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FW: Articolo di E. Said sulla Palestina
Documento originale Punishment By Detail
Traduzione di Marco Accattatis
AL-AHRAM WEEKLY - 13 Agosto 2002
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Punizioni al dettaglio
I Palestinesi devono morire di morte lenta così che Israele possa avere la
propria sicurezza.
di Edward Said
Il terrorismo, e la caccia ossessiva ad esso, sono diventati una forma
circolare, auto-soddisfacente, di omicidio e morte lenta di nemici che non
hanno alcuna scelta o voce in capitolo.
A parte gli ovvi disagi fisici, l’essere malati per un lungo periodo riempie
lo spirito di una terribile sensazione d’impotenza, ma anche di periodi di
lucidità analitica, della quale, certamente, va fatto tesoro. Nel corso
degli ultimi tre mesi sono stato dentro e fuori dall’ospedale, con giorni
segnati da lunghi e dolorosi trattamenti, da trasfusioni di sangue, da
analisi a non finire, con ore e ore di tempo improduttivo trascorso a
fissare il soffitto, spossante fatica e infezione, incapace a lavorare
normalmente, e pensando, pensando, pensando.
In Occidente, tuttavia, c'è stata un’attenzione alle bombe umane Palestinesi
così ripetitiva e così poco illuminante da creare una grossolana distorsione
della realtà che ha completamente oscurato il lato peggiore della
situazione: la crudeltà dell'Israele ufficiale, e forse in particolare
proprio di Sharon, a cui il popolo Palestinese è stato deliberatamente e
metodicamente sottoposto. Le bombe umane sono da condannare ma sono una
diretta e, a mio avviso, consciamente programmata conseguenza di anni
d’oppressione, impotenza e disperazione. Hanno così poco a che fare con la
supposta propensione alla violenza degli Arabi e dei Mussulmani quanto
l’uomo sulla Luna. Sharon vuole il terrorismo, non la pace, e fa tutto
quanto è in suo potere per crearne le condizioni. Ma con tutto il suo
orrore, la violenza Palestinese, la reazione di un popolo disperato e
terribilmente oppresso, è stata rimossa dal suo contesto e dalla terribile
sofferenza da cui origina: il non capire questo è una perdita di umanità, il
che non la rende meno terribile ma per lo meno la colloca nella storia e
nella geografia reale.
Tuttavia il contesto del terrore Palestinese – che sicuramente è terrore –
non viene mai fatto vedere, essendo quest’ultimo incessantemente considerato
come un fenomeno a parte, un male puro, gratuito che Israele, agendo
apparentemente nel nome del bene assoluto, sta combattendo virtuosamente con
le sue varie azioni spaventose di violenza sproporzionata contro una
popolazione di tre milioni di civili Palestinesi. Non sto semplicemente
parlando della manipolazione dell’opinione pubblica da parte d’Israele, ma
anche del suo sfruttamento dell’equivalenza con la campagna Americana contro
il terrorismo senza la quale Israele non avrebbe potuto fare ciò che ha
fatto. (Infatti, non riesco a pensare a nessun’altro Paese al mondo che,
davanti agli occhi del pubblico televisivo serale, abbia potuto compiere
tanti miracoli di minuzioso sadismo contro un'intera società facendola
franca). Il fatto che questa crudeltà sia stata consciamente inserita nella
campagna di George W. Bush contro il terrorismo, amplificando
irrazionalmente le fantasie e le fissazioni Americane con estrema
disinvoltura, è una non piccola parte della sua cieca distruttività. Così
come le brigate degli ardenti (e a mio avviso completamente corrotti)
intellettuali Americani che tessono enormi costruzioni di falsità circa lo
scopo benevolo e la necessità dell’imperialismo Statunitense, la società
Israeliana ha messo al lavoro numerosi accademici, politici intellettuali
delle brigate del pensiero, ed ex militari che adesso si occupano di difesa
e di pubbliche relazioni, tutti allo scopo di razionalizzare e rendere
convincenti inumane politiche punitive apparentemente basate sul bisogno di
sicurezza Israeliano.
La sicurezza israeliana è ormai un animale leggendario. Come l’unicorno è
sempre perseguita e mai trovata, rimanendo, eternamente, l’obiettivo di
azioni future. Il fatto che nel corso del tempo Israele sia sempre meno
sicuro e più inaccettabile per i suoi vicini non merita la minima
attenzione. Ma chi allora può mettere in dubbio l’idea secondo cui la
sicurezza d’Israele dovrebbe definire la moralità del mondo in cui viviamo?
Certamente non i leader Arabi e Palestinesi che per trent’anni hanno
concesso tutto alla sicurezza d’Israele. Non dovrebbe questo essere messo in
discussione, visto che Israele in proporzione alle sue dimensioni ha causato
più danni ai Palestinesi e ad altri Arabi di qualsiasi altro Paese al mondo,
con il suo arsenale nucleare, la sua forza aerea, la sua marina, e con il
suo esercito rifornito in continuazione dai contribuenti Americani? Il
risultato è che i quotidiani, minuti eventi con cui i Palestinesi devono
fare i conti ogni giorno sono occultati e, ancor più importante, sono
sepolti da una logica di autodifesa e di caccia al terrorismo
(infrastrutture terroristiche, covi di terroristi, fabbriche di bombe,
terroristi sospetti – la lista è infinita) che si addice perfettamente a
Sharon e al penoso George Bush. Le idee sul terrorismo hanno così sviluppato
una vita propria, legittimizzate e ri-legittimizzate senza alcuna prova,
logica o argomentazione razionale.
Considerate per esempio la devastazione dell’Afghanistan, da una parte, e
l’assassinio “mirato” di quasi 100 Palestinesi (per non dire delle migliaia
di “sospetti” rastrellati ed ancora imprigionati dai soldati Israeliani)
dall’altra parte: nessuno chiede se tutte queste persone uccise erano in
effetti dei terroristi, o se ci sono le prove che fossero terroristi o che
stessero per diventarlo. Viene dato per scontato che erano tutti dei
pericoli attraverso atti di semplice, incontestata affermazione. Bastano uno
o due portavoci arroganti, come i rozzi Ranaan Gissin, Avi Pazner, o Dore
Gold, e a Washington l’apologeta senza sosta per ignoranza e incoerenza Ari
Fleisher, e gli obiettivi in questione sono già belli e morti. Senza nè
dubbi, nè domande, nè obiezioni. Non c’è bisogno di prove o di qualsiasi
seccante delicatezza del genere. Il terrorismo, e la caccia ossessiva ad
esso, sono diventati una forma circolare, auto-soddisfacente, di omicidio e
morte lenta di nemici che non hanno alcuna scelta o voce in capitolo.
Eccettuati i resoconti di alcuni giornalisti e scrittori coraggiosi come
Amira Hass, Gideon Levy, Amos Elon, Tanya Reinhardt, Jeff Halper, Israel
Shamir e pochi altri, il dibattito pubblico nei media Israeliani in termini
di qualità ed onestà è peggiorato terribilmente. Il patriottismo ed il cieco
appoggio al governo ha rimpiazzato la riflessione critica e la serietà
morale. Sono passati i tempi di Israel Shahak, Jakob Talmon, e Yehoshua
Leibowitch. Posso pensare solo ad alcuni accademici ed intellettuali –
uomini come Zeev Sternhell, Uri Avneri, e Ilan Pappe, ad esempio – che hanno
sufficiente coraggio da prendere le distanze dall’imbecille e svilito
dibattito sulla “sicurezza” e sul “terrorismo” che sembra aver preso il
sopravvento sull’establishment pacifista di Israele, e persino sulla sempre
più fievole opposizione di sinistra. Ogni giorno vengono commessi crimini
nel nome d’Israele e del popolo Ebreo, e nonostante questo gli intellettuali
continuano a chiacchierare di ritiri strategici, o se incorporare o meno gli
insediamenti, o se continuare a costruire quel mostruoso recinto (è stata
mai realizzata nel mondo moderno un’idea più folle di questa, che si possano
mettere alcuni milioni di persone in una gabbia e dire che non esistono?) in
modi più atti a un generale o a un politico, piuttosto che a intellettuali e
artisti con giudizio critico indipendente ed un qualche standard morale.
Dove sono gli equivalenti Israeliani di Nadine Gordimer, Andre Brink, Athol
Fugard, gli scrittori bianchi che parlarono inequivocabilmente e con
chiarezza contro i mali dell’apartheid in Sud Africa? Semplicemente non
esistono in Israele, dove il dibattito pubblico tra gli scrittori e gli
accademici è sprofondato nell’equivoco e nella ripetizione della propaganda
ufficiale, e dove la maggior parte della migliore letteratura e del miglior
pensiero è scomparsa persino dalle istituzioni accademiche.
Ma ritornando alle pratiche Israeliane e allo stato mentale che ha
attanagliato il Paese così caparbiamente in questi ultimi anni, pensate al
piano di Sharon. Questo piano comporta niente meno che la cancellazione di
un intero popolo attraverso lenti, sistematici metodi di soffocamento,
assassinio diretto, e asfissia della vita di tutti i giorni. C’è un notevole
racconto di Kafka, “Nella colonia penale”, su di un folle ufficiale che
mostra uno strumento di tortura incredibilmente dettagliato il cui scopo è
di scrivere su tutto il corpo della vittima, usando un complesso apparato di
aghi per iscrivere sul corpo del prigioniero lettere minuscole che alla fine
lo fanno morire dissanguato. Questo è ciò che Sharon e le sue brigate di
carnefici volenterosi stanno facendo ai Palestinesi, con solo una ristretta
e più che altro simbolica opposizione. Ogni Palestinese è diventato un
prigioniero. Gaza è circondata da un recinto di filo spinato elettrificato
da tre lati; imprigionati come animali, gli abitanti di Gaza non possono nè
muoversi liberamente, nè lavorare, nè vendere i propri prodotti
ortofrutticoli, nè andare a scuola. Dal cielo sono esposti agli aerei e agli
elicotteri Israeliani e da terra vengono ammazzati come tacchini dai carri
armati e dalle mitragliatrici. Impoverita e affamata, Gaza è un’incubo
umano, dove ogni frammento di ciascun episodio – come ciò che sta accadendo
a Erez, o vicino agli insediamenti – coinvolge migliaia di soldati
nell’umiliazione, la punizione, e nell’intollerabile indebolimento di ogni
Palestinese, senza alcuna distinzione d’età, sesso, o malattia. Gli
approvvigionamenti di medicinali vengono bloccati al confine, e le ambulanze
o sono oggetti di tiro al bersaglio o vengono trattenute. Centinaia di case
sono state demolite, e centinaia di migliaia di alberi e di campi coltivati
sono stati distrutti con atti di sistematica punizione collettiva contro i
civili, molti dei quali erano già dei rifugiati dalla distruzione della loro
società da parte di Israele nel 1948. La parola speranza è stata eliminata
dal dizionario Palestinese e ciò che resta è un puro atteggiamento di sfida,
e nonostante questo Sharon ed i suoi sadici galoppini cianciano circa
l’eliminazione del terrrorismo attraverso una sempre più usurpante
occupazione che va avanti ormai da 35 anni. Il fatto che questa stessa
campagna sia, come qualsiasi brutalità coloniale, futile, o che abbia
l’effetto di rendere i Palestinesi ancor più, piuttosto che meno, ribelli
semplicemente non entra nella ristretta mente di Sharon.
Il West Bank è occupato da 1.000 carri armati Israeliani la cui sola
funzione è quella di sparare e di terrorizzare la popolazione civile.
Vengono imposti coprifuochi per periodi fino a due settimane, senza tregua.
Le scuole e le università sono chiuse o impossibili da raggiungere. Nessuno
può spostarsi, non solo tra le nove maggiori città, ma all’interno delle
città stesse. Queste città sono oggi una desolante vista di edifici
distrutti, uffici saccheggiati, sistemi idrici ed elettrici distrutti di
proposito. Il commercio è finito. La metà dei bambini sono malnutriti. Due
terzi della popolazione vivono al disotto del livello di povertà di 2
dollari al giorno. A Jenin (dove la demolizione dei campi profughi da parte
dei mezzi blindati Israeliani, un serio crimine di guerra, non è stata mai
investigata in quanto vigliaccamente i burocrati internazionali come Kofi
Annan si tirano indietro ogni qual volta Israele fa la voce grossa) i carri
armati sparano e uccidono bambini, ma questa è soltanto una goccia
nell’infinito fiume di morti civili Palestinesi causati da soldati
Israeliani che prestano fedele e cieco servizio all’illegale occupazione
militare Israeliana. I Palestinesi sono tutti “terroristi sospetti”. L’anima
di questa occupazione è che ai giovani arruolati Israeliani dei posti di
blocco viene data completa libertà di sottoporre i Palestinesi a qualsiasi
forma conosciuta di tortura privata e di umiliazione. C’è l’attesa per ore
sotto il sole; poi c’è il blocco dei medicinali e dei prodotti agricoli fino
a che marciscono; ci sono gli insulti e le botte a volontà; l’improvviso
assalto delle camionette e dei soldati contro i civili in attesa a migliaia
del proprio turno nei numerosi posti di blocco che hanno reso la Palestina
un’inferno soffocante; il far inginocchiare dozzine di giovani sotto il sole
per ore; costringere gli uomini a spogliarsi; insultare e umiliare genitori
davanti ai propri figli; non far passare i malati per semplice capriccio;
fermare le ambulanze e sparargli contro. E il costante numero di morti
Palestinesi (quattro volte quello degli Israeliani) aumenta giornalmente,
anche se raramente ne viene tenuto il conto. Altri “terroristi sospetti” con
le loro mogli e bambini, ma “noi” ci rammarichiamo molto di queste morti.
Grazie.
Lo stato d’Israele viene frequentemente definito una democrazia. Se così è,
allora è una democrazia senza coscienza, un Paese la cui anima è stata presa
da una mania di punire i deboli, una democrazia che rispecchia fedelmente la
mentalità psicopatica del suo capo, il generale Sharon, la cui unica idea –
se questa può essere la parola giusta – è quella di uccidere, degradare,
mutilare, e piegare i Palestinesi fino a che non “si spezzano”. Non vi è
niente di più concreto come obiettivo delle sue campagne oltre a questo, sia
adesso che in passato, e come il ciarliero ufficiale del racconto di Kafka
egli va molto fiero del suo apparato per opprimere gli indifesi civili
Palestinesi, e in aggiunta le sue grottesche menzogne vengono incoraggiate
dai suoi consiglieri di corte, filosofi e generali, e anche dal coro dei
suoi fedeli servi Americani. Non vi sono nè un esercito d’occupazione
Palestinese, nè carri armati Palestinesi, nè soldati, nè elicotteri da
combattimento, o artiglieria, o governo di cui si possa parlare. Ma ci sono
i “terroristi” e la “violenza” che Israele ha inventato cosicchè la sua
nevrosi possa essere iscritta sui corpi dei Palestinesi, senza alcuna
efficace protesta da parte della stragrande maggioranza di quei pigri
filosofi, intellettuali, artisti e pacifisti Israeliani. Le scuole
Palestinesi, le biblioteche e le università hanno ormai cessato di
funzionare normalmente da mesi: e siamo ancora in attesa che in Occidente i
gruppi che scrivono di libertà ed i rumorosi difensori della libertà
accademica in America alzino la voce in protesta. Non ho ancora visto, nè in
Israele nè in Occidente, un’organizzazione accademica fare una dichiarazione
su questa profonda abrogazione del diritto Palestinese alla conoscenza,
all’educazione, al poter andare a scuola.
Tirando le somme, i Palestinesi devono morire di morte lenta così che
Israele possa avere la propria sicurezza, la quale è dietro l’angolo ma non
può essere realizzata a causa della speciale “insicurezza” Israeliana. Il
mondo intero deve simpatizzare, mentre il pianto degli orfani Palestinesi,
delle vecchie donne malate, delle comunità in lutto, e dei prigionieri
torturati passano completamente inascoltati e senza essere documentati.
Senza dubbio, ci diranno, questi orrori hanno uno scopo più vasto della
semplice crudeltà sadica. Dopo tutto, “le due parti” sono impegnate in un
“ciclo della violenza” che deve essere fermato, ad un certo punto, da
qualche parte. Una volta tanto, ci dovremmo fermare per dichiarare indignati
che c’è solo una parte che ha un’esercito e una nazione: l’altra è una
popolazione spossessata e senza Stato di persone che non hanno nè diritti e
nè alcun modo per poterseli assicurare. Il linguaggio della sofferenza e la
vita concreta di tutti i giorni sono stati o appropriati, o corrotti al
punto tale, a mio parere, da essere inutili eccetto che come pura finzione
usata come paravento per ulteriori uccisioni e coscienziose torture –
lentamente, meticolosamente, inesorabilmente. Questa è la verità su quanto i
Palestinesi stanno soffrendo. Ma ad ogni modo, la politica Israeliana alla
fine fallirà.
Documento originale Punishment By Detail
Traduzione di Marco Accattatis