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Due o tre cose che so su Andreotti



Vi allego una riflessione sulla vicenda Andreotti.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Luciano Benini


ANDREOTTI: ANGELO O BELZEBù?





Dopo essere stato il protagonista assoluto, per 50 anni, della politica
italiana, Andreotti è stato accusato di appartenere alla mafia (il famoso
bacio a Totò Riina ne simboleggia l'appartenenza alla cupola, il massimo
livello dirigenziale) e di essere il mandante dell'omicidio del giornalista
Mino Pecorelli, allora Direttore della rivista O.P.. Nella sentenza di
primo grado del processo di Palermo è scritto che sono stati dimostrati, al
di là di ogni dubbio, gli stretti legami fra Andreotti e la mafia, ma non
essendo stato possibile dimostrare specifici fatti di rilevanza penale
Andreotti è stato assolto: una sentenza dunque di assoluzione sul piano
penale ma di totale condanna sul piano politico. Nel processo per
l'omicidio Pecorelli Andreotti, dopo essere stato assolto in primo grado,
ora è stato condannato a 24 anni. L'intera prima Repubblica, ma anche
spezzoni consistenti della seconda (ammesso che ci sia una seconda
Repubblica, visto che il cosiddetto "Polo delle libertà" ha assunto
l'eredità della parte peggiore della prima, e che anche buona parte del
centro sinistra è figlio di quel periodo) si sono subito lanciati in
dichiarazioni di stupore, incredulità e indignazione per la sentenza di
condanna, esprimendo piena solidarietà al senatore. È chiaro il perché di
tante unanimi dichiarazioni: se Andreotti è davvero colpevole, che figura
politica ci fanno tutti coloro che per decenni con Andreotti vi hanno
strettamente collaborato o, dall'opposizione, lo hanno comunque considerato
un interlocutore credibile e un abile e valido politico?

Io non so se davvero Andreotti è il mandante dell'omicidio Pecorelli, e se
è stato il vero capo della mafia. Ma so che queste accuse sono niente a
confronto di quanto, per certo, ha commesso come principale politico
italiano per 50 anni. Si dirà che la responsabilità penale e quella
politica sono cose ben diverse: può darsi, ma cosa è peggio, essere
responsabile dell'omicidio di una persona e appartenere alla mafia o essere
responsabile politico della morte di milioni di persone?

Vi racconterò un fatto di cui sono stato testimone diretto a metà degli
anni '80. Erano gli anni in cui, con la responsabilità primaria di
Andreotti Presidente del Consiglio, Ministro della Difesa o Ministro degli
Esteri, l'Italia vendeva sistemi d'arma contemporaneamente ad Iraq ed Iran
in guerra fra loro: una guerra costata più di 2 milioni di morti. Per aver
accusato Andreotti e i governi italiani di questi immondi traffici, padre
Alex Zanotelli fu cacciato dalla direzione di Pigrizia, la prestigiosa
rivista dei comboniani, che comunque disobbedendo hanno continuanto a
denunciare il ruolo dell'Italia nelle guerre di mezzo mondo.

A quel tempo andai al convegno annuale di Mani Tese, a Firenze. Mani Tese
era, ed è, la più importante e significativa associazione impegnata nella
cooperazione coi paesi impoveriti del Sud del mondo. Al convegno era stato
invitato Andreotti, all'epoca non ricordo se presidente del Consiglio o
Ministro degli esteri. Qui occorre una precisazione: nel 1976 Mani Tese
aveva subito una scissione "a sinistra": una parte dei suoi aderenti se ne
era uscita accusando l'associazione di essere troppo sbilanciata sul
versante degli aiuti e poco "politica", poco impegnata, cioè, nella
rimozione delle cause del sottosviluppo. Probabilmente Andreotti si
aspettava di trovarsi di fronte alla solita platea di cattolici
addomesticati, ai quali raccontare qualche storiella e cavarsela con
battute più o meno intelligenti. Le cose andarono molto diversamente.

Più di mille persone, rappresentanti di decine e decine di associazioni di
volontariato del mondo cattolico, lo accolsero srotolando uno striscione
che chiedeva di fermare il commercio delle armi e proponeva l'obiezione di
coscienza al militare. Quando iniziò il dibattito, ricordo gli interventi
del carissimo Graziano Zoni, allora Presidente di Mani Tese e oggi
presidente mondiale di Emmaus, di Gigi Bobba, oggi presidente nazionale
delle ACLI, di Tonino Drago e altri che gli contestarono puntigliosamente
la vergognosa politica italiana estera che affamava i più poveri uccidendo
milioni di persone nel Sud del mondo, la vendita di armi ai paesi in guerra
(pochi sanno che la guerra del Biafra degli anni '60 fu combattuta
principalmente con armi italiane esportate con l'autorizzazione dal governo
italiano, nel quale c'era già Andreotti), il sostegno a dittatori di mezzo
mondo fra i quali, in particolare, Saddam Hussein. Andreotti non si
aspettava accuse così precise e circostanziate, avanzate proprio
dall'associazionismo cattolico: sbiancò in volto, balbettò, ingenuamente
negò. Io ero nelle prime file: vidi allora quel volto sgomento e incredulo
che gli italiani non avevano mai visto e che per la prima volta videro solo
dieci anni dopo, al momento delle accuse ad Andreotti di appartenere alla
mafia. Per uscire da quella situazione Andreotti, negando tutto, affermò
che avrebbe portato le prove di ciò che diceva: cosa che ovviamente non
poteva fare e infatti non fece. Anzi. La controprova si è avuta nel 1991
quando dopo i ripetuti appelli del Papa contro una soluzione militare nella
guerra del Golfo, il Parlamento italiano ha approvato la partecipazione
italiana ai bombardamenti sull'Iraq chiesta proprio dal governo presieduto
da Andreotti. Una guerra che è costata subito la morte di decine di
migliaia di bambini iracheni e un milione di morti poi, col successivo
embargo.

Non è un caso se Don Giuseppe Dossetti ruppe un silenzio durato decenni
affermando con forza proprio il rifiuto di qualunque guerra e la difesa e
la valorizzazione della Costituzione. Fra Andreotti e De Gasperi da una
parte, Dossetti e La Pira dall'altra, ci sono due concezioni di cristiani
in politica antitetiche e incompatibili.

Rifaccio allora la domanda: cosa è peggio, essere responsabile
dell'omicidio di una persona e appartenere alla mafia o essere responsabile
politico della morte di milioni di persone?

Come con Priebke, come con Pinochet, mi auguro che Andreotti non faccia un
solo giorno di carcere: ma la storia, e i giovani, devono sapere quale è
stata la vera vicenda politica che si è snodata in Italia dal dopoguerra ad
oggi. Perché i giorni che ci si preparano innanzi sembrano totalmente
dimentichi di questi avvenimenti, e preparano nuove guerre e nuovi lutti.







Luciano Benini