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"Iraq, oltre il genocidio. 1.500.000 morti tra i quali 500.000 bambini"



Questa lettera di Padre Jean-Marie Benjamin è di 2 anni fa, ma l'avvicinarsi
del nuovo conflitto la rende di drammatica attualità.
Invitiamo chi legge a mobilitarsi, da subito, contro il nuovo genocidio del
popolo iracheno.

Information Guerrilla
http://www.informationguerrilla.org

Lettera aperta al Segretario generale dell’ONU,
M. Kofi Annan

IRAQ: OLTRE IL GENOCIDIO

1.500.000 morti tra i quali 500.000 bambini dopo 10 anni di embargo,
10 anni di bombardamenti e di contaminazione radioattiva provocata dalle
armi all’uranio impoverito utilizzate dalle forze anglo-americane.

di Padre Jean-Marie Benjamin


         Signor Segretario generale,

Iraq: un popolo da 10 anni chiuso in un immenso campo di concentramento.

Sembra, ed è preoccupante, che non bastano le calamità naturali (terremoti,
alluvioni, cicloni) che colpiscono un po’ dappertutto nel mondo! No, non
bastano; occorre aggiungere un altro dramma, volontario, premeditato ed
organizzato contro un paese distrutto da 135.000 tonnellate di bombe (dalla
guerra del Golfo ad oggi), equivalente a sei volte la potenza distruttiva
della bomba di Hiroshima, per di più rinchiuso in un vasto campo di
concentramento, che è l’embargo. Epidemie che si sviluppano in tutto il
paese, ospedali che versano in situazioni catastrofiche e quando arriva un
medicinale, il dramma dei medici è quello di dover decidere a chi
somministrarlo, di fronte a centinaia di casi uno più urgente dell’altro (ho
personalmente verificato durante i miei vari viaggi in Iraq, che in alcuni
ospedali, si è costretti ad operare bambini di appendicite e di altre
malattie, senza anestesia!).

Dalle cifre dell’UNICEF, il tasso di mortalità infantile “è il più elevato
al mondo ”: oltre 500.000 i bambini morti, oltre 1.500.000 i civili. Da 56
bambini, al di sotto dei cinque anni, morti su 1000, nel 1991, a 131 su 1000
attualmente. Dal programma mondiale per l’alimentazione, la disponibilità
alimentare è scesa da 3120 a 1093 calorie al giorno per abitante. Le
malattie mentali sono aumentate in 10 anni del 18% (ultimo rapporto dell’
UNICEF del 29 agosto 1999 “Iraq: mortalità infantile e sopravvivenza”).


L’Olocausto del 2000.

Nonostante la risoluzione ONU n. 986 (Oil for Food - petrolio contro
alimenti), che copre solo il 40% del fabbisogno della popolazione, in Iraq
manca di tutto: acqua potabile, latte, verdure, carne, medicine, materie
prime, macchinari e pezzi di ricambio. Le categorie professionali più agiate
(tecnici, insegnanti, specialisti) sono pagate da 5 a 10 dollari al mese
(circa 18.000 lire); le classi medie della popolazione da 3 a 5 dollari al
mese (l’equivalente del prezzo di due chili di carne) e le categorie
inferiori, che non hanno praticamente nessun reddito, devono sopravvivere
alla giornata. In dieci anni, il dinaro iracheno ha perso più del 20.000%.
Le razioni medie giornaliere sono composte da tè e pane al mattino, riso a
mezzogiorno e pochi grammi di ceci la sera. Le centrali elettriche e gli
impianti di depurazione, soprattutto nel sud del Paese, sono stati distrutti
dai bombardamenti, privando la popolazione di acqua potabile ed elettricità
(alcune città fino a 10 ore al giorno senza elettricità), in zone dove la
temperatura in estate supera i 50 gradi all’ombra, con città senza risorse
in pieno deserto. I trasporti sono praticamente inesistenti e solo il 30%
delle derrate alimentari che ancora si riesce a produrre nel nord del Paese
giunge nel resto dell’Iraq.

“In molte famiglie dell'Iraq”, afferma il Patriarca Cattolico di Babilonia,
Raphaël I. Bidawid, “i genitori sono costretti a chiedere ai figli chi di
loro voglia mangiare la mattina e chi la sera, perché non c’è cibo a
sufficienza per alimentarli due volte al giorno”.

Sono state distrutte dai bombardamenti 8.613 scuole (su un totale di
10.334). Nel sistema scolastico, la situazione dell’istruzione e della
cultura è catastrofica e rispecchia in pieno l’attuale condizione del Paese.
Solo un terzo dei bambini in età scolare riceve un’istruzione adeguata.
Molti ragazzi non vanno più a scuola perché costretti a mendicare, altri,
per sopravivere, si lasciano trascinare nel vortice della delinquenza o
della prostituzione. Le famiglie sono smembrate. Nelle città, lungo la
strada, si vedono bambini e ragazzi vendere sigarette, altri che lucidano le
scarpe, altri ancora passano tra le macchine per vendere pistacchi o
giornali. Nel paese che ha dato al mondo la prima civiltà - fonte della
nostra - e che ha visto nascere Abramo, padre delle tre religioni
monoteiste, dover privare i propri figli dell’istruzione e della cultura è
cosa peggiore che privarli di pane e di medicine.


Il massacro degli Innocenti: 600.000 bambini condannati a morte.

Signor Segretario generale,, all’ONU, si preparano alle celebrazioni per i
dieci anni della Convenzione dei Diritti del Bambino. Gli Stati Uniti d’
America non hanno mai ratificato la Convenzione dei Diritti del Bambino, lo
sappiamo, ma l’Italia sì, l’Europa sì, e se non vado errato, i paesi
Occidentali hanno tutti ratificato la Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Il
comportamento dell’Europa, silenziosa, apatica e ipocrita di fronte al
dramma della popolazione irachena è sconcertante. Non si tratta solo di un
popolo che muore di fame e di malattie da 10 anni, colpito da bombardamenti
unilaterali che continuano a distruggere ed a seminare la morte, ma di un
paese che da 10 anni deve affrontare la contaminazione radioattiva, con le
sue terribili conseguenze: nascita di centinaia di bambini con
malformazioni, migliaia di persone colpite da collasso del sistema
immunitario, con forte aumento delle infezioni; altre malattie che
sviluppano herpes e herpes zoster o sintomi simili a quelli dell’AIDS,
disfunzioni renali ed epatiche, aumento spaventoso (fino a 450% l’anno nel
sud del paese) di leucemia, anemia aplastica o neoplasie maligne.

Ecco il bilancio di 10 anni di campo di concentramento del popolo iracheno.
Il tragico olocausto del popolo ebreo è durato cinque anni, quello del
popolo iracheno, purtroppo dura da dieci anni; nel silenzio della Comunità
internazionale, dei Governi, dell’ONU e delle Istanze internazionali. L’
Occidente ha seminato nelle nuove generazioni di questo popolo soltanto la
cultura della morte, dell’odio, dell’arroganza e dell’indifferenza. E’
diventato insopportabile sentire i discorsi dei Leader europei con continui
riferimenti ai valori della Democrazia, che insistono sui Diritti umani e
con voce turbata lanciano commoventi appelli per aiuti umanitari ai paesi
bisognosi, proclamano il loro attaccamento ai valori cristiani ed applaudono
ai discorsi del Santo Padre, ma che non muovono un dito, acconsentono ed
aderiscono, senza far nulla, alla condanna a morte di 5.000 bambini
innocenti  al mese.

L’ONU proclama un embargo e manda i suoi funzionari a contare i morti.

         Sono un ex funzionario dell’ONU; ho lavorato per anni alla sede
dell’UNICEF di Ginevra. I miei ex colleghi, a Baghdad, sono disperati. Non
capiscono (e non solo loro) come l’ONU possa varare un embargo che porta
alla morte centinai di migliaia di persone e nello stesso tempo inviare
aiuti umanitari e i suoi funzionari dell’UNICEF, dell’UNESCO e dell’OMS,
impotenti davanti ad una tale tragedia e ridotti a contare i morti!
         In questi ultimi anni, i funzionari delle Nazione Uniti di stanza a
Baghdad presentano regolarmente le loro dimissioni, uno dopo l’altro. Un
numero sempre crescente denuncia lo “spettacolo” che hanno sotto gli occhi e
che per loro ha raggiunto un livello intollerabile, diventando un grave
problema di “coscienza”. Dopo Scott Ritter e Dennis Halliday, che con le
loro dimissioni hanno definito l’embargo “un vero e proprio genocidio
sanzionato dall’ONU”, sono recenti le dimissioni di Hans von Sponeck, capo
del programma umanitario ONU in Iraq. Non si può dimenticare  “l’affare dell
’UNSCOM”!, con i suoi funzionari al servizio della CIA e la triste faccenda
del Signor Richard Butler che fu all’origine dei bombardamenti
anglo-americani del dicembre 1998 sull’Iraq.

Dennis halliday, che sta preparando un importante rapporto sulle conseguenze
dei bombardamenti unilaterali anglo-americani nelle due “no fly zones”, ha
recentemente dichiarato che “la tragedia del popolo iracheno ha raggiunto un
tale punto che non è più possibile tacere.(…) E’ impossibile associarsi a
una tale realtà, per quanto mi riguarda, non ne sono capace”. Questi
funzionari dell’ONU, Signor Segretario generale, hanno lavorato per anni sul
terreno in Iraq, ma hanno preferito sacrificare la propria carriera
piuttosto che diventare complici di questo tremendo genocidio.

Da parte mia, lo scorso luglio, ho presentato un rapporto ai Parlamentari
italiani sulle conseguenze della contaminazione radioattiva sulla
popolazione e l’ambiente in Iraq. La III Commissione Affari Esteri della
Camera, in data 16 novembre 1999, ha ratificato una Risoluzione, in seguito
presentata al Governo, che sollecita la costituzione di una Commissione
scientifica d’inchiesta sulle conseguenze dell’utilizzo delle armi all’
uranio impoverito in Iraq e sui Balcani. Finora la suddetta Commissione, a
cinque mesi della ratifica, non è stata ancora costituita.


Un milione di proiettili all’uranio impoverito lanciati sull’Iraq.

Come certamente saprà, Signor Segretario generale, documenti del
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e del Ministero della
Difesa Britannico confermano che durante la guerra del Golfo fino ad oggi
sono state riversate sull’intero paese oltre 135.000 tonnellate di bombe,
tra cui più di 940.000 proiettili all’uranio impoverito: circa 700
tonnellate di uranio 238. E’ ormai noto che le armi all’uranio impoverito,
sperimentate per la prima volta dalle forze multinazionali nel 1991 in Iraq,
durante l’operazione “Tempesta nel deserto”, hanno rivelato tutta la loro
efficacia, ma hanno provocato un preoccupante inquinamento radioattivo dell’
aria e dell’ambiente, contaminando la popolazione, particolarmente nel sud
dell’Iraq, e migliaia di militari della forza multinazionale.

Un video del U.S. Army, distribuito dallo Stato Maggiore dell’esercito per
il “training” dei militari (copia del quale ho distribuito ai membri della
Commissione Affari Esteri del Parlamento) informa che l’esplosione provoca l
’incendio dell’uranio impoverito, che libera così nell’ambiente circostante,
con i suoi fumi, milioni di particelle radioattive da 5 a 7 micron. Se
respirate, le particelle si fissano nei polmoni provocando, a medio e lungo
termine, gravi patologie quali cancro, leucemie e deficienze immunitarie.
Questa è una delle prime cause della contaminazione radioattiva che ha
colpito i militari delle forze armate della coalizione che operavano in
Kuwait e nel sud dell’Iraq, durante la guerra del Golfo. Paradossalmente, i
militari impegnati nella guerra del Golfo non avevano ricevuto nessuna
istruzione, nessuna direttiva per la loro protezione. Si avvicinarono e
salirono sui carri armati iracheni, contaminandosi con i raggi Alfa, Gamma e
Beta, dell’uranio 238. Oggi, a distanza di dieci anni, oltre 200.000
veterani americani ed inglesi contaminati accusano una serie di gravi
patologie.
I risultati delle ricerche effettuate dal DoD (Dipartimento di Stato alla
Difesa degli Stati Uniti d’America) confermano che decine di milioni di
grammi di uranio impoverito si sono sprigionate dopo l’impatto dei
proiettili. “L’ossidazione in superficie dei frammenti dei penetranti all’
uranio impoverito”, precisa un rapporto dell’U.S. House of Representatives
“è un processo significativo poiché le forme ossidate di uranio sono più
solubili a contatto con l’acqua e, quindi potenzialmente più disponibili per
l’assunzione umana ed animale. A contatto con l’acqua, il metallo Uranio si
corrode e diventa solubile, diventando potenzialmente trasportabile
attraverso i corsi d’acqua di superficie e sotterranei.(...) I penetranti di
corazzatura all’uranio impoverito sono costituiti da una lega di uranio e
dallo 0,75% di titanio. L’impiego intensivo di tali penetranti nel corso di
esperimenti ed operazioni hanno dimostrato che i residui sono soggetti a
ossidazione atmosferica e/o alla corrosione dell’acqua (ruggine). L’uno o l’
altro di questi processi può portare ad una contaminazione dell’ambiente che
ha tutto il potenziale di provocare danni irreversibili alla salute umana,
soprattutto attraverso i corsi d’acqua”.

Per quanto riguarda la popolazione irachena, rimasta a contatto con milioni
di pezzi radioattivi (e colpiti da continui bombardamenti), con un embargo
che impedisce qualsiasi decontaminazione e assistenza ai malati contaminati,
non è difficile immaginare il quadro della situazione.


Iniziative unilaterali in Europa per rompere l’embargo.

         Purtroppo Signor Segretario generale, potrei continuare per pagine.
A questo punto, vista l’urgenza di passare ad azioni concrete, non serve più
scrivere libri, organizzare manifestazioni, fare conferenze, redigere
documentari o presentare interpellanze in Parlamento, che tra l’altro
restano (quasi) senza riscontro: bisogna passare ad iniziative più forti,
più “spettacolari”, più sconvolgenti. A seguito del volo Amman-Baghdad, che
ho effettuato con il parlamentare Vittorio Sgarbi, l’industriale Nicola
Grauso et il pilota Nicola Trifoni, saranno prossimamente organizzati altri
voli che partendo dalle diverse capitali europee, trasporteranno
parlamentari, senatori, premi Nobel, artisti, rappresentanti di associazioni
umanitarie e di organizzazioni non governative, giornalisti della carta
stampata e delle reti televisive, personalità del mondo della politica,
delle scienze, della cultura e delle religioni, e che atterreranno
direttamente a Baghdad. Certamente, non basterà. In diversi paesi europei,
compresa la Svizzera, si stano organizzando raccolte di firme  che
chiederanno ai governi europei una rottura unilaterale dell’embargo. Altre
iniziative sono allo studio, sperando però di non dovervi ricorrere.

         Per conto suo, Ramsey Clark, ex Ministro della Giustizia dell’
Amministrazione Reagan ed avvocato di diritto internazionale, ha raccolto l’
adesione di 35 città degli Stati Uniti e centinaio di firme di personalità
del mondo della Politica, delle Scienze, della Religione, della Cultura e
dell’Arte in tutta l’Europa, per avviare una procedura presso gli organismi
internazionali capace di portare l’Amministrazione Americana davanti ad un
Tribunale internazionale per crimini contro l’umanità (utilizzo di armi di
distruzione di massa) e genocidio del popolo iracheno.

         RingraziandoLa dell’attenzione, La prego di gradire, Signor
Segretario generale, i miei più distinti saluti.

Jean-Marie Benjamin
Assisi, 13 settembre 2000

http://www.benjaminforiraq.org/diritto/Lettera%20aperta%20al%20Segretario%20
dell'ONU.htm