a finanziare le operazioni prima di
distruzione e poi di ricostruzione. Banca Intesa, Unicredito, Capitalia,
SanPaolo-Imi, Banco di Napoli, Monte dei Paschi di Siena, Banca Nazionale
del Lavoro (qualcuno si ricorda lo scandalo di Atlanta e i finanziamenti
occulti all'Iraq?) sono tutte lì, partner di ferro di Confindustria nella
società per azioni Simest, controllata al 76% dal Ministero del tesoro, che
lunedì ha firmato un "accordo strategico" con la sua omologa statunitense
Overseas Private Investment Company (Opic), una agenzia "indipendente"
istituita dal Congresso degli Stati Uniti. Accordo benedetto dal
viceministro delle Attività produttive con delega al Commercio estero
Adolfo Urso, uno degli emergenti di Alleanza nazionale, e dall'ambasciatore
Usa in Italia, l'ex imprenditore dei supermercati Mel Sembler, fino a poco
tempo fa presidente della Sembler Company, che ha svolto un ruolo di
primissimo piano nella raccolta di fondi per le campagne elettorali
presidenziali dei Bush padre e figlio.
L'accordo di collaborazione economica siglato tra il presidente e il
direttore generale della Simest, Ruggero Manciati e Massimo D'Aiuto, e il
presidente dell'Opic Peter Watson «ha l'obiettivo di sviluppare verso paesi
terzi iniziative comuni a favore delle piccole e medie imprese». Le aree di
maggior interesse sono i Balcani e la Russia, il Mediterraneo, il Medio
Oriente e i Paesi nordafricani. «Un evento di portata storica - ha detto
Watson - che giunge in un momento in cui la partnership tra Italia e Usa è
sempre più forte».
«Nei territori della Palestina - ha affermato Manciati - sono pronti 15
progetti, tenuti vivi in attesa che la situazione permetta di far ripartire
gli investimenti. Sono previsti inoltre investimenti in Arabia Saudita e
altri paesi del Golfo». E il viceministro Urso ha precisato: «Siamo
impegnati - ha detto - affinché in Medio Oriente si avvii un processo di
pacificazione e stabilità. L'augurio è che la firma dell'accordo tra Italia
e Stati Uniti possa permettere alle imprese di svolgere un ruolo attivo in
questo processo. Un accordo che ha valenza economica, imprenditoriale e
politica».
E' la prima volta, sostengono il direttore generale e il presidente di
Simest, che «l'Opic decide di fare un accordo in Europa, e per farlo ha
scelto l'Italia, e quindi la nostra società, che da oltre dieci anni è
impegnata nei processi di internazionalizzazione delle nostre imprese.
Grazie a questo accordo svilupperemo progetti comuni e rafforzeremo la
nostra presenza in aree strategiche per l'Italia come i Balcani, la Russia
e i Paesi del Mediterraneo». Tutte aree che hanno subìto nel corso degli
ultimi anni vicende belliche e scontri fratricidi che hanno raso al suolo
quei territori, ridotto alla disperazione le popolazioni e prodotto milioni
di profughi in fuga.
Il testo dell'accordo, definito con un po' di esagerazione "un'alleanza
storica", suggerisce infine una riflessione: da un lato, sulle reali
intenzioni e i ruoli assunti dall'Italia e dagli Stati Uniti nel frangente
"bellicoso" in cui il mondo si trova in questo momento; dall'altro, sulla
natura e i compiti, non esattamente e non solo d'affari, che le due società
si sono date. Il partner pubblico italiano e l'agenzia governativa
americana hanno infatti fissato sei ambiti di cooperazione che nel testo
diffuso sono puntualmente elencati: «Rafforzamento dei legami istituzionali
(che compete ai governi e ai rispettivi parlamenti), scambio di
informazioni generali (che compete ai servizi segreti), incremento e
promozione degli investimenti, intensificazione della cooperazione a
iniziative di sviluppo, cooperazione a livello progettuale, condivisione
delle risorse».
La guerra è in agguato, dietro l'angolo.
Il partner italiano
Nel sito della Società di investimenti sui mercati esteri www. simest. it
si legge: «La SIMEST è la finanziaria di sviluppo e promozione delle
imprese italiane all'estero. Istituita come società per azioni (legge n°
100 del 1990) ha iniziato a operare nel '91. Controllata dal governo
italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, è partecipata da
banche e imprese». In pratica il restante 24% del capitale - secondo
l'ufficio stampa della stessa Simest - è in mano alla Confindustria, le
Unioni industriali territoriali e le Federazioni categoriali, e alle
principali banche italiane come Capitalia e Mediocredito, Intesa,
Unicredito, SanPaolo-Imi e Banco di Napoli, Monte dei Paschi di Siena e
Banca Nazionale del Lavoro. «Creata per promuovere il processo di
internazionalizzazione delle imprese italiane e assistere gli imprenditori
nelle loro attività all'estero, sottoscrive fino al 25% del capitale delle
società estere partecipate da imprese italiane e agevola il finanziamento
di quote sottoscritte dal partner italiano in società o imprese all'estero.
Agevola i crediti all'esportazione, finanzia studi di prefattibilità,
fattibilità e programmi di assistenza tecnica, finanzia programmi di
penetrazione commerciale e spese di partecipazione a gare internazionali.
Fornisce servizi di assistenza e consulenza per gli investimenti
all'estero».
Gli interessi italiani in ballo: .
Gli interessi italiani in ballo:
. Petrolio: l'Italia si approvvigiona dall'Iraq per il 10% dei suoi
consumi energetici
. Acqua: Oltre alla costruzione della rete di Bassora gli italiani sono in
corsa per le opere di captazione, conduzione e distribuzione idrica
. Costruzioni: le società Impregilo e Condotte sono interessate a tutte le
attività di ricostruzione nella regione
. Mercato: viene stimato che il mercato iracheno valga due miliardi di
euro l'anno
. Import-Export: L'Italia è tra i principali fornitori dell'Iraq. Prima
della Guerra del Golfo era il quarto partner commerciale di Saddam
Quanto valgono i grandi appalti: . 2.400
Quanto valgono i grandi appalti:
. 2.400 chilometri di strade, autostrade e viadotti da ricostruire
. 550 generatori elettrici di emergenza e il 15% della rete elettrica di
ripristinare
. il 40% della popolazione è senza acqua e impianti di acqua potabile.
Serviranno impianti di potabilizzazione e di trattamento dotati di
autogeneratori
. 13 milioni e mezzo di persone sono in attesa di servizi sanitari, almeno
un ospedale dovrà essere costruito nelle maggiori città
. 12.500 scuole dovranno essere rifornite di arredi, libri e materiale
scolastico e migliaia di aule dovranno esser completamente ricostruite
. da 5.000 a 8.000 saranno le abitazioni da ricostruire nelle grandi città
bombardate nella guerra del '91 e in quella che verrà
. 900 milioni di dollari è valutato il giro del business postbellico
Grandi gruppi americani interessati alla ricostruzione...
Grandi gruppi americani interessati alla ricostruzione irachena del
dopo-guerra
. Halliburton: una società della holding si occuperà di bonificare i pozzi
petroliferi
. Bechtel: ha partecipato a importanti commesse nella ricostruzione in
Bosnia e in Kossovo
. Berger: è tra le più grandi compagnie al mondo che si occupa di
costruzione di ponti, strade e autostrade
. Fluor: si tratta di uno dei maggiori operatori mondiali nel campo delle
costruzioni
. Parsons: avrà il compito di far ripartire le comunicazioni, i trasporti,
la viabilità e la sicurezza
Fonti: Wall Street Journal, La Repubblica
12 marzo 2003
Prc Palata web
www.prcpalata.org