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Liberato il pacifista arrestato a Ramallah
Massimo Mele, il pacifista di Sassari arrestato ieri a Ramallah, non appena
liberato ha spedito questa mail che vi inoltro. Testimonia un'esperienza
molto forte (e in alcuni tratti anche molto pericolosa).
Gli ho calorosamente raccomandato di usare la massima prudenza e di
tornare non appena gli verrą concesso.
Franco Uda.
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Presidente provinciale
ARCI Nuova Associazione - Sassari
V.le Umberto I, 119 - 07100 Sassari
Tel./fax: 079.270637
E-mail: <mailto:uda@arci.it>uda@arci.it
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Ciao a tutti/e,
mi trovo ora nel mio ostello dove sono stato portato dalla polizia alle
ore 4:30 del mattino, dopo circa 13 ore dentro carri armati, jeep e carceri
israeliane. Andiamo con ordine. Mercoledi 3, mentre mi trovavo a Ramallah
per lavorare come volontario all'UPMRC (Union of Palestinian Medical Relief
Committees), dove accompagnavo le ambulanze nella consegna dei medicinali
e dei viveri durante il coprifuoco, garantendo con il mio passaporto che
l'ambulanza non venisse sequestrata, decido di andare nella sede del Governo
Palestinese, guardata a vista dai militari. Ho tempo sino alle due, ora
di inizio del coprifuoco. Arrivo alla sede e la prima volta riesco ad entrae
accodandomi ad una troup televisiva. Li' incontro Claude, una donna francese
da mesi asseragliata con i soldati di Arafat come garanzia internazionale,
Will, un altro internazionale dal Canada, e diversi soldati, la cui eta'
varia dai 15 ai 30 anni. Loro non possono uscire per niente ed hanno bisogno
delle cose piu' elementari, dalle sigarette alle carte telefoniche ecc.
decido di uscire e fare un po' di spesa. Rientrero' poi saltando da
un'apertura laterale perche' mi vietano di entrare la seconda volta, ma i
controlli
non sono esagerati. Faccio conoscenza con gran parte delle persone
all'interno, che vivono da settimane in condizioni disumane in mezzo alle
macerie (e'
rimasto in piedi, per modo di dire, un solo palazzo) e quasi senz'acqua,
visto che gli israeliani hanno sparato anche alle cisterne sopra i tetti.
Alcuni di loro sono malati ma non c'e' possibilita' di assistenza. Ci
salutiamo
dandoci appuntamento al giorno dopo, per portargli medicinali e altre cose
stupide
ma, in quella situazione, decisamente importanti, come assorbenti, birre,
carte telefoniche ecc. Passo al Medical Relief e faccio il carico dei
medicinali e parto alla volta di Gerusalemme per prendermi il cambio
dall'ostello (e'da
tre giorni che vado avanti con lo stesso cambio che lavo la notte!!).
La mattina ritorno a Ramallah verso le 11, passando tranquillamente tutti
i check point, faccio la spesa e mi dirigo alla sede. Arrivo e noto che
i controllo sono aumentati enormemente. ci sono almeno tre carri armati
grandi e una decina di quelli piccoli, piu' diverse jeep. Tutti i buchi,
i posti dove e' possibile saltare, sono protetti dai carri che ci puntano
sopra i cannoni. No, meglio evitare. Vado allora dai soldati all'ingresso
principale, consegno il passaporto e aspetto l'autorizzazione: "solo 5 min.
consegno le medicine ed esco, vi lascio anche il passaporto". Dopo 30/40
min. la risposta negativa. Nuovi ordini, non entra nessuno. La mattina e'
stata bloccata persino la delegazione con Fassino, ed e' stato permesso
l'ingresso solo al console e a Fassino mentre tutti gli altri sono rimasti
fuori. Vado via incazzato nero. Dopo 15 minuti mi decido: "Perche' devo
andare via? Perche' non posso consegnare le medicine e le altre stronzate
che ho con me? No, non e' giusto". Ritorno indietro dal soldato e gli dico
che ci ho pensato e che tutto questo non ha senso. Gli lancio il passaporto
(lui sta in alto sul carro armato) e gli dico "Di' ai miei genitori che
gli voglio bene" e entro velocemente con le mani alzate. Il soldato grida
forte, ne escono altri, non mi giro e continuo a camminare in un bagno di
sudore. Appena dentro mi diranno che i soldati avevano le mitragliatrici
puntate su di me, ma fortunatamente nessuno ha sparato. Mi accolgono in
festa, sono tutti contentissimi, non solo per le medicine, ma perche' ho
sfidato il divieto e questo, ai loro occhi, e' una cosa fantastica. Vengono
tutti a congratularsi e andiamo a berci delle birre insieme e a festeggiare.
E si, perche' ora ottenere il passaporto indietro sara' un problema. Giro
per il centro, e tra le macerie, trovo tutto l'opposto di quello che si
puo' pensare. Ragazzini di tutte le eta' che cercano di passare il tempo
distraendosi il piu' possibile, con il calcio, il ping pong, i canali
satellitari, le carte e cosi' via. Monther Amin, il soldato con cui faccio
amicizia piu'
di tutti, mi porta in giro e mi presenta a tutti. Sono quello che ha sfidato
i soldati e per loro vale piu' di qualsiasi presentazione. Dopo le foto
di rito, Monther mi regalera' una pallotola del suo fucile e un ciondolo
"per non dimenticarmi" mi dice. "Non ti dimentichero'" e ci abbracciamo,
certi che sara' l'ultima volta che ci vediamo.
Saluto tutti e, accompagnato da Claude e Will che riprende tutta la scena,
mi dirigo dai militari per richieder il passaporto. "Un momento, stai fermo
li'...ok, entra nel carro You are under arrest". Urlo verso Claude
dell'arresto, faccio lo spelling del cognome e lei mi dice di non
preoccuparmi, chiamera'
l'ambasciata. Rimango circa tre ore chiuso dentro il carro. Faccio amicizia
con i militari, con i quali parlo della situazione palestinese, ma anche
del pride di Tel Aviv e di quello di Gerusalemme. Mi insegnano alcune frasi
in israeliano e continuano a chiedermi di non scrivere niente di brutto
su di loro, non ne hanno colpa, e' solo il loro dovere. "Ok, non ti
preoccupare, eppoi sei proprio carino". Verso le 19:00 arrivano tre jeep
della polizia
e da li' comincia il calvario. Staro' ore, in manette, sballotato tra
Ramallah, Bet El e Gerusalemme, senza bere e magiare, per finire poi, dopo
essere
stato minuziosamente controllato piu' volte, nel carcere di Bet El. Da qui
usciro' solo dopo alcune ore quando, scoperto che sono gay o chissa'
cos'altro, vengono a prendermi "con i guanti di lattice", e nessuno mi
tocchera' piu'
fino a quando mi toglieranno le manette una volta scaricatomi in ostello.
"E non muoverti perche' se ti troviamo in giro senza documenti (ce li hanno
loro) ti mettiamo dentro per mesi". Ok capito.
Oggi ancora non e' chiaro cosa succedera', ma credo che non avro' problemi
a ripartire. Spero che non ci siano problemi nel controllo delle pellicole
fotografiche o nel materiale che ho raccolto in giro per la Palestina, certo
anti israeliano e come potrebbe essere altrimenti? Ora aspetto e nel
frattempo vengono a trovarmi alcuni compagni palestinesi ma anche
israeliani, e gia'
perche' non tutti gli israeliani sostengono la politica di Sharon e dei
suoi scagnozzi, anzi. Ma purtroppo la loro voce e' soffocata dagli
avvenimenti, ma su questo ci riflettero' poi, per ora meglio pensare a come
riottenere
i documenti.
Ciao a tutti/e e ci vediamo presto.
Massimo Mele
Da Gerusalemme, Petra Hostel, Jaffa Gate
info:
MOS
Via Rockfeller, 16/c
tel 079/219024
Paolo 329/6236048
Guido 349/5211737