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Treni e azioni dirette nonviolente contro la guerra



Carissimi,
vorrei farvi partecipi di questa mia riflessione inviata al glt nonviolenza
della Rete Lilliput, dove è in corso una discussione sull'azione diretta
del blocco dei treni e sulle altre possibili forme di mobilitazione contro
la guerra. Vorrei sapere come la pensate.
Mi faccio vivo di nuovo dopo un po' di tempo, dal letto di casa mia dove
sono confinato con un gesso al bacino fino al 21 marzo, dopo un incidente
stradale. E' chiaro quindi che anche volendo non potrò partecipare per un
po' a nessuna azione diretta nonviolenta, ed è difficile esprimere quindi
in questa situazione un giudizio sulle azioni di blocco dei treni di questi
giorni o su altre azioni dirette da intraprendere. Vorrei dire però anch'io
la mia.
Mi sembra innanzitutto che se di blocco di treni "armati" si debba
trattare, questo non può che essere fatto seguendo scrupolosamente la
prassi nonviolenta. Un esempio di indicazioni utili possono essere quelle
fornite da Peppe Sini, e studiarsi le tecniche e le azioni promosse
dai vari "maestri" della nonviolenza o quelle più recenti messe in atto
anche in Italia. Credo che, seppure sia da apprezzare la spontaneità con
cui tanti si sono messi sui binari e hanno preso anche le botte animati da
giustissime motivazioni, sia doveroso studiare e preparare bene un'azione
come questa, da parte di chi la compie, perchè non si tratta di un gioco.
Ma credo che ci siano delle riflessioni da farsi ancora prima di queste.
Interpretando la buona fede e la buona volontà di attivisti di chi le ha
preparate, mi sembrano un po' rischiose alcune conclusioni ed esortazioni a
nome della Rete di Lilliput a proposito del blocco dei treni. Mi lascia un
po' perplesso invocare una generale partecipazione dei lillipuziani
al blocco dei treni, e sostenere che la disobbedienza civile è nonviolenza,
perchè quest'equazione non regge sempre, non può essere la norma, anche se
poi giustamente nel comunicato del glt si precisa che la la disobbedienza è
solo una delle possibili forme di azione della nonviolenza, come una delle
sue pratiche più estreme, il che appunto è diverso dal dire che la
disobbedienza è sempre nonviolenza. Se a noi interessa la giustizia e
facciamo il passo ulteriore di voler difendere l'art. 11 della
Costituzione, la violazione della legge è auspicabile solo quando mediante
questo si voglia contrastare un comportamento, un'azione o una norma
profondamente ingiusta, come il transito illegale e ingiusto dei treni
carichi di armi. E' questo che giustifica l'azione, perchè di per sé la
violazione di norme non è un valore assoluto. E' forse un valore il fatto
che un metronotte sia passato con il rosso, mi abbia preso in pieno e mi
abbia reso temporaneamente invalido? Ovviamente so benissimo che chi ha
scritto sa bene ed ha anche precisato poi tutto quello che sto ribadendo
io, ma è sempre meglio cercare di essere molto attenti quando si esorta ad
un certo tipo di atti.
Proprio perchè la disobbedienza civile è una delle ultime tappe, una delle
più forti, di un percorso di lotta nonviolenta, una rete di persone e
associazioni come Lilliput secondo me non può permettersi di invocarla a
cuor leggero se non si è sicuri di aver fatto essenzialmente due cose, che
forse non si sono perseguite abbastanza da parte della generalità dei
lillipuziani, ed è per questo che ho queste perplessità sulla
posizione invocata per tutti noi:
1) aver percorso insieme le altre fasi dell'agire nonviolento;
2) aver valutato attentamente il rapporto mezzi-fini dell'azione specifica
e aver valutato e praticato anche altre possibili forme di lotta
nonviolenta, sempre in termine di mezzi-fini (o di rapporto costi-benefici,
se preferite).
Sul punto 1), cioè sulle tappe dell'azione nonviolenta, a me non sembra che
si possa generalizzare pensando che la Rete di Lillput nel suo insieme le
abbia percorse tutte abbastanza attentamente. Quindi, solo alla coscienza e
all'esperienza individuale si può lasciare di valutare se e come
partecipare a questa o ad altre azioni, coordinandosi con un gruppo di
persone con cui ci sia almeno una certa affinità, per evitare
l'improvvisazione. Siamo sicuri poi di aver fatto tutti un'analisi
approfondita dell'ingiustizia contro cui si vuole lottare? Conosciamo
attentamente gli "avversari", le loro logiche, le loro possibili mosse e i
valori condivisi con chi collabora con la macchina bellica e con quale
precisa responsabilità, in modo da interpellarlo perchè si cerchi di
dissuaderlo dal proprio gesto, che sia l'ordine dato ad un treno o ad una
nave, o la guida di un treno, o il carico di un mezzo, o la repressione dei
manifestanti, ecc..? Ci preoccupiamo di comunicare con le terze parti, con
la gente che vive nei territori dove si prepara la guerra? E poi, un'azione
diretta non credo si possa preparare senza che si siano preparati dei
gruppi, sia da un punto di vista interiore che esteriore. Ci siamo poi
preoccupati del dialogo e del negoziato, ad esempio con i comandanti delle
basi militari, con i politici, con le forze dell'ordine, e con le terze
parti, con la gente, e con chi è vicino alle nostre posizioni? Fatto anche
questo, abbiamo pensato alla non collaborazione, cioè ad esempio far leva
sui civili (e anche sui militari, perchè no?) che potrebbero efficacemente
mettere in crisi le operazioni militari non fornendo il proprio appoggio?
Nel comunicato della Rete Lilliput si dice che tutte le altre tipologie di
azione si sono rivelate inadeguate, come se si fossero veramente perseguite
con forza, meravigliandosi se dopo la manifestazione di Roma il governo
continui per la sua strada. In verità fino ad ora si è manifestato il
dissenso verso la guerra e poco più, e anche se questo è stato fatto da
milioni di persone, non si sono ancora percorse con convinzione e da parte
di molte persone le altre tappe dell'agire nonviolento, precendenti o
comunque conviventi con la disobbedienza civile, che avrebbero potuto
veramente mettere in difficoltà la macchina bellica, e non si è preparato
ancora efficacemente e in modo diffuso la disobbedienza civile
stessa, l'azione di boicottaggio, lo sciopero generale, in modo da
minacciarli sapendo di averli organizzati in modo efficace, prima di
metterli in atto. Siamo ancora all'inizio di azioni di boicottaggio e di
riduzione di consumi petroliferi, siamo ancora all'inizio nella diffusione
di campagne di obiezione generalizzata come "scelgo la nonviolenza", siamo
ancora all'inizio nel dialogo con i responsabili delle azioni militari e
con i civili che lavorano più vicini a queste e potrebbero efficacemente
non collaborare con esse. Forse su tutti questi e su altri punti dovremmo
insistere di più ed è ottimo il contributo del glt nonviolenza in cui si
riepilogano tutte le possibilità di azione contro la guerra. Anche se è
vero, dei treni carichi di armi si muovono nel nostro paese, e noi vorremmo
che così non fosse.
Tutto questo mi porta a riflettere sul punto 2), e cioè sul fatto se sia
veramente quella del blocco dei treni l'azione più efficace per fermare la
macchina bellica, considerati anche i rischi e le conseguenze su chi la
mette in pratica direttamente e sui risvolti mediatici e sulla gente che
potenzialmente potrebbe fare qualcosa contro la guerra. C'è da constatare
poi che anche chi si è incatenato ai binari è stato facilmente allontanato
e che è difficile mobilitare un numero tale di persone da pensare di
bloccare per molto varie tratte ferroviarie contro l'intervento delle forze
dell'ordine, anche se è vero che ad esempio gli operai della Fiat hanno
paralizzato per giorni alcune vie di comunicazioni, ma questa è un'altra
storia. Se i rifornimenti militari partiranno in gran parte da Camp Darby
attraverso il porto di Livorno, non sarebbe ad esempio meglio ingegnarsi a
trovare un modo, attraversando tutte le fasi dell'azione nonviolenta,
perchè sia lì che si concentri l'impegno della gente che vuole impedire
questa partenza? Già ad esempio una parte dei portuali si
dicono indisponibili alla collaborazione con i militari.
Poi, scusate, ma in alcuni comunicati si parla di una manifestazione a Pisa
prevista per oggi, mercoledì 26, con blocco simbolico dei binari per
mezz'ora, un'ora, concordato con la polizia. Ma allora, o si sceglie di
fare una manifestazione, restando nella legalità e auspicando di
coinvolgere il maggior numero di persone, o si fa un'azione di blocco dei
binari vera, accettandone le conseguenze legali, il che certo prevede la
massima pubblicità e il dialogo con le forze dell'ordine, ma che è cosa
diversa da un'inutile oretta di gloria di fronte alle telecamere.
A cosa serve poi l'autodenuncia? Io credo che con la legge non si debba
scherzare, e che in questo caso chi fa queste azioni lo faccia per cercare
di ristabilite un principio di legalità. Addossarsi provocatoriamente e da
soli un presunto reato è cosa ben diversa dall'essere pronti ad accettare
le conseguenze legali del proprio gesto che voglia ristabilire una
giustizia superiore e dal comunicare a tutti le finalità dellla propria
azione, che al contrario è di denuncia dell'illegalità di altri e non della
propria. Starà a chi di dovere accertare responsabilità e sarà allora che
si solleverà il caso, e si discuterà se sia veramente perseguibile chi ha
partecipato all blocco temporaneo di un treno "armato". Ma cercare
provocatoriamente il procedimento giudiziario non mi sembra abbia un
effetto positivo ne su chi lo cerca, nè sull'azione stessa e sulla lotta
nonviolenta in generale.
Per concludere, valutiamo attentamente come spendere le nostre forze perchè
siano efficacemente indirizzate verso la non collaborazione e l'ostacolo
alla macchina bellica, e per far aumentare il consenso della gente verso
queste pratiche e il cambiamento delle stesse persone che alla guerra per
ora collaborano. E non ci dimentichiamoci del "programma alternativo e
costruttivo", per il quale la Rete di Lilliput è impegnata da tempo, come
parte dell'agire nonviolento.
Un caro saluto, e che tutti in coscienza e con saggezza possiamo fare del
nostro meglio per la pace.
Filippo Ciardi.